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Autore: Rohhh    31/08/2016    1 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 18

 

 

«Comincia a far freddo» constatò Matt, percependo l'aria più fresca della notte sulla pelle e notando una leggera pelle d'oca sulle braccia scoperte di Ashley e, per quel motivo, aveva cominciato a sfregargliele delicatamente con le mani per procurarle del calore. Le si era rannicchiata sul petto, col viso sprofondato nell'incavo del collo e, a dispetto degli evidenti segni che il suo corpo produceva, sembrava ostinarsi a non sentire il calo della temperatura attorno a loro. Avevano perso ormai il conto del tempo, dovevano essere le 3 o forse le 4 del mattino ma nessuno dei due aveva osato staccarsi da quell'abbraccio così confortante, come se ogni minuto fosse prezioso e andasse sfruttato, ora che la prospettiva della loro separazione futura si era palesata più reale e incombente che mai.

Ashley portava sul viso ancora i segni delle lacrime ormai asciutte, per la seconda volta in una sera, ed era buffo pensare come non esistessero le vie di mezzo. Dopo anni senza spargere una lacrima, adesso si era ritrovata a piangere due volte nella stessa serata e sempre per la stessa persona, quel ragazzo che la stringeva, la causa della sua gioia ma anche del suo dolore. Finchè, però, sentiva il suo odore nelle narici e il dolce movimento del suo torace, che si alzava e abbassava ad ogni respiro sotto il suo seno, andava tutto bene.

Alle parole di Matt, Ashley si staccò da lui prontamente e si alzò per rientrare in camera sua.

«Dovrei avere delle coperte nell'armadio, sempre se mio padre non le ha spostate» disse, aprendo delle ante e cominciando a cercare in mezzo alle cose stipate all'interno.

Matt la seguì, fermandosi sulla soglia della porta del terrazzo, appoggiato al muro a braccia incrociate. Ashley pareva proprio non avere intenzione di mettere fine a quella notte e andare a dormire e in fondo nemmeno lui. La guardò impegnata a scavare nell'armadio, per trovare il modo di allungare il tempo da trascorrere insieme e che il clima voleva ostacolare e i suoi occhi si rabbuiarono.

«Ah, eccone una!» esclamò felice, dopo qualche minuto di ricerca, emergendo con una coperta rossa in pile, e sorridendo debolmente in direzione del ragazzo, per poi accingersi a recuperarne una seconda.

Matt si avvicinò e la fermò. «Ne basta una» le sorrise, poi la prese per mano e ritornarono fuori, afferrò la coperta, si sedette per terra con la schiena contro il muro, allargò le gambe per permettere ad Ashley di accucciarvisi in mezzo e avvolse entrambi con la coperta.

«Si sta bene ora, giusto?» chiese lei, assaporando quel calore piacevole e ritrovando la sua originaria posizione, sul petto del ragazzo. Perchè non poteva essere quello il posto a cui apparteneva?

«Sì, si sta benissimo» rispose Matt, accarezzandole i capelli.

Trascorse ancora del tempo, finchè Matt si accorse che un braccio di Ashley era scivolato in basso come un peso morto. Il sonno doveva aver avuto la meglio su di lei, alla fine.

Facendo moltissima attenzione a non svegliarla, la prese in braccio e la sollevò fino a depositarla sul letto e coprirla con il lenzuolo.

Erano le 5 del mattino.

Le carezzò il viso col dorso della mano e le bisbigliò un 'mi dispiace' prima di uscire dalla stanza, sdraiarsi sul suo letto e provare a dormire qualche ora.

 

Alla festa Jenny era rimasta inginocchiata per terra da quando Matt l'aveva abbandonata lì, scossa dai singhiozzi e col viso martoriato dalle lacrime. Il pesante trucco nero che portava agli occhi si era andato sciogliendo, via via che quelle gocce salate scorrevano senza tregua, rigandole il viso di nero e rendendole gli occhi due pozze scure. Alzò per un attimo il viso e incontrò uno specchio proprio di fronte a lei.

Si guardò: era a dir poco penosa, gettata lì in terra senza più un briciolo di dignità, un mostro orribile col cuore lacerato dal dolore per quell'ennesimo rifiuto. Si guardò i vestiti succinti e le enormi porzioni di pelle che lasciavano intravedere, sentendosi sporca e volgare, come se i suoi occhi si vedessero per la prima volta per com'era diventata davvero.

Si odiò e si fece schifo da sola. Tentò in tutti i modi di coprire la scollatura del suo corpetto, stringendosi le braccia sul seno in uno slancio di pudore e vergogna.

Desiderò che il pavimento la inghiottisse in quel momento e la facesse scomparire per sempre dalla faccia della terra.

Ma come aveva fatto a ridursi così?

E soprattutto, quanto era stata stupida e cieca a pensare che Matt si sarebbe innamorato di lei vedendola in quelle condizioni. I ragazzi venivano attratti da lei, ma l'avevano voluta sempre e solo per passarci una notte e a lei era andato bene per un po' o almeno così si era convinta. Si sentiva viva solo in quel modo, solo quando qualcuno la desiderava e la bramava tra le sue braccia, fosse stato anche solo per sesso. Pensava fosse quello l'unico modo che aveva per attirare l'attenzione, per sentirsi importante per qualcuno, era estremamente insicura di sè stessa e curava il suo aspetto maniacalmente, fino a ritenere che il suo corpo fosse l'unica cosa che aveva da offrire. Poi aveva incontrato Matt e per lui si era presa una sbandata pazzesca, lui era bello, era schietto e a differenza degli altri non era uno stupido e disperato che l'aveva cercata solo per farsela. Si erano parlati, si erano piaciuti ed avevano passato la notte insieme, ma anche se lui era stato chiaro sulla natura di quella relazione, lei non era riuscita a ignorare il sentimento che era nato e si era dichiarata più volte, ricevendo solo rifiuti e il suo allontanamento.

Adesso si era rivelata per quello che era veramente, una patetica ragazza fragile, che pensava di essere soddisfatta della sua vita fatta di eccessi e aveva finito per allontanare tutti i suoi amici per un amore che esisteva solo nella sua testa.

A quel pensiero riprese a piangere con più intensità, mentre non si accorse che qualcuno aveva aperto la porta.

Mandy aveva visto scappare Matt di corsa dalla festa, alla quale si era presentato senza Ashley e si era insospettita. Aveva chiesto un pò agli amici, finchè Simon non le aveva raccontato di averlo visto piuttosto turbato scendere dal piano di sopra e convinto che fosse stato lui a vietare alla sua amica di venire alla serata. Non ci aveva messo più di tanto a fare due più due.

Era salita al piano di sopra alla ricerca di Jenny, quando aveva sentito dei singhiozzi provenire da una stanza.

L'aveva trovata alla fine, riversa su sè stessa, in un mare di lacrime, a tal punto da non sentire il rumore della porta che si apriva.

«Jenny» chiamò piano, per evitare di farle prendere uno spavento.

La mora si voltò con gli occhi sgranati di disperazione verso l'amica, l'espressione le mutò in terrore quando capì di essere stata scoperta in quello stato pietoso da far schifo.

«Vattene Mandy, che cazzo vuoi?»le urlò, voltandosi dall'altra parte per non farsi vedere in viso, ma l'amica avanzò verso di lei, richiudendo la porta alle sue spalle.

«Allora non hai capito – insistette Jenny – devi andartene, non voglio che tu mi veda così, non voglio che nessuno mi veda così!» gridò con la voce rotta dal pianto, prima di ripiegarsi ancora di più verso il pavimento, coi lunghi capelli neri che le sommersero il volto.

Mandy si inginocchiò accanto a lei e le cinse le spalle con un braccio. Jenny non fece resistenza, non ne ebbe la forza.

«Ma cos'è successo?» le chiese dolcemente.

«Non ti riguarda – sbottò amareggiata – perchè non te ne vai?»

«Perchè sei mia amica – urlò Mandy esasperata dal comportamento di Jenny – e mi preoccupo per te» aggiunse addolcendo il tono.

Jenny sollevò il viso, gli occhi spalancati circondati di trucco nero sbavato e rossi per il pianto, su cui spiccavano le sue iridi verdi.

«No, sono solo una povera stronza, ho trattato di merda voi e ho combinato un casino con Matt – ammise con voce tremante – lui mi ha respinta di nuovo, e stavolta l'ho fatta grossa, si è incazzato a morte e scommetto che non vorrà più vedermi!» continuò tra i singhiozzi.

«Sei stata tu a far rimanere a casa Ashley?» chiese Mandy, che ormai aveva capito a cosa si riferiva.

«Si, non la volevo tra i piedi, in spiaggia ho visto Matt che la baciava e pensavo che senza di lei avrei potuto conquistarlo, ma mi sbagliavo, mi ha detto che la ama, capisci, la ama!» gridò con una fitta la cuore. Quanto le aveva fatto male sentire Matt che parlava di amore per un'altra!

Mandy non si meravigliò, aveva intuito i sentimenti dell'amico, ma adesso doveva consolare Jenny e cercare di salvarla.

«Hai fatto tutto questo per amore, lo so, ma l'amore non dovrebbe farci fare cose di cui ci vergogneremo o farci perdere di vista noi stessi, non è così che funziona. Se l'amore ci fa allontanare gli amici, se ci fa diventare persone peggiori, persone che odieremo, se ci fa procurare del male agli altri, allora non è un amore sano, sono sicura che l'hai capito anche tu» la strinse mentre parlava, sentì che i singhiozzi erano cessati.

Jenny si asciugò nervosamente le lacrime e respirò profondamente.

«Perchè io non posso averlo, perchè? - mormorò sconfitta – non lo posso sopportare, mi fa troppo male!»

«Farà malissimo Jenny, un dolore cane, è normale, ci passiamo tutti prima o poi in una delusione d'amore, sembra che tutto sia perduto, che non ci si rialzerà mai più e che non si amerà più nessun altro, odierai il tuo cuore e vorrai strappartelo dal petto, ma questo non farà che renderti più forte, migliore e presto ti accorgerai che c'è tutta la vita che ti aspetta e magari la persona giusta per te è là fuori da qualche altra parte e ti aspetta!» le sorrise, abbracciandola.

Jenny la guardò e un lieve sorriso spuntò sulle sue labbra.

«Sono stata una stronza con voi, con Matt e con Ashley, mi vergogno da morire» confessò.

«Sono sicura che saprai farti perdonare, io so che non sei così Jenny!»

«Grazie» disse solamente, poi accettò la mano di Mandy per rialzarsi e una felpa che l'amica le prestò per coprirsi. Con calma l'aiutò a pulirsi il viso e a darsi una sistemata ai capelli. Con la mano nella mano di Mandy si avviò a raggiungere gli altri.

Dopotutto, quando si tocca il fondo, quando si scava ancora più giù, non si può fare altro che risalire e lei ci era arrivata e adesso la aspettava solo una bella salita per la rinascita.

 

Ashley aprì gli occhi che era mezzogiorno passato. Si guardò intorno per un attimo smarrita, prima di capire che si trovava sul suo letto, coperta fino alla vita dal lenzuolo.

Si mise a sedere, sollevandosi a fatica con le braccia, e si passò una mano sulla fronte, massaggiandosi le tempie che le dolevano ancora per via delle lacrime versate la notte. Anche gli occhi le bruciavano leggermente, ma non c'era da biasimarli, avevano avuto un bel da fare.

Si sentì confusa e le sembrò di aver dormito per ore se non per giorni, poi lentamente mise insieme i pezzi di quel puzzle complicato. Cominciò a ricordare dei discorsi intrapresi con Matt in terrazzo, della tristezza nell'essersi resa conto che non mancava molto al loro ritorno nelle rispettive case e quindi alla loro definitiva separazione. Ricordò il crollo emotivo che era seguito all'idea di non poterlo avere accanto a sè, al pensiero di quello che la aspettava, alla paura di non farcela e di sbagliare tutto.

'Non voglio diventare debole' si ripetè in testa, fermamente convinta che quei sentimenti umani che finalmente provava le fossero solo d'impaccio e la ostacolassero nel suo cammino.

Quello che non ricordava, però, era come ci fosse arrivata dal terrazzo al letto. L'ultima visione nitida che le pareva di conservare era quella della maglietta grigia di Matt su cui poggiava la sua guancia e una sensazione di calore e protezione data da una coperta e dalle sue braccia che la stringevano. Doveva essersi addormentata così e doveva essere stato lui a caricarsela e metterla a letto.

Sospirò e si alzò barcollando, fino a riprendere un certo equilibrio e coordinazione nei movimenti. Fu allora che notò la coperta rossa che avevano usato per coprirsi dal freddo, non l'aveva sognato, era successo tutto davvero. Adesso giaceva appallottolata su una sedia, era lì che Matt l'aveva deposta. Si avvicinò e la prese, stringendosela al petto e saggiandone la morbidezza.

Una vittima, ecco come si sentiva. Una vittima del destino crudele che si era accanito su di lei. Non era stata lei a chiedere di conoscere Matt e nemmeno a volersene innamorare così disperatamente eppure era successo e si sentì come una pedina nelle mani di una forza misteriosa che non poteva controllare. Immaginò il destino beffardo come un vecchio signore che si divertiva a scaraventare poveri innocenti nelle situazioni più disparate per poi ridere delle loro disgrazie senza pietà. Indubbiamente, se doveva dare una personificazione al fato doveva essere per forza quella.

Le apparì tutto così terribilmente ingiusto nei suoi confronti, non c'era un solo lato di tutta quella faccenda che si salvasse o comunque al momento non riusciva davvero a scorgerne, nemmeno fosse un naufrago su un'isola deserta alla disperata ricerca di una nave all'orizzonte.

Possibile che per una volta che il suo cuore le aveva indicato una persona in modo così inequivocabile, doveva essere tutto pieno di problemi! La distanza, la loro situazione familiare anomala, immaginava già le scene isteriche di Monica e di suo padre a una eventuale notizia della loro relazione e poi c'era anche sua madre, come avrebbe potuto reagire al fatto che sua figlia stava col figlio della nuova compagna del suo ex marito?

«Oddio mi scoppia la testa» mormorò esausta, portandosi entrambe le mani sul viso.

Ma si può sapere perchè quei ragionamenti li stava facendo solo adesso?

Non avrebbe potuto pensarci prima di farsi ammaliare da quel ragazzo o il suo autocontrollo era andato di già in pensione?

La prossima volta che le sue sorelle l'avessero etichettata come la razionale della famiglia avrebbe avuto senza dubbio argomentazioni molto solide per contrastarle.

In ogni caso, poteva prendersela col destino o con sè stessa, poteva continuare a rimuginarci sopra o a chiedersi che avesse fatto mai di male, il risultato non sarebbe comunque cambiato.

Diede un'occhiata veloce al calendario sulla parete. Mancavano esattamente 17 giorni all' 8 Settembre.

Accettazione e rassegnazione era le uniche parole del vocabolario che avrebbe dovuto tenere bene in mente in quei giorni restanti. Del resto, come le aveva detto anche Matt, in un modo o nell'altro la vita sarebbe andata avanti, doveva andare avanti per quanto le sembrasse straziante. O che si fosse disperata o che si fosse messa il cuore in pace, il giorno della partenza sarebbe arrivato e tanto valeva godersi quegli ultimi giorni di vacanza, pur con la consapevolezza di altre sofferenze, di altre lacrime, di altre paure.

'No, non sarò debole, sarò forte, uscirò migliore da tutto questo' si disse, e con questo proposito si apprestò a vestirsi per scendere al piano di sotto, era quasi ora di pranzo e di sicuro si stavano chiedendo che razza di fine avesse fatto.

In cucina si sentiva già l'odore del cibo, suo padre leggeva il giornale, mentre Monica aspettava probabilmente che qualcosa finisse di cuocere in forno. Matt era in un angolo del tavolo, silenzioso e intento ad ascoltare della musica assordante con gli auricolari.

Ashley salutò e si sedette al tavolo, quando Matt sollevò gli occhi e la vide lì come materializzata all'improvviso, staccò subito la musica e sfilò gli auricolari. Per tutta la mattina non aveva fatto che chiedersi come stesse dopo quella nottata e adesso la guardava in cerca di qualche indizio. Gli occhi rossi erano normali, ma tutto sommato le sembrava tranquilla, all'apparenza.

«Tesoro, non mi dire che ti sei alzata adesso? - chiese un po' sgomento suo padre – eppure ieri sera sei tornata presto a casa» osservò Gregory, un tantino preoccupato per il comportamento strano di sua figlia.

Logicamente non poteva sapere che, pur essendo tornata a mezzanotte e quindi relativamente presto, era stata sveglia fino alle 5 del mattino in preda allo sconforto e alla depressione.

«Non ho dormito bene stanotte, tutto qua» rispose, sgranocchiando distrattamente delle patatine da un piatto sul tavolo e lanciando un'occhiata involontaria a Matt, che ricambiò subito con un'altra altrettanto eloquente e che le fece capire che lui ricordava perfettamente quello che era successo. Scambio di occhiate che non passò inosservato a Monica.

«Beh, si vede che non reggi i ritmi delle troppe uscite fino a tardi, non sei fatta per queste cose, sei..» aveva iniziato suo padre, ma Ashley non lo fece nemmeno finire perchè sbottò lasciandolo a bocca aperta.

«Sono cosa, papà? Troppo piccola, troppo ingenua? Devi smetterla di considerarmi ancora una bambina, sono cresciuta, sono adulta e ho una marea di cose a cui pensare e di decisioni da prendere!» urlò, scattando in piedi e correndo fuori dalla veranda.

Matt le corse dietro, per raggiungerla. Aveva fatto troppo presto a pensare che le acque si fossero calmate del tutto.

Gregory rimase attonito, incapace di proferire parola. Non aveva mai visto Ashley così irrequieta, così ribelle e così schietta nel dirgli le cose in faccia. Guardò la sua compagna per ricevere delle spiegazioni, Monica continuò le sue faccende come niente fosse, ma poi si fermò e posò una mano sulla sua spalla.

«Ashley ha ragione – disse , prendendo le difese della ragazza – esageri un po' a trattarla ancora come se fosse piccola, ha 21 anni, è una giovane donna, con i propri turbamenti e le proprie crisi e se pensi il contrario non fai altro che sottovalutarla».

Non credette a sè stessa mentre pronunciava quelle parole. Stava difendendo Ashley dal suo stesso padre nonchè il suo compagno. Eppure aveva sentito che era la cosa giusta da fare e che quella ragazza se lo meritava.

Intanto Matt aveva raggiunto Ashley, trovandola col viso basso, coperto dai capelli e rivolto verso il muro.

«Ashley – la chiamò – stai bene?» le chiese mentre le si avvicinava con prudenza, ma non ottenne alcuna risposta.

«Dai, rispondi, avanti – le prese un braccio e tentò di farla voltare senza successo, visto che aveva subito fatto una forte resistenza – vuoi girarti a guardarmi?» aveva insistito.

In un attimo di debolezza si girò, facendo incontrare i suoi occhi corrucciati con quelli di Matt.

«Guarda che non piango stavolta!» lo avvertì, temendo che Matt la credesse nuovamente sull'orlo di una crisi di nervi.

«Lo spero bene, sinceramente vorrei dormire stanotte invece di rischiare una polmonite sul terrazzo della tua camera!» le aveva risposto, per sdrammatizzare.

Ashley scoppiò a ridere, e riuscì a cancellare la tensione accumulata in quei pochi minuti. Guardò i suoi occhi limpidi e si chiese come diavolo potesse fare a disinnamorarsi di lui, se fosse esistito anche uno solo di metodo che funzionava avrebbe pagato oro per averlo, visto che le sembrava un'impresa impossibile, finchè la guardava in quel modo.

«Non ce l'ho con mio padre – lo informò poco dopo – solo che era da tanto che non sopportavo più che mi vedesse in un certo modo e volevo che lo capisse finalmente»

«Allora hai fatto bene, sono sicuro che lui l'abbia capito» le disse prima di baciarla, rischiando di venire scoperti come niente fosse.

«E comunque - riprese Matt, mentre l'accompagnava dentro, arrestandosi un minuto per completare la frase prima di entrare – se solo potessi, prenderei freddo volentieri tutte le sere con te»

Ashley sorrise tristemente. C'era solo una piccola parolina di due lettere che rovinava il tutto ed era quel 'se', nessuna sicurezza, solo incertezze.

Si scusò con suo padre per essere stata così impulsiva con lui e Gregory si scusò a sua volta per non aver capito come si sentiva e aver ignorata i segnali di insofferenza che gli aveva lanciato. Non era stato difficile, alla fine, capirsi e sistemare le cose e sempre più Ashley stava comprendendo che comunicare era importante e poteva salvare i rapporti tra le persone.

Dopo pranzo, mentre era di spalle a riporre dei piatti in credenza, una voce femminile la riscosse.

«Ti sei sbagliata, alla fine» decretò Monica.

Ashley capì immediatamente a cosa si riferisse. Abbassò lo sguardo, anche se lei una speranza l'aveva ancora.

«L'ho saputo ieri da lui stesso, mi dispiace – disse piano, per poi continuare – ma io credo che Matt non pensi davvero che tra voi non ci sia più niente da fare, sono sicura che l'ha detto per orgoglio, ma ci ripenserà, so che lo farà» tentò di persuaderla.

Monica scosse la testa più volte.

«No, non succederà, l'ho guardato bene in viso e beh, lui è uguale in tutto e per tutto a suo padre, anche adesso, non è cambiato» ingoiò a fatica come a cercare la volontà di continuare quel discorso che, evidentemente doveva farle molto male.

Il suo viso divenne contratto, le mani intrecciate nervosamente.

«Ogni volta che guardavo i suoi occhi azzurri rivedevo gli stessi occhi del padre, quegli occhi così indecifrabili, criptici, che non ti permettono di entrare. E sai, sembra orribile sentirlo dire a una madre ma, tutte le volte in cui incrociavo quello sguardo rinunciavo già in partenza, rinunciavo anche solo a provarci perchè sapevo che avrei perso e non l'avrei sopportato». La voce le si era quasi incrinata, aveva perso quel tono di sicurezza che la contraddistingueva.

Eppure anche Ashley aveva guardato tante volte quegli occhi e non ci aveva visto solo chiusura o freddezza, ma anche tanta comprensione e dolcezza. Lei ne era sicura, per Matt e Monica non era tutto perduto, loro avrebbero potuto risolvere tutte quelle incomprensioni, perchè di questo si trattava.

«Ma tu questo non puoi capirlo, immagino» la voce dura di Monica la riscosse da quei pensieri. Allora Ashley trovò dentro di sé un coraggio che pensava di non avere, ignorò i battiti forsennati del suo cuore, lo stomaco che le si attorcigliava, le mani sudate e il viso bollente e la affrontò

«E invece capisco benissimo» disse con asprezza, gli occhi color miele fissi in quelli di Monica, che ora la guardava spiazzata.

Ma Ashley non aveva finito e la sua intenzione non era quella di accusare o aggredire nessuno. Riacquistò la calma dopo essersi liberata di un peso troppo grande con quelle poche parole e continuò dolcemente.

«Io e mia madre siamo molto diverse, lo siamo sempre state. Da piccola ho vissuto sempre come se mi ritenessi una figlia incompleta. Lei mi amava, mi ha cresciuta mettendoci tutta sé stessa anche se era molto giovane, ma io non riuscivo a entrare in sintonia con lei, i suoi modi di fare, di pensare erano così distanti dai miei che mi sentivo un'aliena. Temevo di dover competere con mia sorella maggiore perchè lei era senza padre e bisognava di più cure, e anche quando nacque mia sorella minore e avevo già 10 anni, la vidi così simile a lei ed ebbi paura. Crescendo la situazione migliorò, con le mie sorelle diventammo unite, ma con mia madre ho sempre continuato ad avvertire quella distanza, e la cosa che mi fa più male è che sono io che l'ho sempre creata e anche adesso che lo so e che ho trovato la volontà di cambiare, quando ci penso provo sempre una grande angoscia. Eppure lei mi ama, lo so» sorrise Ashley nonostante tutto, nonostante il suo cuore in quelle poche ore stesse facendo un'enorme fatica per contenere una valanga di emozioni sconvolgenti tutte insieme.

«Sono sicura che anche per Matt è così, ha solo bisogno di un po' di tempo ancora».

Monica era lì, immobile. Chissà perchè non aveva mai immaginato che quella ragazza avesse vissuto un dramma interiore così simile a quello tra lei e suo figlio. L'aveva guardata dall'alto in basso quando le si era presentata in quella casa, troppo presa dai suoi problemi e dallo sforzo di mantenere quella dannata aria altezzosa che non riusciva a scrollarsi di dosso e non si era accorta della sofferenza che portava dentro.

La guardò adesso, serena, pacata, nessuna ombra sul viso, bella di una bellezza particolare, somigliava tantissimo a Gregory.

Sussultò: immaginò le difficoltà di sua madre, che proprio come lei si era trovata sola a gestire una figlia così impenetrabile. Forse per questo Matt si era così attaccato a lei e lei a lui.

Non sapeva cosa ci fosse dietro, cosa fosse già successo tra loro, ma capiva, adesso capiva. E quanto aveva sbagliato a giudicare ancora una volta nella sua vita.

Le si avvicinò lentamente, fermandosi a una passo da lei e le mise una mano sulla guancia.

Percepì un lieve sussulto da parte sua, probabilmente non si aspettava quel contatto fisico. La sentì però subito dopo rilassarsi.

«Sì cara, hai ragione – disse con un fil di voce - si aggiusterà tutto» ed Ashley capì che non stava parlando solo di suo figlio ma anche di lei, che con quel gesto stava cercando di tranquillizzarla.

Si spalancò un sorriso sul suo bel volto.

E Monica si ritrovò a pensare che se mai avesse dovuto immaginare una ragazza al fianco di quel ribelle di suo figlio, quella sarebbe stata senza dubbio Ashley e nessun'altra.

 

 

  
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