6. Attack on Nightmare
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Inazuma-cho, zona finanziaria, 6 Agosto, 9:28 am
Andrea rimase a fissare quella mano
nera, ossuta ed enorme: era reale? Come poteva non esserlo, aveva sfondato la
vetrata spargendo detriti ovunque! Poi quella cosa si stava muovendo a pochi
centimetri dalle gambe della ragazza, facendole avvertire chiaramente uno
spostamento d’aria. Sì, quell’appendice mostruosa era sicuramente reale, ma
allora a chi apparteneva? La giovane americana risalì con lo sguardo lungo il
braccio della creatura fino a quando non incontrò un’orbita vuota illuminata di
rosso, incastonata in un volto umano con un muso bestiale, fissa su di lei.
Prima che Andrea potesse ben comprendere cosa avesse davanti, la ragazza venne
tirata su da Cassandra, visibilmente agitata.
«Stai bene?»
L’americana, continuando ad osservare il
mostro, annuì.
«Non lo guardare!»
L’italiana prese il viso dell’altra e
glielo spostò, fissando i suoi occhi in quelli di Andrea.
«Riesci a muoverti?»
La più grande annuì ancora, confusa.
«Sì, sì, ma perché mi chiedi questo?»
L’espressione di Cassandra si rasserenò
un pochino e la giovane aprì la bocca per rispondere alla domanda, ma prima che
potesse dire qualcosa la sua attenzione e quella di Andrea venne catturata dal
rumore di detriti che venivano spostati ed un lamento della bestia. Sconvolti
da quella specie di esplosione e preoccupati per le fanciulle, Kageyama ed il
signor Cervini stavano cercando disperatamente di aprire la porta della sala
conferenze, ma la mano del mostro, che ancora si agitava all’interno del
corridoio, bloccava loro il passaggio. Riuscendo comunque a vedere le ragazze
dallo spiraglio che erano riusciti ad aprire, Kageyama iniziò ad urlare,
cercando di sovrastare il suono dell’allarme che si era attivato poco prima.
«Cassandra, che sta succedendo?!»
Infastidita dai colpi che la porta le
stava infliggendo, la bestia riuscì ad infilare le dita ossute nella fessura,
sradicando poi completamente la porta dalla parete, facendo indietreggiare non
poco i due uomini, inorriditi da quella cosa.
Cercando di mantenere la calma,
l’italiana cercò di sbloccare la situazione.
«Reiji, rimani lì, non ti muovere e per
l’amor del cielo non guardare quella cosa negli occhi! Io cerco un modo per
scacciarlo!»
Senza dare il tempo all’uomo di
risponderle, la ragazza schizzò dalla parte opposta del corridoio, scomparendo
subito dietro un angolo. Vedendo Cassandra correre verso chissà quale pericolo,
Kageyama si fece prendere dal panico e cercò di inseguirla, ma la mano del
mostro ancora gli bloccava il passaggio. Vedendo gli adulti tanto agitati,
Andrea decise di prendere in mano la situazione.
«Signor Kageyama, la vado a riprendere
io. Voi non cercate di superare quella cosa, comunque non potrà rimanere lì per
sempre. Torno subito!»
E, detto questo, l’americana si gettò
all’inseguimento.
Trovare Cassandra non le fu difficile,
la giovane era ferma davanti alle scale del palazzo, gremite di impiegati che
stavano evacuando, e Andrea subito la afferrò per le spalle.
«Cosa fai?! Torna indietro!»
«Non posso, devo fermare quel mostro!»
«E come pensi di fare? È enorme! Lascia
fare alla polizia, o meglio all’esercito!»
«Loro non riescono nemmeno a vederlo!»
L’americana proprio non capiva: come
poteva la polizia non vedere il mostro, era troppo grosso per non essere
notato. Approfittando della distrazione dell’altra, Cassandra si liberò dalla
sua stretta e si fiondò sulle scale che portavano ai piani superiori, ormai
vuote. Andrea, arrabbiata ed esasperata dal comportamento della più piccola,
incominciò nuovamente ad inseguirla fino al tetto. Quando la raggiunse,
l’italiana stava guardando la grande struttura metallica che costituiva parte
dell’impianto di aereazione del palazzo, pianificando chissà cosa. Prima che
Andrea potesse nuovamente afferrarla, Cassandra corse verso il lato della
costruzione dove si doveva trovare il mostro per controllare la sua posizione.
Trovandosi improvvisamente preoccupata per le sorti del padre, la più grande
fece lo stesso, osservando con orrore la creatura che cercava di ritrarre la
mano dal palazzo, ferendosi nel tentativo. Prima che potesse pensare qualcosa,
Andrea vide la ragazza al suo fianco correre di nuovo via, posizionandosi come
un corridore ai blocchi di partenza dietro all’impianto di aereazione.
«Cosa stai facendo?!»
«Cercherò di fargli cadere addosso questa
roba!»
Gli occhi dell’americana si sgranarono: no, Cassandra era completamente
pazza, non sarebbe mai riuscita a farla ragionare. Per tutta risposta
l’italiana scattò, correndo verso la cassa di metallo di fronte a lei e
saltando, prima di assestarle una potente ginocchiata. Andrea si tappò le
orecchie, cercandole di proteggerle dal fragore che il colpo aveva causato, ed
abbassò la testa. Il suo sguardo così si posò sulla base della struttura, dove
era più sottile e assicurata al grattacielo con grossi bulloni, e notò che il
metallo si era piegato. Mentre la ragazza si chiedeva come fosse possibile,
l’altra ripeté l’operazione ed Andrea poté constatare con i suoi occhi che i
colpi di Cassandra erano efficaci, ma questo fece nascere in lei nuovi dubbi:
come poteva un’adolescente come Cassandra riuscire a smuovere quella cosa, ci
sarebbe voluta una forza mostruosa! Il fragore generato dal nuovo colpo però
sembrò spazzare via tutto, lasciando un unico, orribile interrogativo nella
mente di Andrea, interrogativo che l’americana andrò subito a soddisfare
affacciandosi nuovamente sul lato del palazzo: la bestia le aveva sentite, il
suo volto mostruoso era rivolto verso di loro e la sua mano era nuovamente
libera. Lentamente, la creatura iniziò a scalare il palazzo, le sue appendici
aderivano al vetro come quelle di una lucertola ed i suoi occhi erano sempre
rivolti verso l’alto, dove si trovava la sua preda. Lanciando un urlo
terrorizzato, Andrea corse via, avvicinandosi alla porta che dava alle scale.
«Sta venendo qui!»
La notizia agitò non poco Cassandra,
che cercò di essere più veloce nei movimenti, imprecando tra i denti. Mentre
Andrea cercava di riconquistare la calma, il suo cellulare iniziò a squillare,
e, quasi guidata dall’abitudine, l’americana se lo sfilò dalla tasca e guardò
il nome sullo schermo, trovando al suo posto solo un ammasso di macchie
sfocate, proprio come le capitava durante
i sogni. Confusa e turbata, la ragazza rispose comunque alla chiamata.
«Pronto?»
A risponderle dall’altro capo del telefono fu suo padre, agitato ed
angosciato quasi quanto lei.
«Andrea, dove siete?!»
Ma certo, ora che il mostro si era ritratto
suo padre ed il signor Kageyama erano riusciti ad uscire dalla sala conferenza
e, col loro aiuto, sarebbe riuscita a trascinare Cassandra al sicuro, che
l’italiana lo volesse o meno.
«Siamo sul tetto! Aiutatemi, Cassandra
non vuole ascoltarmi!»
Il padre le rispose con un breve
“arriviamo”, prima di chiudere la chiamata, poi corse alla rampa delle scale
per osservare gli uomini che salivano verso di lei. Il primo ad arrivare fu suo
padre, che subito si informò sulle sue condizioni di salute, un attimo dopo
arrivò Kageyama che superò i due senza degnarli di uno sguardo e uscì sul
tetto, cercando la sua protetta.
«Cassandra, vieni via!»
Sentendo la voce del suo ex fidanzato,
la ragazza si fermò un attimo a guardarlo.
«Non posso Reiji, devo fermarlo!»
«No che non devi, vieni via
immediatamente!»
Preoccupati per il giapponese e
l’italiana, il signor Cervini si avvicinò a loro, tenendo per mano sua figlia.
L’uomo non stava capendo molto: c’era stata un’esplosione, ma la ragazzina con
cui si accompagnava il suo socio in affari continuava a comportarsi come una
pazza e lui, da quando aveva provato a chiamare sua figlia e si era reso conto
di non riuscire a leggere nulla sul suo smartphone,
si sentiva estremamente debole. In quel momento, come se stesse fuoriuscendo
dalle viscere dell’inferno, l’incubo raggiunse la cima del palazzo e sovrastò
il gruppo col suo corpo enorme e mostruoso. Andrea sentì la presa di suo padre
farsi più rigida e, quando si girò verso di lui, vide che il suo volto era
sbiancato ed i suoi tratti sembravano di pietra. Accorgendosi che nella stessa
situazione si trovava Kageyama, l’americana si fece prendere dalla paura ed
iniziò a scuotere il genitore, cercando di risvegliarlo, ma fu riportata alla
calma da una voce squillante.
«Andrea!»
L’americana si girò e scoprì che
Cassandra ora la guardava, con occhi pieni di paura, ma con un sorriso incerto
sulle labbra.
«Io gli do il colpo di grazia, tu
tirami via, ok?»
Prima che Andrea potesse chiederle cosa
intendesse, l’italiana ripartì all’attacco della struttura metallica,
colpendola con l’ennesima ginocchiata. Già indebolite dai colpi precedenti, le
fasce in acciaio che assicuravano l’impianto al palazzo cedettero, facendolo
crollare addosso all’abominevole creatura. Spinta dall’adrenalina, Andrea
iniziò a ragionare in maniera talmente veloce che ai suoi occhi tutto sembrava
muoversi a rallentatore: la bestia, capendo che da lì a pochi secondi sarebbe
precipitata al suolo, stava per afferrare Cassandra, ancora tramortita dal
colpo appena dato alla struttura in metallo, che non sarebbe mai riuscita a
sfuggirle, non da sola. L’americana sapeva di dover fare qualcosa, ma cosa?
Tutta quella situazione sembrava un brutto sogno, ma lei di solito riusciva a
fare di tutto mentre sognava, anche negli incubi. Ad un tratto un’idea le
balenò in testa: l’unica cosa che nei sogni non era mai riuscita a fare era
leggere, sia i numeri che le parole, e poco prima non era riuscita a leggere
nulla sullo schermo del suo iPhone. Quello che stava
vivendo era davvero un sogno? Si sarebbero spiegate la creatura mostruosa e la
forza inumana dimostrata da Cassandra, ma se quello era un sogno allora…
Andrea portò le mani avanti e le
strinse, come se avesse appena afferrato una corda, per poi tirare con forza
verso di sé. In risposta, la giovane italiana viene sbalzata via con forza,
come se fosse stata veramente tirata via con una fune, finendo addosso ad
Andrea. Lanciando un verso colmo di rabbia e frustrazione, l’incubo venne
trascinato via dal peso dell’impianto, schiantandosi al suolo. Un secondo dopo
aver sentito il rumore dell’impatto, il signor Cervini e Kageyama crollarono in
ginocchio, ansanti e pieni di sudori freddi, come si fossero appena svegliati
dal peggior sogno della loro vita e, appena furono in grado di muoversi,
corsero subito ad aiutare le due fanciulle, stese una sopra l’altra sul cemento
bollente del tetto. Cassandra, trovandosi sopra Andrea, si spostò con non poca
difficoltà a causa delle sue ginocchia, rosse e doloranti per tutti i colpi
inflitti al duro metallo, e subito dopo venne tirata su dal suo ex fidanzato,
che la prese in braccio.
«Ce ne andiamo, immediatamente.»
Il signor Cervini, che nel frattempo
aveva aiutato sua figlia ad alzarsi, guardò l’allenatore con aria sconvolta.
«No, aspetti, non può andarsene! Che è
appena successo? Cos’era quel mostro? Ci deve una spiegazione!»
Senza degnare l’uomo d’affari di una risposta, Kageyama iniziò a
scendere le scale, ma si fermò subito quando la ragazza che teneva in braccio
iniziò a tirargli con forza un orecchio.
«Non possiamo lasciarli qui, hanno
diritto a sapere cosa è successo!»
Kageyama ringhiò arrabbiato.
«Perché, pensi che ti crederebbero?»
Indispettita da quelle parole, la giovane italiana si rivolse ad Andrea
e suo padre, che cercavano di seguirli.
«Vi rendete conto dell’assurdità della
situazione a cui siete appena sopravvissuti, vero?»
I Cervini si fermarono, confusi da
quella domanda che, a loro parere, era senza senso, ma sperando di ottenere una
spiegazione più chiara, annuirono entrambi.
«E vi rendete anche conto che la
spiegazione che avrete sarà altrettanto assurda e suonerà incredibile?»
Di nuovo, i due annuirono, anche se in
cuor loro desideravano che tutto si concludesse con “è stato solo uno scherzo”.
Ottenute quelle risposte, Cassandra guardò
Reiji negli occhi con aria seria e decisa.
«Vengono con noi, punto e basta.»
Kageyama fece un verso stizzito:
normalmente avrebbe risposto per le rime alla ragazza, ma la fretta di
allontanarsi da quel posto ed evitare domande scomode di esercito e polizia non
gli permetteva di mettersi a discutere con la fanciulla.
«Fai come diamine ti pare.»
E, detto questo, riprese a scendere le
scale, allertando nel contempo il suo autista perché venisse a prendere lui e i
suoi nuovi ospiti d’oltreoceano.
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Inazuma-cho, strade della citta’, 6 agosto, 10:18 Am
Gouenji abbassò lo sguardo
sull’asfalto, pensieroso.
«Un mostro ci ha attaccati…? Non
capisco, non ricordo nulla del genere.»
Kidou sospirò, aspettandosi quella
risposta.
«Lo sospettavo, a parte me e Jaspers
nessuno ricorda nulla. Persino la mia memoria è fumosa e quando provo a
chiedere alla manager cambia argomento o scappa.»
«Sei stato male ieri, sei sicuro di non
aver avuto un’allucinazione?»
Il regista fece cenno di no. Ricordava
chiaramente uno scontro in cui erano stati coinvolti la fan di Genda ed un
ragazzo che passava di lì. Loro gli erano sembrati gli unici in grado di
muoversi di fronte alla creatura, mentre lui si era sentito paralizzare da un
senso di rassegnazione e malinconica accettazione della morte che lo aveva
privato di ogni forza. Però, a differenza del resto della squadra che aveva già
dimenticato tutto dopo dieci minuti, lui ricordava. Perché?
Preoccupato per il suo amico, Gouenji
gli poggiò una mano sulla spalla.
«Kidou, sei visibilmente provato e non
me ne sorprendo. La nostra partita contro di te alla Teikoku, la partita contro
la Zeus, i problemi con Kageyama, il tuo trasferimento alla Raimon e il
Football Frontier… Sei stressato ed è più che comprensibile il perché. Però è
vero che c’è qualcosa di strano… Jaspers è ancora più tesa del solito e così lo
erano quel tipo sospetto e la ragazza che ti ha consegnato la lettera. Inoltre
lei si è anche trovata la borsa a pezzi, non mi ricordo minimamente quando si
sia rotta.»
D’un tratto Kidou si ricordò qualcosa.
«La lettera! Gouenji, quando ho provato
a leggerla non ci sono riuscito!»
Il bomber di fuoco guardò perplesso
l’altro.
«Non sei riuscito a leggerla…? Non
capisco.»
Il rasta si concentrò, cercando di
riportare alla mente ogni dettaglio.
«Quella ragazza, Malia si chiama se non
erro, mi ha consegnato la lettera di Genda, ma quando l’ho aperta per
esaminarla le parole erano… Sfocate! E appena me ne sono reso conto mi sono
sentito debole come non mai. Subito dopo è comparso il mostro e ci siamo tutti
paralizzati. Beh, tutti tranne Malia, Jaspers e quel ragazzo che è venuto in
loro soccorso. È strano, Gouenji, sta succedendo qualcosa di strano.»
Il biondo si mise nuovamente a
riflettere, turbato: non dubitava di Kidou, sapeva che era un ragazzo con la
testa sulle spalle e sicuramente non si faceva suggestionare facilmente. Temeva
ancora per la salute del regista, ma allo stesso tempo gli sembrava strano un
malore isolato e tanto improvviso, poi lui stesso aveva un vuoto di memoria che
coincideva proprio con il periodo che Yuuto diceva di ricordare.
«La lettera… Ora riesci a leggerla?»
L’espressione di Kidou si irrigidì
mentre dalla sua cartella tirava fuori un foglio di carta, il rapporto dei suoi
ex compagni sulle recenti attività di Kageyama.
«Sì, perfettamente…»
Gouenji rivolse a Kidou un sorriso per
tranquillizzarlo.
«Ho capito, se vuoi scoprire qualcosa
di più ti darò una mano.»
Il regista ricambiò il sorriso: si era
ormai abituato alla nuova squadra, aveva stretto un legame di amicizia con
Endou e gli altri, ma sapeva che se voleva parlare di qualcosa di serio era
meglio confidarsi prima con Gouenji. Non lo faceva per cattiveria, ma i ragazzi
della Raimon erano molto spensierati e a certe cose non facevano proprio per
loro, Gouenji invece era un ottimo ascoltatore e pensatore, Yuuto sapeva di
poter contare su di lui per ogni confidenza. Proprio per questo quando
l’attaccante gli chiese di leggere la lettera, Kidou gliela consegnò senza
esitare. I due erano ancora lontani dalla Raimon, dove si stavano recando per
gli allenamenti in vista della partita contro la Zeus, quindi Shuuya aveva tutto il tempo di leggere il rapporto e
riconsegnarlo al compagno. Ma, mentre camminava, Gouenji iniziò a non
distinguere i kanji, che si trasformarono in una nebbia
grigia e fumosa che aleggiava sul foglio bianco. Prima che il biondo potesse chiedersi
se la vista si stesse annebbiando o meno, una fitta dolorosissima gli
attraversò il capo, privandolo delle forze e mettendolo quasi in ginocchio, se
non ci fosse stato Kidou a sostenerlo.
«Gouenji, ti senti bene?!»
Mentre l’attaccante cercava
faticosamente di sostenersi da solo, i due calciatori vennero sorpassati ad
altissima velocità prima da un’auto e poi da una creatura enorme e lunghissima,
strutturata come un millepiedi le cui zampe erano state sostituite con braccia
umane, che li travolse con un forte spostamento d’aria. Quando la bestia li
ebbe superati, Gouenji e Kidou si scambiarono uno sguardo allarmato: avevano
appena visto qualcosa di simile al giorno prima?
Subito il regista fece dietrofront per
seguirli, ma il biondo lo fermò.
«Non possiamo andargli dietro, è troppo
pericoloso!»
Kidou si girò verso il compagno, con
un’espressione agitata.
«Ma forse questa è l’unica possibilità
che abbiamo di capirci qualcosa!»
Shuuya sapeva che il suo amico aveva ragione
ed anche lui voleva scoprire cosa stava succedendo.
«Va bene, andiamo… Ma cerchiamo di
rimanere al sicuro!»
Yuuto annuì ed i due iniziarono a correre dietro la strana creatura che
continuava ad allontanarsi.
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Inazuma-cho, strade della citta’, 6 agosto, 10:21 Am
«Più veloce Shane, più veloce! Quella
cosa ci ha quasi raggiunti!»
«Sto andando più veloce che posso
Aléja, è inutile che urli!»
Il diciannovenne americano aggrottò la
fronte imperlata di sudore, chiedendosi come fossero finiti lui ed i suoi due
amici in quell’assurda situazione. Quella mattina avevano deciso di saltare le
lezioni e di muoversi in macchina per la città, alla ricerca del mostro che li
aveva tormentati all’università, e all’inizio era andato tutto bene, non
avevano trovato nulla ma si stavano divertendo e rilassando. Poi ad un certo
punto avevano visto il millepiedi in lontananza, in cima ad un palazzo. Quando
la bestia aveva visto loro, era scesa dal grattacielo ad altissima velocità,
per poi avanzare verso la macchina senza rallentare un attimo. Il povero Shane aveva
fatto a malapena in tempo a fare inversione ed iniziare a fuggire, se avesse
esitato un secondo in più il mostro li avrebbe raggiunti subito. Per loro
fortuna, a causa dell’ora e del periodo di vacanza appena iniziato, le strade
erano deserte e poterono scappare senza preoccuparsi troppo di creare un
incidente. Nonostante però Shane stesse premendo l’acceleratore a tavoletta, il
millepiedi si stava avvicinando sempre di più, creando il panico tra i ragazzi.
«Cosa facciamo? Cosa facciamo?!»
Eiji si chinò, tenendosi la testa tra
le mani. Lo sapeva, lo sapeva che andare a cercare quella creatura era un
errore. Se solo nella macchina ci fosse stato qualcosa da buttare contro il
mostro per distrarlo e guadagnare terreno…
Appena ebbe finito di formulare quel
pensiero, il giapponese sentì qualcosa rotolargli vicino ai piedi da sotto il
sedile. Una volta raccolto, l’oggetto si rivelò essere una bottiglia di vetro piena
di alcool tappata con un lungo lembo di stoffa bianca. Ad Eiji non serviva
essere chissà quale esperto di armi per riconoscere cosa fosse, e l’idea di
tenere in mano qualcosa del genere aumentò la sua agitazione.
«Che ci fa una molotov in macchina?!»
Shane staccò gli occhi dalla strada per
guardare cosa avesse in mano il suo ragazzo.
«Che cazzo ne so?! È la macchina di tuo
padre questa!»
«Guarda la strada Shane, guarda la
strada!»
Mentre i due fidanzati erano impegnati
a litigare, Aléja sfilò la molotov dalle mani dell’amico e recuperò un
accendino abbandonato nel compartimento tra i sedili, per poi aprire il
tettuccio ed affacciarsi fuori, prima di accendere il pezzo di stoffa che
spuntava dal collo della bottiglia.
«Mangiati questa, mostro!»
Detto questo, il russo lanciò la
molotov contro il muso dell’insettone, colpendolo in pieno. Ciò fece fermare la
bestia, ferita ed accecata dalle fiamme, ed Aléja tornò a sedersi, soddisfatto.
Shane ed Eiji rimasero a bocca aperta
davanti al comportamento del loro amico, ma appena si ripresero pensarono a
come sfruttare il loro nuovo vantaggio.
«Cerchiamo di seminarlo!»
«E come Eiji?! Questa strada è tutta
dritta e stiamo andando anche verso il ponte che porta a Tokyo! Non possiamo
portarlo lì, saremmo in trappola e farebbe un casino!»
Aléja, che intanto guardava fuori dal
finestrino, se ne uscì con un’idea.
«Chissenefrega della macchina,
parcheggia qui e nascondiamoci tra gli alberi!»
Con una manovra da vero stuntman, Shane
frenò e parcheggiò l’auto da un lato della strada, provocando un piccolo
infarto ad Eiji, poi i tre uscirono velocemente dalla vettura ed andarono a
nascondersi tra alberi e cespugli. Quando il millepiedi li raggiunse si mise
subito ad esaminare l’auto, sorprendendosi di trovarla vuota. La bestia alzò il
capo mostruoso, guardandosi in torno alla ricerca delle sue prede. I ragazzi
rabbrividirono vedendo la testa da insetto del mostro, le grandi tenaglie che
si aprivano e chiudevano, rilasciando una bava verdastra, ma tacquero, sperando
che la creatura se ne andasse senza notarli. Il suono di passi veloci
sull’asfalto attirò l’attenzione di Shane, che inorridì vedendo due ragazzini
avvicinarsi. Il rumore arrivò anche alle orecchie del millepiedi, che si girò
di scatto verso i nuovi arrivati, fulminandoli e paralizzandoli con lo sguardo.
Prima che l’americano potesse pensare ad un piano per distrarre il mostro e
permettere ai due ragazzi di fuggire, una voce troppo famigliare arrivò alle
orecchie sue e del suo fidanzato.
«Ehi bestione, mi stavi cercando? Sei
arrabbiato per prima?»
Aléja, con un sorriso nervoso e tirato,
saltellava e si sbracciava vicino al ponte per attirare l’attenzione del
mostro, che si girò verso di lui ed iniziò ad attaccarlo, cercando di
acchiapparlo con le sue molteplici mani. Senza perdere un secondo di tempo,
Eiji corse dal suo ragazzo e lo afferrò per le spalle, guardandolo dritto negli
occhi.
«Shane, porta al sicuro quei ragazzini,
io vado ad aiutare Aléja!»
L’americano ebbe bisogno di un secondo
per comprendere ciò che gli veniva chiesto, poi annuì con decisione ed i due si
separarono, andando da parti opposte.
Mentre Eiji attirava a turno
l’attenzione del millepiedi con Aléja, Shane raggiunse i ragazzini e cercò di
scuoterli.
«Ehi, che ci fate qui? Datevi una mossa
e scappate!»
I due, entrambi delle medie, uno biondo con i capelli a spina e l’altro
con dei rasta castani tenuti insieme da una coda alta, non reagirono in alcun
modo. Erano paralizzati sul posto, al più grande sembrava che non stessero
neanche respirando. Capendo che da soli quei ragazzi non si sarebbero mossi,
Shane prese il biondo in braccio, con non un po’ di difficoltà, ed andò a
nasconderlo nella macchia di verde al lato della strada. Fortunatamente
entrambi i ragazzi erano ancora molto giovani e Shane riuscì a trasportarli entrambi
al sicuro in poco tempo. Dopo aver nascosto i ragazzini tra i cespugli,
l’americano si girò a vedere come se la stessero cavando i suoi amici. Il
mostro doveva avere anche il cervello di un millepiedi, oltre all’aspetto,
perché la strategia di Aléja ed Eiji stava funzionando, l’unico problema era
che ora non potevano scappare.
Shane si sentì montare una grande
rabbia dentro: quella mattina stava andando tutto bene, poi quella cosa li aveva presi di mira ed aveva iniziato ad inseguirli, ed
ora il suo fidanzato ed il suo migliore amico stavano rischiando la vita nel
tentativo di distrarlo. Il moro avrebbe tanto voluto investire quell’orribile
mostro, ma la macchina del padre di Eiji era troppo piccola, se solo avesse
avuto un mezzo più grosso…
Il filo dei pensieri del ragazzo venne
interrotto dal suono di un grosso motore che si accendeva e, guardando dietro
di sé, Shane vide un’autocisterna comparsa dal nulla. Dopo essersi assicurato
che non ci fosse nessuno alla guida e nei paraggi, l’americano si sedette al
posto di guida e, dopo aver famigliarizzato un attimo con il veicolo, partì a
tutta velocità, puntando al mostro. Sentendo il forte clacson della vettura,
Eiji ed Aléja si scansarono, lasciando così la libertà a Shane di investire e
trascinare via il mostro, verso il ponte che prima si era rifiutato di
attraversare.
Constatando che la bestia era bloccata
e non riusciva a liberarsi, il ragazzo bloccò il pedale dell’acceleratore e si
buttò dal veicolo. Aléja non poté che esultare mentalmente per ciò che aveva
appena visto: il suo amico era al sicuro e il millepiedi era bloccato, per di
più da una cisterna che trasportava liquido infiammabile! Oh, se solo avesse
avuto tra le mani qualcosa per provocare un’esplosione si sarebbero potuti
liberare di quell’incubo…
Come per magia, a quel pensiero, un
bazooka comparve tra le mani del russo, sorprendendo sia lui sia Eiji, al suo
fianco.
«Da dove è uscita quella roba?!»
Aléja sfoggiò un sorrisetto sorpreso e
divertito.
«Non lo so, ma so perfettamente cosa
farci!»
Il ragazzo imbracciò l’arma e poi urlò
all’amico che stava correndo verso di lui.
«Shane, a terra!»
Appena ebbe visto l’americano buttarsi
sull’asfalto, Aléja premette il grilletto e venne sbalzato via dal rinculo,
finendo per terra. Ad occhi chiusi, ascoltando il sibilo del proiettile, il
russo pregò intensamente di non aver mancato il suo bersaglio. Poco dopo un
tremendo boato ed una discreta onda d’urto, seguita da versi inumani disperati,
lo spinsero a riaprire gli occhi e ad avere la conferma che le sue preghiere
avevano ricevuto una risposta. Il millepiedi si agitava, avvolto dalle fiamme,
emettendo versi striduli e terrificante, prima di abbattersi al suolo e
smettere di muoversi. Era finita. Con il cuore che batteva a mille, Shane si
rialzò e raggiunse i suoi amici, sconvolti quanto lui. Ce l’avevano fatta,
avevano distrutto il mostro e, con esso, il ponte che portava a Tokyo. Eiji ed
il suo fidanzato aiutarono Aléja ad alzarsi, poi i tre corsero a controllare le
condizioni dei due ragazzi nascosti tra i cespugli, che nel frattempo
sembravano essersi sbloccato.
«Ehi piccoli, state bene?»
Kidou si tenne la testa, sorpreso di
trovarsi coperto di sudori freddi e, dopo aver deglutito a vuoto, annuì.
«Q-Quel mostro… Che fine ha fatto?»
Sorridendo sollevato, Aléja rispose a
Yuuto mimando un’esplosione. Dopo essersi alzati da terra, il regista ed il suo
compagno tornarono in strada per verificare con i loro occhi quello che era successo, seguiti
a ruota dal terzetto di ragazzi più grandi, che avevano mille domande da far
loro.
«L’avete visto anche voi, vero? Cazzo,
temevamo di vederlo solo noi tre.»
Kidou cercò di riacquistare la calma,
per poter rispondere chiaramente a quelli che erano ufficialmente i loro
salvatori.
«Sì, l’abbiamo visto anche noi… Una cosa
simile ieri ha attaccato dei ragazzi alla nostra scuola…»
I tre universitari imprecarono
sottovoce, poi Shane ruppe il silenzio che quella notizia aveva creato.
«Possiamo parlarne mentre ce ne andiamo
di qua? Tra poco questo posto pullulerà di polizia e vigili del fuoco, e vorrei
evitare che ci accusassero di aver creato questo casino. Ragazzi, venite con
noi, vi accompagniamo a casa.»
Normalmente Kidou e Gouenji non
avrebbero accettato un passaggio da tre sconosciuti, ma visto quello che
avevano appena passato, decisero di fidarsi. In fondo durante il tragitto avrebbero
potuto scambiarsi con quei ragazzi delle informazioni importanti.
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Inazuma-cho, Casa Kageyama, 6 agosto, 12:48 Am
Comodamente seduta su un divano, Andrea
sorseggiò la bevanda calda che le era stata servita da una delle cameriere di
casa, mentre ascoltava con attenzione il telegiornale. Al notiziario stavano
parlando dell’incidente di qualche ora prima, dicendo che era stata una forte
esplosione che aveva sconvolto parte del palazzo. Nel frattempo suo padre David
discuteva nervosamente con Kageyama, chiedendo spiegazioni su ciò che era
successo. Il padrone di casa però insisteva nell’aspettare Cassandra prima di
dare una qualsiasi spiegazione ai suoi ospiti, facendo agitare ancora di più
l’americano. Andrea sospirò, stanca: capiva l’angoscia di suo padre, ma credeva
che poteva risparmiarsela. In fondo, anche se con un po’ di difficoltà, erano
riusciti ad uscire dal palazzo evitando di essere fermati da chicchessia,
avevano raggiunto l’autista di Kageyama e, pur rimanendo bloccati nel traffico
per un po’, erano arrivati a casa dell’uomo sani e salvi. Avevano aspettato fin
ora, potevano aspettare altri dieci minuti per avere delle spiegazione,
l’importante era ottenerle. Proprio quando i due uomini erano sul punto di
scoppiare a litigare, la voce squillante di Cassandra gli interruppe.
«Uffa quanto urlate, vi si sente
dall’altro capo della casa, e non siamo mica in un monolocale!»
Dimenticando completamente tutto il
resto, Reiji si assicurò subito delle condizione della ragazza.
«Cass, come vanno le ginocchia?»
La castana sorride per tranquillizzare il suo ex fidanzato.
«Molto meglio Reiji, non preoccuparti!»
Stanco di aspettare, il signor Cervini
cercò di attirare l’attenzione dei due.
«Bene, ora volete spiegarci cosa sta
succedendo?»
Pronta a rispondere ad ogni domanda,
Cassandra andò a sedersi al fianco di Andrea, a gambe incrociate.
«Allora, ciò che avete visto oggi era
un incubo!»
I due americani rimasero per un attimo
senza parole, poi David sbottò arrabbiato.
«Stai insinuando che ci siamo sognati
tutto?!»
La più piccola scosse energicamente la
testa.
«No no, è ciò che è quella creatura, un
incubo! Non siete voi ad averla sognata ad occhi aperti, è lei ad essere uscita
da un sogno!»
Andrea sapeva di doversi aspettare una
spiegazione assurda, ma quello andava oltre ogni immaginazione.
«Scusa, come fai ad esserne sicura?»
«Beh… L’ho incontrata in un sogno
qualche tempo fa. Ed anche la creatura di un incubo ricorrente che faccio fin
da piccola si è manifestata nel mondo reale.»
Il signor Cervini si tenne la testa,
confuso.
«Non capisco… Anche se fosse vero, se
quella cosa fosse stato un incubo, perché nessun altro sembra averla vista?»
Cassandra si mise a riflettere: non
aveva una risposta precisa a quella domanda.
«Non lo so con certezza… Penso che in
qualche modo riescano ad ingannare la mente di tutti.»
Kageyama decise di intervenire.
«In effetti neanche lei riusciva a
vederlo all’inizio. Quando ha scardinato la porta lei non ha notato nulla.»
Rendendosi conto che ciò era vero,
David si sedette su una poltrona per riflettere.
«È vero, l’unica cosa che ho visto è
stata la porta scardinarsi, il corridoio era vuoto, almeno ai miei occhi…
Andrea, mi confermi che è stato il mostro a farlo?»
La giovane annuì al genitore, prima di
parlare.
«Sì, ma allora cos’è cambiato? Perché
sul tetto l’hai vista?»
Il signor Cervini chiuse gli occhi,
cercando di ricordare.
«Non lo so… L’unica cosa strana è che
quando ho provato a chiamarti non riuscivo a leggere nulla sull’iPhone e quando me ne sono reso conto mi sono sentito male…»
Fulminata da un’idea, Cassandra
schioccò le dita.
«Si è svegliato!»
Tutti gli altri guardarono confusi
l’italiana e quest’ultima, capendo di doversi spiegare meglio, continuò a
parlare.
«Signore, le è mai capitato di provare
a leggere qualcosa in un sogno?»
L’uomo scosse la testa.
«No, quando mi rendo conto di non
riuscire a capire nulla mi svegl- oh…»
Cassandra annuì, decisa.
«Ecco. In qualche modo queste creature
compaiono in un sogno ambientato nella realtà e quando le persone si svegliano
riescono a vederle. È successo anche con te Reiji, ricordi? Hai tentato di
leggere un manifesto e ti sei sentito male, infatti poi sei riuscito a vedere
da subito l’incubo in quella casa.»
L’allenatore annuì, contento di veder
spiegato il perché del suo malore improvviso del giorno prima, ma il signor
Cervini aveva altre domande da porre.
«C’è qualcos’altro che non capisco:
quando abbiamo guardato negli occhi quella cosa sia io che il signor Kageyama
ci siamo praticamente paralizzati, mentre tu ed Andrea no, perché?»
«Oh, io non mi paralizzo mai davanti
agli incubi, li cambio!»
David assunse un’espressione confusa,
non capendo quella risposta.
«Cambi gli incubi…?»
L’italiana annuì nuovamente,
accorgendosi solo dopo di dover specificare meglio cosa intendesse.
«Oh, non parlo degli incubi tipo quello
di oggi, parlo di quelli normali. Cambio sempre i miei sogni.»
«Sei una sognatrice lucida…»
Cassandra guardò entusiasta la ragazza
al suo fianco.
«Sai di cosa parlo?»
Andrea annuì: era una sognatrice lucida
lei stessa e si era informata tempo prima su questo fenomeno.
«Sì, sono una sognatrice lucida anche
io. »
Cassandra tratteneva a stento
l’emozione: era la prima volta che incontrava una sognatrice lucida come lei e
questo voleva dire avere un’alleata contro gli incubi.
«Quindi i sognatori lucidi hanno la
possibilità di muoversi davanti a questi mostri e le persone normali no…
Rimangono comunque tanti interrogativi! Da dove escono fuori questi incubi e
cosa vogliono?»
L’entusiasmo della castana si spense di
fronte alle domande del signor Cervini: non aveva la minima idea di come quelle
creature fossero arrivate nel mondo reale. Certo, c’era il portale che aveva
attraversato anche lei, ma questo non poteva confidarlo all’americano e a sua
figlia. Inoltre non aveva le idee ben chiare su quello strano varco e su come
si fosse formato. Ad un certo punto l’attenzione di tutti fu catturata
nuovamente dalla televisione, che trasmetteva ora un’altra notizia importante.
«Un altro attacco è stato effettuato
stamane al ponte, rendendolo impraticabile. Coloro che devono andare o tornare
da Tokyo sono pregati di utilizzare le linee metropolitane, potenziate per
contrastare l’emergenza.»
Andrea rabbrividì a quella notizia e
suo padre lo notò subito.
«Andrea…»
«Io non ci vado in metropolitana.»
David sospirò: lui doveva assolutamente
tornare in hotel, il giorno dopo avrebbe avuto altri importanti appuntamenti di
lavoro a Tokyo e non poteva di certo mancarli perché sua figlia aveva paura della
metropolitana, ma non voleva neanche lasciare Andrea da sola. Appena l’uomo
ebbe spiegato a Reiji e Cassandra il problema, quest’ultima se ne uscì subito
con una soluzione.
«Andrea può stare da noi!»
Le occhiatacce che i due adulti le
riservarono fecero per un attimo pentire la castana della sua proposta, ma
subito dopo cercò di convincerli.
«B-Beh, qui con noi sarebbe più al
sicuro…»
«Ha ragione, papà, rimango qui.»
David guardò a bocca aperta sua figlia.
Lui non si fidava a lasciarla lì da sola, come poteva lei essere così
tranquilla invece? L’occhiata decisa che gli lanciò Andrea gli fece però capire
che era inutile tentare di convincerla. Sospirando, l’americano si grattò la
testa.
«Va bene… Domani cercherò di liberarmi
il prima possibile dei miei impegni, così potrò tornare qui.»
Andrea fu soddisfatta della risposta.
«Ok, domani però porta il mio
portatile, ne avrò bisogno.»
Già,
la ragazza ne avrebbe avuto proprio bisogno: era decisa a fare parecchie ricerche
sulla faccenda per capire fino in fondo cosa stesse succedendo lì. Inoltre
pernottare da Kageyama le avrebbe permesso di conoscere meglio Cassandra e
scoprire come mai conoscesse così tante cose sulla questione.
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Mh mh mh, indovinate chi
è tornata dal mondo dei morti? Mi scuso per il ritardo bestiale, ma a forza di
aspettare una recensione al capitolo scorso mi sono completamente dimenticata
di aggiornare questa storia e quando ho notato che l’ultimo capitolo risaliva a
FEBBRAIO ho sclerato male. Però mi sono fatta perdonare, no? Il capitolo è di
quasi 6000 parole, pieno di azione… Sigh, spero davvero che basti a farmi
perdonare questo ritardo. Comunque la storia inizia ad entrare nel vivo, il
prossimo aggiornamento sarà dopo che avrò aggiornata l’altra mia storia ad OC,
cosa che cercherò di fare prima dell’inizio delle mie lezioni il 26. Una volta
che avrò finito la raccolta che sto scrivendo mi dedicherò solo ai progetti in corso,
facendo eccezione solo per qualche one-shot
sporadica. Spero davvero di ricevere qualche parere e di trovare la possibilità
di aggiornare il prima possibile. In ogni caso, ci rivedremo.
A presto,
Lau