Questa volta tengo particolarmente a
ringraziare KausBorealis
per tutte le recensioni che ha lasciato a questa storia, e alla sua
pazienza
nel ripostarle tutte quante!
I server di EFP purtroppo ci sono
contro, ma questo non
cambia nulla, e prima o poi i tuoi commenti, e anche quelli
più recenti degli
altri, torneranno sicuramente visibili J
Detto questo, buona lettura.
=
Una
promessa
spezzata
=
«…quindi non
vedo quale alternativa sia possibile rispetto a
ciò che penso io sulla questione, ma ho voluto comunque
chiederti
spiegazioni, caporale. Ti sei sempre rivelata affidabile in battaglia,
sei
nella mia armata da anni. Preferirei che non fossi la traditrice che
sembri
essere, e di aver frainteso i tuoi atteggiamenti».
Kozmotis Pitchiner era tornato a casa propria da neppure una settimana,
ed ecco
che gli era giunta la notizia di un attacco in massa dei Dream Pirates
proprio
ai confini del territorio degli Orion.
La piccola luna dove aveva nascosto
la propria dimora era
piuttosto lontana da quel punto specifico, ma non aveva potuto esimersi
dal
salutare moglie e figlia e ripartire, facendo il proprio dovere di High
General
of the Galaxies, come sempre.
Peccato che la notizia dell’attacco in massa fosse fasulla: i
nemici erano
soltanto un gruppo non troppo numeroso di cui lui e la sua armata si
erano
occupati in meno di un quarto d’ora ma, contrariamente ai
suoi commilitoni,
Pitchiner aveva notato un dettaglio che agli altri era sfuggito: una
conversazione per nulla ostile, seppur non troppo lunga, tra il
caporale Silk
ed il capo di quel gruppetto, appena prima che questi riuscisse a
scappare. Gli
era parso di vedere Silk consegnargli qualcosa, ma non era sicurissimo,
e non
sapeva cosa fosse di preciso.
Non se l’era sentita di far diventare quel fatto un caso di
Stato, almeno non
immediatamente: il tradimento del caporale sarebbe stato uno scotto
principalmente per lui stesso -nessuno nella sua Armata Dorata aveva
mai anche
solo pensato di tradire, per quanto ne sapeva- perché
avrebbe fatto crollare
miseramente la sua ferma convinzione di saper valutare bene le persone.
Quindi aveva deciso di fare due
chiacchiere con Silk, prima
di prendere provvedimenti.
«traditrice, dite? No, Lord Pitch, a diventare traditrice
della patria non sarò
io. Ma magari voi! Sapete, se ci fossero più malpensanti in
circolazione, la
vostra ferma volontà a prendere vivo ogni Nightmare Man,
Dream Pirate e Fearling
possibile e metterli tutti nello stesso luogo potrebbe essere scambiata
col
voler, man mano, radunare un esercito con cui dare l’assalto
al reame».
Lord Pitch era indignato per quel che Silk aveva appena insinuato
-“insinuato”…tanto per utilizzare un
eufemismo- ma era anche allibito: non solo
l’atteggiamento della donna aveva improvvisamente
subìto un mutamento radicale
da rigidissimo e serio a rilassato e quasi sfacciato, ma la nota fredda
che di
solito era udibile nella sua voce era scomparsa, sostituita da una
divertita e,
incredibilmente, sorrideva. L’espressione era quella di un
cacciatore che,
catturata la sua preda, si apprestava a decidere cosa farne di
preciso…e
Pitchiner avrebbe mentito, se avesse asserito di capirne la ragione.
«tu
vaneggi, caporale, tutto questo tempo al fronte deve averti resa
pazza».
«sono ben lungi dall’essere folle: estremamente
ambiziosa magari, ma folle
proprio no. Mi avete chiesto spiegazioni, Lord Pitch» Silk
poggiò i gomiti sul
tavolo, intrecciando le dita delle mani «e io intendo
darvene, o almeno, darvi
alcune di esse. La prima: sapevo benissimo che mi stavate osservando,
quando ho
consegnato il gemello di questo»
da una tasca tirò fuori un
minuscolo comunicatore ad alta tecnologia «al mostriciattolo.
La seconda:
volevo che mi vedeste. La terza: avete agito come avevo previsto, e
state
parlando con me da solo, probabilmente sperando di aver frainteso
quello che
avete visto e di non aver sbagliato a pensare che fossi una brava
persona».
Pitchiner, perplesso ma altrettanto inquieto per
quell’analisi accurata, la
osservò con sguardo penetrante. «non capisco dove
vuoi andare a parare, e la
mia teoria sulla tua pazzia resta valida. Perché hai messo
in piedi questo
teatrino, caporale Silk?»
«perché ci sono due modi in cui questa
conversazione può finire, e ci sono
delle strade che devo spianare nel caso mi costringiate a seguire il
piano
originale».
Conosceva la pericolosità del caporale, per cui,
istintivamente, Lord Pitch si
preparò a rispondere all’eventuale assalto,
apprestandosi ad impugnare una
qualsiasi delle armi che aveva con sé. «spiegati»
le ordinò, gelido
«evita di parlare per enigmi. Quali sarebbero questi due
modi?»
Silk si stiracchiò. «uno è che voi, al
termine della nostra chiacchierata,
usciate di qui senza colpo ferire, vi autodenunciate per alto
tradimento alla
corona ammettendo…beh, quel che vi ho detto prima, che in
realtà siete in
combutta con i nemici del regno e quella di catturarli vivi
è una strana scusa
per radunare un esercito. Ma la vostra coscienza non ce la fa
più a sostenere
un simile peso, siete pentito, per cui avete deciso di confessare, e
rinunciare
al vostro titolo, comprendendo di non esserne minimamente degno. La
vostra
reputazione ne uscirebbe distrutta, è vero, ma siete un eroe
del regno, e la
pena capitale ormai è in disuso: ve la cavereste con diverso
tempo in una
prigione, presumo».
«che cosa?» Pitchiner,
incredulo, fece una breve risata senza allegria
«asserisci di non esserlo, ma sei folle veramente!
Perché mai dovrei fare una
cosa del genere? Non ci penso nean-ma che
accidenti…?!»
Era osceno a vedersi, ma pareva che Silk avesse infilato le falangi di
pollice
e indice sotto la pelle della guancia destra, all’altezza di
quella cicatrice
che le deturpava il volto in modo a dir poco orribile.
«dovreste farlo sia
perché vi conviene, che perché ve lo ordino io.
Il mio nome non è Silk. Non
sono un caporale, e non provengo dal pianeta di donne guerriere nel
territorio
degli Scorpio».
Davanti agli occhi attoniti del generale, Silk sollevò buona
parte di quello
che si stava rivelando null’altro che un innesto di pelle
finta, mostrandogli
una voglia color vinaccia la cui forma ricordava moltissimo quella di
una
stretta e sottile stella a otto punte.
Un segno che Lord Pitch già conosceva, che chiunque fosse
minimamente pratico
delle nobili famiglie della Golden Age, le Costellazioni, conosceva, e
che lui
aveva visto molto bene sul volto dell’ex colonnello Nihil
Aladohar della Casa
Aldebaran, sia in gioventù -un pessimo incontro, in cui lui
era un tredicenne e
Aladohar un novenne- sia qualche anno prima, quando l’armata
di quest’ultimo
aveva supportato la sua.
La donna che gli stava davanti non
sembrava più giovane
dell’arciduca, se mai il contrario, per cui, escludendo a
priori le varie
sorelle minori, restava un’unica possibilità.
L'undicenne che aveva incontrato diciotto anni prima era decisamente
cresciuta,
e non era diminuita in pericolosità, se mai il contrario.
«non so cos’abbiate
in mente, arciduchessa Nihil Nahema, ma sappiate che non intendo
assolutamente
obbedirvi, anzi, sapendo che siete in combutta con i nostri nemici
farò di
tutto per fermarvi! A cosa puntate? Al regno, forse?!»
Nahema sospirò, risistemando l’innesto di pelle
finta. «forse. Sicuro di
non voler prendere in considerazione l’idea di
obbedire, generale?» diede un’occhiata
all’orologio in dotazione, mentre la
lancetta dei secondi avanzava veloce «siete proprio
convinto al cento per cento?»
«assolutamente! Non avreste dovuto neppure osare
chiedermelo!»
Qualche secondo dopo Nahema sbuffò una breve risata e ruppe
il comunicatore,
disintegrandolo nel pugno sinistro. «allora questo non serve
più. Niente ordini
contrari, ma quando al dunque è meglio così,
dopotutto avevo un debito da
saldare. Molto bene, Lord Pitch» si alzò
tranquillamente in piedi «vostra la
decisione, vostra la responsabilità per le conseguenze.
Tenetelo a mente».
Inspiegabilmente il generale avvertì un’improvvisa
morsa gelida all’altezza
dello stomaco. Aveva un brutto presentimento, anzi orribile, e
un’inquietudine
serpeggiante stava inesorabilmente montando dentro di lui.
«cosa…» si schiarì
la voce, ignorando i battiti del cuore, che aveva iniziato ad
accelerare «cosa
volete dire? Quali ordini contrari e debiti intendete?! Parlate!»
fece per afferrarla, ma Nahema gli sfuggì facilmente dalle
mani.
«lo scoprirete tra qualche istante».
La porta si spalancò all’improvviso, ed un
maggiore dell’Armata Dorata entrò
trafelato; un segno che doveva esserci una reale emergenza,
o
non si sarebbe mai permesso di agire in quella maniera! «sign-caporale
Silk,
guarda dove vai!» sbraitò quando Nahema,
nel correre via dalla stanza, lo
urtò accidentalmente «generale, abbiamo ricevuto
altre notizie-»
«non è il momento, adesso! Bisogna
catturare il caporale Si…Nahema!»
si corresse, inseguendo quest’ultima.
«i Dream Pirates stanno attaccando in massa per
davvero!!!» esclamò il
maggiore, confuso su quel che Lord Pitch aveva appena detto, ma
concentrato sul
resto «stanno oltrepassando una cintura di asteroidi,
convergono tutti alle
coordinate OR-W-17-35C-4528, e non si capisce per-»
Sentendo quelle coordinate, il generale interruppe la propria corsa,
impietrito.
Guardava davanti a sé con gli occhi sbarrati, ma non vedeva
nulla. Per qualche
attimo dimenticò persino di respirare, mentre nella sua
testa martellavano sia
quelle coordinate, quelle di casa sua, che le
penultime frasi di Nahema:
“vostra la decisione, vostra la responsabilità per
le conseguenze”…le
conseguenze…”tenetelo a mente”.
Ma Silk/Nahema non contava più per lui, ormai, non contava
più catturarla, non
contava più fermarla.
Fu solo vagamente consapevole di stare impartendo l’ordine di
dirigersi tutti
sul posto immediatamente, si rese conto solo a
stento di come le sue
gambe si mossero facendolo correre nella sala comandi della nave
ammiraglia, di
stare urlando a tutti quelli che capitavano di sbrigarsi, che non
c’era tempo
da perdere, e poco gli importava se quel modo di agire poteva sembrare
ineducato, o non da lui: aveva in testa solo i volti di moglie e
figlia, la
voce di Emily Jane che gli aveva fatto promettere di tornare a
casa… .-
“tornerò presto”.
Sentì nel pugno sinistro il gelo del medaglione argentato
donatogli da sua
figlia, quello con dentro il ritratto di quest’ultima.
“lo prometti?”
Sì, lui l’aveva promesso, l’aveva
promesso sulla sua stessa anima. Ma
erano loro due la sua anima, Aleha
e la sua adorata Emily
Jane, meravigliosa, cara Emily, che aveva i suoi stessi occhi, e
ora…
E ora…
“vostra la decisione”.
Ora avrebbe potuto perderle entrambe, poteva averle già
perse, per quanto ne
sapeva.
“vostra la responsabilità per le
conseguenze”.
Le conseguenze per non aver obbedito, per aver detto di
“no” ad una nobile di
sangue che non lo era altrettanto d’animo -alla faccia del
proverbio!- per aver
rifiutato di perdere la propria rettitudine agli occhi di tutti, di
farsi devastare
la reputazione.
“tenetelo a mente”.
Ma a cosa serviva avere una reputazione integra, se il prezzo da pagare
per
mantenerla era la distruzione dell’unica cosa che contasse
davvero?!
“non le perderò. Non le perderò. Io le
salverò. Io sono Kozmotis Pitchiner,
Lord High General of the Galaxies. Mi batto tutti i giorni per
proteggere un
intero regno, e lo faccio bene. Salverò la mia famiglia. Non
fallirò. Non devo
fallire. Non posso fallire”.
Per gli Dei, perché quel maledetto viaggio sembrava durare
così tanto, perché
era tutto così dannatamente lento, proprio adesso?!...
***
Fuggire dalla nave ammiraglia di Pitchiner era stato semplice come
previsto:
per il generale, sapendo che la sua famiglia era in pericolo, catturare
lei era
passato in secondo piano.
Nihil Nahema si era appropriata con
tranquillità assoluta di
una navicella d’emergenza, e aveva impostato le coordinate
per un piccolo
satellite disabitato appena al di fuori del territorio Orion -non
distante dal
luogo del finto attacco di massa- in cui, come da piani, suo fratello
Nuro
l’avrebbe recuperata.
Non poteva dire di conoscere bene tutti i propri fratelli: era entrata
presto
nell’ambiente militare, per sua stessa volontà,
giusto pochi anni prima di suo
fratello Aladohar, e impegni su impegni le avevano portato via
moltissimo
tempo.
Altri suoi fratelli avevano fatto la
stessa cosa, e/o si
erano sposati molto presto, e poi c’erano quegli ultimi sette
anni d’assenza…
Conosceva il ventunenne Nihil Nuro un po’di più,
ma sua sorella Nihil Kehazilia
e suo fratello Nihil Iruhu -rispettivamente quindici e quattordici
anni- le
erano soltanto vagamente presenti, mentre aveva visto solo
due volte i piccoli di casa, Nihil Taha e Nihil Texu,
entrambi
di otto anni.
Lei e i suoi fratelli erano molto uniti nell’intento di
raggiungere i propri
obiettivi, e alla fine era quel che contava davvero, ma non
c’era la sensazione
di calore che invece, da quel che ricordava, trasmettevano Tsar Lunar
Lunanoff
e i suoi genitori, pur essendo tutte persone adulte.
Un tempo c’era stato qualcosa di simile solo tra lei, Nihil
Aladohar e anche
con Nihil Rerazara -seppur un po’meno- ma il tempo trascorso
si era portato via
anche questo, in special modo da quando la loro madre aveva perso la
ragione
sei anni prima, ed Aladohar aveva rinunciato al suo ruolo di colonnello
per
occuparsi delle “faccende da Lord della Casa
Aldebaran”.
Certo, forse per un uomo sposato -e innamorato della moglie, con la
quale stava
da quattro anni- era meglio così, ma Nahema sapeva che per
lui era stata dura
rinunciare a tutto.
Aveva notato l’amarezza nella voce di Aladohar ogni volta che
l’argomento
veniva sfiorato: lui a casa, lei al fronte, e poi a puntare al titolo
di Lady
High General of the Galaxies, il massimo grado militare.
Stava vivendo il sogno di suo
fratello, e poco importava che
fosse anche parte del suo. Quella di Lady High General, per lei,
sarebbe stata
solo una tappa prima di sottrarre il trono ai Lunanoff, mentre per suo
fratello
sarebbe stato il punto d’arrivo.
A volte pensava che, in nome dell’ambizione, la sua famiglia
avesse perso,
stesse perdendo, ed avrebbe continuato a perdere tante cose.
«qui Gold Star. Missione compiuta. Mi dirigo alle coordinate
stabilite. Mi
aspetto che tu sia già sul posto. Passo».
Staccò dal volto i vari innesti di pelle finta, e
passò una mano tra i capelli,
con un leggero sospiro. Non vedeva l’ora che tornassero
lunghi, e del solito
blu scuro. A volte era una fortuna avere un padre alchimista, i cui
preparati
potevano risolvere facilmente certe cosucce…
– qui Red Star. Ti aspetto. Passo e chiudo.
Quella voce la fece trasalire. Non era di Nuro, non era quella che si
aspettava. A dirla tutta la possibilità di poterla sentire
in quel frangente
non le era passata neppure per l’anticamera del cervello.
Una sensazione di perplessità con una punta
d’agitazione che non avrebbe mai
ammesso né mostrato l’accompagnò per
quel che restava del viaggio. Raggiunse il
satellite, atterrò alle coordinate
stabilite…e lui non
solo
era già sul posto come aveva detto, ma era anche sceso dalla
sua navicella.
“non cambia nulla” si disse Nahema, aprendo il
portello per poi scendere a sua
volta “avrei dovuto comunque parlargli di persona una volta
tornata su
Aldebaran I”. «Aladohar. Vederti qui
è…inaspettato».
Capelli blu scuro, occhi verdi brillanti, un po’ di barba,
alto almeno un metro
e novanta, come lei. Da ventenne a ventisettenne non era cambiato quasi
per
nulla, forse perché sette anni prima sembrava già
più “adulto” di quanto fosse.
«ho le cariche esplosive» disse lui, mostrandole
una valigetta «mettiamole a
posto».
Nahema non ribatté, limitandosi a procedere come da piano.
Aperta la valigetta,
lei e Aladohar posizionarono le cariche sulla navicella
d’emergenza che aveva
utilizzato per fuggire, senza dire una parola. L’atmosfera
non era piacevolissima,
ma d’altra parte Nahema se l’era aspettato.
«fatto» disse Aladohar, un paio di minuti dopo.
«bene» disse l’arciduchessa, e si
avviò verso la navicella del fratello,
impassibile.
«sette anni…»
Nahema si voltò a guardarlo. Aladohar stava venendo verso di
lei a passo lento,
guardandola dritta in volto.
«sette maledetti anni che non ci vediamo, in cui non ci siamo
mai parlati
faccia a faccia, e tu hai davvero creduto che avrei lasciato che fosse
Nuro a
venirti a prendere?» le chiese Aladohar, con voce quasi
incrinata «dopo tutto
questo tempo?»
Nahema non era tipo da abbracci, così come non lo era
Aladohar, eppure eccoli
lì, abbracciati stretti come se avessero avuto
l’intenzione di non staccarsi
più.
«cos’è tutto questo
sentimentalismo?» gli chiese Nahema, sollevando un
sopracciglio «hai preso qualche strano preparato
alchemico?»
«pfff. Macché» borbottò
l’arciduca «è che ci sono delle cose che
mi hanno fatto
riflettere» disse, entrando nella navicella assieme a Nahema
«e ho pensato che
non si sa mai quel che può accadere, per cui meglio
abbracciare una volta in
più quando si può, che pentirsi in seguito di non
averlo fatto abbastanza. Sai
che il generale Pitchiner non mi è in simpatia,
ma…diciamo che in questo
momento non lo invidio affatto».
Presero entrambi posto, chiusero il portello e si prepararono al
decollo.
«io gli ho dato la chance di limitare i danni, ma non
è stato in grado di
coglierla. Renin Altair, Kitah e Lord Vega sono stati
avvisati?»
«sono pronti a testimoniare che hai passato questi sette anni
di “esilio” a
combattere ai confini più estremi dei loro territori, con
bei risultati e
qualche momento particolarmente epico. Nessuno crederà a
Kozmotis Pitchiner
quando griderà al complotto. Sarà un
pover’uomo sotto shock e dalla psiche in
pessime condizioni che lancia accuse impossibili contro degli arciduchi
notoriamente nemici dei mostriciattoli, va’ a capire come
mai» disse Aladohar,
decollando.
«accusare me solo perché ho un fisico simile a
quello delle donne di un lontano
pianeta nel territorio degli Scorpio è da pazzi»
annuì Nahema, premendo un
pulsante. Sentirono vagamente il rumore della navicella
d’emergenza che
esplodeva.
«non è molto sicuro lasciare la massima carica
militare ad uno così» asserì
Aladohar «dovrebbero darla a qualcuno di più
assennato. Come te, per esempio».
Passò qualche secondo. «Aladohar, voglio essere
diretta» esordì Nahema «la
massima carica militare è parte del mio
sogno, ma era anche il tuo
obiettivo
finale, e-»
«lo era. Ma nostra madre non è più in
grado di intendere e volere da sei anni,
nostro padre è sempre rinchiuso nel suo laboratorio, e tra
poco avrò un figlio.
Rinunciare a quel sogno inizialmente mi è costato, e ammetto
di aver provato un
po’ d’acredine nei tuoi confronti,
Nahema…ma le responsabilità che ho sono
quelle che sono, e tutto sommato essere “solo” un
arciduca straricco con una
moglie che ama moltissimo, e che lo ama altrettanto, non è
poi così male. Se
qualcuno deve avere quella carica, voglio che sia tu»
affermò, con estrema
sincerità.
«ottimo» inspiegabilmente, Nahema si
sentì come se qualcuno le avesse tolto di
dosso un peso che non si era neppure resa conto di portare.
«oltre a questo mi sono
resto conto che, tutto sommato,
nostra madre non aveva previsto che fossi veramente tu ad occuparti a
tempo
pieno dell’amministrazione delle nostre terre»
disse Aladohar «se anche ti
fossi sposata con il re avresti dovuto pensare al regno, non alle
nostre
faccende. Doveva per forza toccare a me o a qualcuno degli
altri».
«non avevo mai considerato
questo punto di vista» ammise
Nahema «ma penso proprio che tu abbia ragione,
Aladohar…e ora, finalmente,
possiamo dare inizio alla nostra vera missione».
“Finalmente”,
davvero: Nahema era in grado di portare
pazienza come un ragno in attesa delle sue prede, ma era normale che
fosse
felice di poter andare avanti dopo aver passato sette anni senza aver
concluso
molto.
Anche se questo significava la morte
di una donna che in
quei giochi di potere non c’entrava proprio nulla, e
strappare una bambina di
sei anni alla sua famiglia per utilizzarla in qualche modo in seguito,
cose che
non la rendevano altrettanto contenta.
Non andava fiera di quel che aveva
fatto, distruggere la
famiglia di un uomo perché questi avrebbe potuto
rappresentare un problema era
atroce, e Nahema lo sapeva benissimo; tuttavia la piena consapevolezza
di quel
che stava facendo non aveva fermato la sua mano, perché non
aveva trovato un
altro modo per raggiungere lo stesso risultato.
“cosa
credi che voglia
in cambio? Fai sì che i Dream Pirates tuoi alleati
sterminino la sua famiglia.
Spezza quell’uomo. Fa’ in modo che provi un dolore
tale da impazzire. Ci
guadagneremo tutti quanti”.
Ma pensandoci bene, dopo la
conversazione con Tanith -essere
che si era dimostrata altamente pericolosa- Nahema aveva veramente
mantenuto la possibilità di scegliere?
Forse era meglio non arrovellarsi
troppo su quella
questione: a quel punto i giochi erano fatti, il suo debito era stato
pagato, e
ci avevano guadagnato per davvero.
«è una bella fortuna che papà abbia
trovato quel manufatto, come l’ha chiamato?»
tornò a parlare Aladohar.
«Barra del Comando, per comodità»
rispose pronta Nahema «detta altresì
“Schiavizza Mostriciattoli”».
Era accaduto sei anni fa, il giorno in cui era tornata a casa in
segreto
proprio su richiesta di Kerasaas. Oltre a mostrarle quel che Iyra gli
aveva
chiesto di mostrarle, le aveva fatto vedere anche un oggetto
decisamente
interessante, arrivato da poco nel suo laboratorio: un manufatto
costruito da
una razza ancestrale - “dalla quale
credo
discendesse quel Kraken Divoratore che avevi portato qui in casa anni
fa*,
nientemeno!” aveva detto- che, da quel che era
riuscito a capire, dava al
possessore il dominio sugli antenati di quelli che oggi erano nemici
del regno:
Dream Pirates, Nightmare Men e compagnia bella.
Era una specie di cilindro di uno
sconosciuto metallo scuro
striato di rosso, senza decorazioni e abbastanza piccolo da poterlo
portare
sempre con sé senza che impicciasse. Da com’era
fatto sembrava che fosse possibile
aprirlo, o comunque dividerlo, ma nonostante i tentativi di Kerasaas le
due
estremità della verga non avevano voluto saperne di
staccarsi.
Poi Nahema lo aveva preso in mano, ed
era successa una cosa
imprevista: il cilindro si era diviso, e tra le due
estremità di era formata
una sfera di luce piccola, ma tanto luminosa che li aveva quasi
accecati.
Appena lei lo aveva lasciato cadere
sul tavolo si era
richiuso, e non c’erano state conseguenze, ma quella reazione
era stata a dir
poco curiosa; per questo suo padre, dicendo di non avere ulteriore
tempo da
dedicare allo studio di quell’artefatto, glielo aveva
affibbiato con un’alzata
di spalle.
«peccato che non sappiamo
come si usa! Hai detto che si
accende quando lo tocchi, ma non sai neppure
perché».
«poco importa,
finché i mostriciattoli non sanno che non lo
sappiamo. Faranno quel che diciamo loro di fare, ed è
l’unica cosa che conti».
Quel cilindro era stato il mezzo per ottenere l’
“alleanza” con i Nightmare Men
-e tutti i loro sottoposti di conseguenza.
Ne aveva attirato di proposito un
gruppo in un luogo in cui
non potesse essere vista dai suoi commilitoni, e aveva provato a tirare
fuori
la Barra per vedere cosa sarebbe accaduto.
Ricordava bene la paura nei loro
occhi giallastri privi di pupille
quando avevano visto quell’artefatto, e si erano spaventati
ancor di più
vedendolo attivarsi.
Lì Nahema aveva giocato un
po’ d’azzardo, facendo credere
loro di saper usare quello strumento e di poterli ridurre in stupidi
esseri
privi di volontà; poi aveva aggiunto che in nome del
rispetto verso di loro in
quanto essersi intelligenti -rispetto che in realtà non provava affatto- preferiva cercare
un’alleanza piuttosto che
schiavizzarli, e che dunque la scelta stava soltanto a loro.
La fortuna aiuta gli audaci, e
infatti Nahema aveva ottenuto
quel che voleva: sufficiente
obbedienza da parte di quei mostri.
«solo una cosa: devi
spiegarmi come hai fatto a trovare casa
di Pitchiner!» esclamò Aladohar, guardandola
incuriosito «all’improvviso, dopo
sette anni, te ne esci con le coordinate precise…non
è che per caso tu e
lui?…»
«ah no, non è proprio il mio tipo! Meglio
un’orgia con quindici mostriciattoli,
davvero».
Aladohar rise. «e allora come hai fatto?»
«una donna serpente lunga più di dieci metri mi ha
fatto una soffiata perché
voleva mangiare».
«va bene, va bene, ho capito, non vuoi dirmelo! Proprio come
da piccoli»
borbottò Aladohar «quando ti rifiutavi di dirmi
come facessi a rubare le cose
dal laboratorio di nostro padre».
«io ti ho detto quel che dovevo, poi se non mi credi
è affar tuo».
***
«mia moglie e mia figlia. Dove sono?»
Lo sguardo era spiritato, le mani gli tremavano leggermente, e il volto
pallido
era costretto in un’espressione che avrebbe voluto essere
dura e impassibile ma
che in realtà tradiva solo la speranza disperata di non
essere arrivato veramente troppo
tardi, l’angoscia di non sapere che fine avesse fatto la sua
vita -perché
questo erano moglie e figlia per lui, la sua vita- e la terribile paura
che
forse…forse…NO!
Non doveva pensare al peggio. Non
doveva.
Le avrebbe recuperate. Le avrebbe
salvate.
Sarebbe finito tutto bene…
«beh, non qui, Pitchiner. Tu le vedi?» disse il
capo di quel folto gruppo di
Dream Pirates, con fare tranquillo e arrogante, come se fosse convinto
di non
andare incontro alla morte per quel che lui e gli altri avevano fatto
o,
piuttosto, come se non gli fosse importato.
I soldati dell’Armata Dorata osservavano la scena con una
certa preoccupazione.
Non avevano mai visto il loro comandante ridotto in quel modo, con
quell’aria
tanto scioccata da sembrare quasi folle, e la maggior parte di loro
aveva un
gran brutto presentimento a riguardo, oltre ad essere terribilmente
dispiaciuti
per quel che era successo. Amavano e rispettavano Kozmotis Pitchiner, e
mai gli
avrebbero augurato del male.
Poi c’era anche la faccenda della sparizione del caporale
Silk. Pareva che in
tutto il bailamme che si era creato avesse disertato con una navicella
d’emergenza, chissà come mai! …ma non
era quel che contava, al momento.
«è perché sono state
catturate? Le avete catturate?!»
Si sentiva come se dentro di lui ci fosse stato un mostro ad
artigliargli e
dilaniargli lo stomaco con un’intensità spietata
che aumentava secondo dopo
secondo. Sentiva il battito del proprio cuore risuonargli nelle
orecchie con
forza, come fosse stato un tamburo di guerra…o quello che in
altre civiltà
precedeva una condanna a morte.
«catturarle? A che pro?»
Al generale Pitchiner iniziò a mancare il fiato. Sentiva la
propria mente…strana.
Come se iniziasse a distaccarsi da lui, dalla realtà che lo
circondava.
Il mostro nel suo corpo affondò di nuovo gli artigli nel suo
povero cuore già
straziato da un’angoscia sempre più
insopportabile. «avete…» a stento
riusciva
a pensarlo, figurarsi a dirlo, ma doveva farlo per forza
«avete fatto loro del
male?»
Il Dream Pirate scoprì i denti neri appuntiti in un orribile
sogghigno. «no,
generale! Le abbiamo soltanto uccise».
Per un attimo, Kozmotis Pitchiner si “disconnesse”
completamente dalla realtà.
Riuscì a vedere solo gli occhi fiammeggianti del Dream
Pirate, mentre l’eco
delle due parole gli rimbombava in testa di continuo, sempre
più forte, sempre
più intensamente.
“le abbiamo soltanto uccise”.
“soltanto uccise”.
Aleha, la sua adorata moglie, la donna della sua vita, la sua
metà…la sua
bambina, la sua Emily Jane, la sua piccola, dolce, innocente Emily
Jane…
La sua bambina di soli sei anni…
“tornerò presto”.
“lo
prometti?”
Lo prometti?
Sì, lo aveva promesso, ed era tornato presto.
Ma non abbastanza.
«è la verità?» si
sentì chiedere. La sua lingua ormai andava da sola.
«assolutamente sì. Trovi il cadavere di tua moglie
fuori dalla finestra della
vostra camera da letto, in fondo allo strapiombo: si è
uccisa, quella sciocca!
Ma lascia perdere quello della bambina. Ho provveduto personalmente a
far sì
che non ne restasse nulla».
Qualcosa dentro Kozmotis Pitchiner si ruppe irrimediabilmente.
L’uomo tutto
d’un pezzo che era sempre stato non esisteva più,
si era appena disintegrato in
mille frammenti, come la convinzione che le sue donne fossero al sicuro
e che
lo sarebbero sempre state, come la speranza di poterle accarezzare,
baciare,
abbracciare di nuovo.
Non avrebbe potuto farlo più…mai
più…
Il mostro che aveva in corpo ruggì, bramando solo di essere
liberato. Il volto
del generale divenne freddo come ghiaccio, con l’eccezione
degli occhi, animati
da uno scintillio pericoloso. «metteteli in fila»
ordinò seccamente ai suoi
uomini, senza distogliere lo sguardo da quello del Dream Pirate.
«generale…» azzardò
timidamente un maggiore, ma si zittì immediatamente dopo
avergli dato una seconda occhiata. Sia lui sia gli altri, sempre
più allarmati,
obbedirono senza esitare ulteriormente, finendo meno di un minuto dopo.
Pitchiner si avvicinò ulteriormente al capo di quel gruppo
di mostri, di
assassini spietati. «se è così, se le
avete uccise, allora guardami. I miei
occhi saranno l’ultima cosa che tutti voi vedrete».
Il Dream Pirate sogghignò un’ultima volta.
Nello shock di tutti, la spada del generale Pitchiner calò
velocemente a
mozzargli il capo.
Così come al Dream Pirate dopo di lui, e quello dopo ancora,
e ancora.
Nessuno dei soldati riuscì a proferire parola, completamente
allibiti per quel
che stavano vedendo. Il generale Pitchiner che conoscevano non avrebbe
mai
agito così…ma quello non era l’uomo che
conoscevano, non più: era evidente in
ogni suo gesto, in quell’espressione di pietra, in quei suoi
occhi da pazzo,
anche solo da modo in cui calava la spada, come se farlo gli fosse
vitale, come
se così facendo avesse potuto riportare indietro le sue
donne.
Fendente dopo fendente, nella testa di Lord Pitch le parole del Dream
Pirate
iniziarono a sovrapporsi a quelle del caporale Sil…no: di Nahema, l’arciduchessa Nihil
Nahema Aldebaran, che voleva il regno,
che aveva ordinato quell’attacco, che voleva distruggerlo
perché non le aveva
obbedito, e c’era riuscita, eccome se c’era
riuscita…ma lui, lui
l’avrebbe distrutta a sua volta!
Non l’avrebbe passata liscia, sangue nobile o meno, non
avrebbe lasciato che
facesse quel che voleva, non avrebbe lasciato che lei e la sua
maledetta
famiglia si prendessero il regno, se quello era il loro scopo: li
avrebbe
accusati, avrebbe lottato contro di loro con tutte le forze che gli
rimanevano,
e li avrebbe fermati, sia loro sia i Dream Pirates loro alleati.
L’avrebbero pagata cara, giurò a se stesso, cara
come non avrebbero mai potuto
neppure immaginare, e non si sarebbe mai arreso finché sua
moglie e sua figlia
non avessero ottenuto la giusta vendetta.
Non si
sarebbe mai
arreso, mai!
Improvvisamente non trovò
più teste da mozzare. Erano
finite.
Peccato.
«Lord Pitch…»
«cercherò il cadavere di mia moglie»
disse, con voce quasi meccanica «in
seguito vi annuncio che accuserò formalmente davanti al re
l’arciduchessa Nihil
Nahema della Casa Aldebaran per questo assassinio».
«eh?!» un luogotenente lo guardò
allibito «ma generale, cosa c’entra
l’arciduchessa Aldebaran?! Non se ne hanno notizie da anni,
piuttosto il
caporale Silk-»
«Silk è Nahema!!!»
sbraitò Pitchiner «sono la stessa maledetta
persona!»
«ma…il caporale Silk viene dal pianeta di donne
guerriere nel lontano
territorio degli Scorpio…» disse timidamente il
luogotenente.
«menzogne! Gli
Aldebaran
vogliono il regno, e quella era Nahema, io lo so!»
«signore, a me è capitato di vedere
l’arciduchessa qualche anno or sono, e vi
assicuro che non ha proprio nulla a che vedere con il
caporal-»
«non osare contraddirmi, maggiore. Non osare»
sibilò Pitchiner «so
quello che dico! Non mi credi, forse? Non credete al
vostro
comandante?!» urlò, nello sconcerto di
tutti «hanno fatto uccidere la mia
famiglia!»
«generale-»
Kozmotis si allontanò bruscamente, in direzione del cadavere
dello strapiombo.
Guardò in basso. Il cadavere di Aleha, da
quell’altezza, non si vedeva, ma non
importava. Sarebbe sceso immediatamente giù a cercarla, e da
solo.
Come solo, d’altra parte, era rimasto.
“hai dato più importanza alla tua
integrità che alla tua famiglia, ed ora non
ti è rimasto niente. Ma è colpa tua. Tua e tua
soltanto. Ricordalo sempre,
povero generale Pitchiner, sciocco uomo che non ha voluto chinare la
testa”.
Solo col sussurro del suo profondo
rimorso, e con quella promessa spezzata, com’era spezzato lui.
E con una soddisfatta e sorridente Ephemeride di dodici metri di nome
Tanith
avvolta attorno al corpo, che lui non poteva vedere.
Ecco il patatracchete! Per la gioia
di Tanith, alla quale
vogliamo tutti tanto bene (?)
Voglio precisare una cosa: il dialogo
da “mia moglie e mia
figlia dove sono” al punto in cui Pitch taglia la testa ai
Dream Pirates è
quello originale (almeno le parti di Kozmotis, quelle dei
mostriciattoli le ho dovute inventare andando a intuito) tradotto dalla
sottoscritta e
dal mio inglese livello “the dog cataplum in the
water” , così come “lo
prometti?, Sulla mia anima” è stato detto
veramente. Esiste veramente anche il
medaglione che Emily Jane ha dato a suo padre.
Alla prossima,
_Dracarys_