La successione ininterrotta di rumori
acuti che da circa
mezz’ora si udiva in un luogo isolato appena fuori da
quell’avamposto militare
ai confini della parte est del regno dei Lunanoff avrebbe potuto
risultare
estremamente fastidiosa, alle orecchie di alcuni, ma non per la donna
intenta
ad affilare le lame dei due coltelli che si portava sempre appresso,
assieme
alla pistola laser in dotazione, ovviamente.
“caporale Silk”.
Recitava così la medaglietta che penzolava dal suo collo
robusto, ma mentiva,
esattamente come lei mentiva sul proprio nome ogni giorno da sette anni
a
quella parte, come mentiva il colore dei suoi occhi -modificato da una
banale
pastiglia reperibile da qualunque alchimista nel regno dei Lunanoff- e
quello
dei suoi capelli.
Come mentivano gli innesti in finta pelle su tutto il suo corpo, in
particolare
quello sul lato destro del volto, rendendolo orrendamente sfigurato per
nascondere una voglia color vinaccia che, altrimenti, avrebbe reso
immediata la
sua identificazione.
All’arciduchessa Nihil Nahema della Casa Aldebaran non aveva
mai pesato
fingersi una qualunque plebea dal passato nebuloso e, per quel poco che
aveva
inventato a beneficio di chi aveva il coraggio di farle domande, tetro:
a dire
il vero aveva trovato anche piuttosto divertente immaginare una nuova
identità
partendo da zero.
Quel che l’aveva seccata un
po’era stato degradarsi a
caporale, anche se solo per finta, dopo essersi fatta per anni un mazzo
tanto
arrivando al grado di maggiore, e avrebbe potuto arrivare ben
più in alto,
perché non le mancava proprio nulla.
Dava importanza al proprio titolo solamente quando ciò le
tornava comodo,
riteneva sciocco “gonfiarsi” tanto
perché il caso aveva voluto che fosse nobile
di nascita, ma ciò che aveva guadagnato per puro e semplice
merito era
tutt’altro paio di maniche, ed ora eccola
lì…a prendere ordini dall’Eroe degli
Eroi.
Al pensiero fece un sospiro, alzando
gli occhi al cielo.
Riconosceva a Lord Kozmotis Pitchiner di essere abile esattamente
quanto
dicevano tutti, e che quindi c’erano stati validi motivi
dietro alla sua nomina
a Lord High General of the Galaxies.
Riconosceva anche la sua indiscussa
lealtà alla corona, e
quella verso i propri uomini: il generale era il tipo d’uomo
che non avrebbe
mai abbandonato i suoi soldati per salvarsi, ritenendo -scioccamente?-
che la
vita di ogni soldato semplice valesse tanto quanto la sua. Era
compassionevole
fino all’ultimo anche verso i suoi nemici, e quando poteva
farlo evitava di
ucciderli, preferendo catturarli ed imprigionarli nella Prigione
Maxima,
insistendo altresì che venissero trattati umanamente.
Nahema aveva compreso presto che
Kozmotis Pitchiner,
o Lord Pitch come lo chiamavano, era onesto e integerrimo come pochi
nella
galassia. Fin troppo.
Una vera “anima candida”, insomma, che gli orrori
della
guerra non erano riusciti ad insozzare in alcun modo…ed era
proprio quello che
l’aveva indotta ad alzare gli occhi al cielo.
Nihil Nahema non riteneva che la guerra fosse il posto giusto per le
anime
candide, e pensava che l’atteggiamento di Pitchiner con i
nemici fosse davvero
sciocco. Perché catturare i Dream Pirates, imprigionarli e
mantenerli a spese
della corona -che, a sentire sua sorella Nihil Rerazara, non aveva di
che
scialacquare- oltretutto col rischio che riuscissero a evadere, quando
invece
avrebbero potuto ucciderli e liberarsi del problema con tutta la
semplicità del
mondo? Sarebbe stata anche la soluzione più
divertente.
Ricordava con nostalgia le "battute
di caccia al Nightmare Man" cui, un
tempo, dava inizio dopo aver sbaragliato le armate nemiche.
Di norma non era
una persona sadica, non uccideva se non era strettamente necessario
né amava
vedere altre persone provare dolore, ma quei
“mostriciattoli” -così li chiamava
lei- non erano delle persone vere e proprie, erano dei mangia anime
aborti
della natura, e portavano a galla un lato di lei che tendeva a rimanere
ben
sepolto.
Lei e i suoi soldati li inseguivano, li prendevano e li
uccidevano tutti quanti, tranne uno scelto a caso, il quale veniva
torturato
-spesso da lei personalmente- e rispedito dai suoi compatrioti,
così da
trasmettere il messaggio.
Gran bei tempi, quelli!
Poi c’era stata la realizzazione della “brillante”
idea di sua madre di farla fidanzare col principe Tsar Lunar XI,
più grande di
lei soltanto di tre anni. Un progetto a cui Nihil Iyra Aldebaran
lavorava
probabilmente da quando Nahema non era ancora venuta al mondo, e su cui
l'aveva
edotta da quando aveva raggiunto l'età per capire qualche
altra parola oltre a
“mamma” e “oro”.
Dopo diversi temporeggiamenti -e infinite arrabbiature da parte di sua
madre-
principalmente dovuti alla convinzione che un simile legame ufficiale avrebbe ridotto di molto la
libertà che aveva ai tempi, a vent'anni suonati Nahema le
aveva dato finalmente
retta.
Non era andata male, Tsar Lunar Lunanoff XI era una delle
persone
migliori che avesse mai conosciuto -e lui, ignorante dei dettagli
riguardanti
il suo atteggiamento coi “mostriciattoli”, pensava
lo stesso di lei- e quelli
passati come sua fidanzata erano stati due begli anni per entrambi, ma
la vita
di “moglie del re” non faceva per lei.
Era stata cresciuta per governare in
prima persona, ne
sarebbe stata perfettamente capace ed era qualcosa che il re stesso
aveva
riconosciuto, ma era una posizione che le tradizioni gli impedivano di
darle, e
sotto sotto -forse- lui aveva temuto
che,
se fosse andato contro le tradizioni, la sua figura sarebbe stata
schiacciata da
quella di Nahema, più
carismatica .
Poi Tsar si era innamorato della
figlia di un mercante di stoffe
preziose, tal Beileag Stone, e a quel punto, di comune accordo e senza
rancori,
avevano rotto il fidanzamento. Quella di regina consorte non era una
posizione
cui Nahema ambiva particolarmente, checché ne dicesse sua
madre, e in ogni caso
lei aveva sempre un legame antecedente con
un altro uomo da poter riprendere dopo due anni di pausa, anche se
“questo era
un dettaglio marginale” -così si ripeteva.
A quel punto Nahema era andata via,
lasciando a Tsar una
lettera in cui gli comunicava che sarebbe tornata al fronte, senza dare
altri
dettagli.
Tsar aveva atteso un anno e mezzo per
legarsi ufficialmente alla
sua amata -così da “salvaguardare
l’onore” di una ex fidanzata a cui voleva
sempre bene- e poi, con buona pace di tutti o
quasi, lui e Beileag si erano sposati.
Nihil Nahema era del tutto libera da vincoli, e ne era felice, ma
ciò per gli
Aldebaran aveva significato dover trovare una strada alternativa per
raggiungere il loro obiettivo: il cambio di dinastia regnante.
La grande macchina delle alleanze aveva dunque iniziato a muoversi
ancor più
alla svelta, spinta dalle immense risorse della sua famiglia,
rinforzando
legami preesistenti e intrecciandone di nuovi, e in virtù di
questo i suoi
fratelli e sorelle avevano iniziato a fidanzarsi, guarda caso, con i
rampolli
delle Case più importanti -a livello strategico- tra le
varie Costellazioni.
Oltre a ciò, sua sorella
Nihil Rerazara, come “risarcimento”
ma anche per merito, all’età giusta era stata
presa dal Re come Ministro
Supremo dell’economia, posizione eccellente per raccogliere
prove della…non eccelsa…gestione
delle risorse
finanziare da parte della coppia reale, troppo portata alle opere di
bene,
mentre Nihil Ralonrin era stato scelto come medico di corte, avendo
così modo
di venire a sapere tutto ciò che accadeva all'interno del
palazzo.
Tutto era sempre proceduto bene, anche se la follia
aveva colpito sua madre Iyra portando qualche complicazione
sullo stabilire “chi avesse l’obbligo di fare
cosa” e creando un velo di
acredine nel rapporto tra Nahema e Aladohar.
Nulla di irrisolvibile, minimizzava
Nahema, ma intanto era
contenta di non essere su Aldebaran I o i pianeti limitrofi.
C’era solo un piccolo, minuscolo, insignificante particolare:
la sua missione,
quella che la stava tenendo lontana da casa, non stava andando come
doveva.
Oltre a trattare segretamente con i Dream Pirates, coi quali grazie a
certi mezzi aveva stipulato un
accordo -se
“fate quel che voglio o vi schiavizzerò tutti
privandovi delle vostre coscienze, perché posso”
si poteva definire
così- da diverso tempo a quella parte aveva capito di dover
trovare qualsiasi
appiglio per distruggere Kozmotis
Pitchiner.
Con la prima di questa due cose non aveva avuto problemi, ma
la seconda si era rivelata difficile.
Ucciderlo non era mai stato nei suoi intenti, la sua famiglia avrebbe
preferito
averlo dalla propria parte che vederlo morto, ma in quei sette anni in
cui
aveva imparato a conoscerlo Nahema si era resa conto che la sua
lealtà ai
Lunanoff era troppo grande perché lui potesse essere
corrotto, motivo per cui era
bene che qualcun altro subentrasse a lui nel comandare
l’armata più grande e
potente del regno.
O meglio, qualcun’altra.
Non sarebbe stato male diventare prima
High General of the Galaxies e poi
regina.
Escludere l’omicidio
però aveva reso tutto più complicato.
Non si poteva distruggere la
reputazione del generale,
perché quell’uomo era qualcosa di più
che irreprensibile, amato e rispettato da
tutti, purtroppo per lei.
Aveva pensato di disseminare false
prove che portassero le
persone ad accusarlo di chissà cosa, ma aveva dovuto lasciar
perdere: non le
era venuto in mente niente che potesse risultare credibile, e quella di
High
General of the Galaxies era una posizione elevata, abbastanza da poter
insabbiare facilmente certe cosucce.
A livello mentale, poi, Nahema non
aveva mai visto psiche
più sana di quella di Lord Pitch e anche lì non
aveva trovato appigli a cui
agganciarsi per iniziare a corroderla.
L’unica cosa positiva era
che in quei sette anni avesse
imparato a conoscerlo bene, al punto di poterne prevedere facilmente le
mosse,
e che avesse capito quali erano i suoi unici punti deboli: sua moglie
Aleha e
sua figlia Emily Jane, le persone che il generale amava più
di ogni altra
cosa.
Avendole nelle proprie mani avrebbe
potuto chiedere a Pitchiner
di fare qualunque cosa volesse, e lui l’avrebbe accontentata.
Peccato che, nonostante tutto lo spiegamento di forze degli Aldebaran,
l’ubicazione della sua dimora risultasse sconosciuta.
Sapevano soltanto che si
trovava da qualche parte nei territori degli Orion, il che non era
troppo
d’aiuto, vista la loro vastità.
Cercare informazioni dalla sorella
maggiore di Lady
Pitchiner, Spear, sarebbe stato inutile: non aveva idea di dove si
trovassero,
e si mormorava di un terribile litigio tra lei e i due sposini appena
prima che
partissero, circa sei anni prima, avvenuto proprio per quel motivo.
Non che a Spear Sinetenebris fosse mai piaciuto il cognato: Nahema
ricordava
perfettamente la conversazione avuta con lei qualche giorno dopo la
nomina di
Pitchiner ad High General, periodo durante il quale la dottoressa aveva
fatto parte
del personale medico dell’armata in cui si trovavano lei e
Kitah.
“ho sentito che vostra sorella ha un fidanzato
illustre, dottoressa. L’High
General of the Galaxies, nientemeno! Sbaglio?”
“purtroppo no, ma spero sempre che mia sorella rinsavisca
presto”.
“si direbbe che Lord Kozmotis Pitchiner vi piaccia
poco”.
“non poco, per niente”.
In seguito non avevano avuto altri grandi scambi d’opinioni,
e lo considerava
un peccato perché la dottoressa non le dispiaceva come
persona e sarebbero
stati sicuramente interessanti, ma la schiettezza di Spear, in
quell’occasione,
l’aveva divertita.
Ora che la sua missione andava a rilento, però, Nahema non
si stava divertendo
affatto.
Non era servito neppure che Lady
Faeliria, primogenita della
Casa Orion, fosse sposata con suo fratello Aladohar: Pitchiner, prima
di finire
nel “mirino” della sua famiglia, aveva chiesto ed
ottenuto dal capofamiglia
Orion l’autorizzazione a costruire casa sua da quelle parti
senza essere
costretto a specificare dove.
Si diceva che avesse costruito tutto
quanto da solo, proprio
per evitare fughe d’informazioni, e Nahema aveva finito col
crederci: o quello,
o aveva ucciso tutti coloro che avevano collaborato. A nulla era valso
anche
farlo seguire discretamente da alcune spie le volte in cui tornava a
casa,
perché Lord Pitch sempre a depistare tutti appena prima di
entrare nel
territorio degli Orion.
«in sette anni non ho ottenuto nulla. Sto fallendo
miseramente…» si trattenne
dal prendere a pugni il terreno in un moto di pura stizza
«maledizione. Se solo
sapessi dove sono moglie e figlia potrei anche costringerlo a vestirsi
come un
topo lunare e farsi scopare allegramente da tutti i suoi soldati, e
invece!...»
Appoggiò la schiena contro il muro, sospirando. “E
invece” niente, per sua
sfortuna!
«fingerti plebea ti ha spinta ad adottare un linguaggio
adeguato, da quel che
sento».
Nahema si era rizzata in piedi di scatto, coltelli in mano e pronta ad
uccidere, appena il suono di una voce femminile sconosciuta aveva
raggiunto le
sue sensibili orecchie, ma per quanto si guardasse attorno non riusciva
a
scorgere nulla che rivelasse la posizione della sua interlocutrice.
Chiunque fosse sembrava essere a
conoscenza della sua vera
identità, e dunque andava eliminata.
Rimase in silenzio, cercando di
captare qualunque cosa
potesse tornarle utile allo scopo, invano.
«perché non metti giù quegli spilli?
Sono inutili con me. Non solo posso
diventare invisibile, ma anche intangibile, per cui poco importa che tu
sia una
macchina per uccidere: non sono alla tua portata, e vengo in pace.
Anzi…a dirla
tutta sono qui per darti un aiutino».
Davanti a Nihil Nahema, all’improvviso, comparve una tra le
creature più
inquietanti che le fosse mai capitato di vedere.
La parte superiore era quella di una donna dalla pelle viola, dai
capelli
corvini, e un viso a modo suo quasi bello, con quegli occhi dalle iridi
gialle
circondati da una sorta di tatuaggio nero; dai fianchi in
giù, invece, le sue
fattezze erano quelle di un serpente dalla coda nera, spessa e lunga
oltre
dieci metri.
L’arciduchessa ormai ventinovenne aveva viaggiato molto, ne
aveva viste di
cose, ma mai nulla del genere. «ottimo. Però dimmi
chi sei, cosa sei, come mi fai
a sapere chi sono, in cosa consiste questo “aiutino”
e perché vuoi
darmelo».
La donna serpente, per nulla piccata dalle parole di Nahema, distese le
labbra
nere e piene in un sorriso. «auspicare un “per
favore” dalla capofamiglia
Aldebaran è troppo, mh? D’accordo, credo sia
meglio andare subito al sodo»
disse, strisciando verso Nahema «so dove si trova la dimora
del caro generale
Pitchiner. È ben nascosta in una luna minuscola tra tre
pianeti, circondata da
una cintura di asteroidi nella quale è presente solo un
passaggio sicuro per
raggiungerla, ma quello lo troverete da soli. Le coordinate di casa
Pitchiner
sono OR-W-17-35C-4528. So che non avrai difficoltà a
ricordarle. Puoi ordinare
un controllo se, come penso, non ti fidi».
D’accordo, la faccenda si stava facendo decisamente strana e
allarmante. Se
quel che diceva la donna serpente era vero, e non si sentiva di
escludere a
priori che lo fosse, quell’informazione poteva essere
risolutiva per la sua
missione, ma cosa poteva volere in cambio di
quell’indicazione e del suo
silenzio? Perché voleva vedere Pitchiner distrutto? Che
accidenti di
creatura era?! urgeva indagare.
«verificherò. Chi sei?» le
domandò di
nuovo «cosa vuoi in cambio? Da che mondo è mondo
nulla è gratis».
Quando la creatura le si avvicinò ancora, Nihil Nahema si
allontanò
bruscamente. Non ne aveva paura, ma non intendeva finire avvolta dalle
sue
spire.
«hai mai sentito parlare delle Ephemerides,
arciduchessa?» le domandò la donna
serpente, quasi sottovoce «magari in qualche racconto, o hai
letto in qualche
libro le poche notizie che riguardano la mia specie».
“Ephemerides”. Non le era nuovo,
aveva sentito parlare di questa
fantomatica razza ancestrale durante i propri viaggi ma, come tutti, le
aveva
sempre considerate una leggenda metropolitana o poco più.
«Ephemerides. Ho
presente. Donne serpenti nomadi, vivete in piccoli gruppi e vi spartite
la
galassia, o le galassie, in zone…»
«hai fatto i compiti, allora. Che brava!»
l’Ephemeride aveva un tono di voce
tanto dolce e accondiscendente che ci mancava solo che si mettesse a
fare le
fusa. Ignorò l’indurirsi
dell’espressione di Nahema a quel suo atteggiamento:
non era qualcosa che potesse importarle. «dunque, ora hai
capito cosa sono?»
I muscoli di Nahema, in tutto ciò, erano ancora tesi e
pronti allo scatto, per
quel poco che avrebbe potuto servirle. «ovviamente».
«sai di cosa mi nutro?»
Oh, sì. Delle poche leggende sulle Ephemerides, quello era
l’aspetto più
conosciuto. «ti nutri di dolore. Devo farti notare che, in
tutta questa
digressione, non mi hai ancora detto cosa vuoi in cambio».
L’Ephemeride fece una risatina. «avevo pensato che
fossi più sveglia. Ti ho
dato modo di trovare la famiglia del generale Pitchiner. Un uomo molto
famoso,
un eroe che ormai da troppi anni sembra praticamente invulnerabile a
qualunque
sentimento negativo, in special modo il dolore. È qualcosa
che fa storcere un
po’il naso alle altre Ephemerides con le quali condivido il
regno dei Lunanoff,
ma l’unica che intende fare qualcosa a riguardo è
la sottoscritta, per cui
eccomi qui a fare il lavoro sporco» sospirò
«non c’è più rispetto per gli
anziani, è una cosa
così
irritante!...comunque, cosa credi che voglia in cambio?»
puntò lo sguardo in
quello dell’arciduchessa sotto mentite spoglie «fai
sì che i Dream Pirates tuoi
alleati sterminino la sua famiglia. Spezza quell’uomo.
Fa’ in modo che provi un
dolore tale da impazzire. Ci guadagneremo tutti quanti. Lord Pitch
soffre»
indicò le pareti dell’edificio con un gesto
distratto «Nahema vince» indicò lei
«Tanith mangia»
concluse, indicando
se stessa «mangia molto,
mi auguro».
Dunque si chiamava Tanith. Nihil Nahema avrebbe ricordato a vita il suo
nome,
con eterna gratitudine se quelle informazioni fossero state veritiere e
l’avessero portata al successo, con sentimenti ben diversi se
quelle fossero
state menzogne. Ma in fin dei conti, perché Tanith avrebbe
dovuto mentirle, se
dicendo il vero avrebbe ricavato qualcosa da tutto ciò?
«avresti potuto dirlo
direttamente ai Dream Pirates, per ottenere quel che vuoi sarebbe stata
una
mossa ugualmente efficace. Perché a me?»
Tanith sorrise. Nahema aveva già notato il suo sguardo
“affamato”, ma pareva
che pensare ai pasti futuri lo accentuasse, rendendolo ancor
più evidente. «il
tuo modo di fare non mi dispiace, e sei una di quelle che, da quando
sono
presente in questa zona, mi ha fornito molti lauti pasti con le sue
azioni. Ho
voluto ricambiare il favore…per averne altri ancora. Fai
buon uso di quanto ti
ho rivelato. Presto, magari».
Nahema avrebbe voluto rispondere adeguatamente, ma non fece in tempo:
com’era
comparsa, l’Ephemeride era sparita lasciandola sola, immersa
nel silenzio. Dopo
circa un minuto passato a ispezionare il territorio circostante con lo
sguardo,
si sedette di nuovo a terra.
Avrebbe informato Nihil Aladohar appena avesse potuto: un controllo non
costava
nulla, e se Tanith avesse avuto ragione…tombola.
Non aveva ancora di che
festeggiare, eppure sorrise, soddisfatta.
«caporale Silk».
Non diede il minimo segno di stupore, ma di certo non si aspettava che
proprio
Kozmotis Pitchiner, futura vittima delle sue azioni, le comparisse
dietro senza
che lei se ne accorgesse. Sia come sia, si alzò e fece un
perfetto saluto
militare. «generale Pitchiner».
«presumo che tu abbia sentito i miei passi, come
sempre».
No, affatto, era troppo assorta nei propri pensieri.
«sissignore. Se mi
permettete, è curioso vedervi qui fuori. Avete ordini per
me?»
Il giudizio di Kozmotis Pitchiner su quella donna era ancora in
sospeso,
nonostante fosse con lui da diverso tempo. A Kozmotis non piaceva la
sua totale
spietatezza coi nemici durante le azioni di guerra, che cozzava con i
propri
ideali, e non amava molto neppure il suo atteggiamento enigmatico: Silk
non
sembrava avere problemi a trovarsi in sua compagnia, aveva sempre un
atteggiamento educato con lui e non gli aveva mai mancato di rispetto
in alcun
modo ma, allo stesso tempo, sembrava voler mantenere le distanze, come
testimoniava il fatto che, contrariamente agli altri, non
l’avesse mai chiamato
“Lord Pitch”.
Certo, in battaglia si era sempre dimostrata più che
efficiente -colpire un
Dream Pirate alla testa da mezzo miglio di distanza non era da tutti!-
e
perfettamente affidabile, per cui non riteneva un errore tenerla nella
propria
armata, però…
Bah. Forse non era colpa di Silk,
quanto piuttosto sua, che si faceva troppi
problemi. Ognuno aveva il proprio vissuto e il proprio carattere, il
caporale
non faceva eccezione, ed era assurdo giudicarla per questo! Non tutti
erano
come lui, che dalla vita aveva avuto tutto: talento in battaglia, un
cervello niente
male -secondo lui- un aspetto a parer suo non da buttar via, una salute
di
ferro, soldi, fama, gloria e, soprattutto, aveva accanto praticamente
da sempre
la sua anima gemella, dalla quale aveva avuto una meravigliosa bambina.
Aveva
perso entrambi in genitori in giovane età, e sua cognata era
una strega
maligna, ma quando faceva un bilancio della propria vita si riteneva
ugualmente
un uomo molto fortunato, anche perché ormai vedeva Spear
soltanto una volta al
mille. «no, caporale, ma gli uomini mi hanno riferito di
averti vista uscire, e
ho ritenuto opportuno verificare che fosse tutto a posto,
nonché invitarti a
rientrare. Il territorio che circonda l’avamposto dovrebbe
essere libero da
pericoli di qualunque sorta ma, pur sapendo che sai difenderti
più che bene,
ritengo anche che la prudenza non sia mai troppa. Non si sa mai chi si
potrebbe
finire a incontrare».
“non sai quanto hai ragione, 'Lord' Pitch”.
«rientro immediatamente, generale. Avevo soltanto cercato un
po’di tranquillità
qui all’esterno, ma vi do la mia parola che
eviterò di ripetere una simile
azione, se voi non siete d’accordo».
«non era un ammonimento ufficiale, non essere così
rigida, caporale: ormai
dovresti sapere bene che non mordo» le sorrise perfino,
tentando una debole
battuta.
«ne sono consapevole, signore» replicò
la donna. Immaginando che il generale
avrebbe apprezzato un sorriso di ricambio, gliene rivolse uno.
«bene. Rientriamo».
Si diressero all’ingresso dell’avamposto. Pitchiner
rientrò per primo, un po’
più disteso, ripetendosi che non c’erano motivi
per inquietarsi del carattere
chiuso di certe persone.
Nahema, invece, si
avvicinò al portone con la speranza di
poter finalmente dare una svolta alla sua missione.
Si girò a guardare alle proprie spalle un’ultima
volta, prima di rientrare.
Tanith, prima di sparire definitivamente, le sorrise.
Vi avevo detto che in questo capitolo sarebbe comparso un personaggio che già conoscevate, ed eccola qui: ebbene sì, Tanith era in giro già da allora.
Ed era vecchia.
Ho altresì cercato di dare alcune delle spiegazioni promesse a chi era rimasto perplesso su alcuni dettagli temporali, e spero che siano state comprensibili.
Ora la domanda è "come hanno fatto gli Aldebaran a convincere i Nightmare Men e compagnia ad 'allearsi', se vogliamo definire così la cosa?"
La risposta nel prossimo capitolo :) ...che dovrei intitolare "il patatracchete", se volessi sintetizzare la situazione in modo terra terra, ma credo che gli darò un titolo che si confà un po' di più al dramma della situazione :'D
Alla prossima,
_Dracarys_