Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Rohhh    07/09/2016    2 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 20

 

L'estate si accingeva a giungere al termine anche se faceva ancora abbastanza caldo, al contrario Ashley era piombata nel gelo più totale, da far invidia al Polo Nord.

Si stiracchiò alzandosi dalla sedia su cui si era inchiodata da ore per studiare, guardò l'orario e si meravigliò di come il tempo fosse volato. Era già ora di pranzo.

'Meglio così' si disse, da quando era successa "quella cosa" le ore dentro casa sembravano macigni da spingere in avanti a forza. Uscì dalla stanza e si avviò verso le scale per scendere in cucina. Udì dei passi che salivano e pregò con tutta sè stessa che non fosse lui.

E invece lo era.

Matt stava salendo e non appena la vide, abbassò la testa e si scansò per evitarla accuratamente, lo stesso fece lei. Si incrociarono sulle scale senza degnarsi di uno sguardo o di un cenno di vita. Glaciali.

Nonostante fossero ormai due giorni che andava avanti quella storia, Ashley provò la stessa sensazione di una coltellata al cuore della prima sera. Non si erano più parlati da allora ma, dovendo per forza di cose condividere la stessa casa, era diventato un incubo fare finta di essere invisibili. Per questo avevano cercato il più possibile di evitarsi e le poche volte che si trovavano faccia a faccia, come in quel caso, giravano il viso dall'altra parte.

Con l'umore totalmente sconvolto Ashley si sedette a tavola.

«Matt ha mangiato da solo oggi, come mai?» chiese ingenuamente Gregory, lui ovviamente non poteva sapere. Ashley fu attraversata da un fremito ma si sforzó di rimanere impassibile ed estranea alla cosa.

Monica fissò la ragazza che, completamente indifferente, continuava a mangiare, come se quella domanda non la toccasse.

In realtà lei aveva capito benissimo: Matt non faceva altro che evitare il più possibile le occasioni di ritrovo e, anche se faceva di tutto per nasconderlo, le faceva male quel suo comportamento.

«Ha detto che aveva fretta e che doveva uscire» rispose Monica, senza scollare gli occhi attenti da Ashley, quella era la versione che aveva freddamente dato suo figlio, ma qualcosa non la convinceva. Matt stava spesso saltando i pasti con loro e ,quando raramente li degnava della sua compagnia, aveva ripreso a mettersi distante e a stare zitto e torvo. A lei fu chiaro che i due ragazzi avevano litigato.

Gregory annuì soddisfatto della riposta, Monica pensò che avrebbe dovuto fargli qualche discorsetto sulla sua perspicacia, che pareva davvero scarseggiare.

«Ashley! – chiamò Monica dopo pranzo, quando si fu accertata che il suo compagno fosse a debita distanza e prima che la ragazza si rinchiudesse in camera sua – va tutto bene con Matt?» le domandò, temeva che suo figlio avesse combinato un qualche pasticcio con lei, dato il suo caratterino non proprio docile.

Ashley agitò le mani nervosa, Monica ci aveva proprio visto giusto. «Si, si, siamo solo molto impegnati in questi giorni e pieni di cose da fare» tagliò corto la rossa, Monica capì che non aveva voglia di parlarne e non ritenne di insistere.

«D' accordo, comunque sai che se c'è qualcosa che non va puoi dirmelo» si offrì, come se fosse sua madre.

Ashley sorrise, sinceramente contenta della sua offerta, ma non poteva dirle di Matt, avevano litigato proprio per la sua intromissione nel loro rapporto e così non avrebbe fatto altro che ingrandire il danno.

Si chiuse nella sua stanza e guardò fuori pensierosa.

Le parole di Matt le risentiva in continuazione, risuonavano nella sua testa come una maledizione. Non le poteva accettare, lei era convinta che lui non le pensasse davvero, non poteva essere così, ma nel dubbio non aveva più osato parlargli o confrontarsi con lui. Aveva terrore di prendere un'altra cocente delusione.

Forse l'unica cosa saggia da fare era accettare che tutto si fosse sgretolato e aspettare con calma l'8 Settembre e la sua partenza.

Pochi metri più avanti, Ashley era l'oggetto dei pensieri di Matt.

Non dormiva più serenamente dal loro litigio, ogni notte la sognava, vedeva i suoi occhi duri, che non era più riuscito a cancellare dalla sua mente e che lo perseguitavano. La verità era che gli mancava da morire, che ogni volta che in casa la scorgeva provava l'impulso di correre da lei e abbracciarla per riprendersela, ma poi l'incertezza e l' orgoglio si insinuavano in lui e lasciava perdere. La stava evitando e preferiva sorbirsi quel dolore lancinante piuttosto che affrontarla. Si rigirò nel letto senza tregua, poi, all'improvviso le venne in mente sua madre. Per la prima volta capì come si dovesse essere sentita lei anni prima, quando aveva divorziato da Nathan, perdendo la persona con cui aveva condiviso la giovinezza e il padre di suo figlio. Il paragone era forzato perchè le due situazioni erano molto diverse, lì si trattava addirittura di un matrimonio fallito e di differenze che li avevano allontanati giorno dopo giorno, ma provò ad immaginare il dolore che aveva dovuto sentire, la rabbia, la sensazione di impazzire. Certo, lui era piccolo e non sarebbe dovuto trasformarsi nella sua vittima sacrificale, ma in un certo senso, gli fu tutto più comprensibile.

Sospirò, si alzò di scatto e prese a camminare avanti e indietro per la stanza.

Era innamorato di Ashley e il pensiero di perderla per un litigio stupido lo annientava. Soprattutto perchè lei si era preoccupata per lui, gli aveva letto dentro e capito il suo malessere e lui per tutta risposta l'aveva accusata di averlo tradito. Non finì più di darsi dello stronzo e dello stupido.

La distanza era qualcosa che non dipendeva da loro, ma quello no, non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva parlarle, anche a costo di prendersi una porta in faccia, tenersi tutto dentro era inutile e due giorni erano stati già anche troppi. Lo avrebbe fatto quella sera, ma prima c'era un'altra cosa che non poteva e non voleva più rimandare.

 

Monica era chiusa nel suo studio, immersa tra montagne di carte e documenti da controllare. Le ferie per lei non esistevano e anche quando ne poteva godere, passava spesso i pomeriggi ad accorciare il lavoro arretrato.

Dei colpi alla porta la distrassero e ordinò a chiunque fosse di entrare.

Apparì l'ultima persona che avrebbe mai immaginato: suo figlio.

Lo guardo e trasalì.

Lui entrò, poi rimase a debita distanza.

«Era un pomeriggio come questo» esordì, Monica abbandonò i suoi documenti e posò la penna sul tavolo. Sollevò lo sguardo confuso in direzione del figlio, togliendosi i sottili occhiali da lettura, nel vano tentativo di capire a cosa si stesse riferendo con quelle poche parole vaghe.

«C'era il sole, un sole pieno che spaccava le pietre e io volevo uscire a giocare coi miei amici per strada – continuò, mantenendo un tono di voce neutro – quattordici anni fa» aggiunse, rivelando crudelmente il periodo e l'evento del quale stava parlando.

Monica si alzò dalla sedia, la sua espressione dalla sorpresa mutò in desolazione, perchè adesso era indubbio l'argomento del suo monologo.

Matt non si mosse di un passo, e persino il suo viso rimase immobile. Aprì solo la bocca per darle fiato e continuare a rivangare quei tristi ricordi.

«Ma tu mi dicesti che non potevo andare quel giorno, perchè papà stava cambiando città e non era il caso che io giocassi. Io non capii, ti chiesi dove andava papà e perchè e quando sarebbe tornato e perchè non andavamo con lui, una raffica di domande legittime al quale reagisti sbuffando con fastidio, mi afferrasti per le braccia e le liquidasti con un "non torna più da noi", che decretò la fine della mia infanzia a 9 anni.»

Monica tremò a quella frase terribile, ricordava perfettamente la sua freddezza quel giorno, incapace di nascondere la rabbia a quel bambino come avrebbe fatto qualunque altra brava madre. Ma Matt non aveva ancora finito con quella che sembrava la sua vendetta.

«Papà mi salutò calorosamente, mi disse che non mi stava abbandonando, che sarebbe venuto a trovarmi e a prendermi per farmi vedere la sua nuova città e capii che stava lasciando solo te, che i problemi erano tra voi e che forse non avevo fatto molto caso alle vostre discussioni, troppo sicuro nella mia ingenuità che non fossero cose insormontabili. Mi sentii il bambino più sfortunato della terra perchè i miei si separavano e io, con quel sole, ero costretto a casa, come se fosse quello il problema principale, ignorando le conseguenze ben peggiori di quel fatto, perchè quello ero, un bambino, e non potevo capire.» descrisse quei dettagli con precisione, e Monica si rese conto di quanto quel giorno l'avesse segnato per doverseli ricordare con così dovizia di particolari.

«Matt» provò a richiamare la sua attenzione, ma suo figlio sembrò non udirla.

«Da quel giorno sei diventata fredda e scostante, mi evitavi, ti prendevi cura di me come fosse un obbligo che ti ritrovavi per sbaglio, mentre a scuola tutti provavano compassione e si premuravano di rivolgermi finte preoccupazioni e attenzioni. Non avevo colpa ma ero costretto a soffrire e lo trovavo ingiusto, la mia vita era cambiata in un giorno di sole, un giorno che doveva essere felice, normale. Ho cominciato a odiare tutti, a ribellarmi alle regole, a rifiutare i gesti d'affetto perchè io non ne conoscevo più. A 12 anni mi tirasti un ceffone durante una delle nostre frequenti litigate e mi dicesti di non fissarti con quegli occhi e con quell'aria di sfida. "Somigli troppo a tuo padre" aggiungesti. Fu quella volta che decisi che me ne sarei andato di casa appena ne avrei avuto l'occasione, che sarei andato a vivere da papà, che almeno mi parlava, teneva a sapere cosa facessi e come mi sentissi. Tornavo qui solo per passare le vacanze e farmi i fatti miei e anche un po' per farti male – ammise amaramente – ti ho continuato a guardare in quel modo che non sopportavi per vendicarmi e mi illudevo di stare meglio, ma la verità era che dopo non mi sentivo bene affatto» Finì di parlare, si prese una pausa per osservare la figura di sua madre più vicina, aveva gli occhi pieni di lacrime e persino il suo cuore fece un salto.

«Mi dispiace Matt, so che non avrò mai giustificazione per quello che ti ho fatto, sono stata debole, non sono riuscita ad andare oltre la rabbia, ad amarti come avrei dovuto, e mi merito ogni singola parola che hai pronunciato» mormorò affranta, convinta che l'intento di Matt fosse solo quello di rinfacciarle le sue mancanze.

«Non ho finito – ricominciò lui, contraddicendo la aspettative di Monica – è vero, quello che è successo non si può cancellare con un colpo di spugna e gli anni persi non tornano più indietro, ma – chiuse gli occhi per prepararsi a ciò che stava per dire – ci sono ancora tanti anni da affrontare e non voglio più tenerti esclusa dal mio mondo, non voglio continuare a nutrire l'indifferenza e i silenzi» Monica sbarrò gli occhi, credette di sognare per un attimo e che si fosse appisolata sopra la montagna di lavoro arretrato, ma quello scenario sembrava fin troppo reale. Una lacrima le cadde, mentre avanzava verso suo figlio.

«Ciò non vuol, dire che da domani saremo già in confidenza o che scherzeremo come niente fosse, ma possiamo lavorarci sù – sdrammatizzò, accennando un sorriso – ho capito che a volte il dolore per aver perso qualcuno è così forte da farci smarrire il senno e anche se hai sbagliato, non mi sento di condannarti per sempre» concluse, il riferimento ad Ashley e alla loro situazione era evidente.

«Matt – sussurrò Monica, ormai in lacrime, stentava quasi a crederci – ti ringrazio» si avvicinò a lui, lentamente, poi lo guardò in viso e vide che era più disteso, e finalmente i suoi occhi non apparivano colmi di risentimento. D'istinto lo cinse dolcemente con le braccia.

Matt non si oppose ma si irrigidì, non era più abituato all'abbraccio di una madre e provò imbarazzo misto a una sensazione di serenità. Monica lo strinse, non succedeva da quattordici anni e faceva effetto ricordarlo bambino l'ultima volta, il suo corpicino sottile che si perdeva nel suo abbraccio e sentirlo adesso, un giovane uomo, più alto di lei, ma era sempre lui.

Sussultò, Matt stava ricambiando debolmente la stretta. Quanti anni si era persa, il suo bambino era cresciuto ed era diventando uno splendido ragazzo e lei non c'era stata. Ma adesso tutto sarebbe cambiato, gradualmente e a piccoli passi, voleva essere di nuova una madre, sua madre, forse non era troppo tardi.

Sorrise poi sciolse l'abbraccio. Matt la guardò un'ultima volta, prima di salutarla e accingersi ad andare, ma Monica capì che la tristezza in lui derivava anche da altro.

«Quella ragazza, Ashley – iniziò, Matt si voltò di scatto a quel nome – ha carattere, è forte, mi ha affrontato e sai benissimo quanto io incuta timore, e l'ha fatto per te, deve tenerci molto» lo informò, tornando a sedere alla scrivania.

Matt non potè fare a meno di sorridere «Lo so, anche io tengo a lei – confessò senza vergogna – ma non c'è rimasto più molto tempo, ormai» sentenziò, facendosi cupo in volto.

Monica rimase interdetta, lì per lì non riuscì a capire cosa intendesse suo figlio, ma in quel momento voleva solo godersi la gioia di averlo ritrovato e stavolta non avrebbe permesso a sè stessa di perderlo di nuovo.

 

Si era fatta già sera inoltrata, Matt aveva saltato la cena e non aveva per niente fame.

Era stato fuori, da solo, in spiaggia, lontano da voci, da rumori che non fossero le onde del mare. Aveva avuto bisogno di riflettere, di isolarsi, prima di tornare e prepararsi a parlare ad Ashley. Ormai aveva deciso, sembrava una follia, visto che tra due settimane si sarebbero comunque divisi e in buoni o cattivi rapporti, il risultato non sarebbe stato diverso, ma qualcosa dentro gli impediva di accettare che continuasse quell'agonia tra loro, fosse rimasta anche solo un'ora da passare insieme.

Rientrò che la casa era già buia e immersa nel silenzio.

Salì le scale e intravide una flebile luce provenire dalla sua stanza e il brusio indistinto del televisore.

Si fermò, prese un lungo respiro e bussò forte alla sua porta, con decisione.

Ashley all'interno sussultò, erano già le 23 passate e aveva sentito chiaramente suo padre e Monica andare in camera loro e chiudere la porta. Lei si era seduta sul suo letto, con la schiena poggiata al muro e le gambe incrociate e al buio guardava distrattamente un telefilm alla tv. Era già sulla buona strada per crollare dal sonno, quando quei colpi la risvegliarono di soprassalto.

«Avanti» disse alquanto agitata, staccandosi dal muro e mettendosi a sedere sul bordo, all'erta e osservando l'uscio della porta aprirsi.

Chi poteva essere a quell'ora, che fosse successo qualcosa?

Le sue labbra si dischiusero per la sorpresa quando, però, vide comparire Matt, la sua espressione era diversa, sembrava affranta e aveva perso la durezza che l'aveva caratterizzata in quei giorni infernali.

«Matt» pronunciò a bassa voce, incapace di alzarsi dal letto come se, d'improvviso, alle sue gambe fossero legate delle catene pesanti.

Il ragazzo, silenziosamente, entrò e si premurò di richiudere la porta senza farle emettere il minimo rumore, poi, terminata quell'operazione si voltò verso di lei. Passarono una manciata di secondi, secondi che ad Ashley sembrarono interminabili, presa da quella smania di sapere perchè fosse lì e cosa volesse. Il cuore le batteva fortissimo e la bocca le si era seccata, il suo intero corpo era teso perchè dopo giorni quella era la prima volta che si trovavano insieme nella stessa stanza e non comprendeva se fosse la fine di quell'incubo o l'inizio di uno peggiore.

Matt avanzò di alcuni passi verso la sua direzione, poi si fermò, a meno di un metro da lei, mentre Ashley alzò il volto per guardarlo dal basso, senza muovere nessun altro muscolo.

Nessuno di loro due si era preoccupato di accendere la luce e la stanza buia, illuminata solo dai bagliori intermittenti della tv e dalla fioca luminosità che penetrava dalla finestra, contribuiva a rendere l'atmosfera più inquietante che mai.

«Scusa se ti piombo qui a quest'ora senza preavviso» la sua voce risuonò profonda, aveva le sopracciglia aggrottate e la fronte contratta. Anche se alcuni ciuffi di capelli gliela ricoprivano in parte, riusciva comunque a scorgere la sua espressione.

«Oh, non fa nulla» rispose Ashley a disagio, spostando il viso dalla parte opposta, completamente disorientata.

Quant'era diventato difficile guardarlo negli occhi, adesso che si comportavano come due perfetti estranei. Si odiò con tutte sè stessa per quello che erano diventati, era brava solo a costruire muri tra lei e le persone che amava.

Matt strinse i pugni, non sopportava quella stupida formalità a cui erano regrediti per colpa del suo maledetto orgoglio e della diffidenza che si portava dietro da quando era bambino. Di nuovo, come un flashback, le riapparirono alla mente, nitidi, gli occhi di Ashley quella sera dopo il loro litigio, freddi e duri.

Feriti, da lui e dalla sua idiozia.

Quel pomeriggio, dopo l'incontro con sua madre, aveva studiato tutto un discorso da farle, scelto ogni singola parola e ripetuto come si fa con una materia universitaria.

Ma lui non era mai stato bravo con le parole e questa volta non faceva eccezione, se la cavava meglio con i gesti, erano più efficaci e arrivavano diretti al punto.

Se ne andarono in malora tutte quelle ore spese a preparare un modo decente per dirle quanto era stato stronzo e impulsivo e quanto adesso stesse soffrendo al pensiero di aver frainteso le sue intenzioni e di averla ferita con quella frase tagliente, che poi nemmeno pensava davvero.

Si gettò in ginocchio davanti a lei, accasciandosi letteralmente sulle sue gambe e stringendole le mani, che Ashley teneva nervosamente incrociate sul ventre.

Adesso era lui che la guardava dal basso, con lo sguardo implorante, e nonostante la penombra lei vide i suoi occhi lucidi.

Quel gesto disperato, così intenso e carico di significato la spiazzò totalmente, spalancò gli occhi e non potè fare a meno di ricambiare la stretta alle sue mani.

«Perdonami – disse finalmente, stringendo maggiormente le sue mani – sono stato un emerito coglione, ti ho rinfacciato una cosa orrenda e quando ci ripenso mi odio e non so nemmeno come mi sia uscita perchè, se c'è una persona che è riuscita a leggermi dentro e a districarsi in quell'enorme casino che sono io, quella sei tu e nessun altro e tutto quello che hai detto è terribilmente vero – la sua voce tremava, era la prima volta che lo sentiva così fragile e spaventato, prese fiato e continuò con ancor più dolore – solo che ho una ferita ancora aperta che pensavo non facesse più male, ma mi sbagliavo, la stavo solo rattoppando miseramente senza curarla davvero, e tu hai fatto tanto per me che non so come diavolo ho potuto anche per un secondo credere che mi stessi tramando contro!» abbassò la testa sulle sue gambe fino a sfiorare con le labbra le sue mani.

Ashley lo ascoltava incredula, mentre piano piano la distanza e il gelo tra loro si annullavano e quello che sembrava distrutto per sempre stava tornando al suo posto, come se niente fosse e forse più solido di prima.

Aveva creduto che il loro rapporto fosse stato spazzato via da quella tempesta, invece stava avendo la dimostrazione di come dalle macerie si rinasca più forti, più uniti ed era singolare che, pur consci della loro separazione imminente, stessero a combattere per ricucire qualcosa destinato a sciogliersi.

Perchè per adesso erano lì ed erano insieme. Solo quello contava.

«Ma io..» tentò di prendere parola Ashley, ma Matt non aveva ancora finito e doveva farlo, provava il vitale bisogno di cacciare fuori tutto quello che aveva accumulato e che premeva troppo forte.

«Aspetta, ti prego – la supplicò, rialzando la testa - ho parlato con mia mamma oggi, l'ho fatto perchè non è vero, come mi ostinavo a credere, che non mi importasse nulla di lei, anche quando si era presentata da me il mio cuore aveva vacillato, per un attimo avevo immaginato quanto sarebbe stato maledettamente facile lasciarle uno spiraglio per entrare di nuovo nella mia vita, darle un'altra possibilità e poi sono ripiombato nella paura, nell'indifferenza e mi sono trincerato ancora una volta – si sporse leggermente più avanti per avvicinarsi al suo viso – ma tu l'avevi già capito, nonostante la mia freddezza ogni volta che si prendeva l'argomento, e invece di ringraziarti ho dubitato di te. Oggi quella fessura nel mio cuore gliel'ho aperta, lo sai? E anche se ci vorrà del tempo non mi interessa, non voglio più escludere le persone a cui voglio bene solo per orgoglio o per puntiglio e se sono riuscito ad ammetterlo è merito tuo. Questi due giorni in cui camminavamo per casa come due sconosciuti ho pensato di impazzire, il pensiero di averti ferita mi ha tormentato ogni notte!» si fermò un istante per prendere fiato dopo quel fiume inarrestabile di parole, Ashley ne approfittò per estrarre a fatica una mano dalla sua stretta, e portargliela sul volto, sorridendo.

Matt chiuse gli occhi a quel tocco, come fosse la cura a tutti i suoi mali, un senso di pace lo invase, riaprì gli occhi e fissò i suoi, che adesso erano tornati quelli che aveva sempre conosciuto, belli, dolci e confortanti e così desiderò che restassero per l'eternità.

«E soprattutto – riprese con maggiore intensità – non voglio mai più che i tuoi occhi mi guardino come quella sera, mai più, per nessuna ragione al mondo, non lo potrei sopportare!»

Ashley ebbe voglia di piangere, ma stavolta per la gioia, lo osservò ai suoi piedi, quasi a supplicarla di riammetterlo nel suo mondo, ma la verità era che lui dalla sua vita non ci era mai uscito e forse mai l'avrebbe fatto. Quel litigio non aveva fatto altro che riconfermarle quanto stretto fosse diventato quel legame, da non poter essere spezzato da una incomprensione o da uno screzio, per quanto avesse fatto male.

«Non devo perdonarti proprio nulla – riuscì a dire, alla fine, mentre si arrotolava alcuni ciuffi di capelli di Matt tra le dita – ti chiedo scusa per non averti parlato delle conversazioni con tua madre, avrei dovuto dirtelo subito, ma ti giuro che tutto quello che ho fatto è stato per te, per aiutarti, perchè sei importante Matt, voglio che tu lo sappia! Ho avuto così paura di averti deluso e che di me non ne volessi più sapere, che non riuscivo più nemmeno a rivolgerti la parola! » gli confessò commossa, tirandolo a sè per far sì che non stesse più in ginocchio. Matt si sollevò giusto quanto bastava per buttarsi tra le sue braccia e stringerla fortissimo, così tanto da togliersi il respiro a vicenda, soffocando ma allo stesso tempo ridandosi la vita l'un l'altro.

«Mi dispiace per tutto Ashley, anche tu sei importante per me, troppo» le svelò all'orecchio.

Poi allentarono la stretta per guardarsi in viso, felici, distesi e di nuovo complici e bastò un attimo per ritrovare quell'intesa fisica, che adesso, dopo quel temporale che aveva rischiato di spezzarli, si ripresentò più potente e irrefrenabile.

Unirono le loro labbra, così intensamente da perdere l'equilibrio, Ashley fu costretta ad adagiarsi sul letto e Matt finì addosso a lei. Lo sentì tutto il peso del suo corpo gravare sul suo, più esile e piccolo, e avvolgerla, completarla, allargò le gambe per permettergli di sistemarsi in mezzo e poi gli cinse la vita con le stesse.

Matt non si spostò, i loro movimenti da urgenti e disperati si fecero sempre più intensi e consapevoli, Ashley si aggrappò alla sua schiena e senza più timidezza o imbarazzo mosse le sue mani affinchè si insinuassero delicatamente sotto la sua maglietta, incontrando la sua pelle calda e percorrendola con i palmi, puntando lievemente le unghie, come un territorio da scoprire.

Quelle carezze inaspettate sorpresero piacevolmente Matt, che fu costretto a soffocare un gemito di piacere posando le labbra sul suo collo, mentre ricambiava accarezzandole a sua volta la pancia e i fianchi.

Non c'era più timore nei loro tocchi, sostituito da un'intima confidenza e naturalezza, nè incertezza negli sguardi, che si incrociavano pieni d'amore, quando non erano impegnati a stare socchiusi per godere di quelle sensazioni e far sparire il mondo attorno a loro, nè stanchezza nelle labbra, che parevano non averne mai abbastanza della pelle dell'altro, nè paura nel sapere che solo qualche stanza più in là c'erano i loro genitori e che la porta non l'avevano nemmeno chiusa a chiave e sarebbe bastata aprirla per trovarli lì, senza alcuna giustificazione, perchè era troppo evidente quello che stava per succedere e che stavolta non avevano intenzione di fermare.

Quei giorni senza parlarsi o sfiorarsi avevano lasciato il segno e adesso non c'era più tempo per decidere se quella fosse l'estrema manifestazione di un amore che si ostinavano a non dichiarare o solo il bisogno spasmodico di percepirsi uniti, fosse stato anche solamente per quegli ultimi giorni che rimanevano.

Alla fine, quello che avevano provato ad evitare finì per accadere, proprio nella sera in cui si erano ritrovati dopo quello scossone che pareva averli distrutti, e accadde senza preavviso, senza che l'avessero programmato, senza lasciar loro tempo di pensare al dopo e alle conseguenze, bastò solo stringersi e lasciarsi andare, assecondare i movimenti l'uno dell'altra e farsi travolgere, fu naturale, istintivo e meraviglioso.

D'improvviso persino i loro leggeri vestiti estivi cominciarono a infastidirli, sembrarono pesanti e ingombranti, un' inutile barriera da eliminare al più presto, man mano che quella frenesia avanzava.

Matt le sollevò la maglietta, andando sempre più in alto finchè non si fermò, allontanando le mani per guardarla negli occhi e cercare il suo consenso.

Doveva volerlo anche lei, così come lo voleva lui.

Per risposta Ashley lo baciò languidamente, prese le mani di Matt e le riportò a contatto con la sua pelle, sotto la sua t-shirt, dove erano prima e dove voleva continuassero quello che avevano iniziato. Lui le sorrise sulle labbra, mentre si sfilavano quegli inutili vestiti e li lanciavano un po' dove capitava, senza curarsene, l'aria si era fatta bollente intorno a loro e solo una leggera brezza filtrava dalla tenda della finestra che dava sul terrazzo, aperta per metà e sarebbe bastata.

Poi Matt, usando quanta più delicatezza conoscesse, le depose entrambe le mani sul viso, come a racchiuderlo, le loro fronti si unirono mentre la faceva sua, all'inizio lentamente, con i respiri che cominciavano ad affannarsi, le menti annebbiate ma gli occhi ben fissi gli uni negli altri.

Passò quel momento iniziale di assestamento, in cui i loro corpi, ancora estranei, si studiarono e si assecondarono a vicenda per raggiungere coordinazione e sintonia, scoprendosi per la prima volta, tremando, vibrando di desiderio, cercando il loro ritmo per poi trovarlo subito dopo, come se l'avessero sempre fatto e a quel punto non rimase altro che seguirlo, sempre più intensamente.

Ashley non lo ricordava così fare l'amore.

L'ultima volta che le era successo era stato circa un anno prima, era tanto tempo e magari si sbagliava, eppure quel trasporto, quella passione, le mani mai sazie sulla pelle, la sensazione inebriante da perdere la testa, quei gemiti che le sfuggivano prepotenti dalle labbra e che Matt cercava di soffocare con i baci, per evitare che giungessero a orecchie indiscrete in quella casa, lei proprio non riusciva a ricordarli. Era anche vero che, analizzare la questione le veniva un po' complicato al momento, in totale balìa di Matt e delle sue spinte sopra di lei.

Ecco, forse era quello che stava trascurando, c'era lui di diverso e cambiava tutto, totalmente.

Si aggrappò alle sue spalle forti, affondò il viso sul suo collo e sentì come se stesse vivendo il giorno più bello della sua vita, erano finalmente di nuovo insieme e stavano facendo l'amore e non esisteva più niente che potesse turbarla, nè gli esami, nè le sue paranoie, e nemmeno che tutto quello non fosse accompagnato da una dichiarazione d'amore, perchè in cuor suo sapeva che sarebbe stata superflua, i gesti parlavano e non serviva nient'altro.

Matt la guardava sotto di lui, doveva ancora realizzare appieno quello che stava succedendo e come fosse possibile che la mattina si fossero evitati come la peste e adesso fossero a letto insieme. Ma no, non voleva ragionare adesso, voleva solo bearsi della visione del suo viso pieno di piacere, arrossato e sereno e della sensazione della sua pelle nuda appiccicata alla propria.

Era ancora più bella ora che si era mostrata a lui nel suo lato più intimo, ora che si stava donando interamente e Matt sapeva perfettamente che Ashley non era tipo da farlo con leggerezza, che sicuramente stava dando un valore grandissimo a tutto quello e si sentì esplodere di felicità.

Com'è che aveva fatto sesso con diverse ragazze nel corso degli anni, molto più disinibite di lei, selvagge e instancabili, e gli sembrò solo ora di vivere l'esperienza più devastante in assoluto in senso positivo.

Era con la ragazza che amava e stavolta l'amore lo stava facendo anche con la mente e col cuore.

Aveva avuto paura all'inizio di rovinarla, di non essere adatto a lei, di sembrarle troppo animalesco, ma l'aveva stupito, rivelandosi altrettanto passionale e instaurando con lui un'intesa perfetta. Le afferrò le cosce con più foga, mentre ansimavano ormai senza sosta.

Poi quell'onda vorticosa esaurì la sua potenza, e i due si rilassarono, scossi dal piacere.

Matt si accasciò su di lei, i suoi capelli biondi si sparpagliarono sul suo seno, teneva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta per respirare.

Ad Ashley sembrò un angelo, se non fosse stato per quel bracciale di cuoio nero con le borchie un po' appuntite che aveva al polso, che davvero poco aveva di angelico e che poggiava sulla sua spalla, il metallo le trasmetteva l'unica sensazione di freddo sul suo corpo sudato e bollente. Matt respirava pesantemente e il suo torace si abbassava e alzava, schiacciandola e togliendole il fiato, eppure lei non poteva sentirsi meglio.

Lui però, sembrò capire di crearle qualche difficoltà, perchè le lanciò uno sguardo veloce e si sollevò, le diede un ultimo bacio in bocca e scivolò di fianco a lei, liberandola dalla sua morsa. Ashley si sentì di colpo vuota a causa dell'assenza del suo peso e fu come se si scoprisse nuda ed esposta per la prima volta davanti a lui solo in quell'istante.

Istintivamente si portò le bracca al petto, nonostante fosse tutto buio e solo la tv, imperterrita, avesse continuato a illuminare la stanza.

Matt adorava quella sua riservatezza, che si ripresentava persino dopo aver condiviso ciò che di più intimo potesse intercorrere tra due persone. Se ne accorse e gentilmente le tolse le braccia dal seno per farla girare di fianco verso di lui e stringerla, stavolta fu lei a sprofondare la testa nel suo petto e di nuovo protetta e al sicuro, si accucciò, rilassandosi istantaneamente. Gli occhi le si chiusero da soli, il respiro si fece regolare, così come il battito del cuore.

«Buonanotte» fu l'unica parola che Matt le sussurrò all'orecchio, prima di afferrare il telecomando sul comodino e spegnere la tv, facendo piombare entrambi nell'oscurità e abbandonandosi al sonno, spossato ma felice, su quel letto da una piazza e mezzo, forse troppo stretto per dormirci in due, ma che appariva la cosa più perfetta dell'universo, con lei tra le sue braccia.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rohhh