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Autore: Walpurgisnacht    25/08/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Dannazione! Dannazione! Dannazione!”.

Ishimaru non capiva cosa stesse succedendo. Perché quello scatto d’ira? Erano più o meno salvi, o comunque molto più al sicuro di quanto non lo fossero quando Ikusaba strisciava come una vipera in mezzo a loro; a quanto sembrava i suoi amichetti avevano tolto il disturbo, lasciando libero l’accesso al sancta sanctorum di Zero; Genocider non sarebbe stata più un problema, si voleva sperare.

E quindi… il motivo di quelle urla?

“Kirigiri-san?” azzardò timida Asahina “Stai… stai bene?”.

“No che non sto bene!” rispose quella, guardandola con una faccia ferina. Ishimaru si sentì in colpa nel pensarlo ma gli parve di vederla sbavare. Sicuramente si stava sbagliando.

“Che cosa ti succede? Che hai?”.

L’ennesimo pugno sul legno del tavolo lo rovinò leggermente.

E al leggermente impossibile seguì il grandemente impossibile: Kirigiri fece il movimento come per ribaltarlo. Non ci riuscì perché non attrezzata dal punto di vista fisico, ma non le si poteva di certo rimproverare la mancanza di volontà.

O santo cielo, calmati!

Stava per intervenire quando un dito tremante della Detective indicò qualcosa alla sua sinistra. C’era una porta, non la stessa da cui erano entrati.

La vide avvicinarsi ad ampie falcate senza dire una sola parola, afferrarne il pomello e provare vanamente ad aprirla.

“Chiusa… siamo davvero bloccati qui dentro…”. A cui seguirono una lunga, lunga serie di parolacce e mezze bestemmie urlate verso il firmamento, i kami, i canguri e qualunque cosa le venisse in mente di insultare in quel momento.

Ok, ora è davvero troppo.

Lui e Sakura scattarono nella sua direzione nello stesso momento. Lei fu più rapida e la immobilizzò, accennando al fatto che in uno stato tanto alterato poteva farsi del male.

“Lasciami! Lasciami!”.

Ci vollero parecchi minuti per ricondurla a una parvenza di ragione. Minuti in cui la costernazione la fece da padrone negli sguardi di tutti loro.

“Per favore Oogami, mollami. Sono tranquilla”.

“Me lo assicuri?”.

“Te lo assicuro”.

“Va bene. Ma se dovesse succedere di nuovo…”.

“Non succederà. Lo giuro”.

“Mh. Ok”.

E in effetti sembrava molto più in controllo di se stessa (non che ci volesse molto, a dir la verità). Si sistemò i vestiti stropicciati e cercò di recuperare un aspetto un minimo presentabile.

“Kirigiri-san...?“ le chiese ancora Asahina.

“Maledizione” sputò quella, e per un attimo ci fu la generalizzata sensazione che stesse per esplodere di nuovo. Invece, forse ricordandosi cosa aveva giurato qualche istante prima, prese un respirone profondo e riuscì a reprimere il moto di rabbia: “Scusatemi, scusatemi tutti. Mi sono lasciata andare”.

“L’avevamo notato, Kirigiri-san. Posso chiedere il perché di questo sfogo?”.

Si voltò lenta nella sua direzione, rispondendogli con lo sguardo “tu non ti sei mai incazzato in vita tua?”. Poi trovò carino aggiungere una spiegazione più vocale: “Io… sono furiosa, come potreste esservi accorti”.

“Ma non mi dire…” sarcasticheggiò Togami, per fortuna abbastanza sottovoce da fare in modo che lei non lo avvertisse.

“E lo sono per un semplice motivo: non sono stata capace di prevederlo. Di evitarlo. Avrei dovuto capirlo prima, arrivarci prima, fare in modo che non succedesse. Sono in debito con tutti voi, quanto vi è successo è in parte anche colpa mia”.

Sul serio?

Ishimaru, nonostante la portata dell’affermazione che aveva appena sentito, non poté fare a meno di trovarla…

La trovava ridicola.

“Kirigiri-san” prese parola spiazzando un po’ tutti “ti prego, smettila di comportarti così. Già qualche ora fa, con la faccenda della prima botola, mi sono accorto che per te non esiste il concetto di moderazione. Nella tua pur grande capacità logica non riesci a capire quando è il momento di tirare i remi in barca e dirsi che sì, va bene l’impegno, va bene la buona volontà, va bene tutto quello che vuoi… ma certe cose sono fuori portata per loro stessa natura. Gli esseri umani non sono in grado di rompere una montagna a mani nude, se mi si concede il paragone, e poco importa quanto possano allenarsi e assumere steroidi per cercare di compiere l’impresa. È oltre le loro effettive possibilità. Così come era oltre le tue effettive possibilità poter prevenire quanto ci è successo”.

“No Ishimaru, non capisci…”.

“Cosa dovrei capire?”.

“Che io… avevo dei forti sospetti sulla presenza di una spia nelle nostre fila già da qualche tempo”.

“È vero” si inserì Togami “per quanto non sia entusiasta nel doverlo dire, mi tocca confermare. Ne aveva parlato a me e a Naegi due piani fa. Ci ha spiegato la sua teoria sul fatto che eravamo uno di troppo se si considerava valida l’esistenza di Enoshima, cosa che abbiamo poi appurato essere vera”.

“E con ciò? Non avevi elementi per dire con certezza assoluta che si trattasse di Ikusaba-san, o mi sbaglio?”.

“Come «e con ciò», Ishimaru? Capisci o no che sono rimasta ferma come un palo, non impedendo che Naegi venisse umiliato da quella pazza isterica? Che ho consentito a Genocider di mettere in serissimo pericolo la vita di Togami?”.

“Scusa se mi permetto, ma dove hai lasciato la mantellina da supereroe? Perché solo un supereroe avrebbe potuto fare qualcosa di concreto in quella situazione. E tu, con le tue pur evidenti doti di leadership, non lo sei. Ti stai caricando di un peso che non ti compete, Kirigiri-san, e ti fai solo del male gratuitamente. Penso di parlare anche a nome degli altri quando dico che è l’ultima cosa a cui vorrei assistere”.

Le conferme sentite di Aoi e di Sakura e quella un po’ più sommessa di Byakuya gli fecero piacere.

“Ishimaru-san è molto saggio in quanto afferma” gli diede manforte Oogami “Sei crudele e troppo dura con te stessa. Renditi conto che ti era davvero impossibile fare più di quanto hai già fatto. E hai fatto tanto. Ci hai tenuti al guinzaglio quando dovevamo essere ripresi, ci hai spianato la strada non vergognandoti delle tue terribili ferite e anzi mostrandocele senza troppo timore, hai sempre fornito esperienza investigativa che ci è stata fondamentale. Ricordi il discorso che Ikusaba-san ha fatto ad Aoi poco prima che entrassimo nella prima stanza numerata? Sì che te lo ricordi, sei quel tipo di persona che non dimentica nulla e lo sfodera al momento opportuno. Comunque, con tutto quello che ci ha fatto, non sono in disaccordo con lei. Hai tirato fuori quel che hai di eroico e l’hai messo a disposizione per la causa comune. Chiederti di più sarebbe stato inumano”.

“Ma… ma io…”.

“Avanti Kirigiri” fu poi il turno di Togami di esprimersi “non credi di darti un po’ troppa importanza? Oppure pensi che chiunque non sia te non possa provvedere a se stesso e, dovesse servire, sopportare uno o due colpi? E comunque non dimenticarti che sei riuscita persino a tenere a bada me quand’ero ancora nella fase «appena diplomato al corso degli stronzi della Togami Zaibatsu col massimo dei voti». Poi è vero, non ti sei accorta subito delle personalità multiple di Zero e questo macchierà a vita il tuo curriculum… ma nessuno è perfetto, e se te lo dico io ci devi credere”.

Ci fu una lieve risata da parte di Sakura, a cui Byakuya sorrise in maniera altrettanto lieve. Qualche inside joke fra di loro che a lui era evidentemente precluso.

“Togami-san, davvero, smettila di fare ironia. Sei inquietante” scherzò Ishimaru, causando il fastidio di Byakuya: “E se faccio lo stronzo non va bene, e se faccio ironia non va bene!” sbuffò l’altro, allargando le braccia. “Mettetevi d’accordo, per piacere!”

Il Prefetto scoppiò a ridere, seguito a ruota da Asahina e Oogami. Cominciava a capire perché prendessero tutti in giro Togami, era… divertente. Ripensò alle ultime ore: nonostante il suicidio in diretta di Ikusaba e la breve (ma intensa) apparizione di Genocider, erano comunque riusciti a mantenere un clima tutto sommato sereno. Quasi sempre a discapito di Togami-san rise fra sé e sé. Si chiese se la velocità con cui erano passati dal parlare di Genocider Syo ai capelli di Fukawa non fosse stata troppo repentina, anomala… poi vide l’espressione di Kirigiri, ancora dubbiosa riguardo il suo operato, e decise che no, non c’era nulla di anomalo in quel momento di leggerezza. Al contrario, era intimamente convinto ne avessero bisogno, soprattutto adesso che dovevano trovare una via di fuga e, si sperava, attendere l’arrivo dei soccorsi.

“Kirigiri-san” si rivolse di nuovo a lei, “davvero: non darti nessuna colpa. E soprattutto non addossarti pesi che non sono tuoi.”

La ragazza rimase in silenzio ad osservarlo, e lui rincarò la dose: “Non sei tu che salvi noi, ma tutti noi che facciamo gioco di squadra e ci salviamo da soli. Ok?”

Kyouko non rispose, ma dopo un attimo di esitazione abbassò la testa e annuì. Ishimaru sorrise: “Visto? Scoprirsi umani non è poi così terribile.”
“Rimane il fatto che l’unica nostra uscita è sbarrata…” rispose lei, e Ishimaru era abbastanza sicuro di aver visto i suoi occhi lucidi. Ma non disse nulla per galanteria.

“Mi chiedo che razza di gente faccia parte della brigata Fenrir se non si fanno scrupoli a lasciare otto liceali su un’isola sperduta” ringhiò Sakura, e fu Togami a risponderle: “Mercenari, ex criminali di guerra, gente che in genere ha una fedina penale lunga un chilometro. Non c’è da stupirsi.”

“Sei informato, Togami-san.”

“Ho fatto le mie ricerche a suo tempo.”
“Chissà come ci è finita Ikusaba. Forse non lo sapremo mai.”

“O magari sì” disse Kyouko, “poco prima di spararsi aveva dato a Naegi due fascicoli.”

Togami annuì: “Ricordiamoci di prenderli entrambi prima di tornare dagli altri.”

Detto questo ripresero a ispezionare la stanza in silenzio, e per loro fortuna scoprirono che tutti i computer e le apparecchiature erano state lasciate in funzione.

“Rimorso di coscienza o semplice disattenzione?” si interrogò nuovamente Sakura, e di nuovo fu Togami a risponderle: “Non ha troppa importanza, basta funzionino. Vediamo” si sedette a quella che sembrava la postazione principale e cominciò a dare un’occhiata ai comandi: “Da qui controllavano ogni area dell’edificio, a quanto pare. Porte, trappole, altoparlanti… persino l’elettricità” ghignò.

“Puoi farci uscire di qui?” chiese Kyouko, e lui annuì: “Non sono Fujisaki, ma non mi sembrano programmi complessi. Mi basta capire come sbloccare tutte le porte…”

Mentre i due erano intenti a studiare una possibile via di fuga, Ishimaru continuò a guardarsi attorno quando notò Asahina e Oogami accovacciate in un angolo, intente a guardare qualcosa sotto a un tavolo.

“Uh, ragazze? Tutto ok?”

“Oh, Ishimaru-san” gli rispose Aoi, “forse abbiamo trovato qualcosa che ci riguarda.”

“Qualcosa come…?”

Sakura tirò fuori una scatola piena di documenti da sotto il tavolo e gliela mostrò: “Questi sono fascicoli su di noi, stavolta senza cancellature o parti mancanti.”

Ishimaru sgranò gli occhi: “Documenti di che tipo?”

“Cartelle scolastiche, mediche… e anche un dettagliato resoconto degli esperimenti fatti su di noi.”

Al Prefetto mancò la terra sotto i piedi: per quanto avesse sostenuto con forza la tesi degli esperimenti, dimostrando infine che il suo intuito aveva avuto ragione, trovarsi in mano le prove fisiche era… diverso. Era letteralmente la conferma di ciò che avevano subito, parola per parola. Persino il DVD non aveva avuto quell’impatto su di lui, forse perché non mostrava nulla se non una breve ripresa del loro gruppo.

Questa è la testimonianza della nostra vita da cavie prima che venisse cancellata.

Senza esitare tornò alla postazione principale.

“Togami-san, Kirigiri-san. C’è qualcosa che dovete vedere.”

 

*

 

“BURP!”

“Oowada-kun!”

“Scusa, scusa. Ma come dice il saggio: meglio fuori che dentro!

“Il tuo saggio di fiducia è Shrek?”

“Invece di impicciarti dei saggi altrui sbrigati a finire quelle scatolette prima che ci pensi io! Hai bisogno di mettere su muscoli, sei un fuscello ragazzo mio!”

Makoto sospirò e riprese a rimestare nella sua scatoletta di tonno, pur non avendo più molta voglia di mangiare.

In attesa che tornassero gli altri avevano deciso di fare uno spuntino col cibo trovato in una delle due stanze non numerate. Il tempo però sembrava non trascorrere mai, o almeno così credeva lui.

Probabilmente era passata non più di mezz’ora da quando il resto del gruppo era sceso, eppure aveva la sensazione che fosse molto di più.

Forse è perché non abbiamo niente da fare pensò. A parte chiacchierare e mangiare, il loro unico passatempo era stato guardare di nuovo i DVD, più per tenersi occupati che per reale interesse. Ironicamente avevano scoperto nuovi dettagli (come, ad esempio, che Jabberwock Island veniva fatta passare come campo estivo della Kibougamine e che veniva usata come copertura per ciò che facevano realmente), ma nulla che riuscisse a far passare il tempo più in fretta.

In tutto quel tempo Makoto aveva avuto modo di pensare.

E pensare, nello stato emotivo in cui si trovava, era probabilmente una pessima idea.

 

“Oh, Naegi-kun, perché tu non conti nulla.”

 

Quella frase continuava a torturarlo.

 

“Semplicemente non valeva la pena perdere tempo con te. Insomma, tu stesso hai detto che sei così mediocre e banale tanto da non capire perché ti abbiano accettato alla Kibougamine!“

 

A posteriori non riusciva a non darsi dell’idiota per aver chiesto a Ikusaba perché lui non avesse avuto la sua tortura. Cosa diamine avevo in testa?

Cos’altro poteva rispondere lei, se non sbeffeggiarlo? Chi va a chiedere a un serial killer perché ha ucciso X piuttosto che Y?

Ho praticamente ammesso di essere un imbecille.

 

“Probabilmente anche i nostri compagni la pensano così ma non te l’hanno mai detto per pura cortesia… anzi, trovo quasi ironico che abbiano creduto che tu potessi davvero essere Zero! Diamine, mi sento quasi offesa!”

 

Oltre il danno, la beffa.

E non aveva certo dimenticato il modo in cui tutti avevano dubitato di lui… il modo in cui Kirigiri e Togami lo avevano guardato con sospetto, probabilmente pensando anche solo per pochi istanti che ci fosse lui dietro tutta quella follia.

Come hanno potuto…?

“Naegi-kun?”

La voce di Touko lo ridestò.

“Naegi-kun, tutto ok? S-Sembri distratto…”

“T-Tutto bene, tutto bene…”. Suonava squallidamente falso persino alle sue stesse orecchie.

Difatti lei non si lasciò trarre in inganno: “Non… non è vero…”.

Perspicace pensò con una punta di disprezzo di cui si pentì subito.

“Naegi-kun… d-dimmi cosa c’è, per f-favore…”.

“Touko-chan, non è nulla, davvero…”.

“E va b-bene. Se non lo v-vuoi dire tu lo dirò… io: è I-Ikusaba”.

Non era una domanda, bensì un’affermazione. Era convinta, sicura.

“Sei f-ferito per tutte quelle cose orribili che Ikusaba ti ha d-detto prima di spararsi”.

Colpito e affondato senza scampo. Annuì mesto, sentendosi come un bambino trovato con tutta la faccia nel barattolo della marmellata.

Ci fu silenzio fra di loro mentre Mondo, pochi passi alla loro sinistra, li guardava stralunato: “Sto per assistere a un’inaspettata dichiarazione d’amore? Ma non eravate entrambi impegnati, anche se solo nelle vostre testoline?”.

Lo ignorarono, ma Makoto non seppe trattenere lo spettro di un risolino.

“Beccato in flagrante… sì, è proprio a causa di quanto mi ha detto Ikusaba… mi fa stare male soprattutto perché so che ha ragione”.

“Non ha affatto ragione, quella maledetta stronza. Nessuno può permettersi di insultare così il mio migliore amico senza pagarne le conseguenze”.

...uh?

“Naegi-kun, guardami bene: tu non sei inutile. Non sei banale. Non sei mediocre. Sei l’unico che è mi è rimasto vicino di propria volontà per più di venti secondi senza ritrarsi con un attacco di diarrea. Non hai appeso la mia lettera d’amore in bacheca sputtanandomi di fronte all’intera scuola. Non mi hai tirato il pacco ad un appuntamento dopo che eri stato costretto a rivolgermi la parola solo perché avevi perso una scommessa. Non mi hai chiusa tre giorni in un armadio. Non ti rivolgi a me chiamandomi «spazzatura» o «puzzona». Quale persona banale, mediocre e inutile sarebbe stata disposta a prendersi la briga di ancorare un relitto come me con gli arpioni, fare una fatica del diavolo per trascinarlo a riva e mettersi a lavorarci sopra per salvare il salvabile? Te lo dico io quale: nessuna. Perché tu non sei quella persona, Naegi-kun. Non sarai il ragazzo che spicca in mezzo alla moltitudine perché si veste come un lampione acceso o si acconcia come un porcospino, ma non vuol dire che non abbia delle qualità. Altrimenti non ti saresti sbattuto come hai fatto per starmi vicino, cercando di incoraggiarmi nonostante la mia diffidenza congenita. Tu non sai quanto io mi sia sentita sollevata quando sei stato contento per me, quando mi hai fatto i complimenti, quando mi hai spinta a ribellarmi alle angherie di Byakuya-sama. Naturalmente questo merito va diviso anche con gli altri, che a loro volta hanno dimostrato empatia e comprensione nei miei confronti, ma il primo della fila sei stato di certo tu. Se non ci fossi stato non so che fine avrei fatto. Mi hai dato… speranza ed è il regalo più grande che mi sia mai stato fatto. Quindi togliti quel musino triste, che neanche ti si addice.”

Mentre Touko lo guardava con quello sguardo così deciso, che mai le aveva visto, Makoto si ritrovò a pensare che non aveva mai ricevuto un tale incoraggiamento da nessuno.

Non che la sua famiglia lo avesse mai preso in giro o cercato di demoralizzarlo ma… non aveva neanche mai ricevuto quel sostegno di cui sentiva il bisogno. Era stato questo, forse, a instillargli l’idea di essere mediocre, di non poter ottenere più di un tot dalla vita: aveva voti buoni ma non troppo, non spiccava particolarmente in nessuna materia o attività extra scolastica, era simpatico ma forse non abbastanza.

Pian piano quei “ma” si erano accumulati fino a diventare un macigno sul cuore, che stava lì sospeso e diventava più pesante nei momenti di sconforto, quando Makoto non riusciva a smettere di pensare a se stesso come una nullità.

“Sei buffo ma simpatico” dicevano gli amici. Non era un insulto ma lui spesso lo leggeva come una presa in giro, come se gli altri lo tenessero vicino solo come giullare di corte.

Pensieri falsi e dettati dalla negatività, ma a cui non riusciva a non credere.

E dire che mi sono sempre ritenuto un ottimista… forse mentivo a me stesso. O forse riuscivo ad esserlo solo nei confronti degli altri.

“Naegi-kun?”

Alzò lo sguardo verso Touko, che non si era mossa di un millimetro dalla sua posizione. Tentò di sorriderle: “T-Ti ringrazio per le belle parole, Touko-chan… mi sforzerò di credere che tu abbia ragione.”

“Ma io ho ragione.”

La sicumera di quell’affermazione fu tale che persino Mondo inarcò un sopracciglio verso di loro.

“C-Come?”

“Naegi-kun, mi conosci… s-soprattutto dopo questi giorni s-sai benissimo cosa mina la mia autostima, e quanto mi sia costato, in tanti anni, fingermi superiore agli altri pur di non venire ferita ancora. N-Non sono mai stata sicura di niente nella mia vita, nemmeno delle mie doti di scrittrice o” tentennò un attimo “o dei miei sentimenti v-verso Byakuya-sama. Ma di una cosa sono sicura: tu sei la persona migliore che conosca. Lo hai dimostrato in ogni modo possibile e immaginabile, e se questo n-non è un talento degno della Kibougamine, beh… non so quale possa esserlo.”

Rimase imbambolato a guardarla, mentre Fukawa ancora una volta tesseva lodi che lui non sentiva di meritare. Avrebbe voluto abbracciarla e scoppiare a piangere, ringraziandola per avergli dato quel supporto in cui aveva sperato per anni, ma tutto ciò che riuscì a dire fu: “Hai detto parole bellissime, Touko-chan… ma non credo di essere all’altezza dell’idea che ti sei fatta di me” sospirò, poi aggiunse: “Ho passato diciassette anni convinto di non valere niente… non penso di poter modificare le mie convinzioni in così poco tempo, pur apprezzando ogni tuo sforzo” sorrise amaro.

“Certo che non puoi, non siamo automi dotati di tasto per il reset. Ma potrebbe essere il momento migliore per decidere di cambiare e lavorare sulla tua autostima.”

Ancora una volta Mondo sconvolse i presenti con un’altra perla di saggezza.

“O-Oowada-kun…”

“Sì, lo so, nessuno si aspetta che io dica cose intelligenti” rise il Biker, “ma non vuol dire che abbiano ragione. Lo stesso vale per te: solo perché sei convinto di non valere niente non significa che sia così. Insomma, guardati, sei uno dei pochi che riesce a gestire Togami nei suoi momenti peggiori, e non parliamo di Fukawa! Dannazione, te la sei presa a cuore e l’hai difesa a spada tratta quando è venuta fuori la storia di Genocider Syo” gesticolò in direzione della ragazza, “e in quel momento siamo stati noialtri ad aver dato veramente il peggio.”

Si alzò dalla sua sedia e si avvicinò a Makoto, dandogli una delle sue vigorose pacche sulle spalle: “Io penso che Fukawa abbia ragione quando dice che il tuo ottimismo è il miglior talento che si possa trovare alla Kibougamine. Quindi smuovi le tue chiappe ossute e lavora su quell’autostima, che non meriti di vivere nell’autocommiserazione per cose non vere.”

“I-Io non so cosa dire” balbettò, ma Mondo lo interruppe di nuovo: “Non devi dire niente, se non che la smetterai di crederti la nullità che non sei. Ricordati che una volta toccato il fondo si può solo risalire” sorrise, facendo l’occhiolino. “Io e la Super Scrittrice qui ne siamo due ottime prove viventi, ti pare?”

Fukawa arrossì, ma fece un cenno affermativo con la testa: “O-Oowada-kun ha ragione.”
“Aspetta aspetta, hai usato il -kun anche con me? Siamo già a quel livello?” si finse sconvolto, gettando la povera Touko nell’imbarazzo più totale.

Mentre li guardava scherzare, Makoto sentì il suo cuore un po’ più leggero.

 

*

 

Kyouko aveva sempre pensato che, dato il suo mestiere e la sua invidiabile freddezza, non esistesse nulla al mondo che potesse sconvolgerla.

Naturalmente leggere quei fascicoli la fece ricredere.

“Qui… qui dice che… Enoshima-san non rispondeva come noi… e che quindi… necessitava di spinte… maggiori...” disse Sakura allontanandosi di qualche passo. Era evidente che stesse tremando, il che la dice lunga sulla gravità di quanto stessero leggendo.

Cercando di mantenere il più possibile la sua facciata di sangue freddo, la guardò dicendo: “Stando a queste parole… è possibile che… che...”.

Complimenti Kyouko, questo sì che è mantenere il sangue freddo.

“...è possibile che qualcuno dello staff adibito all’esperimento sia intervenuto per darle queste spinte maggiori”. Togami, l’autore di quest’ultima affermazione, sembrava per un attimo tornato il vecchio se stesso superbo e altezzoso. Ma solo a giudicare dalle parole, la gestualità del suo corpo tradiva una grande rabbia. Specie il pugno chiuso.

“Stai dicendo che... “.

“Sì Asahina, sto dicendo proprio quello. Non escludo che qualcuno si sia dato da fare per provocarle dolore fisico, magari con dell’elettricità o qualcosa di poco vistoso”.

In effetti avevamo trovato qualcosa che sarebbe potuto andar bene per quello.

“O santissimi kami, è… è mostruoso…”.

“Feh. Ormai da questi macellai privi di scrupoli non mi aspetto nulla di meno”.

“Fai tanto il duro Togami, ma basta saper guardare al di là delle tue parole per capire che vorresti andare personalmente a dare fuoco alla Kibougamine” si inserì Kirigiri, che sembrava condividere inconsapevolmente l’opinione di Ishimaru sullo sfotterlo.

“Non lo posso negare” confermò lui senza fare un plissè “Non è mia intenzione nascondere il disgusto che queste pagine mi stanno provocando. Credetemi quando vi dico che persino nei miei momenti peggiori non sono mai, e dico mai, arrivato a concepire simili oscenità. Men che meno su dei bambini indifesi”.

“Di’ la verità, è solo perché uno dei bambini indifesi eri tu”.

“No!” si affannò a giustificarsi “Lo penso davvero. Le menti dietro quanto stiamo leggendo sono molto più perverse e malevole di quanto io possa mai ambire ad essere. E questo mi spinge a portare a galla una considerazione”.

“Sarebbe?”.

“Cosa ne vogliamo fare di questa montagna di documenti? Anzi no, chiamiamole col loro nome: prove. Perché queste sono indiscutibili prove della colpevolezza dell’accademia. Se anche solo la metà di quanto abbiamo in mano adesso arriva nelle grinfie della stampa… quelli hanno chiuso. Prendono baracca e burattini e vanno a fare l’elemosina all’angolo della strada, sperando che i passanti li prendano a calci come si meritano”.

Kyouko si concesse un attimo di tregua nel guardarlo in faccia. Era livido, digrignava i denti e sembrava in procinto di spaccare qualcosa… o qualcuno. Si chiese seriamente quanto controllo gli servisse per non far filtrare tutta quell’ira nel suo tono di voce, che al contrario era sempre rimasto compassato.

“Beh, che ne vogliamo fare…” iniziò Aoi, salvo venire sovrastata da Sakura: “È mia ferma e precisa intenzione far sì che il maggior numero possibile di informazioni giungano agli occhi e alle orecchie dell’opinione pubblica. Ho il timore che noi non siamo stati né i primi, né gli ultimi e quanto abbiamo passato deve concludersi. Ora abbiamo il potere per fare in modo che ciò si realizzi”.

L’impeto mostrato dai suoi compagni (anche Asahina e Ishimaru si erano detti d’accordo, seppur con meno fervore) era a sua volta condiviso da Kirigiri, che però non riusciva a farsi trascinare dalla sacra smania da loro dimostrata. Nella sua mente presero forma gli scenari peggiori: loro otto che venivano additati come povere vittime del folle piano di Mukuro e quindi inattendibili; suo padre che, a capo del drappello incaricato di recuperarli, le strappava i fogli di mano facendole chiaramente capire che non era saggio mettersi contro la Kibougamine; addirittura assassini prezzolati che li uccidevano pur di assicurarsi il loro silenzio.

Pensò fosse giusto esprimere i propri timori ad alta voce: “Scusate se smorzo il vostro entusiasmo, ma non possiamo aspettarci di camminare pacifici e tranquilli portandoci via tutti questi libroni senza suscitare un minimo di sospetto”.

“Staresti forse suggerendo di lasciar perdere, Kirigiri?”.

“No Togami, dico solo che se vogliamo ottenere qualche risultato dobbiamo studiarcela bene. Essere sicuri di poter portare alla luce almeno parte del materiale a nostra disposizione ora. Sapete cosa?”.

“Cosa?”.

“Propongo un consiglio di guerra”.

   
 
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