Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Orbita Infinita    10/09/2016    7 recensioni
Un viaggio introspettivo nella mente del Nemico, un'analisi del suo rapporto con Harlock e, sopratutto, dei sentimenti che il pirata più temuto dello spazio ha suscitato in lui, speranza, rimpianto, rispetto... e...
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rimpianto

RIMPIANTO



NOTA: questa one shot è basata sulla puntata “La capitana” della serie SSX; alcune frasi e situazioni sono quindi riprese dalla trama originale di questo anime. Questo personaggio mi incuriosisce, perché nell’anime è chiaro che nel passato ha avuto qualche legame forte con Harlock, lavoravano insieme ma a me è parso che ci fosse qualcosa in più… visto poi come va a finire, ho pensato che tra di loro ci fosse stata una storia d’amore.


Ringrazio di cuore la mia amica, nonché bravissima autrice e disegnatrice, Angel Of Fire, per avermi dato preziosi consigli su alcune parti della fic, e degli utili suggerimenti per la stesura della stessa.


Buona lettura!


MiciaSissi




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Da tanti anni, ormai, non pensava che l’avrebbe mai più rivisto; lui era sempre nei suoi pensieri, anche adesso che era passata dalla parte di quelli che molti definivano dei nemici, e non degli alleati: gli Illumidas.

E poi quell’incontro inaspettato su quel pianeta, che l’aveva fatta fremere, ma che l’aveva anche spaventata, perché i sentimenti non erano cambiati, nonostante tutto. E rivederlo era stato come ricevere una pugnalata nel petto… Quella sera si erano ritrovati a cenare insieme, con alcuni suoi compagni, il capo ingegnere dell’Arcadia, Tochiro Oyama, e un ragazzino del suo equipaggio. Entrambi avevano chiacchierato per quasi tutta la cena, mentre Harlock era rimasto abbastanza silenzioso davanti a lei. E quando Tochiro e il giovane se n’erano andati per sbrigare una faccenda, loro due erano rimasti soli, al tavolo vicino alla grande vetrata del ristorante. Leotard non riusciva a staccare gli occhi da lui: aveva quella divisa da pirata, che non aveva ben pensato di nascondere, con le maniche arrotolate sugli avambracci, forti e vigorosi, segnati da qualche cicatrice. Harlock era un guerriero, lo era sempre stato, e quella pelle segnata gli conferiva un’aria ancora più affascinante e decisa, denotava che era un combattente che non si sarebbe fermato davanti a nulla. Così com’era stato in passato e com’era ora con la sua nave pirata.

- Ti sei sposato, Harlock? – Gli chiese, sorseggiando del vino.

Lui posò il piccolo bicchiere che si era appena portato alle labbra – no… la donna che dovevo sposare, Maya, è morta alcuni anni fa, quando decisi di disertare – rispose, alzando lo sguardo – persi lei e un occhio nello stesso periodo –

- Mi spiace, Harlock… non hai avuto neanche tu una vita facile, vero? – Mormorò, scoraggiata, posando il bicchiere che aveva in mano.

- La vita che faccio l’ho scelta io, non ho rimpianti, Leotard. Ma forse tu sì – rispose con voce ferma.

Lei distolse lo sguardo e fissò attraverso la vetrata, che però le rimandava l’immagine di lui.

- Sai, dopo la sconfitta in cui persi la mia nave lasciai l’esercito… sono diventata un corpo senz’ anima, tu invece hai continuato a seguire i tuoi ideali – ammise con amarezza.

- Sì, non ho mai rinunciato a seguire quello che sentivo nel mio animo –

Leotard si voltò – non ha senso, Harlock, quello che hai fatto non ha senso, quello che sei diventato non lo potrò mai capire – rispose con voce dura.

Lui sorrise, sarcastico – sempre meglio che diventare un corpo senz’anima, Leotard – si alzò dal tavolo e la salutò – addio, torno alla mia nave –

Leotard lo seguì con lo sguardo, la schiena ritta nella divisa nera, i capelli sempre folti e ribelli come tanto tempo prima, come quando si erano conosciuti e amati…


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7 anni prima


Leotard accarezzava piano il petto scoperto di Harlock, stesa al suo fianco nella cabina appena illuminata da una candela accesa. Ad Harlock piaceva la luce tenue e calda delle candele, non amava molto le luci artificiali che era costretto a vedere tutto il giorno, a bordo dell’astronave che comandava. E nella sua ampia cabina preferiva usare quelle alla sera e durante la notte.

L’uomo dormiva profondamente, ma Leotard, nuda nel suo letto e stretta a lui, non riusciva a chiudere gli occhi. Gli accarezzava piano il petto ben modellato, glabro e liscio, interrotto solo da una piccola cicatrice vicino alla spalla. Non riusciva a dormire perché doveva trovare il coraggio di dirgli quello che aveva deciso, e che avrebbe per sempre cambiato la sua vita, la loro vita.

Era da alcuni mesi imbarcata sulla nave di Harlock, una nave militare della Federazione Terrestre, la Death Shadow, che lui comandava già da alcuni anni nonostante non fosse ancora trentenne. Era stata orgogliosa di prestare il suo lavoro come primo ufficiale dell’ ammiraglia, comandata proprio da lui, da un uomo che tutti sapevano avere grandi doti di comando e di stratega. Ma ben presto quell’ammirazione professionale si era tramutata in passione e poi in amore, e Leotard era diventata la sua donna dopo poche settimane da quando aveva iniziato a lavorare al suo fianco.

Ma adesso doveva parlargli, dirgli quello che aveva deciso… e non era facile, perché non aveva smesso di amarlo, e sarebbe stato difficile per entrambi affrontare quello che doveva rivelargli. Attese che si svegliasse, e quando si girò verso di lei per abbracciarla e baciarla, Leotard lo strinse forte a sé, poi lo guardò intensamente.

- Cosa c’è ? – Mormorò Harlock, i capelli spettinati e lo sguardo sonnacchioso. Si accorgeva sempre quando c’era qualcosa che non andava, anche se si era appena svegliato.

Leotard si sciolse dal suo abbraccio e si mise seduta, tirandosi il lenzuolo contro il seno e rannicchiandosi con le gambe contro al torace, come per proteggersi – Devo dirti una cosa, Harlock… avrei dovuto farlo già da due giorni, ma ho trovato solo ora il coraggio – disse, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.

Harlock intuì che era qualcosa di importante e si mise seduto anch’egli – è così grave? – Chiese, accarezzandole un braccio.

Leotard si voltò verso di lui, bello e serio alla luce della candela quasi consumata – sì… l’Alto Comando mi ha offerto di diventare il capitano della Belle Blue, e io… ho accettato –

La frase rimase come sospesa nel vuoto; Harlock staccò la mano dal suo braccio. Sapevamo entrambi quello che significava: non si sarebbero più visti, avrebbero comandato navi stanziate in settori spaziali differenti e con compiti differenti, le loro vite si sarebbero separate per sempre. Durante quel periodo passato insieme, sulla stessa nave, Leotard aveva avuto dei dissapori professionali con lui, il quale spesso faceva fatica a seguire gli ordini, spesso assurdi, che gli venivano imposti dall’esercito, asservito agli Illumidas. Aveva compiuto alcune missioni al limite del suo grado di capitano, ignorando alcuni divieti e aiutando molti profughi, nonostante gli fosse stato sconsigliato dai suoi superiori. Per lei era inconcepibile agire così, l’esercito era la sua vita e ubbidire a qualsiasi ordine era sempre stata la sua legge, così come lo era nella sua famiglia.

- Non sono stato informato di questo… cambiamento – commentò, stupito. Come suo superiore il Comando avrebbe dovuto avvisarlo subito di quella decisione sul suo equipaggio. Poi capì – è stato tuo zio, vero? –

Leotard annuì; la sua famiglia era potente, suo zio era il comandante dell’esercito terrestre, e sua madre era un ammiraglio della flotta stanziata in quel settore. Era bastata una sua richiesta per tenere segreta la cosa.

- Perché non ne hai comunque parlato con me, prima? – Chiese lui.

- Perché avevo paura di cosa mi avresti risposto, di non avere più il coraggio di accettare – sussurrò Leotard, i lunghi capelli scuri che le ricadevano ai lati del viso tirato. Harlock sapeva che mirava a diventare comandante di astronave, aveva studiato duramente e aveva fatto una lunga gavetta prima che il Comando le offrisse quel posto che tanto anelava. La sua era una famiglia di militari di alto rango, e una parte di lui capiva la sua scelta.

- Quando prenderai servizio sulla Belle Blue? – Domandò con voce atona.

-Tra tre giorni… domani credo ti arriverà la comunicazione ufficiale di accompagnarmi alla base spaziale B678 e di scegliere il tuo nuovo primo ufficiale – spiegò, spostando lo sguardo da lui.

Harlock scostò il lenzuolo e si alzò, attraversò la cabina, nudo, e si mise i boxer appoggiati lì vicino.

- Harlock… lo so che non ha senso chiederti perdono, ti chiedo solo di capirmi – disse Leotard, stringendo il lenzuolo contro il seno.

L’uomo la fissò – voglio rispettare la tua decisione, Leotard, in fondo questa è l’occasione che attendi da una vita, no? E nella vita spesso bisogna prendere delle decisioni molto dolorose, ma bisogna anche avere il coraggio di seguirle. E tu lo hai fatto, sei rimasta coerente con te stessa -

- Harlock… - mormorò lei, commossa dalle sue parole. Harlock era sempre stato un uomo giusto, onesto, rispettoso di tutti e tutto, e lo stava dimostrando anche questa volta. Era un uomo raro, un uomo che aveva ben poco da spartire con il governo corrotto e subdolo a cui doveva ubbidienza.

E così tre giorni dopo se n’era andata, salutata ufficialmente dall’equipaggio mentre Harlock, con la divisa rossa e immacolata, che esaltava la sua figura prestante e vigorosa, restava ritto sul ponte di comando e la osservava in silenzio.

Mentre lasciava l’ammiraglia, Leotard aveva avuto la brutta sensazione di star facendo lo sbaglio più grande della sua esistenza; eppure stava per iniziare la vita che aveva sempre desiderato, essere il capitano di una nave tutta sua.

Ma quella sensazione, nel corso dei due anni che seguirono, era stata premonitrice; al fianco dei suoi successi professionali come capitano, anche l’insoddisfazione per la propria vita personale, per aver perso Harlock, erano cresciute in modo esponenziale. Si era resa conto che l’amore per lui non l’abbandonava, aveva avuto altri due uomini ma tutto era finito molto presto. Voleva tornare da lui, la vita che tanto anelava le sembrava ora senza senso, se non poteva vivere con un uomo come Harlock.

Aveva chiesto così di essere di nuovo assegnata alla nave ammiraglia, accettando un ruolo anche di minor grado pur di tornare da Harlock; ma quando aveva saputo che l’uomo che tanto amava aveva disertato, lasciando la flotta militare terrestre asservita ormai agli Illumidas, e diventando un pirata, il mondo le era crollato addosso.

Lo aveva perso per sempre, lei non avrebbe mai potuto opporsi al governo e agli Illumidas, diventando una fuorilegge, non ci sarebbe mai riuscita.

Così aveva cercato di dimenticarlo, di buttarsi di nuovo sul suo ruolo e sul suo lavoro, fino a diventare il braccio destro del capo delle forze Illumidas nel Sistema Solare. Era diventata una donna dura, disperata e spietata, era come impazzita… e aveva deciso di passare dalla parte del più forte, per sentirsi ancora viva, per sentirsi utile, per sentirsi qualcuno: era passata dalla parte di quelli che Harlock adesso considerava nemici, accettando di far parte a tutti gli effetti del loro esercito. Era l’unico modo che aveva trovato per soffocare dentro di sé la disperazione che provava, e che ancora urlava dentro di lei, per aver lasciato Harlock.


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L’aveva rivisto il giorno dopo; aveva tentato di far sabotare la sua nave, ma Harlock l’aveva scoperto e aveva ucciso l’ufficiale Illumidas, il quale insieme a lei, stava per giustiziare a sangue freddo il meccanico che aveva riparato un pezzo importante del motore dell’Arcadia.

Ormai erano nemici, e di questo sia Leotard che Harlock ne erano consapevoli; i dissapori che li avevano divisi durante il loro passato di coppia, sugli ordini da eseguire per conto degli Illumidas, alla fine li avevano portati a quello.

- Vieni fuori! – Esclamò Harlock verso la donna che aveva amato, incitandola a uno scontro decisivo.

Leotard, avvolta in una lunga mantella scura, lo seguì all’esterno della povera casa del meccanico e di sua moglie, sotto la pioggia scrosciante dell’improvviso temporale.

Harlock estrasse la sua spada laser, con il lungo mantello rosso e nero che si muoveva nel vento freddo: era bello e fiero, serio e triste. Leotard si tolse la mantella, rivelando di indossare la sua vecchia divisa di capitano della Belle Blue, la sua nave che aveva perso in una battaglia.

Sarebbe stato un duello che andava ben oltre lo scontro tra due persone; era lo scontro tra due ideali, tra chi si era piegato al nemico potente, per sentirsi ancora vivo, e chi invece aveva fatto della lotta contro quel nemico la propria bandiera di libertà.

Leotard si scagliò contro di lui, e duellarono sotto la pioggia; la spada della donna ferì Harlock al fianco, ma aveva controllato l’arma in modo da non provocargli danni. Non sarebbe mai riuscita a ucciderlo, ma voleva che lui capisse quanto stava sbagliando con quella vita che aveva deciso di portare avanti. Ma era proprio così? Chi stava sbagliando? Chi si sentiva un corpo senz’anima, chi aveva tradito il proprio popolo? Era questo che Harlock ora rappresentava: era la sua sconfitta, era la prova che aveva sbagliato tutto.

Lui la costrinse contro un albero, mentre il temporale infuriava, e le posò la lama alla gola; Leotard non poteva fare nulla, Harlock l’aveva vinta.

Ma Leotard sapeva che cosa doveva fare, come avrebbe potuto mettere fine a quello strazio, come avrebbe potuto smettere di soffrire per le proprie scelte. Sapeva che dopo quell’ultima missione non sarebbe più stata capace di collaborare con gli Illumidas, ma non poteva tornare indietro, aveva perso Harlock tanti anni prima. E se doveva venir giustiziata per aver fallito quell’incarico, preferiva morire in altro modo, combattendo contro di lui.

Alzò il braccio che reggeva la spada, e due lacrime le scesero lungo le guance, nascoste dal casco militare che indossava, mentre un fulmine scendeva su di lei e si scaricava sulla punta acuminata dell’ arma, fino ad arrivare al suo cuore.


F I N E


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Testo di: MiciaSissi


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Leiji Matsumoto. Questa storia è stata scritta senza scopo di lucro. Qualsiasi cosa inventata in questa fic sono copyright dell'autrice e pertanto ne è vietata la sua riproduzione totale o parziale sotto ogni sua forma; il divieto si estende a nomi, citazioni, estratti e quant'altro sia frutto della sua immaginazione. Non ne è ammessa la citazione né qui né altrove, a meno che non sia stata autorizzata tramite permesso scritto della stessa autrice.

   
 
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