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Autore: Doomsday_    25/08/2016    2 recensioni
- Future!fic -
Dopo cinque lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene nuovamente spezzata. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco quel che per loro conta più della vita stessa.
Dal testo:
"Il corvo la fissava silenzioso, gli occhietti intelligenti sembravano scrutarle l'anima.
Fu allora che le piume si tramutarono in gocce di sangue. Colarono lente e calde lungo il braccio di Lydia. Eppure lei continuò a carezzare quel grumo rappreso fatto di morte con un sorriso pacifico a rasserenarle il viso.
"
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ottavo Capitolo










 
Lydia gettò nel carrello l'ennesima tutina rosa con i pois. Si aggirava nel reparto dei neonati, con espressione beata, arraffando dagli scaffali qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione.
Malia dietro di lei, spingeva il carrello, seguendola con sguardo annoiato ed espressione rassegnata, controllando i prezzi di ogni indumento che Lydia prendeva per riporlo l'attimo dopo.
«Lyds, non ho bisogno di tutta questa roba» ripeté Malia per l'ennesima volta, cercando di farglielo entrare in testa.
«Certo che ne hai bisogno!».
Si trovavano ai Grandi Magazzini, insieme a Kira. Il pretesto era dover comprare le ultime cose per Claudia, eppure Malia aveva la sgradevole sensazione che la vera motivazione fosse quella di tenerla sott'occhio.
«Mi hai già regalato i vestitini di Allie e poi ho ancora tutta la roba di Jamie», ribatté. Lo shopping non faceva per lei.
«Mal, non puoi vestire Claudia con le cose dismesse di Jamie. Sono da maschio».
Malia aggrottò la fronte e arricciò il naso, non capendo dove fosse il problema.
Lydia alzò gli occhi al cielo «Okay, facciamo che questo è un regalo da parte mia allora. Sarò la madrina, ho il diritto di prendere ciò che voglio, no?»
Malia imbronciò le labbra «Stiles ti ha…?»
«Stiles non mi ha detto nulla», la bloccò subito Lydia, con voce scherzosa «Sono una Banshee, ricordi?».
Malia la guardò di traverso e Lydia rise.
«Insomma, Scott è il padrino di Jamie. Mi sembra ovvio che adesso venga il mio turno» esplicò Lydia con voce di chi la sapeva lunga.
«C'è sempre Kira» le ricordò Malia, e Lydia ammutolì.
Kira stava nel reparto maschietti, per la prima volta non era Lydia a dover fare acquisti da sola.
E Lydia ne approfittò per ribattere: «Allora mettiamola così: è stato il turno dei McCall e ora tocca ai Parrish» disse risoluta, mettendo fine al discorso con un'aria trionfale che fece ridere Malia.
«Va bene, hai ragione. Ora smettila di svuotare il reparto neonati, però» disse Malia, togliendole dalle mani una magliettina fiorellata.
Lydia sbuffò e uscì di gran carriera dal reparto, per entrare in quello di intimo per donna. Tirò su una lingeria di pizzo e seta e la agitò con un sorriso felino.
«Sarebbe interessante per Stiles vederti con addosso qualcosa di diverso dalle sue vecchie magliette slabbrate» la incitò Lydia, divertita.
Malia si imbronciò tenendosi la pancia con le mani a coppa «Maglietta o lingerie, sarei comunque enorme e ben poco attraente. Tanto vale star comodi».
Lydia sorrise e diede un buffetto alla pancia. Poi un pensiero cupo sembrò attraversarla perché la sua espressione si rabbuiò.
«A proposito… Come vanno le cose con Stiles?»
Malia aggrottò la fronte senza capire «In che senso?».
Lydia scrollò le spalle «Parlo di ciò che è successo a Eichen House. Eri lì per Claudia, non è vero? Non penso sia stato facile discutere su una cosa del genere», tentennò Lydia, cercando di utilizzare quanto più tatto possibile.
La voce di Malia si fece d'un tratto gelida «In realtà non ne abbiamo proprio parlato. Io e Claudia stiamo bene, non c'è niente di cui dover discutere».
Lydia se ne sorprese «Non ti ha chiesto nulla?».
«Stiles non ha bisogno di chiedere il motivo per cui mi trovavo lì, Lydia. Lo sa benissimo» sbottò Malia e il fastidio nella sua voce fu ben udibile.
«E gli sta bene?»,
«No, Lydia. Ovviamente no. Come non sta bene neppure a me. Ma è così: ho messo Stiles e Jamie prima di mia figlia e non ne vado fiera. Ma farei qualsiasi cosa per tenere loro al sicuro!» esclamò Malia.
La vergogna le bruciò agli angoli degli occhi e le fece piegare la bocca in una smorfia colpevole «E lo stesso farei per Claudia» aggiunse poi, in un filo di voce «Non esiterei un solo istante a sacrificare la mia vita a favore della sua. Ma non giudicarmi se metto al primo posto Jamie e Stiles… Questo lui lo capisce».
Lydia abbassò lo sguardo «Non ti sto giudicando, Mal».
Malia chiuse gli occhi, prendendo un lungo respiro.
«Lo so» disse, abbracciandola «Lo so, Lyds. Scusa».
Quando Lydia sciolse l'abbraccio, Malia si sbrigò ad asciugare le lacrime ancora intrappolate nelle ciglia e a forzare un sorriso.
«Colpa degli ormoni della gravidanza» farfugliò, agitando una mano con noncuranza. «Il più delle volte mi fanno sembrare una pazza».
Lydia tentennò, prima di stringere le labbra e dirle «Per quel che vale, l'avrei fatto anche io. Non hai commesso nulla di male, eri soltanto in cerca di risposte. Solo… la prossima volta parlamene, okay?».
E allora Malia tornò in mente ciò che Stiles le aveva detto la scorsa sera: «Mentre arrivavamo, Lydia non è riuscita più a vederti. Ha singhiozzato per tutto il tragitto» e le si strinse il cuore.
Stava per allungare la mano a stringere quella di Lydia, quando un brivido le corse lungo la spina dorsale. Il ricordo di quelle parole le aveva aperto gli occhi.
«Stiles ha detto che d'improvviso non sei riuscita più vedermi, quando Corinne stava per spararmi, è vero?» sillabò, ancora incerta su dove quella considerazione la stesse conducendo.
Lydia fece una smorfia al ricordo, prese il carrello e lo spinse nella direzione in cui si trovava Kira. Tutto a un tratto sembrava a disagio a doverne parlare.
«Sì…», rispose, «Ho visto Corinne puntarti l'arma contro e il suono dello sparo ha risuonato nella mia testa al pari di un boato e…» la voce di Lydia si incrinò, ma a Malia non serviva sapere nient'altro.
«Penso che sia stato a causa della presenza del Darach», esclamò. «Sa come bloccare i tuoi poteri, Lydia. Per questo non puoi vederlo. Quando si è frapposto tra me e Corinne, i suoi poteri devono aver interferito anche con la visione che stavi avendo su di me, per questo non sei riuscita più a vedermi. Conosce il modo per nascondere il suo odore e offuscare quello dei cadaveri finché decide di farceli trovare».
Il volto chiaro di Lydia impallidì ulteriormente: «Spiegherebbe il perché tu e Scott non siete riusciti a percepire nessuna traccia finché non vi siete ritrovati davanti ai corpi».


 
***


Aveva trascorso il pomeriggio a cercare informazioni da possibili testimoni oculari, ma ogni interrogatorio si era rivelato un buco nell'acqua. Aveva interrogato i genitori di Thomas Murray, la seconda vittima e i compagni di classe della prima, Meagan Lavery.
Ma niente: nessuno aveva visto nulla e nessuno sapeva nulla. La notte in cui i due ragazzi erano scomparsi sembrava una notte come tutte le altre.
Stiles guardò l'ora: Scott lo aveva chiamato per chiedergli se potevano venire a casa sua quella sera. Urgeva una riunione del branco; non potevano continuare a brancolare nel buio, senza sapere neppure come muoversi, con tutte quelle minacce che sembravano divenire ogni giorno più concrete.
Lo vide uscire dall'ospedale in perfetto orario e mise in moto la macchina.
«Come sta Malia?» si informò per prima cosa Scott, salendo sull'auto del Vicesceriffo.
Stiles sollevò appena gli occhi dai documenti delle deposizioni che teneva sulle gambe «Bene», rispose, gettando i fascicoli sui sedili posteriori. Poi fece una smorfia «Io un po' meno».
Scott aggrottò la fronte «Cosa vorresti dire?».
Stiles assunse un'espressione imbronciata e rispose: «Ho accompagnato Malia a fare un'altra ecografia questa mattina, per assicurarci che tutto andasse bene. La dottoressa Redwell ha visto la ferita al viso e alla spalla di Malia e ha dato in escandescenza. Mi ha accusato di violenza domestica», raccontò, inserendo la marcia con più forza di quanta ne servisse.
Scott inarcò le sopracciglia «E tu cosa le hai risposto?»
Stiles scrollò le spalle «Nulla» disse, «la reazione di Malia è stata più che sufficiente: è scoppiata a ridere e la dottoressa si è sentita prendere in contropiede».
«Le abbiamo detto che Malia è caduta dalle scale. Che è stato un incidente… per fortuna non ha insistito per voler vedere sotto la garza della spalla o sarebbe stato davvero imbarazzante dover spiegare una ferita da arma da fuoco. Non avrei mai pensato che qualcuno potesse credere una cosa del genere. Insomma, mi conosce da quasi tre anni! Ha fatto nascere Jamie! Come fa anche solo a pensare che potrei essere un tipo del genere?».
«Non ci pensare, Stiles. Non è così, è questa l'unica cosa che conta».
Lui sospirò «Pensi che dovrei controllarla di più? Malia, intendo».
«Certo» rispose Scott. «Mettile un collare e un microchip di localizzazione» lo prese in giro Scott, beccandosi un'occhiataccia da parte dell'amico.
«Magari del sorbo selvatico da spargere intorno casa. Non sarebbe una cattiva idea rinchiuderla una volta per tutte» ironizzò Stiles e Scott non riuscì a comprendere fino a che punto scherzasse.
Dopo qualche minuto di silenzio Stiles, non riuscendo più a trattenersi colse l'occasione di quel momento privato tra loro due per chiedergli: «Pensi ancora quello che hai detto all'obitorio? Che tutto questo non ne vale la pena?».
Scott guardò fuori dal finestrino, a disagio. Era solito confidare a Stiles tutti i suoi demoni, non si erano mai nascosti nulla loro due.
Stiles si sorprese di quanto Scott sembrasse mortificato da tale argomento.
«Quando sono entrato dentro Eichen House e Lydia piangeva ripetendo che Malia era morta, ho capito quello che cercavi di dirci. L'ho capito, ma non lo condivido. Forse questi anni di pace ci hanno rammollito, ma… Scott, questa è la tua città. La proteggi da sempre. Siamo rimasti tutti qui per questo, perché il branco restasse unito e la nostra gente fosse al sicuro».
«Lo so» mormorò con sguardo vacuo.
«Siamo noi che dobbiamo fare la differenza. Anche se questo vuol dire rischiare la vita»
Un ringhio soffuso crebbe in fondo alla gola di Scott «Nessuno del mio branco rischierà la vita!» abbaiò, mostrando gli occhi dell'Alpha «Nessuno».
Stiles strinse le labbra, restando in silenzio. Scott gli rivolse uno sguardo colpevole e poi tornò a guardare la strada, come se quel repentino cambio d'umore non fosse avvenuto.
Stiles si limitò a guardarlo di sottecchi, pensando fino a che punto la paura di perdere qualcuno avrebbe cambiato il suo migliore amico.


 
***


Erano seduti al tavolo della sala da pranzo di casa Stilinski, sul quale montagne di libri in pendenza rischiavano di crollare da un momento all'altro.
Stiles e Malia stavano consultando i libri di storia celtica dei testi latini. Erano seduti l'una di fianco all'altra e ogni tanto Stiles le lasciava una distratta carezza sul dorso della mano, per poi tornare a girare un'altra pagina del proprio testo. Lo faceva senza quasi rendersene conto, come se percepisse il suo nervosismo e sentisse il bisogno di farle sapere che era lì, che i suoi pensieri erano comunque rivolti a lei, che andava tutto bene perché erano insieme.
Scott, invece, si alzava per sgranchirsi le gambe ogni cinque minuti; non era più abituato a restare seduto per così lungo tempo e approfittava della confusione che facevano i bambini nel salone adiacente, per poter fuggire dalla lettura forzata e andare ad ammonirli.
Kira sfogliava i testi sui culti religiosi e le tradizioni celtiche con più interesse di quanto dimostrava il resto del branco. Lydia, a differenza di tutti, con matita in pugno e foglio bianco davanti, provava in tutti i modi di avere una visione più utile di quelle le si erano già presentate.
«Leggete qui!» esultò Kira, di punto in bianco, facendo sobbalzare Lydia che lanciò via la matita e le strappò di mano il libro senza troppi complimenti.
Kira si sporse da dietro la sua spalla per mostrarle il punto indicato: «Morrigan».
Lydia sgranò gli occhi.
«Allora?» chiese Stiles, trepidante e prossimo ad appropriarsi a sua volta del volume.
«Ecco perché non trovavamo nulla» farfugliò Lydia, gli occhi stralunati mentre i piccoli pezzi del puzzle che vorticavano incessantemente nella sua testa andavano finalmente a combinarsi tra di loro.
«Non si tratta di un Darach in particolare» le venne incontro Kira, dato che la Banshee restava in silenzio, «Ma di un culto».
Kira sfilò con gentilezza il libro dalla presa ormai debole di Lydia e lo depose con cura al centro del tavolo, dove tutti poterono scorgere la pagina interessata.
«Morrigan è una dea celtica» continuò Kira, rivolgendo poi lo sguardo su Malia «“Mòr” dall'antico irlandese “grande” e “Rigain”, “regina”».
«La Grande Regina. La dea dalle vesti rosse, con le labbra solo su un lato del volto» bisbigliò Lydia, «che compare davanti ai soldati prossimi alla morte sotto forma di corvo».
Malia le lanciò una lunga occhiata preoccupata poi, sospirando, si alzò e pose le mani su quelle tremanti dell'amica.
«Vieni, Lyds» disse con voce rassicurante, dandole una mano ad alzarsi «Aiutami a preparare il caffè».
Lydia annuì distrattamente e seguì Malia in cucina senza replicare.
Stiles intanto si era appropriato del volume e, insieme a Scott – che si era subito seduto al posto lasciato vuoto da Malia – stava leggendo tutto quello che riguardava Morrigan.
Aveva la fronte aggrottata. Non capiva come la dea potesse ricollegarsi ai sacrifici.
«È una figura triadica, ma i cadaveri sono solo due… Questo vuol dire che ce ne sarà un terzo?»
«Leggi quello che c'è scritto» intimò Scott con impazienza.
Stiles tossicchiò appena e iniziò a leggere: «… I lamenti rituali accompagnavano le anime dei soldati caduti in battaglia verso la loro eterna dimora. Si racconta che fossero i corvi della Morrigan a intonarli. Ogni qualvolta i corvi gracchiavano sui corpi dei caduti, nella valle echeggiava la voce della Morrigan».
«Inquietante» bofonchiò Kira.
«… la Morrigan impiegava la sua forza sovrumana per volgere le sorti della battaglia in favore dei suoi protetti, donando loro il controllo della Luna.»
«Il controllo della Luna?» gli fece eco Scott.
Stiles ammutolì.
«Forse potrebbe trattarsi del rituale che stiamo cercando» disse Kira, cercando il sostegno negli occhi di suo marito.
«Non dice altro?» chiese Scott, la delusione ben udibile nella sua voce.
Stiles sfogliò inutilmente le pagine «No» rispose, sconfortato.
«Accenna a una Profezia, ma qui non ce ne è traccia».
«Okay, quindi un Druido che adora la dea Morrigan sta sacrificando persone in suo onore per avere il “controllo della Luna” e non abbiamo assolutamente idea di cosa questo significhi».
«Dal nome non sembra presagire nulla di buono» disse Lydia uscendo dalla cucina con in mano una tazza fumante. Malia la seguiva, trasportando un vassoio con altre tazze e una caffettiera di vetro ricolma, che poggiò sul tavolo facendo cadere a terra una delle pile di volumi.
«Perciò l'unico modo di capirci qualcosa è trovare questa Profezia?» chiese Malia, che aveva ascoltato con attenzione la lettura di suo marito dalla cucina.
«Ora la cosa fondamentale è capire chi sarà la prossima vittima e impedire al Darach di completare il rituale. Manca poco alla luna piena, non abbiamo molto tempo» disse Scott con voce grave, «Vado nella foresta, Brett deve mettere in guardia il suo branco e anche noi dobbiamo tenere gli occhi aperti» il suo sguardo si fermò su Malia. «E non fare nulla di troppo avventato», aggiunse.
Poi fece un cenno verso Kira perché prendesse i bambini e lo seguisse in macchina.
«E io andrò in Centrale ad aggiornare Jordan sulle ultime novità» annunciò Stiles, mettendosi il libro sotto braccio e afferrando la giacca.
«Ma…» obiettò Malia, senza sapere davvero cosa dire per fermarlo.
A Stiles non servì altro per capire il dubbio inespresso di sua moglie.
«Farò presto» promise, lasciandole un bacio frettoloso a fior di labbra.
«Vai tranquillo, Stiles. Io ed Allie faremo compagnia a Malia finché non tornerai» lo rassicurò Lydia quando Stiles si bloccò davanti alla porta nel guardare Malia.
Annuì distrattamente, gli occhi stranamente smarriti. Scosse la testa come a voler scacciare una mosca fastidiosa ed uscì.


 
***


«Ci sta sfuggendo qualcosa, Jordan. Ne sono sicuro. Manca qualcosa».
Stiles si muoveva frenetico avanti e indietro nell'ufficio dello Sceriffo, di fronte a un Jordan che faticava a seguire i suoi ragionamenti contorti. E Stiles si sentì improvvisamente ragazzo in quel momento, nel ricordare quando erano gli occhi di suo padre a guardarlo in quel modo, da dietro quella stessa scrivania.
Ma non era più un ragazzo. Ora aveva il potere che la sua carica gli conferiva e l'esperienza di oltre un decennio a gravargli sulle spalle.
E per quanto strane fossero le congetture di Stiles, Jordan non ne dubitava mai.
Lo Sceriffo rilesse il passo che riguardava la Morrigan sul libro che gli aveva portato Stiles e chiese: «Oltre le cose ovvie, intendi?».
Stiles gli rivolse un'occhiata esasperata. «Sì!» esclamò, incredulo davanti a una domanda del genere.
«Qui c'è qualcosa di strano, Jordan. Il primo omicidio è stato quello di Meagan Lavery, ma i cadaveri… » non finì la frase perché il suo cellulare iniziò a squillare.
Era Malia. Stiles aggrottò la fronte guardando l'ora: ormai era notte inoltrata, si era trattenuto alla Stazione di Polizia più di quanto avrebbe voluto, ma Malia non era solita preoccuparsi per cose del genere.
Rispose con il cuore in gola. «Che succede, Mal?».
«Lydia ha visto qualcosa» disse e dal suo tono capì subito che non si trattava di nulla di buono «L'ho lasciata che dormiva sul divano insieme ad Allie e quando sono tornata in salone, dopo aver messo a dormire Jamie, l'ho trovata che singhiozzava in una specie di dormiveglia…»,
«Come un terrore notturno?» le venne incontro Stiles.
Jordan si avvicinò a lui con espressione interrogativa, capendo che si trattava di Lydia.
«Okay, Mal. Dimmi solo cos'ha detto Lydia»,
«È iniziato con un urlo e finirà in grida»,
«Nient'altro?» chiese senza riuscire a mascherare la delusione.
«No. Ora si è calmata ma non riesco a svegliarla, Stiles».
«Arrivo. Io e Jordan arriviamo subito» promise e riattaccò.
Jordan aveva già preso la giacca e le chiavi della macchina, aspettando che anche il collega si muovesse.
«È iniziato con un urlo e finirà in grida» ripeté Stiles fissando lo sguardo sullo schermo del telefono spento.
«Andiamo, Stiles. Ci penserai dopo» sbottò lo Sceriffo.
«Aspetta solo un attimo» ribatté Stiles, torturandosi la cute con foga.
Jordan fece un verso scettico «Se si trattasse di Malia ti fermeresti ad aspettare solo un attimo?».
Stiles arricciò le labbra e non rispose.
«Quello che voglio dire è che non è iniziato in un grido» masticò a denti stretti.
Parrish aggrottò la fronte.
«Ma cosa stai dicendo?».
«Lydia ha detto che è iniziato in un grido. C'è stato un altro omicidio prima di quello di Meagan Lavery. Forse un corpo non ancora rinvenuto. Torniamo nella foresta» spiegò Stiles e Parrish lo guardò come se fosse improvvisamente impazzito.
Scosse la testa e provò a farlo ragionare: «La squadra di ricerca ne ha già scandagliato ogni centimetro per cercare prove. Non c'è nulla, Stiles. Se ci fosse un cadavere nascosto tra gli alberi a quest'ora anche il branco di Brett se ne sarebbe reso conto».
Stiles chinò il capo, sconfortato. In qualche modo sapeva di avere ragione.
Parrish stava per raggiungere la porta dell'ufficio, stufo di perdere altro tempo, quando si bloccò di colpo con la mano già sulla maniglia della porta e si voltò verso il collega come se d'un tratto avesse avuto una rivelazione.
«Un mese fa è stato ritrovato nei boschi il cadavere di una donna. Stava sul confine della contea e per questo il caso era andato alla polizia di Gammon Allen dato che i loro agenti erano arrivati sul posto prima di noi».
Stiles batté il pugno sulla scrivania «È lei!» esclamò, «Mi ci gioco la carriera, Jordan. È lei la prima vittima, non Meagan Lavery. I cadaveri sono tre».
Parrish annuì convinto «Chiama Scott e digli di avvisare anche Brett Talbot. È il momento di far visita allo Sceriffo della contea di Gammon Allen».


 
***


«Chi è?».
Scott guardava il display del proprio smartphone con cipiglio scuro.
A quella domanda si riscosse: Kira si stava infilando nel letto sotto le coperte accanto a lui e non aveva affatto l'aria di chi era pronto a godersi una notte di riposo.
Guardava il marito con sospetto, accomodando meglio la schiena sui cuscini.
Scott spense il cellulare e lo posò sul proprio comodino.
«Stiles», disse. «Lui e Parrish hanno trovato qualcosa. Domani mattina ce ne occuperemo».
«E il lavoro?» chiese Kira, «Continui ad usare giorni di malattia. Finirai nei guai, prima o poi».
Scott sorrise divertito: «Non è la stessa cosa che facevamo al liceo? Saltare le lezioni e indagare su mostri assassini. Sono riuscito a laurearmi, no? È tutto sotto controllo»
Kira sbuffò: «Non scherzare!».
Scott le prese una mano e se la portò alle labbra per baciarne il dorso, poi il palmo e il polso.
«E tu non preoccuparti» soffiò, poco prima di allungarsi per raggiungere le labbra della donna.
Scostò le lenzuola per muoversi più liberamente. Non se ne era accorto prima, ma adesso che l'aveva scoperta notò subito la lingerie che indossava sua moglie.
«è nuova questa?» chiese con una risata inequivocabile.
Kira gli rivolse un'occhiata innocente «Oggi sono andata a fare shopping con le ragazze. Ho pensato che ci avrebbe fatto bene passare un po' di tempo per conto nostro» rispose Kira in modo allusivo.
Scott le sorrise, carezzandole con calma le cosce nude, sollevando di poco la sottoveste di seta grigio perla, che si posava morbida sul corpo snello di Kira, mettendone in risalto i punti giusti.
Non era un caso se non erano più riusciti ad avere momenti di intimità. Poco c'entravano il Darach e gli omicidi. Kira era sfuggente in quei giorni; quando Scott le si accostava, all'improvviso uscivano fuori cose come lavatrici da dover mettere, cene da preparare, il bagnetto di Matty, i compiti di Adam o la merenda per Caleb, il quale si trovava in un periodo in cui rifiutava qualsiasi tipo di cibo.
Ma il problema non erano le faccende quotidiane, quelle non erano mai state un impedimento. Il problema era Scott. Scott e le sue frasi dette senza alcun peso. Quell'accenno al quarto McCall la ossessionava tanto da tormentarla per gran parte del giorno.
«Parlane con lui» le aveva detto Malia, quando Kira aveva trovato il coraggio di confidarsi con l'amica. Scott era bravo ad ascoltare. Se il branco aveva un problema lui era quello che lo risolveva. Il branco veniva prima di tutto. Eppure l'unica persona che si sentiva esclusa dalla sua considerazione era proprio sua moglie, la dolce consorte che aveva scelto per condividere gioie e dolori. E Kira era stanca di mostrargli sorrisi solo per renderlo felice.
La bocca di Scott era sul suo collo e le mani erano giunte a stuzzicarle il piccolo seno sodo.
«Non voglio altri figli, Scott» sbottò Kira di punto in bianco, spingendolo via proprio mentre provava a slacciarle il reggiseno. Il pensiero di un quarto figlio si era fatto martellante nella sua testa, tanto da lasciarla priva di fiato.
Scott dapprima la guardò senza capire, ancora annebbiato dalla passione. I suoi occhi scuri erano spalancati, la bocca semiaperta in un'espressione sconcertata per essere stato allontanato con tale foga.
«Pensi che in questo momento io stia pensando a mettere al mondo un altro bambino quando già quelli che abbiamo potrebbero essere in pericolo?».
Kira lo guardò spaventata: aveva lanciato la bomba e tanto valeva arrivare fino in fondo.
«Non voglio altri figli. Mai più. Ne abbiamo tre. Tre, Scott. Vanno bene, sono anche troppi».
«Ma che stai dicendo?».
Scott si tirò su a sedere e la guardò con più attenzione. Kira appariva fuori di sé, spaventata e stanca. I suoi occhi a mandorla si muovevano veloci a individuare ogni singola sfumatura d'espressione sul volto di Scott.
L'Alpha non era abituato a guardare il giovane viso di Kira e trovarlo privo della morbida curva del suo dolce sorriso. Così tornò a sdraiarsi accanto a lei, incrociò le dita alle sue e disse: «Ricordi il giorno in cui ti chiesi di sposarmi?»
«Cosa c'entra?» sbuffò Kira, provando a tirarsi indietro, ma lui non glielo permise. La sua stretta era salda attorno ai fianchi sottili della donna.
«Sshh, ascoltami. Adam aveva già due anni ma a stento sapevamo fare i genitori. E tu quel giorno mi dissi che eri di nuovo incinta. Che avremmo avuto Caleb. E allora mi sono reso conto di quanto la nostra vita stesse correndo veloce senza sapere neppure verso quale traguardo. Quel giorno mi sono fermato e ho visto quello che mi stavo perdendo. È per questo che te l'ho chiesto in quel momento, perché avevo capito di dover fare le cose con calma, iniziando da quella più importante. Sei tu il mio traguardo, Kira. Tu e i bambini. Noi, insieme, felici e contenti. È il finale felice più vecchio della storia».
«Basta, Scott. Non è questo…».
Scott si alzò su a sedere, serrò gli occhi e indurì la mascella.
«Vuoi lasciarmi?»,
«No!» esclamò subito lei, mettendosi a sedere a sua volta. «Sì… Non lo so».
«Scott, io ti amo, ma…»,
«Ti ho aspettata. Quando hai scelto di unirti alle Skinwalker ti ho aspettata per anni» la sua voce suonò ferita nel profondo.
«Ho difficoltà a controllarmi, Scott. Sono tornata prima solo per te, ma non ero ancora pronta! Devo tornare nel deserto».
«Non puoi nasconderti dietro la Volpe per sempre, Kira!»
«Ti rendi minimamente conto quanto sia difficile per me? Ho trentacinque anni ma sembro a malapena maggiorenne!»
«È per questo? Per il tuo aspetto?».
Scott non riusciva a seguirla, continuava a saltare da una scusa all'altra, mascherando quel che davvero la devastasse.
Kira perse definitivamente la pazienza: «Questo non è il mio finale felice! Perché tu un giorno morirai!» gridò, saltando in piedi, «Adam, Caleb e Matty moriranno e io resterò qui, da sola, con l'aspetto di una ventenne e con il solo desiderio di seguirvi» singhiozzò, arpionandosi con le unghie alla sua stessa carne del petto.
«E di questo a te non importa. Non ci pensi e continui a chiedere sempre più da me, ma io non ho più nulla da darti!».
«Tu pensi che io sia distratto, che non mi accorga di ciò che provi o di come ti senti» mormorò Scott, «ma io lo vedo che non riesci ad essere più felice da molto tempo. Mi sono accorto di quanto la Volpe ti stia logorando e…» sospirò.
«E?» lo indusse a continuare Kira, incredula che dalle labbra di suo marito stessero uscendo davvero quelle parole.
«Niente, è sciocco».
«Dillo, Scott. Per favore».
Scott strinse le labbra, poi la accontentò: «Ho soltanto pensato che se fosse nata una bambina… una Kitsune… allora tu avresti avuto qualcuno. Avresti avuto un motivo per essere felice anche dopo» biascicò, imbarazzato.
«La quarta McCall?» chiese Kira in un filo di voce, tornando a poggiarsi sul letto, di fronte a Scott.
Lui annuì, guardandola con una rinnovata speranza «La quarta McCall».
Kira sorrise tra le lacrime e gli accarezzò il volto scuotendo appena la testa «Non basterebbe, Scott».





Angolo Autrice: Innanzi tutto chiedo scusa per la lunga attesa, ma tra vacanze e poca ispirazione, non ho proprio saputo fare di meglio. In ogni caso spero che il capitolo valga l'attesa e che vi abbia lasciato soddisfatti!
Finalmente la nebbia attorno al mistero degli omicidi inizia districarsi e il branco si avvicina sempre più a capire le vere intenzioni del Darach.
Vi ringrazio di cuore per tutte le vostre meravigliose recensioni, al prossimo capitolo!^^

E ricordate: è iniziato con un urlo e finirà in grida .
   
 
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