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Autore: Lady Of The Flowers    26/08/2016    3 recensioni
Un gruppo di amici in vacanza insieme al mare e un amore (quasi) impossibile.
Matthew Bellamy è il tipico ragazzo che non ama legarsi, cinico e orgoglioso; Gwen Morrissey, la sua migliore amica da una vita. Qualcosa presto cambierà il loro rapporto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gwen


La musica mi rimbombava nelle orecchie, nel torace, sotto i piedi e l’alcol cominciava già a fare effetto. Mi sembrava tutto più bello, tutto più facile, mi sentivo più leggera ed era una sensazione meravigliosa. Chiusi gli occhi e continuai a muovermi. Non mi importava di quello che pensavano gli altri, del modo in cui stavo ballando, se ero bella da vedere o no, se facevo solo ridere o se magari mi trovavano attraente, se Jessie mi amava ancora o era insieme ad un’altra, se ero semplicemente la più cretina sulla faccia della Terra o avevo fatto bene a non lasciarlo… Per una volta, in quel momento, me ne stavo davvero fregando di tutto e di tutti e non pensavo a niente.
E mi piaceva da morire quella sensazione.
D’un tratto mi sentii afferrare per il braccio.
Non seppi bene se era per colpa dell’alcol che mi scorreva nelle vene, ma anche quello che vidi subito dopo essermi voltata mi piacque da morire. Un moro stupendo e due occhi azzurri come il cielo mi guardavano dritto nei miei. Quelli erano davvero gli occhi più belli del mondo, lo pensavo da sempre e avrei continuato a farlo. E, di quello ero certa, non era colpa di nessun cocktail bevuto di rigore.
Sorrisi a quei due magneti azzurri, che non volevano mollare il mio sguardo, e mi schiacciai contro il loro proprietario. Una risata cristallina risuonò nell’aria.
«Tu sei già sbronza.» Mi disse Matt, afferrandomi per un fianco: okay, barcollavo un po’, ma non mollavo mica.
«Nah.» Gli risposi, forse un po’ troppo vicina al suo viso.
Non ero per niente credibile. Dovevo anche essere piuttosto divertente da vedere da fuori, perché il mio migliore amico aveva un’espressione compiaciuta stampata in faccia.
«Ah, e allora come mai non ti reggi in piedi?» Mi chiese, ridacchiando.
Stavo benissimo, a parte l’equilibrio un po’ precario, mi sentivo davvero bene.
«Forse un pochino, okay? Ma va tutto bene.» Cercai di tranquillizzarlo, ma scossi il capo con troppa convinzione e decisamente un po’ troppe volte, tant’è che mi girò la testa per un attimo.
Ed ero così spensierata che misi in mano a Matt il mio bicchiere vuoto e cominciai a muovermi contro di lui.
Non avevamo mai ballato così. Cioè, non insieme, perlomeno, non io e lui. In tutti quegli anni passati insieme l’avevo sempre visto ballare insieme ad altre – tante altre –, ma non l’avevamo mai fatto insieme, nemmeno quando non stavo ancora con quel cretino di Jessie, nonostante fosse una cosa stupida e, perché no, anche innocente. Lui non mi aveva mai guardata con occhi diversi da quelli dell’amicizia, non aveva mai provato a toccarmi in un modo che non fosse appropriato a quello di due buoni amici – era successo solo una volta, una notte, due anni prima, ma era ubriaco e probabilmente non si ricordava nemmeno più; mentre io, da povera ragazzina illusa, avevo passato anni e anni a morirgli dietro. Cotta e stracotta del mio migliore amico, come nei peggiori teen movies. Lo vedevo come una meta impossibile da raggiungere, sempre circondato da sgualdrinelle varie, sempre chiuso nel suo guscio di cinismo e orgoglio, mai una volta che trasgredisse le sue strane regole sulle relazioni. Di certo non era rimasta a guardare, avevo avuto anche io le mie esperienze, ma mai al livello delle sue.
Poi si era fatto avanti Jessie, nostro amico da diverso tempo, e, forse perché avevo voglia di una relazione seria, forse perché volevo togliermi dalla testa quello stronzo di Matt, mi ero lasciata andare con lui. Mi ero innamorata, certo, ci stavo bene insieme. Però mi capitava spesso di pensare a come sarebbe stato se al suo posto ci fosse stato lui. Se invece di preparare il letto per gli ospiti a Jessie, l’avessi preparato per Matt; se invece di andare al cinema con Jessie, ci fossi andata con Matt; se invece di baciare le labbra scure di Jessie, avessi potuto baciare quelle chiare di Matt; se invece di fare l’amore per la prima volta con Jessie, l’avessi fatto con Matt, il mio migliore amico.
Era davvero cattivo pensare tutte quelle cose, me ne rendevo conto, ma non riuscivo a impedire al mio cervello di farlo. Forse me l’ero meritato di essere cornificata, però, restava il fatto, che quando avrei potuto avere Matt per me, intendo quella notte, due anni prima, ci avevo rinunciato. Perché c’era Jessie. Perché gli volevo bene. Perché nessuno si merita di venir preso in giro così.
Ma, a quanto pareva, la fedeltà e la fiducia non erano anche nei primi interessi di Jessie, quindi era andata così. Speravo che fosse stata solo una sbandata. Tenevo a lui. E, sinceramente, avevo paura di ritrovarmi da sola, di dover ricominciare da capo, con qualcun altro, in un altro modo. Più di tutto, avevo paura di ricadere nel baratro, di ritrovarmi, nei miei momenti più bui, a pensare ancora “o Matt o nessun altro”.
Quella sera, però, ero io a muovermi addosso a lui, non tutte le altre, ero io. Cercai perciò di essere il più sinuosa e sicura possibile, avevo voglia di provocarlo un po’, avevo aspettato quel momento da troppi, troppi anni. Per tutta risposta, lui rimase lì impalato.
«Stasera hai mangiato qualcosa almeno?» Mi chiese, ad un tratto.
Ma ti sembra il momento di farmi domande così stupide?, pensai.
Dov’era finita tutta la sua spavalderia?
«Ma chi sei? Mio padre? Comunque no, non mi andava.» Risposi con una risatina, sperando di chiudere lì l’inutile discorso che aveva tirato in ballo.
«Scommettiamo. Fra quanto tiri su l’anima? Un’oretta?» Mi disse, vicino all’orecchio.
Evidentemente non aveva intenzione di smetterla di dire stronzate. Così mi voltai e - come se non fossi nemmeno io a controllarla - la mia mano si avvicinò alle sua bocca, il mio indice sfiorò il suo labbro inferiore e, in quell’istante, come una scossa elettrica mi attraversò il corpo.
«Scommettiamo. Fra quant’è che chiudi questa boccaccia e balli con me?» Gli dissi, sfoderando il migliore dei miei sorrisi e cercando di mostrarmi sicura di quello che facevo.
Non ero sicura di esserci riuscita, ma lui, scuotendo la testa, mi lanciò un’occhiata e ricambiò il mio sorriso birichino con uno da svenimento. Finì la birra in pochi sorsi, mentre io guardavo come incantata il suo pomo d’Adamo fare su e giù e poi se ne liberò insieme al mio bicchiere vuoto. Iniziò così a muoversi insieme a me.
Non volevo spingermi troppo in là, nonostante l’alcol mi stesse praticamente privando di ogni inizibizione, volevo solo che provasse quello che provavo io. Come se fosse possibile. Forse mi illudevo. Volevo solo che, per una volta, ballasse con me come faceva con le altre, senza pensare a come comportarsi, a dove mettere le mani. Volevo sentire ancora il mio corpo contro il suo, proprio come la sera prima, quando mi aveva buttato in acqua e poi ero caduta sopra di lui. Non c’era Jessie nei miei pensieri, in quel momento, era come se fosse stato spazzato via. E probabilmente era sbagliato, ma lui mi aveva tradita con un’altra, mentre io non lo stavo facendo.
Ballammo per un po’ e per tutto il tempo provai una strana sensazione alla bocca dello stomaco, forse ansia, forse farfalle, so solo che si acuì appena si decise a mettermi le mani sui fianchi.
Ad un certo punto sentii le voci di Lola e Dominic vicine e li vidi di fianco a noi.
«Se sei venuto per fare l’idiota con quella, potevi anche startene in hotel!» Chiosò la mia amica, dando una leggera gomitata al biondo, che, per tutta risposta, alzò gli occhi al cielo.
Ah, la gelosia!, pensai. Mi facevano morire dal ridere quei due. Erano fatti per stare insieme, ma preferivano tenersi sulle spine. Forse era più divertente così.
Lola mi si avvicinò all’orecchio e mi prese una mano.
«Mi accompagni in bagno? Se no finisco per ucciderlo.» Un sorriso maligno si dipinse sul suo viso, mentre uno divertito si faceva strada sul mio.
«Okay.» Ridacchiai. «Sappi che tengo alla tua vita.» Feci poi a Dom, che mi guardò stranito.
Feci un sorriso a Matt, che ricambiò subito, e mi allontanai con la mia migliore amica. Mi girava ancora un po’ la testa, ma andava già meglio rispetto a poco prima.
Appena fummo lontane, il senso di colpa si fece sentire. Perché mi ero comportata così?
Non sapevo se dire a Lola quello che provavo o far finta di niente. In fondo non è successo nulla, pensavo, cercando di convincermi, abbiamo solo ballato. Ma sapevo comunque che quella che poteva sembrare un’idiozia aveva riportato a galla cose, sentimenti e sensazioni che pensavo di aver – bene o male – seppellito e dimenticato.
Optai infine per non dirle nulla e le chiesi di lei e Dom.
«Quindi?» Esordì.
«Quindi cosa?» Disse lei, mentre entrava in bagno.
«Dom?»
«Tienimi la porta, qui non c’è la chiave.»
«Non era la risposta che volevo, però okay.» Risi.
Mi appoggiai alla porta e tornai all’attacco.
«Pensi di dirglielo che ti piace o lo tieni ancora lì sul filo del rasoio?» Dissi.
Lei sbuffò. Mi immaginai la sua espressione contrariata.
«Sto facendo pipì, non mi va di parlarne.»
«Uscirai di lì, sai?» Come risposta ebbi solo il rumore dello sciacquone.
Poco dopo venne fuori, mi lanciava occhiate divertite dallo specchio mentre si sciacquava le mani nel lavandino. Io me la ridevo sotto i baffi.
«Lo sanno tutti che non vedete l’ora di scopare.» Dissi, maliziosa.
Lei mi guardò con un’espressione di finto sgomento mista a divertimento sul viso.
«Gwen! Questo linguaggio non ti si addice per niente!» Mi agitò il dito davanti alla faccia.
«E a te non ti si addice il ruolo di santarellina!» Risi, dandole un pizzicotto sul sedere. «Quindi fatevi il favore di smetterla di fare gli idioti!»
«Signor sì, signore!» Disse lei, facendomi il saluto militare.
«Cretina.» Sussurrai.
Le misi un braccio intorno al collo e così uscimmo dal bagno. Ci stavamo avviando verso il bar, dove Lola aveva intravisto i nostri due accompagnatori, quando il mio sguardo cadde su Amy.
Cosa ci faceva lì? Guardai meglio, dietro di lei c’era Eric insieme ad Alex, dietro di loro: Jessie. Avvinghiata a lui, come un bellissimo e sinuosissimo polipo, una ragazza alta e mora – il mio esatto opposto –, ovviamente, la stessa con cui l’avevo beccato la sera prima.
Il mio cuore si fermò; il mio stomaco si rivoltò su sé stesso; una vampata di calore mi arrivò fino alla testa, ma le lacrime, purtroppo, non riuscii a fermarle. In quel momento, però, sentii che la rabbia era decisamente più forte del dolore, così, d’impulso, attraversai la calca di gente che ci divideva e mi abbattei contro di loro. La strappai dalle sue braccia, dalle sue labbra - dalle mie labbra - e tirai uno schiaffo in faccia a lui. Per un attimo mi guardò interdetto, come se fosse successo tutto talmente in fretta da non riuscire capire, poi si accorse di chi ero, di cosa aveva appena fatto davanti ai miei occhi e fece subito per afferarmi il braccio, ma mi allontanai di corsa. Puntai verso il mare, dove c’era meno casino, dove avrei potuto urlargli in faccia quanto mi faceva schifo senza avere troppi spettatori.
Urlò il mio nome diverse volte prima che decisi di fermarmi, lo feci appena sentii che non riuscivo davvero più a trattenere gli insulti. Quando mi voltai me lo ritrovai subito davanti, aveva uno sguardo quasi indecifrabile.
«Cazzo, Gwen!» Disse, afferrandomi per un polso.
«Vaffanculo!» Gli gridai contro, strappando via la mia mano dalla sua presa.
«Io- io non volevo lo scoprissi così…» Mi prese per le spalle, cercando di tirarmi vicino a lui.
Mi divincolai e lo spinsi via.
«Toccami ancora e ti tiro un altro schiaffo!» Gli intimai. «Sei un pezzo di merda!»
«Lo s-»
«Come cazzo hai potuto?!» Urlai, interrompendolo prima che finisse la frase. «Dopo tutto questo tempo!» Continuai, le lacrime intanto scendevano, non riuscivo a controllarle.
«Credimi, non volevo farti del male.» Disse, quasi sussurando.
Allungò la mano verso il mio viso, fece in tempo a sfiorarmi la guancia con il pollice per fermarmi una lacrima, ma io gli tirai un pugno sulla spalla sinistra. Non voleva farmi del male? Gliene avrei fatto io.
«Cristo santo.» Dissi. «Ti senti quando parli? Non volevi farmi del male? Mi prendi per il culo?»
«Te lo avrei detto.» Cercò di giustificarsi, mentre si massaggiava la spalla.
«Ah, sì? Beh, grazie della cortesia allora!» Risposi, sarcastica.
Ci fu un attimo di silenzio. Io presi un respiro, lui si mise le mani fra i capelli e guardò verso il mare.
Intravidi Lola che si era fermata un po’ più indietro rispetto a noi.
«Da quanto?» Gli chiesi, poi.
«Da una settimana.» Rispose, senza guardarmi in faccia.
Fantastico. Eravamo lì in vacanza da due settimane e lui da una si sbatteva un’altra, appena conosciuta per di più.
«Chi è.» Dissi, non era nemmeno una domanda.
«Non è di qui, è in vacanza anche lei.»
«Magari col fidanzato?» Non riuscii a trattenermi dal dirlo.
«No.»
«Ah beh, almeno te ne sei trovato una coscienziosa…» Commentai.
«Smettila di fare così.» Mi disse, questa volta riuscendo a guardarmi negli occhi.
«Di fare cosa, scusa?!» Alzai la voce.
«Di rispondermi come se mi stessi prendendo per il culo.»
«Tu l’hai fatto fino ad ora con me!» Gli feci notare. «Ti rispondo come voglio, non devo stare di certo a pesare le parole con te!» Gli diedi un’altra spinta. «Sei incredibile.» Aggiunsi.
«Ho sbagliato, okay?! Mi dispiace, Gwen.» Si lamentò. «Mi dispiace sul serio, mi sono comportato da stronzo, è vero, ma pensavo fosse solo una cosa momentanea, che una volta tornati a casa sarebbe tornato tutto come prima.»
Lo guardavo incredula. Una cosa momentanea? Più cercava di spiegarsi e più mi chiedevo come avevo fatto a stare con un imbecille del genere per tutti quegli anni, ma, soprattuto, come avevo anche solo pensato di lasciar correre quello che era successo.
«Tutto come prima? Ma mi prendi in giro?!» Gridai.
«Intendo che avrei voluto stare solo con te, come prima.» Disse piano.
«Cioè, lasciami capire. Tu pensavi di riuscire tranquillamente a stare insieme a me, a passare le giornate con me, a fare tutte le cose che facevamo prima, a venire a letto con me, dopo esserti scopato un’altra?! E per di più sotto i miei occhi?!» Gli dissi, mentre gli puntavo il dito contro il petto. «Mi fai veramente schifo!»
Mi lanciai contro di lui, iniziai a spingerlo, a dargli pugni sulle spalle, sul torace, non capivo più niente. Mi sentivo ferita, mi aveva presa in giro. Mi chiedevo se fosse capitato anche altre volte e picchiavo più forte. Mi immaginavo ancora la scena della sera prima e picchiavo più forte. Volevo fargli male, volevo spaccargli la faccia, volevo che provasse il dolore che stavo provando io.
All’improvviso mi sentii afferrare per la vita, qualcuno, che non era Jessie, mi stava sollevando da terra. Gridai di lasciarmi andare con tutta la forza che avevo, ma quando sentii quella voce dire il mio nome, mi bloccai.





Eccomi qui, finalmente il capitolo dal punto di vista di Gwen . Spero vi sia piaciuto :)
Ancora grazie a chi segue, a chi recensisce e a chi l'ha messa fra le preferite.
Fatemi sapere, aspetto qualche nuovo commento. Ne sarei felice.
Lady.


   
 
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