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Autore: heather16    31/08/2016    1 recensioni
"...i loro nasi si toccavano, le labbra dell’uno potevano percepire il respiro dell’altra. Le strinse il visino pallido fra le mani. –Non cercarmi più. Te l’ho sempre detto Harley, che non dovevi provare a capirmi. E tu lo hai appena fatto.-"
Genere: Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harley Quinn, Joker
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'The Joker'
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Harley riaprì gli occhi. Si sentiva strana, debole. La spalla le bruciava. Il braccio destro si ritrovò a tastare carne viva fradicia di sangue. Un’altra volta lui l’aveva abbandonata.si alzò. La testa girava, e anche il pavimento, le pareti, e tutte quelle decine e decine di casse.
-è ora di farsi un drink.- superò le casse, tenendo la mano premuta contro la ferita. Piangeva, ma non per il dolore. Con il Joker le succedeva sempre qualcosa di brutto. Ma lui la amava, certo che l’amava. Era solo fatto a modo suo. E aveva ragione. Lei non doveva provare a capirlo. Sarebbe stata una lunga notte. Uscita da quel luogo si ritrovò in strada, completamente sola. L’aria fredda e umida della sera la schiaffeggiava con forza, come se una pallottola in corpo non bastasse. Traballava su quei tacchi troppo alti. Quella pistola era troppo pesante perché la sua spalla ferita la reggesse, così la buttò. Il suo cuore era troppo vuoto senza il Joker. Camminò senza meta per un paio di isolati, poi vide l’insegna luminosa di un locale. Era un postaccio, pieno di spacciatori e giocatori d’azzardo. C’erano tante persone che ballavano, e questo a lei bastava. Al bancone, affianco a lei, c’era un uomo. Era sulla quarantina, capelli brizzolati, occhiali. Sembrava un tipo a posto. Troppo a posto per un locale del genere. Era decisamente bizzarro, strano e inappropriato. Per questo a lei piaceva. Si sistemò i capelli di lato, per coprire la ferita.
-Hey, tortino di miele, sei carino! Non mi offri da bere?-
Lui la guardò. Una donna bellissima, avvolta in un abito fatto unicamente di piastre di ferro a forma di rombi. Tra una piastra e l’altra si intravedeva la pelle bianchissima. Le braccia erano piene di orologi e bracciali. Gli occhi azzurri truccati di nero lo fissavano con uno sguardo sensuale, ma tremendamente… strano.
-Io… Certo. Come ti chiami?-
-L’ho chiesto prima io!-
-Veramente non….-
-Ma insomma, cowboy, perché queste domande? Ti importa davvero? Ah, voi uomini siete tutti uguali, non vi interessa davvero il nome di una ragazza!- come al solito, le sue tendenze sociopatiche avevano preso il sopravvento, accentuate dal dolore.
Vedendo che stava per andarsene, l’uomo la trattenne per un braccio. Lei fece una smorfia di dolore.
-Ti… senti bene?-
-Siete tutti uguali, ferite solo le donne!-  fu come un lampo. Harley chiuse la mano a pugno, l’uomo vide scintillare la punta di una lama su un anello, e si ritrovò una guancia squarciata dal mento all’orecchio. Prima che qualcuno capisse cosa fosse successo, quella bionda da schianto era già sulla pista da ballo. Trovarla tra la folla sarebbe stato impossibile.
Si muoveva con sensualità volgare oltre misura, strusciandosi prima contro un uomo, poi un altro. Nessuno capiva in realtà che nella sua testa tutto c’era tranne che uomini da conquistare. In quel momento i suoi folli neuroni volevano che lei si muovesse, ballasse, e lei li accontentava.  I suoi occhi non vedevano uomini, donne e drink, ma fumo, luci e tante tante ombre. Le sue gambe non potevano reggere per molto senza tutto quel sangue che stava scivolando fuori dal suo corpo, ma a lei non importava.
Puddin, Puddin, Puddin…
Basta, non voleva più ballare. Lui non era più lì con lei, lui non la stava guardando, lui non l’avrebbe chiamata per andare via, a rubare in una gioielleria o a picchiare qualche passante.
Le luci diventarono fari colorati, le ombre persone, il fumo svanì. No, non voleva stare lì. Iniziò a muoversi verso l’uscita della pista da ballo, ma la gente non le prestava attenzione, non le faceva strada. Era inchiodata lì. Harley si inginocchiò. Chiuse gli occhi. Non sapeva cosa fare, si sentiva totalmente spaesata. Era tutto inutile, non riusciva a fare nulla da sola. Decise che avrebbe usato le maniere forti, come le aveva sempre detto…. Puddin. Una giarrettiera sotto il vestito nascondeva un pugnale. Lo strinse fra le mani, facendo per sfilarlo, quando…
Una mano. Bianca. Le unghie spezzate, nerastre. Solo lui.
-Ti senti bene?- Non era lui. Non era lui. Solo uno stupido essere umano gentile. Era stata ingannata. Come una stupida. Con un impeto di rabbia sfilò il pugnale dalla fascia sulla coscia, si avventò sul ragazzo che le offriva un aiuto, sfregiando brutalmente il braccio di quella orrida mano che l’aveva tradita.
-Traditori! Tutti! Bastardi!-  la folla intorno a loro si accorse di cosa stava succedendo, ma era troppo tardi. La ragazza era già fuggita sgusciando agile fra la folla. Riuscì ad uscire. In quel momento passava un auto. Lei si buttò in mezzo alla strada. Non aveva paura di morire, la sua vita apparteneva a qualcun altro. La macchina riuscì a frenare appena in tempo. Ne uscì un tipo sulla ventina.
-Si può sapere che cazzo fai?-la furia psicopatica era stata liberata. Harley si gettò su quel corpo come per divorarlo. E questa volta non usò armi. Quando si rialzò in piedi la sua bocca era piena di sangue, la gola di lui squarciata. Salì in macchina. dentro c’era una bottiglia di vodka. In quella notte suicida non si sarebbe fermata.
  
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