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Autore: _Cthylla_    27/08/2016    1 recensioni
| Golden Age | Young Kozmotis Pitchiner (soprattutto nel primo capitolo) | AU | OCs
L'epoca in cui era la Casa Lunanoff a governare si è distinta per la prosperità presente in ogni parte del regno. La Golden Age è stata un florilegio di grandi eroi dorati e di Case nobiliari, note come "Costellazioni", i cui componenti erano nobili di sangue quanto di cuore.
Ciò è quanto è passato alla storia, quel che la maggioranza dei pochi superstiti è in grado di ricordare. Ma se quei ricordi riguardassero soltanto la parte conosciuta della storia in questione? Se ci fosse stata una parte oscura che quasi nessuno ha potuto o voluto vedere?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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Premessa: i fatti raccontati qui si svolgono più o meno nello stesso periodo in cui si sono svolti quelli del capitolo precedente.


= 00- Spear =






«mai più! Mai più in tutta la vita! MAI! PIÙ!!!»

 
Kozmotis Pitchiner non aveva commesso molti peccati in vita sua, e in quei soli quattro minuti di viaggio aveva avuto modo di pentirsi di ognuno di essi almeno dieci volte.

 
«e tu saresti l’High General of the Galaxies, il marito di mia sorella, e tra poco il padre di mia nipote…andiamo proprio bene».

 
Stava per diventare padre, ma sua figlia aveva scelto un gran brutto periodo per venire al mondo, se si trattava di traffico e servizi in genere: era la stagione in cui la stragrande maggioranza della gente era ancora in vacanza, o era in strada di ritorno da essa, il che significava vie intasate e persone assenti al momento del bisogno.

 
Tornato a casa più in fretta che aveva potuto, Kozmotis si era trovato davanti la prospettiva di affrontare una quantità indefinita di ore di coda sulle strade. Inaccettabile, considerando che sua moglie doveva partorire quel giorno e lui voleva assolutamente essere presente, motivo per cui aveva sfruttato la sua posizione per richiedere un elicottero che lo portasse all’ospedale.
Peccato che tra ferie, assenze e disservizi vari, fosse risultato impossibile trovarne uno, anche per l’High General of the Galaxies.

 
Si era arreso all’idea di chiamare Aleha in ospedale per avvisarla che avrebbe ritardato di chissà quante ore, ma era stata Spear a rispondere.
Era stata la prima volta in cui lui e sua cognata si erano parlati dopo il matrimonio: contrariamente ad Aleha, che nonostante la sua completa disapprovazione aveva prevedibilmente finito con riallacciare i rapporti con Spear, lui non aveva proprio voluto saperne.
Comunque sia, la sua “cara” cognata lo aveva informato del fatto che ad Aleha si erano rotte le acque circa tre minuti prima. Una notizia che lo aveva messo in forte agitazione, sia per la sua stessa natura sia perché lui non era lì e probabilmente non sarebbe nemmeno arrivato in tempo per veder nascere sua figlia
Poi però aveva sentito distintamente Aleha urlare a sua sorella “vallo a prendere”.
E non solo.

 
vallo a prendere!

“c’è troppo traffico, non farei in tempo”.

“non era una richiesta, e tu puoi! Sto per avere una bambina e non voglio scuse! Va bene?!

 
Sì, sembrava che andasse bene, perché Spear -dopo un sospiro seccatissimo perfettamente udibile- gli aveva detto “aspettami lì, arrivo tra più o meno un quarto d’ora”, per poi chiudere senza aspettare una risposta.
Ma la cosa più incredibile era stata vederla arrivare lì da lui veramente dopo circa quindici minuti, saldamente in sella alla vecchia moto di Aleha -che quest’ultima non usava più da un pezzo- e le prime parole che gli aveva rivolto erano state “Aleha vuole che ti porti da lei, quindi muoviti”.
Kozmotis non era sicuro che fidarsi di Spear fosse una buona idea, non gli piaceva dover avere a che fare con lei e temeva che sfruttasse quell’occasione per cercare di ucciderlo in qualche modo o cose simili, ma la sola risposta di sua cognata -felice quanto lui della situazione- era stata ripetere la frase precedente come un disco rotto.
Più lentamente, come se avesse avuto a che fare con un cretino.

 
Dopo un’ultima esitazione, e non riuscendo a trovare alternative, si era deciso a salire dietro Spear, la quale non era affatto intenzionata a cedergli la guida della moto. Era stato a quel punto che le aveva rivolto la domanda.

 
“come diamine hai fatto ad arrivare qui in dieci minuti, col caos che c’è per le strade?!”

“tu pensa a reggerti, capirai il resto da solo, per una volta”.

 
Doveva ammettere che in effetti era andata proprio così: aveva iniziato a intuire qualcosa fin da subito, quando Spear era schizzata via a cento all’ora su quella moto evidentemente truccata, apparentemente infilandosi nel primo vicolo che aveva trovato.
Che dopo una serie di slalom -a volte contromano- e curve fin troppo brusche li aveva portati in un cantiere edile abbandonato.
Nel quale c’era un palazzo in costruzione, o forse restauro?, attorniato da impalcature di legno sulle quali Spear era salita, incurante dei suoi “ma perché?!”.

 
«ovvio, stai andando a ottanta all’ora su delle impalcature di legno!!!» gridò il ragazzo, avvinghiandosi a Spear come un’alga mentre sentiva la moto sobbalzare continuamente sotto di sé.

 
«e quindi?»

 
«hai anche il coraggio di domandarlo?!!» urlò «si può sapere che ti sei messa in testa?!»

 
«non deconcentrarmi, le cose stanno per complicarsi» fu la risposta della donna, che con sommo terrore del generale accelerò ulteriormente.

 
«cosa vuoi- » un’occhiata al percorso davanti a loro però lo fece ammutolire e diventare ancor più pallido di quanto già fosse, anche se grazie al casco nessuno poteva vederlo «Spear, l’impalcatura sta per finire!»

 
«ma no, davvero?» l’interpellata incurvò leggermente la schiena in avanti, per nulla interessata a quel che era stato appena detto.

 
«Spear fermati!!!» strillò Kozmotis, con un tono di almeno un’ottava più alto del solito «Spear FERMATI O FINIREMO AMMAZZATIIIIIIII!...»

 
Durante le sue missioni aveva volato sulle navi di legno stregate dai maghi, aveva volato sulle astronavi più moderne e sì, a volte era anche stato costretto a utilizzare dei paracadute per raggiungere determinati luoghi; quello era normale, ci poteva stare.
Saltare da un palazzo in costruzione, in due su una moto, era un’esperienza che non solo avrebbe voluto evitare, ma che giustamente non aveva mai immaginato di dover vivere.
Come non aveva immaginato che sarebbe morto così, e proprio in quel giorno.

 
Serrò gli occhi, incapace di tenerli aperti, e mentre percepiva la moto precipitare con loro due sopra si mise a recitare ogni tipo di preghiera che conoscesse, miste a svariate maledizioni tutte rivolte alla cognata e a un numero indefinito di “perdonami Aleha”/“perdonami Emily Jane”, che era il nome scelto per la figlia in arrivo.

 
Poi toccarono terra, e rimasero fermi, ma lo schianto violento che aveva immaginato non arrivò mai.

 
«quando hai finito di maledirmi fammelo sapere, così possiamo ripartire» disse Spear «ah, nel caso dovessi rigettare sei pregato di non farlo addosso a me».

 
La moto, ancora accesa, continuava a borbottare sotto di lui, e Kozmotis aprì lentamente le palpebre. «ma-ma cosa, dove?...un tetto?!!»

 
Proprio così, quella pazza furiosa aveva sfruttato l’altezza delle impalcature per saltare da esse al tetto di un palazzo vicino, decisamente più basso. Facendosi coraggio diede un’occhiata alla strada vicina a loro, strabordante di veicoli vari. Lassù c’era molta più pace, ma lui avrebbe preferito di gran lunga rimanere con i piedi ben piantati a terra.

 
«sì, è un tetto, e noi abbiamo diversa altra strada da fare» lo avvisò la donna.

 
Il generale non riusciva ancora a capire l’utilità di quel salto, e gli sembrava soltanto un tentativo di omicidio-suicidio, tanto che pensò di scendere; peccato che le gambe, ancora serrate attorno alla moto per la gran tensione e il grande spavento, non avessero alcuna intenzione di rispondere ai suoi comandi.

 
«ma come facciamo a scendere in strada?!»

 
«non scenderemo. Reggiti».

 
«EH?!»

 
Kozmotis fece giusto in tempo ad aggrapparsi di nuovo a Spear, la quale ripartì, diretta -con suo orrore- verso il ciglio del tetto. Stavolta quantomeno il salto durò pochissimo, e andarono a finire sul tetto vicino, ma il momento di sollievo durò poco: dopo quel salto ne venne un altro, poi un altro, e dopo un altro ancora!

 
«tu stai cercando di farmi venire un infarto, io lo so!!!» gridò il ragazzo.

 
«quante scene, e sì che dovresti essere un uomo d’azione».

 
«uomo d’azione, non pazzo scriteriato!!!»

 
Spear non rispose, ma Kozmotis fece uno strillo quasi femmineo quando l’ultimo salto durò più del previsto e, aperti gli occhi, vide che erano tornati in strada.
Già meglio di prima…

 
«ma cosa-»

 
«DOVE CAZZO VAI?!!!»

 
«EHI!!!»

 
Peccato che stessero viaggiando a tutta velocità lungo lo spazio tra le due corsie piene di automobili.
Ormai Kozmotis aveva perso il conto di tutte le infrazioni commesse in quei…quanto era passato? Tra uno spavento e un altro aveva perso completamente il senso del tempo.
All’anima del “migliorata”, come l’aveva descritta Aleha: Spear era e sempre sarebbe rimasta la donna che aveva decimato i suoi ufficiali con un candelabro. «tutto questo è folle!»

 
«guarda che se fosse stato per me non sarei certo venuta a prenderti» replicò Spear.

 
«sarebbe stato meglio arrivare in ritardo ma con tutte le parti del corpo al loro posto!»

 
«se cerchi i tuoi testicoli temo sia una causa persa» replicò la dottoressa.

 
«sì, perché tu negli anni me li hai disintegrati man mano!» ribatté Kozmotis.

 
L’amabile scambio di battute finì giusto in tempo perché alle orecchie di entrambi arrivasse distintamente il suono delle sirene della Gendarmeria.

 
«mi viene da dire “alla buon ora”, dopo tutti quei salti sui tetti» commentò Spear, osservando le -assai poche- motociclette delle Forze dell’Ordine «si vede proprio che questo è il periodo in cui la gente svogliata va in vacanza, Gendarmeria inclusa».

 
«la Gendarmeria ci insegue e tu!...“migliorata” un corno, fuori di testa eri e fuori di testa resti, e adesso fermati!» le intimò Kozmotis «sono l’High General of the Galaxies, se ora collaboriamo e dico loro che si tratta di un’emergenza forse possiamo cavarcela!»

 
«no, perderemmo tempo» disse Spear, lapidaria, non accennando a rallentare.

 
«ma

 
«stai zitto e aggrappati bene, se vuoi arrivare da lei intero!»

 
Spear accelerò bruscamente senza aspettare una risposta affermativa o negativa, lanciandosi in un pericolosissimo slalom tra i veicoli, con la Gendarmeria cercava di star loro dietro.
Non era solo una cosa folle, era peggio. Lui era la massima carica militare del regno -eccetto il re stesso- ed era coinvolto in un inseguimento come il peggiore dei fuorilegge.
Con sua cognata.
La “rispettabile” dottoressa Spear Sinetenebris.
Pazzesco. Assurdo.
Probabilmente prima o poi si sarebbe risvegliato nel proprio letto, e avrebbe scoperto che si trattava soltanto di uno stranissimo sogno, anzi, incubo.

 
Il generale urlò quando Spear fece una curva talmente brusca che quasi lo sbilanciò, imboccando la strada che portava a un cavalcavia sotto il quale si trovavano i binari su cui di solito transitavano i treni merci.
E la Gendarmeria sempre dietro, a sirene spiegate.

 
«stavo per cadere, MALEDIZIONE!!! Ci farai ammazzare entrambi, razza di-»

 
Se da parte di Spear ci fu una risposta lui non la sentì, coperta dal fischio del treno che stava per passare sotto di loro.

 
Proprio in quel momento, tuttavia, Kozmotis vide arrivare davanti a loro un nuovo problema. «ne arrivano altri! Davanti a noi!»

 
Vista la difficoltà dell’inseguimento, quei pochi gendarmi che c’erano avevano deciso di dividersi e di intrappolarli proprio sopra quel cavalcavia: metà stavano arrivando davanti a loro, andando contromano, e l’altra metà era alle loro spalle.
Kozmotis non vedeva altra via d’uscita da quella situazione se non usa resa immediata, prima di peggiorare le cose, ma Spear non stava rallentando affatto, se mai il contrario.
Male.
Molto male.

 
«dobbiamo fermarci e arrenderci, non te lo ripeterò un’altra volta! Non solo ci inseguono, tra poco arriveranno anche qui davanti a bloccarci, non possiamo fare altrimenti, e poi solo gli Dei sanno quante leggi-»

 
«mia sorella sta per partorire e noi dobbiamo andare da lei» lo interruppe Spear «il resto non ha importanza!»

 
Arrivata quasi a metà del cavalcavia, quando le tenaglie della Gendarmeria stavano per stringersi su di loro, Spear diede ulteriormente gas, e prima che Kozmotis potesse anche solo vagamente intuire le sue intenzioni saltò il basso guard rail che delimitava la strada, precipitando di sotto, dritta sul terzultimo vagone del treno merci.

 
“morirò. Morirò male. Morirò malissimo” fu il solo pensiero che Kozmotis riuscì a formulare, mentre occhi e bocca si spalancavano in un urlo silenzioso.

 
Poi sentì le gambe abbandonare la presa attorno alla moto, si sentì strattonare e, per finire in bellezza, diede una bella testata contro il tettuccio del vagone sul quale era atterrato. Gli parve di sentire un’esplosione, presumibilmente quella della moto, ma non poteva esserne sicuro: tutto quello a cui pensava era aggrapparsi a quel vagone con tutte le proprie forze, ancora stupito di essere vivo.

 
«muoviti, High General!» si sentì apostrofare «dobbiamo raggiungere il bordo e calarci giù tra un vagone e l’altro!»

 
«COSA?!!» gridò lui, sollevando appena la testa «non puoi chiedermi anche questo!»

 
«vuoi restare qui sopra per tutta la vita? Ti ricordo che Aleha-»

 
«sì, sta per partorire, LO SO, ho capito!» aveva creduto che con un candelabro in mano fosse pericolosa al massimo, ma sembrava proprio che si fosse sbagliato: su una moto era peggio, tragicamente peggio. «a momenti è un parto più difficile per me che per lei» borbottò tra sé e sé.

 
«appunto. Quindi datti una mossa» concluse Spear, avviandosi verso il bordo del vagone.

 
Kozmotis, dal canto suo, non poté far altro che fare appello a tutta la forza d’animo che gli restava e trascinarsi fino alla fine del vagone assieme a quella svitata, alla quale -se fosse sopravvissuto- avrebbe dovuto chiedere un paio di spiegazioni.

 
«ci siamo, ora caliamoci. Sei in grado di fare almeno questo senza lamentarti?»

 
«e tu sei in grado di fingerti sopportabile per almeno cinque secondi?»

 
Lei non lo degnò neppure di una risposta, eseguendo una complicata manovra per calarsi giù tra i due vagoni. Kozmotis la imitò, anche più agilmente: un conto erano pericolose corse e salti assurdi in moto, un altro situazioni che richiedevano una prestanza fisica che lui, ovviamente, possedeva.

 
«tra poco dovremo saltare giù» lo avvisò Spear «mentre venivo da te ho visto che qui, vicino alla clinica, c’erano alcuni isolati senza troppo traffico».

 
«siamo già vicini alla clinica?!» allibì il ragazzo.

 
«non ho corso su tutti quei tetti per sport. Preparati a saltare» lo esortò «ora!»

 
Riuscirono a saltare quasi in perfetta sincronia e a “cadere” bene, senza rompersi alcun osso: ancora una volta l’addestramento militare fu decisamente d’aiuto a Kozmotis, il quale provò una certa soddisfazione quando riuscì a rialzarsi prima di Spear. «muoviti, dottoressa! Aleha sta per partorire!» disse addirittura, in una palese presa in giro.

 
«non ho bisogno che me lo ricordi, la mia mente funziona a meraviglia, contrariamente ad altre» replicò la donna «allontaniamoci dai binari, liberiamoci dei caschi e raggiungiamo la strada: potremmo percorrere a piedi il tragitto che rimane, ma penso che nessuno si sognerebbe di rifiutare un passaggio all’High General of the Galaxies. L’unica cosa in cui la tua carica possa tornare utile, oserei dire».

 
Detto questo Spear raggiunse a passi veloci la breve salita che li avrebbe portati più lontani dai binari, e ancora una volta Kozmotis non poté far altro che seguirla; osservò la sua esilissima figura e, per l’ennesima volta, si disse che sua cognata era una strega fatta e finita. O un demone. Che un mucchietto d’ossa come lei potesse fare certe cose era inspiegabile.
Oppure…

 
«Spear!»

 
Lei si voltò e tolse il casco, mostrando uno sguardo che appariva solo leggermente seccato. «cosa?»

 
«non è che sei un agente segreto al servizio di Sua Maestà, o di qualche famiglia delle Costellazioni?» le domandò Kozmotis, togliendosi il casco a sua volta «parli poco, sei tetra, fai cose!…tutto tornerebbe».

 
«“torna” solo nel tuo cervello evidentemente danneggiato dal colpo di prima. Non sei neanche degno di una risposta, davvero» disse la dottoressa, tornando camminare.

 
«oppure magari qualcuno ha fatto qualche esperimento su di te ma non lo ricordi!» insistette Kozmotis «e “Aleha sta per partorire” è la frase di innesco per-»

 
«non per far tacere i rompicoglioni, a quanto pare».

 
«non usare quel tono con me, strega psicopatica, altrimenti io»

 
«se stai per dire “ti sparo” ti fermo subito».

 
Kozmotis ammutolì: Spear gli stava puntando contro una pistola, la sua, che gli aveva rubato chissà quando. Quando lei gli restituì l’arma tenendola per la canna la sua agitazione diminuì, ma soltanto di poco. «allora niente, rimane valida la mia teoria sul fatto che sei un demone degli abissi».

 
«puoi teorizzare quel che vuoi, purché tu lo faccia in silenzio e camminando. Cerca di non sembrare più agitato del dovuto».

 
La voglia di dare inizio a un bel litigio con lei, anche solo per sfogare tutta la tensione accumulata, era veramente tanta, ma Kozmotis fu abbastanza intelligente da intuire che quello non era il momento, né il luogo…e che comunque litigare con un demone degli abissi, anche se privo di candelabro, moto e pistole, non era una grande idea.
Dopo aver alzato gli occhi al cielo, dunque, si limitò a seguirla procedendo a passi veloci, tornando a stupirsi di quanto sembrasse calma, nemmeno facesse cose simili tutti i giorni. «e tu cerca di sembrare agitata come una persona che si rende conto di essere saltata sopra un treno in corsa. Di’, ma l’avevi già fatto?»

 
«il salto sul treno no».

 
«perché, il resto invece sì?!»

 
Spear non gli rispose, ma vedendo un’automobile a trecento metri di distanza fece uno scatto da centometrista e corse avanti, per poi far cenno di fermarsi alla donna che la guidava.
Kozmotis non la raggiunse in tempo da capire cosa le avesse detto, ma vide distintamente Spear indicarlo, e la donna -che evidentemente lo aveva riconosciuto- guardarlo stupita.

 
«sì…sì, certo signori, non c’è problema! Non è una deviazione così lunga rispetto alla strada per casa mia!...non che mi sarebbe importato, in caso contrario» aggiunse, visibilmente emozionata «voi, dottoressa, avete curato con successo mia zia tempo fa, ed è ancora in buona salute!»

 
«me ne rallegro, signora».

 
«e l’High General of the Galaxies! Nientemeno!...la massima carica militare del regno sta per diventare padre e IO lo sto accompagnando da sua moglie! Io!» squittì, mentre Kozmotis e Spear salivano sull’automobile «quale onore!»

 
«non avete idea di quanto sia grande il favore che mi state facendo, signora. È incredibile la condizione delle strade e anche dei servizi in questa stagione, davvero!» commentò il generale «sappiate che sono in debito con voi».

 
«non parlatene nemmeno, Lord Pitchiner, non parlatene nemmeno, non mi dovete nulla!» ribatté la donna, mettendo in moto «solo…sarà un maschio o una femmina?»

 
«sarà una femmina!» rispose Kozmotis, e lo fece volentieri «e si chiamerà Emily Jane, come mia nonna».

 
«che nome grazioso!» trillò la donna.

 
«oppure Seraphina» aggiunse Spear «come la trisnonna mia e di mia sorella. Aleha ha sempre detto di voler chiamare così un’eventuale figlia femmina».

 
Se la donna che guidava avesse visto lo sguardo di Kozmotis in quell’occasione, probabilmente si sarebbe spaventata temendo che volesse commettere un omicidio. Ma per fortuna non poteva vederlo, dal momento che lui era seduto sul sedile posteriore.

 
«però alla fine ha deciso di chiamarla Emily Jane, e chi più della madre ha il diritto di scegliere il nome della creatura che mette al mondo?» disse, con un tono allegro completamente fasullo: che quella si permettesse di sindacare anche sulla scelta del nome di sua figlia era veramente il colmo.

 
«hai ragione» disse Spear «nessuno più della madre ha diritto di scegliere il nome di sua figlia».

 
“io prima o poi la strangolo” pensò il generale, sperando che il viaggio e anche la successiva permanenza in clinica durassero il meno possibile.

 

 

 

***

 

 

 

Tutto quel che Kozmotis avrebbe desiderato era che il parto di sua moglie fosse miracolosamente indolore, ma era chiaro che fosse chiedere troppo, e sentirla gridare in quel modo, vederla soffrire in quel modo, gli stava causando un’ansia indicibile. Sapere qualcosa sul parto era un conto, assistervi era tutt’altro paio di maniche, e lui non riusciva a far altro se non tenerla per mano e farfugliare un “tranquilla andrà tutto bene” ogni tanto.

 
«dai Aleha, spingi! Ci sei quasi, la testa è quasi fuori!...Coraggio!»

 
Per Spear non valeva lo stesso discorso. Non era imperturbabile o tetra come suo solito, anzi, in quell’occasione -contrariamente a prima con tutte quelle cose folli- gli sembrava viva, piena di premure verso sua sorella e, incredibile ma vero, umana.
Non un demone degli abissi, ma una persona che assisteva degnamente  una sorella a cui voleva molto bene.

 
«s-siamo sicuri che sia tutto norma-»

 
«, Kozmotis, ti assicuro che sta andando tutto come deve andare» lo interruppe Spear «quindi non stare in ansia. E soprattutto non mettere in ansia Aleha» aggiunse, in un sibilo al suo orecchio «provaci e ti butto fuori dalla stanza a calci».

 
Come non detto, quella di umanità era solo mera apparenza. Almeno con lui. «la sento urlare così, che dovrei dire secondo te?» sibilò di rimando «non sono esperto di parti!»

 
«e allora muto!»

 
«DOVETE PROPRIO DISCUTERE ANCHE ADESSO?!!» urlò Aleha, stringendo tanto forte la mano di Kozmotis che questi impallidì dal dolore, senza però osare lamentarsi: con quel che stava passando Aleha, il minimo era che un po’di dolore toccasse anche a lui.

 
«no che non dobbiamo, noi siamo qui per te» disse Spear, con una strana dolcezza «e ora tu devi dare due ultime spinte, due soltanto!...vai così!»

 
Il grido di Aleha si mescolò con quello spaccatimpani della bambina appena venuta al mondo, prontamente recuperata dall’ostetrica, e tutti quanti poterono fare un sospiro di sollievo.

 
«la mia bambina» fu la prima cosa che disse Aleha, con lo sguardo reso un po’spento dalla stanchezza «lei…»

 
«sta benissimo» disse Spear, mentre metteva la neonata a contatto della madre «e anche in questo momento riesce a essere bellissima…è evidente che ha preso molto da te».

 
La frecciatina non venne minimamente presa in considerazione da Kozmotis, troppo preso a contemplare la sua bambina. Non gli importava quanto potesse essere sporca, o che lo sforzo fatto per venire al mondo non giovasse al suo aspetto: per lui sua figlia, con quelle sue manine minuscole e quei pochi capelli corvini sul capo, era già l’essere più bello, fantastico e meraviglioso di tutta la galassia. «la nostra Emily Jane è bellissima».

 
«…o Seraphina».

 
Ancora?! Era incredibile che anche in quel momento Spear si ostinasse a battere su quel chiodo. «non te lo ripeterò un’altra volta: si chiama Emily Jane! Ti serve uno spelling, per caso?!»

 
«non sei in grado di fare uno spelling» replicò Spear «Seraphina le starebbe molto meglio, perché-»

 
«non tirare di nuovo fuori la storia che la vostra antenata Seraphina era la figlia ribelle del barone Saiph!» la interruppe Kozmotis «non me ne potrebbe importare meno, Emily Jane è un nome molto più bello».

 
«Seraphina è più elegante».

 
«Emily Jane è più moderno!»

 
«Emily Jane Seraphina Pitchiner!» intervenne Aleha, mentre coccolava la suddetta Emily Jane «e detto questo vedete di farla finita! Insieme siete la piaga di partorienti e puerpere, davvero».

 
«ehm…è ora che la bambina venga lavata e visitata» intervenne timidamente l’ostetrica «il padre dovrebbe venire con me, e portare i vestitini…»

 
«i…cosa?» disse Kozmotis, colto alla sprovvista e improvvisamente nel panico. I vestitini, le cose per la bambina! Come aveva potuto dimenticarsene?! Eppure sapeva che avrebbe dovuto portarli!

 
«il cervello, ecco cosa» disse Spear, appioppandogli in mano un grosso borsone «qui c’è tutto. Vai».

 
Anche quando Spear faceva del bene gli rendeva veramente impossibile trovare la voglia di dirle “grazie”.

 
Dopo aver dato un bacio ad Aleha, e averle detto che lui ed Emily Jane sarebbero tornati presto, seguì l’ostetrica fuori dalla sala parto. Non c’era niente da fare, pensò, lui e sua cognata si sarebbero sempre odiati, tanto da non riuscire a comportarsi civilmente neppure in quell’occasione.

 
“alla fine però non è colpa mia se oltre a fare cose ha un carattere orribile! Ho capito che ha avuto una vita difficile, ma non per questo è autorizzata a trattare ME come se fossi un escremento di gatto stellare o peggio…e comunque è sempre la persona che ha maledetto me e sua sorella al matrimonio, cosa che non dimenticherò finché avrò vita!”

 
Per fortuna che la nuova casa in cui sarebbero andati a vivere sarebbe stata completata a breve, e che sua moglie aveva rispettato la sua richiesta di non dire nulla a Spear del loro eventuale -in realtà sicuro- trasferimento.
Aleha non era ancora del tutto convinta, in quel caso, perché le piaceva il suo lavoro, le piaceva il suo quartiere e la gente che lo abitava, e in più si era riappacificata con sua sorella, ma alla fine avrebbe ceduto: tempo pochi mesi e sarebbero andati via, nascosti da tutto e tutti. Se si voleva vivere tranquilli era la cosa migliore, e se ne sarebbe fatta una ragione.

 
Guardò Emily Jane in braccio all’ostetrica.

 
“è anche per difendere te da pessime influenze esterne che lo faccio. Proteggerò te e tua madre da tutto quel che può minacciarvi, qualunque siano i pericoli. È una promessa!”

  

 

Buonasera! Anzi, ormai buona notte :’D

La prima cosa che ho da dirvi è questa: è tutta colpa di Skyfall. Ho commesso l’errore di rivedere quel film, soprattutto l’inizio, ed ecco che un viaggio in moto già turbolento di suo si è trasformato in quello che avete letto, e Spear in 00- Spear.
Non che sia un agente segreto, ma il fatto è che-

 
Kozmotis: se dici “sua sorella stava per partorire” ti sparo.

 
Sì quella cosa lì, e avete già visto che, se si tratta di Aleha, lei "fa cose", per citare Kozmotis.


Già che c’ero ho sfruttato questo capitolo per inserire la questione Emily Jane/Seraphina: nel fandom italiano e straniero, in particolare quest’ultimo, è nota tanto con un nome quanto con l’altro, nonostante la wiki ufficiale dica “Emily Jane”. Qui se non altro Aleha ha tagliato la testa al toro :’D

 
Nel prossimo capitolo ci sarà un salto in avanti di diversi anni, verranno spiegate alcune cose che nel capitolo precedente hanno sollevato qualche domanda, e si vedrà quel personaggio di cui avevo parlato la scorsa volta.
No, non cambierò idea in corsa, il capitolo è già pronto :D

 Alla prossima,

 
_Dracarys_


Ah, un'ultima cosa: immaginate automobili, elicotteri e veicoli vari in versione un po'steampunk. A giudicare dalle immagini del Moon Clipper che ho trovato, direi che i veicoli un po'più "articolati" avevano quello stile.
   
 
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