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Autore: Blue Drake    31/08/2016    0 recensioni
Isabeau, una scrittrice di racconti fantasy, riceve visite inattese – e non necessariamente gradite –. Che cosa mai vorranno da lei, questa volta? E perché proprio in quel momento, quando invece dovrebbe assolutamente portare a termine il suo lavoro, in fretta, prima che l'editore inizi a tramare vendetta contro di lei. Isabeau si augura solamente di non finire nuovamente nei guai, come già successe dodici anni prima; ma per come si stanno mettendo le cose, ci crede poco.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno



«Oh, Daumyr, che gente folle che c'è al mondo!», si stava giusto lamentando Kasparean con l'amico, appena raggiunto al locale in cui erano soliti ritrovarsi e chiacchierare in buona compagnia.

«Ah, buon giorno anche a te, Kas», rispose Daumyr, ridacchiando fra sé del malumore dell'amico.

«Sì, certo, buongiorno», borbottò Kasparean. «Tu non hai idea di cosa mi sia appena capitato», proseguì, con espressione drammatica.

«No, Kas. Ma scommetto che ci penserai tu a risolvere questa mia imperdonabile lacuna», lo prese allegramente per i fondelli Daumyr, tranquillamente appollaiato sul suo sgabello di fronte al bancone, sorseggiando mollemente il proprio drink – di un insano color verde acido –.

Kasparean sbuffò e si fece offrire qualcosa di forte. “Per riprendermi dalla brutta esperienza”, usò come scusa.

«Sono appena stato nel mondo degli umani», biascicò poco più tardi, già un po' più rilassato e intontito dall'alcool.

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

A quelle parole, un paio di orecchie a punta, di un curioso color bianco ghiaccio, fremettero e si misero discretamente in ascolto, in un angolo in ombra dall'altra parte del locale.

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

«Continua pure, Kas, ti ascolto», lo rassicurò l'amico.

«L'altro giorno ho sentito Thareos dire che nel mondo umano stanno accadendo fatti preoccupanti e che potrebbe esserci il rischio di perdere il controllo sul passaggio dimensionale. Così, sai... volevo solo dare un'occhiata, nulla di che», si difese Kasparean.

Daumyr non poté trattenere un sorrisino ironico. «Nulla di che, certo. Magari, che ne so, volevi vedere se c'era modo di scoprire qualcosa di rilevante per lui. No?».

«Beh, beh... Io, ecco... Può darsi. Che ne sai? Un paio di occhi in più possono far comodo», replicò Kasparean, anche se in tono dubbioso.

Daumyr sollevò un sopracciglio. «Forse. Ma potrebbe essere saggio informarne Thareos o qualcuno del suo entourage, prima di agire in questo senso. Non è detto che lui lo voglia, questo paio di occhi in più di cui parli. Soprattutto se non ne è informato», terminò, quasi sottovoce.

Kasparean, nel frattempo, era visibilmente impallidito e il bicchiere – quasi vuoto – tremolava nelle sue mani.

«Non avevo nessuna cattiva intenzione, io. Ero semplicemente curioso», si affrettò a spiegare. «Comunque il viaggio non è servito a molto, tranne a procurarmi un bernoccolo in testa e qualche fastidiosa bruciatura», borbottò mesto.

«Davvero? E come te li sei procurati», si incuriosì Daumyr, versando altre due dita di liquore nel bicchiere dell'amico.

Kasparean storse la bocca al solo ricordo. «Una femmina», sibilò contrariato, scuotendo la testa.

«Una donna umana, intendi?», volle sincerarsi Daumyr.

«Sì, esatto. Che poi sono quelle più pericolose». Sospirò e sembrò perdersi un lungo momento nella propria reminiscenza. «Non sono neppure sicuro di come ci sono finito, ma mi sono ritrovato in casa sua, e quella pazza mi ha insultato e poi mi ha aggredito», si lamentò nuovamente. Questa volta, però, si sporse anche in avanti e, scostando la folta capigliatura di un intenso rosso fiammeggiante, mostrò le ferite di guerra al partecipe amico.

«Wow! Non avevo idea che fossero così agguerrite laggiù», scherzò Daumyr.

«Sì, ridi pure, tu. Ma ti assicuro che, se mai ti ritroverai di fronte una di quelle selvagge, puoi scordarti che io ti protegga. No di sicuro, me la do a gambe, piuttosto», tenne a precisare Kasparean, tremando leggermente alla sola idea delle minacce di quella donna malefica.

«Uhm... Ma non penso siano tutte pericolose psicopatiche. Forse il tuo è stato solo un caso sfortunato», ipotizzò Daumyr, nel tentativo di risollevare l'animo all'amico.

«Sfortunato, dici? Può anche darsi, ma non sono certo di voler ritentare la sorte troppo presto», si impuntò Kasparean, facendo suo malgrado sogghignare l'amico.

«E dimmi, a parte il caratteraccio intrattabile, che tipo era?», volle sapere Daumyr, nonostante tutto fortemente incuriosito dalla bizzarra esperienza di Kasparean.

«Che tipo? Non saprei, che intendi?».

«Non lo so, di preciso. Sono un po' inesperto in questo campo e non conosco granché gli umani. Volevo soltanto farmi un'idea di come sono. Tu ne hai incontrato già qualcuno, no? Raccontami com'è stato. Che impressione ne hai avuto?».

Kasparean, che avrebbe invece voluto scordarsi tutta quella storia da pazzi, sbuffò seccato ma, notando l'espressione genuinamente incuriosita dell'amico, volle comunque tentare una risposta per lui.

«Beh, secondo la mia esperienza, gli umani più piccoli sono anche i più giovani e i meno difficili da trattare. Sono molto curiosi – un po' come lo sei tu, del resto – e di solito non si corrono troppi rischi nell'avvicinarsi a uno di loro. Ma devi fare attenzione: se ci sono in giro delle femmine – quelle che gli umani chiamano madri – è meglio stare ben alla larga perché si corre il rischio di ritrovarsi con ben più di un bernoccolo... Quelle lì sì che sono dei veri demóni, altroché». Si interruppe, crucciato, alla risata dell'amico. «Che c'è? Che hai da ridere, ora?».

Daumyr provò a smettere, ma era davvero troppo divertente e riuscì a fermarsi solo dopo un minuto buono di pura ilarità.

«Oh, nulla, scusami. È solo che credevo fossimo noi i demoni, non loro».

Kasparean gli fece una smorfia seccata. «Spiritoso. Era un modo di dire, ovviamente».

«Certo, certo», accondiscese Daumyr. «E invece, questa che hai incontrato poco fa? Anche lei era una madre?».

«Non saprei. Lì intorno di cuccioli non ce n'erano. Ma sono piuttosto sicuro che non fosse così aggressiva per proteggere qualcuno. Era semplicemente una pazza», ribadì Kasparean. «Lo sai, mi ha perfino minacciato!».

«Addirittura?», si stupì Daumyr.

«Sì, sì. Nemmeno le avessi fatto qualche orribile torto, o maledetto la sua famiglia. Che poi, chi la conosce, non so neppure se ce l'ha, una famiglia. Sono semplicemente capitato nel posto sbagliato, che diamine... per un piccolo errore! Ma pensi forse che a quella importasse che io fossi giustamente spaesato? Nemmeno per sogno!», strillò Kasparean infervorato. «Ha detto che mi vesto in modo scialbo», sussurrò poi mesto, piegando le orecchie a punta, visibilmente abbattuto.

Daumyr poggiò una mano sulla sua spalla e picchiettò gentilmente, tentando di consolarlo. «Ma no, Kas. Sono certo che il tuo travestimento umano sia più che appropriato. Forse era semplicemente nervosa di suo e la tua presenza ha solo accentuato il problema», provò, cauto.

«Tu dici?», chiese Kasparean, ancora un po' sconfortato.

«Ma sì, certo», sorrise Daumyr, offrendo poi all'amico un altro giro per tirarsi su di morale.

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

In quello stesso momento, una folta e indisciplinata chioma blu notte arretrò maggiormente fra le ombre più fitte del locale; le punte bianco ghiaccio delle orecchie vibrarono frementi, ma nessun'altra informazione degna di nota uscì dalla bocca di quello stupido demone rosso già mezzo ubriaco. Le labbra violette dello sconosciuto si storsero in una smorfia indispettita e il loro proprietario decise di andare più a fondo alla questione; molto più a fondo.

Attese, pazientemente, che il demone rosso fosse sufficientemente narcotizzato dall'alcool ingerito, poi – rincantucciandosi il più possibile – estese il raggio d'azione del proprio potere ed entrò come un soffice soffio di vento nella mente debole della sua preda, cercando l'informazione che gli sarebbe stata utile in mezzo a tanta cianfrusaglia senza nessun valore. Una volta individuatala se ne impossessò e, più silenziosamente possibile, si ritirò nuovamente in sé stesso, sospirando soddisfatto.

   
 
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