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Autore: Miss Halfway    31/08/2016    2 recensioni
REVISIONATA FINO AL CAPITOLO 5
«All'improvviso sentii un soffio gelido spirarmi sul collo, mentre una mano, altrettanto gelida, mi accarezzava i capelli e coi polpastrelli mi sfiorava la pelle. O forse no: quella mano dal tocco glaciale in realtà non mi stava affatto accarezzando i capelli ma me li stava semplicemente spostando delicatamente dal collo per scoprirmi la carotide, sfiorandomi appena. Continuavo a percepire un venticello fresco, nonostante ricordassi chiaramente di aver chiuso la finestra quella notte per via dei lupi che ululavano alla luna e gli spifferi di corrente andavano diffondendo nell'aria un profumo che avevo già sentito e che ormai conoscevo bene.» (cap. 11)
Streghe, vampiri, licantropi... Saranno solo vecchie leggende e sciocche superstizioni? O la realtà, in fondo, cela qualcosa di sovrannaturale? Cosa nasconde la biblioteca scolastica? Chi è il ragazzo misterioso e qual è il suo segreto?
In seguito alla morte della nonna materna, la quale lascia in eredità l'antica Villa dei Morgan, Meredith insieme alla sua famiglia allargata farà ritorno a Salem, sua città natale. Lì comincerà per lei una nuova vita alle prese con un potere sovrannaturale, sogni premonitori, bizzarre amicizie e il coinvolgimento in uno strano triangolo amoroso...
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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7) L'enigma del ciondolo.


      Non avevo chiuso occhio nemmeno quella notte e il mio fisico ne stava risentendo: ero spesso assonnata, mi sentivo debole, mi si era chiuso lo stomaco e per questo non stavo mangiando molto. Ero visibilmente stressata per via di questi bizzarri avvenimenti ma dovevo riuscire a dare una spiegazione razionale a tutto quello che mi stava accadendo, sennò sarei impazzita sul serio. 
    Come era morta davvero la nonna? Era vero il racconto della prozia Sarah? La signora Xiang cosa sapeva? Perché il ciondolo cambiava temperatura? E poi soprattutto questi strani sogni cosa significavano? Erano dei sogni premonitori? Anche questo mi angosciava e non mi faceva dormire. Avevo paura di addormentarmi e di sognare.
    C’era una cosa che però mi stava incuriosendo (e assillando) più di tutte e che avrei dovuto fare già da giorni, ma mi venne in mente solo quella notte dopo aver letto la pagina del diario della nonna relativa ai sogni. Inoltre dovevo anche scoprire il significato di quella strana frase in latino o in aramaico che fosse.
    «Anche stanotte ho sentito dei rumori da elefante nottambulo» mi fece notare Jeremy quando scesi a fare colazione. Sembrava davvero che mi stesse controllando.
    «Sì, stanotte sono scesa in cucina, avevo sete. Ah, oggi ho un impegno dopo la scuola. Non aspettarmi, tornerò a piedi» annuì fortunatamentesenza fare nessuna domanda.
    Le prime due ore di lezione trascorsero tranquille, in classe con me c'era solo Jeremy che, per non so quale motivo, a scuola sembrava ignorarmi, come se volesse dimostrare agli altri che non ci conoscessimo, mentre Heric, stranamente, non frequentava il corso di storia.
    Al cambio dell'ora mi accostai all'armadietto di George ad aspettarlo, dal momento che sembrava così esperto sull'argomento stregoneria forse sarebbe stato in grado di aiutarmi. Era lui il ragazzo che il primo giorno di scuola ci aveva raccontato la storia dell caccia alle Streghe di Salem nel 1691, 
    «Meredith! Ciao, che sorpresa!» sembrava molto entusiasta di vedermi.
    «Ascolta, devo chiederti una cosa riguardo...»
    «Riguardo a cosa?»
    «Alla stregoneria» bisbigliai al suo orecchio.
    Lui spalancò la bocca meravigliato e annuì.
    «Ne parliamo a pranzo. Andiamo ora, sennò il prof rompe.»
    Prese il libro di matematica dall'armadietto e ci dirigemmo nell'aula del professor Richardson. 
    Jeremy e Heric erano già appostati, il primo dall'altra parte della classe e il secondo, come il giorno prima, accanto a me. Stavolta tutti i banchi erano occupati e per forza dovetti sedermi accanto a lui, non che la cosa mi dispiacesse, anzi. Solo che per tutte e due le ore di matematica mi sentivo lo sguardo di Heric e Jeremy addosso, come se fossi una preda da che entrambi si stessero contendendo. Come se aspettassero il momento buono per scannarsi.
    Appena la campanella suonò mi avvicinai al banco di George e andammo alla mensa a prendere il pranzo. Io non avevo molta fame ma riempii comunque il mio vassoio e poi andammo a sederci un po' isolati dagli altri.
    «Cosa volevi chiedermi?» mi domandò mentre masticava un boccone di pollo.
    Frugai nella mia borsa e presi il pezzo di carta in cui stanotte mi ero scritta la frase del libro che Heric lesse ad alta voce nel sogno.
    «Sai cosa significa?» dissi passandogli il bigliettino e lui, incespicando, lesse la frase tra sé e sé un paio di volte prima di leggerla con fluidità.
    «Timeo daemones et res adversae ferentes. Mmh, no, non ho idea di cosa voglia dire né in quale lingua sia scritta. Perchè?»
    «No, così...»
    «Meredith? Non sei di certo l'emblema della normalità però sembri spaventata. Che succede?»
    «Nulla, ho solo sognato questa frase ed ero curiosa di sapere cosa significasse. Sempre se ce l'abbia un significato
    Rimase un attimo in silenzio, sembrava perplesso. 
    «Com'era il sogno?» mi chiese spezzando il silenzio.
    Gli sintetizzai brevemente ciò che avevo sognato questa notte senza menzionare né Heric né Jeremy.
    «Anch'io a volte ho sognato la biblioteca scolastica. È così misteriosa. Comunque, non è che ti ha influenzato troppo la leggenda che vi ho raccontato il primo giorno che tu e Jeremy siete arrivati a scuola?»
    «No, George. Non voglio sembrarti una pazza ma mi succedono cose strane. Per questo voglio sapere che significa questa frase, so che ha un significato preciso. Me lo sento. E poi pensavo che tu credessi alle vecchie leggende che ci hai raccontato...»
    Fece spallucce.
    «Puoi darmi quel biglietto? Proverò a fare delle ricerche a casa, e poi potremo anche controllare i grimori che ci sono qui a scuola uno di questi giorni. So che molti non sono scritti in inglese e potremo chiedere a qualche professore di lettere antiche di darci una mano.»
    «Hai ragione, non ci avevo pensato!»
    Gli consegnai il pezzo di carta, tanto ormai avevo imparato quella frase a memoria, e ci congedammo. George comunque, oltre ad aiutarmi, mi diede anche un'ottima idea: non avevo pensato di controllare i libri di magia della biblioteca scolastica e nemmeno di guardare nel grosso libro trovato in soffitta, non ne avevo ancora avuto il tempo, anche se sfogliandolo frettolosamente domenica mattina avevo constatato che non fosse scritto in nessunissima lingua stramba. 
    Ora però dovevo fare un'altra cosa, dovevo soddisfare quel dubbio che mi attanagliava da giorni ma mentre mi dirigevo verso l'esterno della scuola dopo le due ore di arte pomeridione Jeremy mi bloccò facendomi sobbalzare.
    «Adesso te la fai con il metallaro?»
    «George? Non dire cavolate!»
    «Beh quindi non torni a casa? Devi uscire con quel tizio per pogare a qualche concerto o dovete fare qualche seduta?»
    «No io...devo fare una cosa con Alexis adesso. Vuoi venire?» mugugnò e scosse la testa ridacchiando prima di dirigersi verso l'uscita. 
    Sapevo avrebbe risposto di no. Per non averlo in mezzo ai piedi dovevo togliere fuori la scusa che ero insieme ad Alexis. In realtà però volevo vedere cosa ci fosse dietro la scuola, se ci fosse realmente un ingresso segreto come quello che avevo sognato, perché se ciò che avevo letto nel diario della nonna fosse stato falso, cioè che i sogni di una giovane strega non sono sempre del tutto attendibili ma hanno un richiamo alla realtà, non avrei dovuto trovare nulla. Al contrario, se avessi trovato una qualche porta avrei iniziato a spaventarmi sul serio. 
    Con tutta calma mi avviai verso il retro dell'edificio badando bene che nessuno mi vedesse. Setacciai ogni centimetro delle mura scolastiche alla ricerca di un ingresso o di un qualunque passaggio. Ma niente, non c'era niente, solo qualche edera rampicante che rivestiva le mura scolastiche. Ne rimasi delusa, ma al tempo stesso sollevata.
    «Ci incontriamo di nuovo» sobbalzai al suono di quella voce che interruppe le mie ricerche.
    «Ah, Heric» ero felice e spaventata al contempo. Mi aveva colta di sorpresa.
    «Cosa ci fai qui?» mi domandò incuriosito. Avrei potuto fargli la stessa domanda.
    «Sai dirmi se qui in zona ci sia un cimitero?»
    «Beh di sicuro non troverai bare qui nel giardino della scuola. Il cimitero si trova dall'altra parte della città. Mentre oltre queste mura si trova quello vecchio, il cimitero monumentale di Salem dove sono sepolte alcune delle grandi personalità del passato della città e non solo». Non solo?!
    Il cuore cominciò a battermi più forte. Mi sentivo una veggente.
    «Un cimitero monumentale? Oltre questo muro?»
    «Se sei qui è perché cercavi il vecchio ingresso, no? Mi dispiace ma lo hanno chiuso circa centocinquant'anni fa, quando, al posto del manicomio, hanno costruito la scuola. C'era un passaggio che li univa attraverso il quale portavano i pazzi direttamente al cimitero nella fossa comune dedicata ai malati mentali. Adesso è diventato un cimitero monumentale, ma alcune antiche o potenti famiglie della città si fanno ancora seppellire lì.»
    Iniziavo a credere che non fossero sciocchezze quelle che diceva la nonna e che fosse tutto vero. 
    Fece qualche passo avanti e mi indicò una porzione di muro.
    «L’ingresso era proprio qui, dietro queste piante- asserì spostando un ciuffo d'edera -lo puoi vedere chiaramente perché i mattoni sono di colore diverso. Se scavalcassi il muro, ci arriveresti in circa mezzora a piedi ma troveresti solo il recintato. Altrimenti puoi arrivarci dalla strada principale passando dal centro città. Scusa, perché sei alla ricerca di un cimitero?» mi domandò, passando la mano sul muro mostrandomi la differenza tra le due tonalità dei mattoni. Dal tono di voce sembrava saperne più di quanto lasciasse trapelare.
    «Mia nonna è morta di recente e volevo andare a salutarla. Sai, mi sono trasferita da poco e non conosco ancora bene le strade. Pensavo fosse sepolta nel cimitero vicino a scuola» in realtà sapevo bene dove era stata sepolta mia nonna visto che ero andata anche alla deposizione della sua bara nell'altro cimitero.
    «Sì lo so...che ti sei trasferita da poco.»
    Notai che l'espressione sul suo volto stava cambiando come se si stesse corrucciando mentre i suoi occhi diventavano più scuri e simili a due laghi profondi. Anche il cielo si era incupito perché il sole si era nascosto tra le nuvole e forse era per questo che i suoi occhi ora tendevano quasi al nero, proprio come nel mio sogno
    «Beh, mi dispiace per tua nonna. Se vai al vecchio cimitero, stai attenta.»
    «Sono tutti morti, non ho paura dei defunti!» dissi con tono beffardo.
    «Al tuo posto non ne sarei così sicura» fece un'espressione allusiva e beffarda e se ne andò.
    Sentivo di nuovo il ciondolo raffreddarsi. Non capivo cosa lo facesse funzionare, magari era tipo un termometro: a seconda delle emozioni che provavo diventava più freddo. Mah, forse stavo andando troppo oltre con la fantasia anche se ciò che aveva detto Heric riguardo alla porta che univa un ex manicomio al cimitero mi mise un po’ di angoscia. Quale mente disturbata avrebbe potuto costruire una scuola dove prima era edificato un manicomio, per di più comunicante con un cimitero?
    Feci tutto il giro della scuola e seguendo le indicazioni di Heric, giunsi, passando dal centro della città, al cimitero monumentale: la facciata era imponente e il grande cancello in ferro battuto non era come quello del mio sogno, anche perché questa entrata si trovava da un lato diverso. Decisi di entrare, avevo fatto trenta tanto valeva fare trentuno.
    Dunque, ricapitolando: avevo constatato la presenza di un ingresso segreto incastonato fra le mura che circondavano la scuola, avevo avuto conferma che lì vicino c'era un cimitero, ora dovevo solo trovare la cripta in cui giaceva la famiglia Cavendish per confermare l'attendibilità completa del mio sogno.
Camminavo lentamente guardandomi le spalle più volte perlustrando ogni angolo del cimitero prima che facesse buio.
    E poi eccola, come piombata dal cielo all'improvviso, eretta di fronte a me in tutta la sua maestosità, la cripta marmorea del mio sogno. L'ipogeo e tutto il resto erano esattamente come li avevo sognati eccetto una cosa. Non c'era scritto: «Dal 1578 al 1692, qui giace in eterno riposo la famiglia Cavendish» ma «Dal 1692, qui giace in eterno riposo la famiglia Thompson, cacciatori, guerrieri, difensori della patria e della pace».
    Mi avvicinai lentamente per sfiorare quella pietra fredda e mi sembrò come se il tempo si fosse fermato. 
Iniziai ad avere delle visioni, immagini confuse di persone che mi mettevano in guardia dicendomi di stare attenta e una folata di vento mi buttò a terra all'indietro, ma stavolta non stavo sognando.
    Appena il vento si placò cominciai a correre verso casa. Ero terrorizzata, non avevo mai avuto così tanta paura. 
    Continuavo a correre a perdifiato e sentivo il mio respiro diventare sempre più pesante e affannato ma una volta a casa non mi sentii al sicuro nemmeno lì dopo tutte le cose che mi stavano accadendo, anche se fino a qualche giorno prima lo consideravo il mio posto, il luogo più sicuro e familiare di tutto il mondo.
    Feci i gradini a due a due e andai dritta in camera di Jeremy spalancando la porta e tentando di gridargli contro, ma non ci riuscivo, sia per la paura sia per la corsa, la mia voce era come bloccata.
    «Tu sai qualcosa, vero?» domandai a tratti spaventata e ansimante.
    «Di che parli Mer?»
    «Io so che sai qualcosa che non vuoi dirmi ma che sai che sospetto!» lo aggredii.
    «Cosa ti è successo? Non eri con Alexis?» si alzò dal letto su cui stava leggendo e, dopo aver poggiato il suo libro sul comodino, si avvicinò a me ancora ferma sull'uscio della porta.
    «Da quando siamo qui tu sei...cambiato. E io sto facendo sogni premonitori. Sai che dietro la scuola c’è un cimitero? Io non lo sapevo, ma ora lo so perché l’ho sognato e prima sono andata a controllare e Heric mi ha detto che...»
    «Heric?- mi interruppe indignato. Non dovevo pronunciare quel nome -cosa ci facevi con Heric?» ringhiò. 
    «Ero dietro la scuola e lui era lì. Ma non c’entra nulla! Sono andata al cimitero...» non riuscii a continuare la frase che mi bloccai per la paura, nel solo ricordare quella scena, quelle visioni e quel vento improvviso che mi scaraventò a terra
    Jeremy si avvicinò e mi abbracciò forte, per rassicurarmi. 
    «Io non lo so che succede. È questo posto Mer, è la gente, sono i rumori notturni. La notte non riesco a dormire.»
    Da quando eravamo qui, anche se mi sentivo a casa, non mi ero mai sentita così protetta e al sicuro come in quel momento, tra le sue braccia.
    «E se facessimo una seduta spiritica per contattare tua nonna?»
    Rovinò quel tenero momento con una delle sue idiozie.
    «Sei pazzo? Non farò mai una cosa del genere!»
    «Scherzavo...più o meno.»
    Andammo su in soffitta e cominciammo a leggere il libro e il diario. 
    Nel grimorio non c’era niente riguardo ai sogni, alle premonizioni o a possibili poteri magici. Forse la nonna si era confusa nel suo diario quando scrisse di aver letto dei sogni nel Grimorio dei Morgan. Lì, c’erano solo incantesimi, pozioni, strani disegni raffiguranti oggetti magici e le relative spiegazioni.
    «Meredith! Guarda sembra la tua collana» mi indicò una pagina di quel librone in cui era raffigurato il mio ciondolo. L’avevo già vista di sfuggita ma non l’avevo letta. 
    «Sì, è identica. Magari c'è scritto il meccanismo che la fa raffreddare.»
    «C’è scritto che solo alcune streghe ne hanno uno. E non sono solo le streghe a possederlo…» riassunse.
    «Perché chi altri lo ha?» chiesi preoccupata.
    «I...vampiri» sussurrò sarcastico come se volesse imitare la voce di un fantasma. 
    Mi sembrava di stare davvero in un film dell’orrore. Esistevano anche i vampiri? E dove si nascondevano? George ce lo aveva raccontato, dunque un fondo di verità forse doveva pur esserci.
    «Dai non crederai sul serio a queste sciocchezze?» mi rimproverò con tono affettuoso.
    «Io non ne ho idea. Le mie convinzioni stanno crollando a poco a poco.»
    Mi passò il libro in cui veniva descritto il ciondolo.


Ciondolo magico dalla pietra acquamarina.

«Tutte le streghe possiedono un ciondolo consacrato, sia che queste pratichino la magia bianca sia che pratichino la magia nera. Le identifica nel loro clan e le protegge. 
Solo alcune però possiedono il ciondolo magico dalla pietra acquamarina, tramandato di generazione in generazione viene ereditato solo da una delle streghe della congrega, quella che mostrerà maggior costanza e impegno. Questo la proteggerà e la avvertirà dal male imminente.

In passato alcune streghe di Salem che formavano la congrega delle Streghe Bianche ne consacrarono sette soltanto.
Ma solo tre rimasero in mano alle Streghe Bianche. Infatti non sono solo le streghe a possedere questo tipo di ciondolo: un’altra classe di esseri sovrannaturali, creature maligne e avide di sangue, ne sono dotati: i Vampiri. Con il patto stabilito secoli fa per salvaguardarsi dal male, le Streghe Bianche di Salem concessero a un piccolo clan di Vampiri quattro di questi ciondoli in grado di proteggerli dalla luce solare in cambio della libertà e della difesa dalla caccia alle streghe. Nessuno può distinguerli dalle persone comuni, poichè vanno in giro alle ore diurne, si nutrono come esseri umani per celare il fatto che si cibino invece principalmente di sangue e non invecchiano, mai. Non si sa chi siano questi vampiri, dove vivano o cosa facciano o se addirittura siano ancora vivi. Con il processo del 1692, molti di loro furono arsi al rogo così come alcune streghe, tra cui anche alcune componenti della congrega delle Streghe Bianche. Dove siano tutti e sette i ciondoli magici non si sa.
Il ciondolo è formato da un cerchio d'oro in cui è incastonata una pietra azzurra, la pietra acquamarina dotata di straordinari poteri. Il male la rende fredda come il ghiaccio, il bene la riscalda come il fuoco.»


    «Oddio! È quello che ci ha raccontato George in biblioteca, ricordi? Le streghe avevano spifferato l'esistenza dei vampiri per difendersi dall'accusa di stregoneria rompendo il patto stipulato con loro. Il patto era questo dunque: in cambio della possibilità di poter vivere alla luce del sole (grazie a dei ciondoli come questo) i vampiri avrebbero protetto loro dalla persecuzione! Solo che, per difendersi e salvarsi, altre streghe spifferarono l'esistenza dei vampiri e questi, vedendosi traditi, diedero la caccia all congrega delle Streghe Bianche e non solo ma furono entrambi assassinati, sia streghe sia vampiri, per volere del consiglio di Salem nel 1692! Esistono altri sei ciondoli e uno è in mano mia. Ma ci pensi? È meraviglioso e...assurdo.»
    «Non puoi dire sul serio, Meredith. Non crederai davvero di essere una strega o che i vampiri si aggirino indisturbati per Salem solo perchè indossano una collanina del mercatino delle pulci!?»
    In effetti niente di tutto questo aveva una logica razionale alla quale ero abituata. E poi c'era scritto che il male raffreddava la pietra mentre il bene la rendeva calda. Il ciondolo non era mai diventato caldo e si raffreddava solo quando Heric mi stava vicino oppure quando mi risvegliavo da un brutto sogno.
    «Jeremy io non lo so! Stanno succedendo cose strane. I miei se n’erano andati da qui perché succedevano cose strane! E io sto facendo dei sogni strani!» 
    «Questo me l'hai già detto.»
    «Ora che ho scoperto a cosa serve questo ciondolo devo occuparmi di altre cose.»
    «Ad esempio?»
    «Innanzitutto devo sapere come è morta la nonna, poi cosa significa una frase che ho sentito in un sogno e scoprire chi erano le famiglie Cavendish e Thompson.»
    Mi venne in mente il racconto della prozia Sarah, a parte lei che era ancora viva, Candice che era stata investita da giovane e Adele che era morta di malattia, Virginia e mia nonna erano morte a causa di un infarto ed entrambe erano sia streghe sia giovani sia godevano di ottima salute. Che c'entrassero davvero i vampiri? Ma i vampiri non uccidono in maniera diversa dunque perché provocar loro un infarto?
    «Andiamo a mangiare ora. Queste scemenze mi hanno fatto venire fame» disse Jeremy.





    Dopo cena andai in camera mia e mi misi il pigiama. Avevo una paura tremenda di dormire da sola e fare altri sogni rivelatori così andai in camera di Jeremy.
    «Vorresti dormire qui?» mi chiese confuso e divertito.
    «Lo so che è stupido, ma magari evito di fare i miei soliti sogni.»
    Non avevo mai avuto paura del buio nemmeno quando ero piccola e ora volevo dormire con il mio fratellastro per non fare brutti sogni.
    «Ok, ma alle sei torni nella tua stanza. Non vorrai mica che i nostri genitori pensino male» ammiccò.
    La situazione però era davvero imbarazzante: pur di non rischiare di sfiorarlo nemmeno accidentalmente stavo sul bordo del letto rischiando di cadere da un momento all'altro. Anche lui stava sul ciglio del materasso, come se ci fosse una sorta di barriera invisibile e intoccabile tra noi.
    Riuscii lo stesso a prender sonno. Pensavo che, stando accanto a qualcuno che ultimamente non faceva altro che tentare di proteggermi e tenermi lontano dai guai, mi avrebbe fatto fare sogni tranquilli invece non fu così e sognai proprio lui, Jeremy.
    Eravamo di nuovo in biblioteca, io stavo al centro della stanza su quel piccolo podio a leggere quello strano libro dell'altro sogno mentre Jeremy stava accostato alla porta e mi guardava deluso. Al mio fianco c’era Heric che mi mise una mano sulla spalla.
    «Nunc delegisti. Dimitte eum ire»* proferì ad alta voce. 
    Jeremy annuì tristemente come se avesse compreso quella frase e poi disse:«Non c'è più speranza, hai fatto la tua scelta nonostante quel che c’è stato tra noi» 
    Si voltò verso l’uscita e se ne andò via dalla biblioteca. 
    «Jeremy, no!» mi svegliai a causa della mia stessa voce che invocava il suo nome agitandomi e allungando la mano nel tentativo di afferrarlo.
    «Shh! Sono qui!» disse scuotendomi e facendomi cenno di stare zitta. Mi sentii subito rassicurata sentendo la sua voce. 
    «Cosa hai sognato?» mi domandò, ma io non glielo raccontai.
    «Nulla. Io torno in camera mia, tu dormi tranquillo- aprii piano la porta -se tu sai qualcosa, dovresti dirmelo» gli sussurrai mentre uscivo dalla sua stanza.
    «Io-non-so-niente» mormorò scandendo le parole.
    Erano di nuovo le tre del mattino e come al solito per il resto della notte non riuscii a riprendere sonno. Fissavo il soffitto e giocherellavo con il ciondolo pensando ai sogni che stavo facendo ultimamente. Forse volevano lasciarmi intendere davvero qualcosa che al momento ignoravo o forse volevano mettermi davvero in guardia su qualcosa che non riuscivo a vedere.
    Era inutile rigirarsi continuamente nel letto così dopo due orette mi alzai e decisi di uscire presto per fare una passeggiata nei dintorni prima di andare a scuola.
    Dietro la villa c’era un piccolo bosco che si intravedeva anche dalla finestra della mia stanza; da piccola mi dicevano sempre di non addentrarmici perché c'era il lupo cattivo in agguato. In effetti era un po’ inquietante sul serio ma non era di certo il lupo cattivo ad incutermi paura.
    Volevo farci solo una camminata ma appena ci misi piede cambiai idea e decisi di andare direttamente a scuola.




Angolo autrice.
*«Nunc delegisti. Dimitte eum ire»: allora, il mio latino ormai è veramente arrugginito, quindi non sono sicura sia corretta. Dovebbe significare:«Hai scelto ora. Lascialo andare» 
Se qualcuno/a più capace di me sa tradurre meglio, non esiti a dirmelo (:
   
 
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