Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Fiore del deserto    30/08/2016    3 recensioni
“La vita ogni tanto è una favola che merita un lieto fine.” Alice vive a Londra, confinata da tempo in un’esistenza grigia che non sembra essere nemmeno vita. Tutto questo fino a che non incontra un giovane uomo di origini scozzesi di nome Tarrant Hightopp, una persona dalle caratteristiche particolari che stuzzica la curiosità di Alice. Da quel momento tutto cambia: la presenza di Tarrant fa riaffiorare nella mente di Alice molti ricordi che parevano ormai perduti. L’esistenza di un mondo fatto di meraviglie, la spensieratezza e l’innocenza non più permessa agli adulti, la sete di fantasia e la convinzione di poter credere a sei cose impossibili prima di fare colazione. Grazie a Tarrant, Alice ritrova la voglia di vivere che il Sopramondo le aveva fatto quasi dimenticare. Ma dovrà difendersi dai soprusi di chi non sopporta, chi per indifferenza o chi per malevolenza, la sua felicità.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti ed eccoci di nuovo qui con un nuovo capitolo!
Mi ha fatto veramente piacere che la prima parte vi sia piaciuta... quindi, perché farvi aspettare tanto?
Vi lascio immediatamente alla lettura perché non me la sento di tenervi ancora sulle spine, non meritate tutta questa ansia.
Grazie davvero di tutto! Siete mitici!
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Alice e sua madre avevano assistito meravigliate al lavoro di quel giovane cappellaio di strada. 
Più che essere attratta da quei capolavori, Alice aveva tutta l’intenzione di volere parlare con quell’uomo. Avrebbe voluto farlo quel giorno stesso, ma sua madre le tirò un braccio per poter cambiare strada e proseguire con la loro passeggiata.
Alice, mentre si incamminava, ebbe l’impressione che la lepre la stesse guardando.
No, non era un’impressione: la lepre la stava realmente guardando.
Con un brivido lungo la schiena, Alice si rese conto che anche quell’uomo la stesse osservando come se nutrisse per lei un certo interesse. Alice ne distolse lo sguardo e prese a parlare del più e del meno con sua madre, commentando per lo più il meraviglioso cappello che incorniciava la testa di Alice.
Come se una voce glielo avesse ordinato, Alice si voltò nuovamente presso la bancarella e, con un nuovo sussulto, si accorse che l’uomo la stesse guardando ancora.
Quegli occhi verdi non erano impertinenti, non la stavano fissando come un volgare bavoso che puntava lo sguardo maliziosamente verso una bella ragazza, come un cane dalla lingua a penzoloni di fronte ad una scodella piena di cibo delizioso.
Erano occhi curiosi, forse innocenti.
Alice dischiuse lo sguardo e continuò ad avere la sensazione di avere già visto quello strano tizio dal talento fenomenale nell’arte dei cappelli.
Aveva deciso: il prima possibile sarebbe andata a parlargli.
 
Il giorno dopo, il sole era un po’ birichino. Ogni tanto si nascondeva dietro delle grigie nuvole che non promettessero nulla di buono.
Anche se quei nuvoloni fossero carichi di pioggia, Alice era determinata nella sua idea.
Copertasi con un pesante cappotto e armatasi di sciarpa, si incamminò lungo le vie di Londra per poter incontrare nuovamente quel cappellaio di strada. Per farsi riconoscere, nel caso in cui quell’uomo avesse avuto difficoltà nel riconoscerla immediatamente, Alice aveva indossato il cappello da lui creato.
Per la ragazza non era stato difficile ritrovare la strada.
Pochi metri distanti davanti a lei, Alice intravide la bancarella di quell’uomo.
Il cappellaio ambulante stava sistemando alcuni cappelli esposti e, ogni tanto, pareva dedicare un po’ di carezze alla testa della sua lepre.
A causa del cattivo tempo, questa volta c’era pochissima gente e per lei sarebbe stato più facile potergli parlare.
Un commento poco ortodosso aveva attirato l’attenzione di Alice.
- Buongiorno, bella.  –
Alice ignorò totalmente la voce gracchiante di quello sconosciuto e continuò a camminare a passo veloce, non aveva intenzione di perdere tempo anche se si era sentita disgustata da una simile mancanza di rispetto.
Alice trasalì quando avvertì qualcosa afferrarle il polso.
Si voltò e vide un giovane uomo vestito di stracci, dalla barba sfatta e sdentato, puzzolente di alcool che la guardava con occhi malintenzionati.
- Dai, bella. Perché non saluti? Vieni con me che ti offro da bere. –
Alice provò a liberarsi dalla presa.
- Lasciatemi. – quasi urlò con voce disgustata.
La lepre che se ne stava sulla bancarella, intanto, aveva rizzato un orecchio.
Alice venne bloccata nuovamente da quel losco tizio, il quale le aveva di nuovo afferrato il polso.
- Che caratterino. Mi piacciono le donne piene di carattere. –
A quel punto, la lepre emise un lamento. Il suo padrone, dopo essere sobbalzato per il verso inaspettato, si accorse che il suo animale si era messo a correre a più non posso verso qualcuno.
- Ma cosa? – si fermò immediatamente quando vide la lepre mettersi davanti ad un uomo che pareva stesse creando problemi ad una signorina.
Alice vide la lepre e cercò di liberarsi da quella morsa.
- E tu che diavolo vuoi, bestiaccia? – brontolò l’uomo.
La lepre emise un verso simile ad un piccolo ringhio e, immediatamente, il suo padrone l’aveva raggiunto.
Alice spalancò gli occhi speranzosa quando vide quell’uomo dai capelli rossi pararsi davanti a loro.
I suoi occhi verdi assunsero un’aria minacciosa, non si scollavano da quel poco di buono che stesse tenendo quell’indifesa signorina nelle sue spire.
- Signore, ve lo dico con le buone. – lo avvertì marcando il suo accento scozzese – Mi sembrate sotto l’effetto dei fumi dell’alcool, quindi lasciate in pace la signorina e nessuno si farà male. –
Lo straccione lasciò perdere per un attimo Alice e si avvicinò pericolosamente al cappellaio ambulante.
- Fatti gli affari tuoi, scozzese del... –
- Ve lo ripeto, - disse il cappellaio di strada assumendo un’aria sempre più minacciosa – lasciate in pace la signorina e andatevene. –
- Altrimenti? – stava per colpirlo con un pugno, ma lo scozzese schivò il colpo senza problemi. Sotto lo sguardo basito di Alice, la lepre balzò su quello zoticone e gli morse un orecchio.
L’uomo cacciò un urlo di dolore.
Approfittando della situazione, lo scozzese gli sferrò un pugno alla mascella e lo fece ruzzolare rumorosamente per terra.
- Allora, marrano? – domandò – Vuoi finalmente accettare il mio consiglio? –
A quel punto, lo straccione si alzò a fatica e, massaggiandosi la mandibola, si allontanò con la coda tra le gambe.
La lepre si avvicinò ai piedi di una stupita Alice. Si alzò sugli zamponi posteriori.
Il suo padrone si avvicinò alla ragazza.
- State bene, signorina? – domandò ad Alice.
- Sì, signore. E grazie. –
- E’ tutto merito di Thackery. E’ stato lui a sentire tutto. Se non fosse stato per lui, non vi avrei salvato. –
Alice per poco non dimenticò il motivo per il quale era giunta fin lì.
- Signore, sono la ragazza di ieri... –
- Lo so. – disse l’uomo – Ma non chiamatemi “signore”. Sono Tarrant Hightopp, ma gli amici si rivolgono a me chiamandomi “il Cappellaio”. –
Alice gli porse la mano e si presentò.
- Mi chiamo Alice Kingsleigh. –
- Lo so... – Tarrant venne colpito alla caviglia da una testata da parte di Thackery.
- Prego? – domandò Alice.
Tarrant si morse un labbro e, presa con delicatezza la mano di Alice, sembrò avere assunto un’aria un po’ impacciata.
- Voglio dire... sono assolutamente incantato. – le disse facendole un educato baciamano.
Alice notò qualcosa di strano in quel tono.
Il Cappellaio si diresse nella sua bancarella e Alice non poté fare a meno di accorgersi della camminata tesa dell’uomo.
Ebbe la sensazione di conoscere anche quello strano modo di camminare.
- Signore, sono venuta qui per parlarvi. – Alice sobbalzò quando si vide superata dalla scattante lepre.
- Chiamatemi “Cappellaio” o Tarrant, - ripeté il Cappellaio mentre sistemava alcuni cappelli – e non “signore”. E datemi del tu. Non voglio essere adulato. –
- Cappellaio, - si corresse Alice mettendosi davanti alla bancarella, di fronte a lui – devo parlarti. –
- Non c’è problema. – disse il Cappellaio mentre sollevava la sua lepre da terra per poi poggiarla sulla bancarella – Vi ascolto. –
Alice ebbe l’impressione che quel Cappellaio non la stesse guardando negli occhi per via di uno strano imbarazzo.
Prima che Alice potesse proferire verbo, un tuono squarciò il silenzio.
- Oh, no! – esclamò il Cappellaio e velocemente prese a togliere tutti i cappelli dalla sua bancarella e, per evitare che si bagnassero per via della pioggia, tirò fuori una grossa valigia da sotto il banco.
Alice, senza pensarci, gli diede una mano e prima che la pioggia potesse sorprenderli, tutti i cappelli erano stati conservati dentro la valigia.
Alcune gocce presero a cadere.
Il Cappellaio con una mano afferrò la pesante valigia, con l’altro braccio reggeva la lepre.
- Venite, signorina. – le disse e Alice, senza fare domande, obbedì.
Il Cappellaio la condusse dentro il portone di un palazzo proprio di fronte alla bancarella, in modo da poter cercare riparo dalla pioggia.
La ringraziò per avergli dato una mano a salvare i suoi cappelli.
- Non ringraziatemi. – disse umilmente Alice e si corresse all’istante quando vide il Cappellaio inarcare un sopracciglio – Non ringraziarmi. E’ il minimo che io possa fare dopo che mi hai salvato da quel malfattore. –
- Uh, per così poco. – il Cappellaio venne interrotto da un rombo di tuono assordante.
La pioggia scrosciante prese a cadere e il Cappellaio guardò Alice.
Con timidezza e semplicità la invitò a salire a casa sua. Per quanto non potesse essere educato per un uomo invitare una signorina ad entrare in casa propria, sarebbe stato più scortese lasciarla fuori a bagnarsi sotto la pioggia.
Alice accettò. Dopotutto, non dimenticò di dovergli parlare.
- Vi offro del tè. – le disse – Così potrete scaldarvi. –
Il Cappellaio tirò fuori dalla tasca del panciotto una chiave. La inserì nella serratura della porta e girò.
Con galanteria, fece entrare per prima Alice.
- La casa è un po’ piccola. – spiegò il Cappellaio posando la valigia in un angolo – Ma è sempre casa.  –
Alice non era rimasta impressionata dalla modesta abitazione. Le pareti erano un po’ bruciacchiate e tutto intorno era avvolto nel grigiore.
- Sono tempi duri. – spiegò il Cappellaio mentre rimetteva la lepre per terra – Quando lavori come cappellaio ambulante e il denaro è difficile da guadagnare, accetti qualsiasi casa in affitto pur di avere un tetto sulla testa e un letto dove poter dormire. –
Il Cappellaio si offrì di toglierle il cappotto e la sciarpa e la fece accomodare in cucina.
- Qui si sta meglio. – le aveva offerto una sedia – tra non molto il tè sarà pronto. –
Il Cappellaio, dopo essersi tolto la giacca scura, si apprestò a preparare il tè.
Alice sobbalzò quando sentì la lepre saltarle addosso, finendo sopra le proprie ginocchia.
Tarrant, senza voltarsi e continuando a badare alla teiera, non perse tempo per rimproverarlo.
- Thackery, lascia stare la signorina. – il Cappellaio, stuzzicando la curiosità di Alice, si rivolgeva alla lepre come se stesse parlando ad un bambino di non più di cinque anni – Piuttosto, vai a chiamare Mally. Digli che abbiamo un’ospite molto speciale. –
- Mally? – domandò Alice mentre la lepre sgusciò dalle gambe di lei per dirigersi in un’altra stanza, ignorando il termine che Cappellaio aveva usato su di lei.
- Mally è il nostro amico ghiro. – spiegò Tarrant mentre versava il tè nelle tazze.
-  Hai un ghiro? –
- Ha un carattere un po’ particolare. – il Cappellaio parlava come se si stesse riferendo ad un comune gatto domestico, come se tenere un ghiro ed una lepre in casa fosse una cosa usuale – Ma se lo conosci bene, vedrai che ti piacerà. –
Quando le porse la tazza contenente la bollente bevanda, il Cappellaio si sedette di fronte a lei.
- Dunque, signorina. Di cosa volevate parlarmi? –
Alice portò alle labbra la tazza e dopo avere sorseggiato il tè, riconoscendone l’ottimo sapore, la poggiò sul tavolo.
Era molto difficile trovare un punto d’inizio, ma doveva provarci.
- Io ho la sensazione di averti già visto da qualche parte. – disse infine.
- Ah, sì? –
- Il tuo volto. I tuoi movimenti. La tua voce. C’è qualcosa che mi dice di conoscerti già da tempo. –
- Ma davvero? – sorrideva Tarrant mentre alternava i sorsi.
Avvertendo qualcosa di strano, Alice cercò di cambiare strategia.
- Ho notato che ieri mi stavi guardando, mentre me ne andavo. –
- Mmh... – Tarrant si picchiettò il mento con l’indice – Voi dite? –
- Qualche notte fa ti ho sognato. – disse infine lei a bruciapelo.
Il Cappellaio inclinò la testa di lato, donandole uno sguardo tra l’incuriosito e l’enigmatico. Nel vedere quello sguardo, Alice tirò un sospiro.
- Immagino che non sia una cosa sensata. –
Un fragoroso tuono li aveva fatti sobbalzare. La pioggia picchiava la finestra.
Tarrant le sorrise.
- Chi ha stabilito quali siano le cose sensate e quelle insensate? –
Alice si sentì stuzzicata da quel ragionamento, ma prima di poter parlare venne interrotta da una scena particolarmente insolita.
Non era cosa di tutti i giorni assistere ad una lepre che rimbalzava verso di lei con un animaletto, dalla pelliccia immacolata, in groppa sulla sua schiena.
Tarrant si chinò verso i suoi animali e li fece salire sulla tavola.
- Ecco qui anche Mally. – disse indicando il ghiro – Saluta la nostra nuova amica Alice. -
Alice si era stupita nel sentirlo parlare con tanta spontaneità e leggerezza, in modo confidenziale ma non impertinente.
- Cosa ne direste - chiese il Cappellaio ai suoi piccoli amici – di mostrarle alcuni dei nostri giochetti? Fuori piove a dirotto, dobbiamo cercare di colorare un po’ il tempo che abbiamo a disposizione. –
Alice sorrise. Quel Tarrant era un uomo molto strano, ma a lei non dispiaceva affatto.
Finora, era stata l’unica persona più spontanea che avesse mai conosciuto.
In un certo senso, si rispecchiava un po’ in lui.
- Mi piacerebbe molto. –
- Ho una richiesta da fare, prima di iniziare. – il Cappellaio serrò le labbra – Ho il vostro permesso di darvi del “tu”? –
Alice sorrise di cuore. Se quell’uomo le aveva permesso da subito di rivolgersi a lui in maniera amichevole, non vedeva alcun motivo per continuare a farsi dare del voi.
Alice gli accordò il permesso.
Rincuorato dalla risposta di Alice, il Cappellaio si tolse il cilindro dalla testa, scoprendo interamente la sua chioma rossa.
Quando lo vide inserire una mano all’interno del cappello, Alice si aspettava qualche trucco scontato come quello di tirarvi fuori un coniglietto o un mazzo di carte.
Ma il Cappellaio aveva in mente ben altro.
La lepre e il ghiro si misero ai lati di Tarrant e puntarono i loro occhi su Alice.
Il Cappellaio tirò fuori dal cilindro un foglio di carta blu.
Lo stropicciò e, chiusolo nei palmi delle mani, lo arrotolò fino a formare una piccola pallina.
Alice non ne distoglieva lo sguardo.
Tarrant lo riaprì e, infine, lo piegò fino a formare una specie di origami a forma di farfalla.
Alice aveva notato con grande stupore che il foglio non presentava una sola grinza dovuta allo stropicciamento precedente.
- Apri le mani. – le disse sorridente.
Alice obbedì. Il Cappellaio poggiò la farfalla sui palmi delle mani di lei.
- Adesso soffia. – le disse.
Alice ebbe un ripensamento, ma per non rovinare tutto decise di soffiare.
Incredibilmente, sotto gli occhi stupefatti di lei, la farfalla di carta aveva preso a volare intorno ad Alice come se fosse vera.
Non era spaventata, al contrario, era molto entusiasta. Era rimasta meravigliata. La farfalla di carta continuava a volare con leggiadria per tutta la stanza, poi girò intorno ad Alice.
Il Cappellaio, mantenendo il suo sorriso dolce, avvicinò il suo cilindro alla farfalla di carta blu e, quest’ultima, vi rientrò dentro come per uscire di scena.
Tarrant si rimise il cilindro sulla testa e, subito dopo, lo ritolse. Fece notare ad Alice che la farfalla fosse sparita.
Non era nemmeno dentro il cilindro.
- Dov’è finita la farfallina? – chiedeva giocosamente il Cappellaio, rivolgendosi sia ad Alice sia a Mally e a Thackery – Ma dov’è finita quella birichina? – poi, sotto gli occhi di Alice che si aspettavano un altro giochetto da un momento all’altro, il Cappellaio allungò un indice verso il cappello di lei – Forse si è nascosta lì dentro, quella timidina. –
Alice sbarrò gli occhi. Non era possibile, pensava. Tuttavia, si tolse il cappello dalla testa per poter controllare.
Indescrivibile lo stupore di Alice quando vide quella farfalla di carta blu sbucare proprio fuori dal suo cappello.
La farfalla prese a volare di nuovo, si posò sulle mani di Alice, poi sul tavolo e, infine, il suo volo giunse al termine.
Alice batté le mani, sbalordita e meravigliata come non mai.
- Come hai fatto? – chiese al Cappellaio – Ti prego, insegnami questo trucco. –
Il Cappellaio serrò le labbra.
- Che tu ci creda o no.. non c’è nessun trucco. –
Alice scosse la testa.
- Non capisco. –
Il sorriso di Tarrant si estese.
- Se sai sognare e fantasticare, l’impossibile diventa reale. – rivelò il Cappellaio rimettendosi il cilindro sulla sua chioma rossa.
Quella stranissima frase aveva fatto scattare qualcosa in Alice, ma le sorprese non erano finite.
- Tu pensi che io sia matto? –
Alice continuava a non capire. Il Cappellaio faceva domande molto strane, ma allo stesso tempo curiose e stravaganti. Il suo nuovo conoscente si stava rivelando sempre più interessante.
- Penso che tutti i migliori lo siano. – disse lei con la stessa semplicità usata da lui fino a quel momento. Quella frase le era stata rivelata dall' amato padre e mai le era uscita dal cuore. Alice gliel' aveva detto sorridendogli, quasi fosse un segreto che doveva rimanere dentro quelle mura.
La lepre e il ghiro guardarono alternativamente il Cappellaio ed Alice.
Tarrant sorrideva sempre di più.
- Tu sai fantasticare? – le chiese a bruciapelo – Tu sai sognare? –
A quella domanda, purtroppo, il sorriso di Alice si spense.
- Una volta sapevo farlo. – gli disse confidenzialmente – Una volta avevo tempo per poterlo fare. Ma ora non posso più farlo. –
Dopo una breve pausa, il Cappellaio e Alice si erano messi a discutere su cosa fosse la fantasia.
- Che rapporto c’è tra la realtà e tra i sogni? – domandò il Cappellaio – Sapere che un giorno è formato da ventiquattro ore è come sapere che nei sogni il tempo scorre in maniera alquanto bizzarra? O è qualcosa di diverso? –
Il modo di esprimersi del Cappellaio continuavano a trascinare Alice in una discussione che, per troppo tempo, non le era più venuto in mente di fare.
- La realtà stabilisce un senso pratico. – aveva osservato Alice.
- E qual è il senso pratico della fantasia? Si dice che la fantasia sia per i bambini, per gli irresponsabili, per i matti. Non serve a niente. Non ci permette di guadagnarci il pane, non ci cura dalle malattie. –
- Quindi, - disse Alice – vorresti dire che si potrebbe vivere benissimo anche senza di essa? –
- Ma certo! – nel frattempo, il Cappellaio si era alzato dalla sedia e, lentamente si avvicinava ad Alice – E, forse, si potrebbe vivere meglio anche senza di essa. Guardati intorno. Guarda le fanciulle in età da marito. Tu credi che a loro possa interessare la fantasia per vivere? O piuttosto di un marito ricco e mollaccione da poter spennare come un povero pollo? –
Alice stava bene attenta al suo discorso.
- Guarda i ricchi signori. Pensi davvero che abbiano bisogno della fantasia per cercare di cambiare il mondo... o di calpestare chi sta più in basso di loro, per poter marcare sempre di più il loro potere. – Tarrant si sedette di nuovo e prese a carezzare Mally e Thackery – Queste persone non sapranno mai cosa siano le paure, che cosa siano le incertezze. Vivranno senza dubbio meglio di me e di te. La loro vita sarà senz’altro tranquilla, protetta e salva. Senza sogni. Senza fantasia. – poi, il suo tono si fece strano, come se stesse invocando un aiuto dal Cielo – Ma è davvero vita quella? Una vita da desiderare? Senza colore? Senza orizzonti? Che razza di vita sarebbe senza avere mai provato il brivido di cercare di superare l’inviolabile, senza fare uno strappo ad una regola stabilita? Cos’è la vita senza un po’ di follia, se non un’imitazione della vita stessa? –
Alice non si era accorta di essere rimasta a bocca aperta.
In vita sua, non che lei si ricordasse, non aveva mai sentito nessuno affrontare un argomento del genere. Non con una passione simile.
Il Cappellaio aveva tirato fuori un nuovo lato del suo carattere: quella semplice sensibilità aveva toccato qualcosa dentro Alice, la quale continuava a cercare nella sua memoria altri indizi riguardo lui.
Come un picchio che becca ininterrottamente un tronco d’albero, una strana sensazione picchiettava la mente di Alice. Ebbe un ricordo sbiadito riguardo quello strano, ma dolce e sognante Cappellaio. Ma era solo nebbia che, velocemente, si diradava in un soffio di vento. In un lampo, il ricordo era svanito.
- Ma se la fantasia non serve a niente, - chiese Alice – allora perché esiste? –
Il Cappellaio si era fatto trovare preparato.
- Per aiutarci a ricordare che siamo tutti diversi. A cosa serve l’umiltà? A cosa serve la bontà? A cosa serve l’amicizia? – sorrise dolcemente – Le cose astratte non servono mai a niente. –
Alice rifletté sull’opinione del Cappellaio. Quest’ultimo guardò la farfalla di carta blu adagiata sul tavolo.
- Non è stato meraviglioso poter vedere questa farfalla di carta potersi librare nell’aria come se fosse stata realmente viva? –
Alice annuì.
Il Cappellaio prese la farfalla e la porse tra le mani di Alice.
- Non avresti mai provato interesse verso di essa, se non ci fosse stato un pizzico di fantasia nel tuo cuore. –
Alice osservò la farfalla di carta blu.
Fulmineamente, la sua mente venne punzecchiata da un altro ricordo dovuto alla vista di quella farfalla.
Ma anche stavolta la sua memoria fece cilecca.
- Vorrei che la fantasia ritornasse a fare parte della mia vita. – disse lei tristemente, come un malato che invoca la guarigione.
- Questo dipenderà da te. – il Cappellaio le fece un sorriso confortante e le puntò addosso i suoi occhi verdi luminosi – E dal tempo. –
In quell’istante, i raggi del sole avevano fatto la loro comparsa nella stanza, filtrando dalla finestra.
La pioggia era terminata e Alice si era resa conto che si fosse fatto tardi.
Per lei era giunta l’ora di andare.
- Grazie per l’ospitalità. – disse lei e ammise a sé stessa che le dispiacesse dover interrompere quel momento così intenso, in compagnia di quel misterioso e allettante Cappellaio.
- Il piacere è stato mio. – rispose il Cappellaio, cercando di nascondere il rammarico di dover accettare il fatto che la sua nuova amica se ne stesse andando.
Dopo averla aiutata a rimettersi la giacca e la sciarpa, il Cappellaio le aveva fatto una domanda in tono un po’ intimidito.
- Verrai a trovarmi anche un’altra volta? – senza guardarla negli occhi, le porse la farfalla di carta blu come un nuovo regalo.
Alice osservò la farfalla, poi posò gli occhi sul ghiro e sulla lepre ( che, puntualmente, sembravano la stessero fissando ) e, infine, su Tarrant.
Conservò la farfalla con cura nella propria tasca della giacca.
Si era trovata così bene in sua compagnia e un sorrisetto le era nato tra le labbra.
- Mi piacerebbe molto. – disse infine lei, mentre si dirigeva verso la porta di ingresso e, salutando gli animali con la mano, ringraziò nuovamente il Cappellaio per l’ospitalità e per il tempo trascorso insieme.
- E questo è solo l’inizio... – sussurrò il Cappellaio quando Alice se ne andò via, senza che lei avesse avuto la possibilità di sentirlo – mia cara Alice. –
 
 
   
  
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