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Autore: Diotima_    01/09/2016    3 recensioni
La vita dei Titans non è più la stessa.
Ma loro non lo sanno.
Vivono in un universo parallelo. Realtà e fantasia si intrecciano.
Persone comuni o supereroi?
Riusciranno a capire chi sono, effettivamente?
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’ENERGIA DEGLI ANIMALI
 
 
Sono arrivato a casa finalmente.
Lavorare al negozio è estenuante. Ma devo pure guadagnarmi da vivere.
E poi gli animali sono la mia passione.
È grazie a loro se sono ancora vivo, o almeno è così che mi hanno raccontato, perché io ricordo pochissimo…
 
Pioveva.
 
Un boato enorme.
Una luce abbagliante.
 
Il mio corpo giaceva apparentemente senza vita, su un marciapiede.
Dopo aver sbattuto la testa persi i sensi, tuttavia credo di riuscire a costruire l’ordine dei fatti.
 
Ricordo di un cane randagio, era lì per caso.
Sentivo la sua lingua leccarmi tutta la faccia.
Ma non riuscivo a muovere un muscolo, né ad emettere un suono.
Mi doleva tutto.
Lentamente aprii gli occhi.
La pioggia sferzava il mio viso violentemente, incrociai lo sguardo di chi mi aveva svegliato con le sue “coccole”, con la sua curiosità.
I suoi occhietti vispi erano in attesa.
Lo fissai a lungo.
Una tacita supplica.
 
Il cane si allontanava sempre più da me.
 
“Ecco è giunta la mia ora.”
 
L’unico che poteva salvarmi o comunque darmi conforto se ne andava via.
E invece…
Il quadrupede tornò con tutta la famiglia al seguito.
Insieme iniziarono ad abbaiare, ululare, alla ricerca disperata di qualcuno che li ascoltasse.
Ma i minuti passavano e sentivo i miei sensi abbandonarmi, pian piano.
Il mondo intorno a me stava diventando grigio, più grigio di quanto già non fosse.
Si stava spegnendo tutto…
Poi… vidi una luce, gialla.
Dalla forma rettangolare.
 
-La porta del Paradiso, eccomi, sono qui, prendetemi.-
 
Un uomo sulla cinquantina si stava avvicinando.
 
-Un angelo, le mie sofferenze avranno fine.-
 
Il signore mi sollevò e mi portò verso la luce… in casa sua.
Io sentivo ancora dolore. Non era il Paradiso quindi?
 
-Oh no, sono all’Inferno? Cosa ho fatto?-
 
-Calmati giovanotto. Sei ancora vivo. Hai la febbre, stai delirando. Un bel bagno caldo, un buon brodo e ti rimetterai presto. Alle tue ferite ci pensa Cindy.-
 
Non capivo nulla. Cindy? Ma non è un nome da femmina?
La testa mi girava in modo folle.
Caddi in un sonno profondo.
 
I sogni che popolarono quel lungo riposo mi perseguitano ancora oggi.
 
Una stanza bianca.
Senza porte.
Solo quattro pareti.
Panico.
Non so come uscire. Sono claustrofobico.
Anche perché le mia braccia sono legate dietro la schiena e sono imbavagliato.
All’improvviso un muro crolla.
Non vedo più niente.
Sento solo delle voci.
È tutto nero.
 
-Stai bene? Ti prego Gar… rispondimi! Ti scongiuro!-
 
Una voce dolce, calda.
Sono fermo, l’ascolto, è un coro angelico, lei è la mia salvatrice, lo so.
 
-Garfield Mark Logan! Svegliati! Ora! Arazath Metrio…-
 
Il suono melodico si interrompe.
Al suo posto un silenzio assordante mi invade e sento di poter volare.
L’attimo dopo sto volando sul serio, vedo la città dall’alto.
È tutto così confuso.
 
Mi svegliai dopo tre giorni.
Ricoperto di bende.
Ero su un letto.
Il dolore era diminuito di molto.
Accanto a me c’era una donna. Provai a mettermi seduto.
 
-Sei tu Cindy?-
-Sì caro, non ti affaticare troppo, stenditi. Ben svegliato.-
 
Aveva uno sguardo deciso, ma che trasmetteva tenerezza allo stesso tempo.
Lo sguardo da infermiera.
 
-Cosa mi è successo?-
-Noi non lo sappiamo. Mio marito Flynn ha sentito un forte rumore, si è svegliato, ha visto una luce verde.
Inizialmente non voleva vedere cosa stesse succedendo, ma ha sentito i cani abbaiare. Inoltre abbiamo un negozio di animali qui sotto, hanno iniziato ad agitarsi e a far confusione. Così è uscito e ti ha visto, con indosso solo dei brandelli di vestiti, ricoperto di cenere.
Hai perso i sensi non appena arrivato in casa.
Sono passati tre giorni.
Non sai dirci niente sul perché ti abbiamo trovato in quelle condizioni?-
 
Sgranavo gli occhi ad ogni affermazione della donna, non sapevano chi fossi e nemmeno io potevo rispondere a quella domanda.
Anche se… mi venne in mente il sogno. Quella voce.
 
-Ecco… io non ricordo niente di tutto quello che c’è stato prima di oggi.
Ma una cosa la so. Il mio nome. È Garfield Mark Logan.
E vi sarò riconoscente per sempre.-
 
-E come mai non sai niente della tua storia, ma il tuo nome lo ricordi benissimo?-
 
L’uomo che giorni prima mi aveva salvato era comparso, appoggiato allo stipite della porta, con questa domanda del tutto legittima.
 
-Ho fatto un sogno. Una fata, no un angelo, no una dea, gridava il mio nome.-
 
Era ancora più scettico di prima.
Si avvicinò a me e mise una mano sulla mia fronte.
 
-Ehi amico, non ho la febbre. Sto benissimo!-
 
Scoppiammo a ridere tutti e tre insieme.
 
Quello fu l’inizio di una lunga amicizia.
Scoprii di non poter mangiare carne. Se solo ci provavo delle macchie verdi comparivano sul tutto il mio corpo. Ma non lo raccontai a nessuno.
 
Mi tennero con loro per due mesi, il tempo di rimettermi in sesto.
Poi affittai un piccolo appartamento lì vicino.
Non vollero abbandonarmi, così iniziai a lavorare nel loro negozio di animali.
 
Riesco a capire esattamente cosa provano, ho una certa empatia con loro.
Sono sempre felici di vedermi, mi sento uno di loro.
E poi glielo devo.
 
Mi sono rifatto una vita, io, un ragazzo senza passato e dal futuro incerto.
 
Cindy dice che le vendite sono aumentate da quando ci sono io.
Ci credo!
Occhi azzurri, capelli biondi, misterioso, simpatico.
Sono un principe!
Cos’altro possono desiderare le ragazze?!
 
Un po’ di tempo fa Flynn ha firmato un contratto con l’ospedale.
Pet therapy.
Io porto gli animali dal negozio all’ospedale e viceversa.
 
Ho conosciuto un sacco di gente.
Uomini, donne, bambini.
 
Ma un ragazzo mi ha colpito più di tutti.
Vive solo perché attaccato ad una serie di macchinari.
Ha alcune parti meccaniche, altre fasciate.
La sua testa è per metà di metallo.
I medici dicono che è un miracolo vivente.
Ma non parla.
 
Siamo diventati amici. Vado a trovarlo tutti i giorni.
Quando faccio una battuta sorride.
Certe volte mi guarda, con quegli occhi tristi (anzi con quell’occhio triste), come se volesse dirmi qualcosa.
 
Quando entrai per la prima volta nella sua stanza, con un gattino in braccio, lessi il suo nome sulla cartella clinica: Victor Stone.
Mi presentai, il suo battito cardiaco accelerò, e mi sorrise.
L’infermiera era lì con noi, stupita.
 
-Sa, non ha mai sorriso fin ora, venga a trovarlo più spesso.-
 
Oggi però il negozio ha chiuso tardi.
Guardo l’orologio.
Le venti e trenta.
Vorrei essere una mosca, così da poter entrare in ospedale senza essere visto.
Ma non posso.
 
Decido di andare comunque. Corromperò qualche infermiera.
Prendo la giacca ed esco.
 
Stranamente non c’è nessuno all’ingresso.
 
Salgo al terzo piano, cerco la stanza di Victor.
Apro la porta e…
Un ragazzo dai capelli neri lo sta portando via!
Non può! Non è un dottore! Non ha il camice!
Decido di intervenire.
 
-Tu! Fermo! Non puoi portare via il mio amico! Fermo o chiamo i medici!-
 
L’individuo si blocca.
 
-No, non lo farai.-
 
Poi si gira, mi fulmina con i suoi occhi azzurri che piano piano si ingrandiscono per lo stupore, così come la sua bocca, aperta.
 
-Gar… tu, tu… sei… normale??-
 
-Che diavolo? Certo che sono normale! Come fai a conoscere il mio nome?-
 
E ora chi era questo?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
Nota: ecco il secondo capitolo, spero vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate! Ringrazio chi ha recensito, chi ha letto e chi ha inserito questa storia tra le preferite! Spero di non deludervi! Alla prossima :)
 
  
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