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Autore: Rumenna    10/09/2016    0 recensioni
[BOYS LOVE] Ivan studia disegno ed è innamorato di Tina. Tuttavia il suo look lascia molto a desiderare. Si farà consigliare dall'esperto Rosemund. Ma cosa potrebbe accadere se un consiglio dopo l'altro i due si avvicinassero sempre di più?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Sto dormendo in macchina con Rosemund quando mi aveva detto che mi avrebbe riaccompagnato. Tra l'altro ha le spalle scoperte. È un maniaco? Siamo coperti dai cappotti, ma potrebbe essere successo qualcosa. In fondo chi mi assicura che dopo non mi abbia rivestito?

Rosemund ha improvvisamente aperto gli occhi blu e di scatto si è alzato a sedere prima che avessi il tempo di farlo io.

Le sue spalle sono scoperte, ma indossa una camicia, anche se è sbottonata per metà.

«Che succede?»

«Dovrei essere io a chiederlo! Perché non mi hai riaccompagnato a casa come mi avevi detto?»

Mi guarda stranito, eppure sono assolutamente sicuro che sta pensando a cosa rispondere.

«Mi è venuto sonno, scusa.» Ha fatto un sorrisino. Dovrei credergli?

«Scusa, avresti preferito che ti riaccompagnassi rischiando un colpo di sonno? Avremmo potuto avere un incidente!»

Sta fingendo.

«Non sei convincente.»

«M-Ma...Uff!»

Si è voltato dall'altra parte sbuffando. Certo che ci ho preso. Chi credeva di imbrogliare?

Si è voltato verso di me, guardandomi in maniera profonda.

«Non guido le automobili.»

Silenzio.

È tutto qui? E io che credevo chissà cos'avrebbe inventato.

«...Scusa, forse avrei dovuto avvisarti prima.»

Che non ne abbia avuto voglia, o avesse i propri motivi, sarebbe stato decisamente opportuno, sì.

«Capisco che tu ce l'abbia con me, e visto che non ci conosciamo, puoi chiedermi un favore per il torto subito.»

«Ehm...Okay.»

Che tipo strambo. Il mio istinto lo sapeva fin dal primo momento, che dovevo sbarazzarmi di lui. Adesso farò anche tardi a lezione per colpa sua.

Ho guardato l'orologio. È ancora presto. Per fortuna. Per SUA fortuna.

«Adesso non mi viene ancora niente in mente, sono troppo frastornato dal sonno.»

Tra l'altro questo qui mi ha fatto innervosire già di prima mattina.

«Ti chiedo davvero di perdonarmi, Ivan!»

Che persona fastidiosa.

«Sì, si.»

«Grazie! Grazie!»

Devo avvisare mio padre di venire a riprendersi l'auto. Ma sono un'asociale di merda, quindi non ho nemmeno un telefono cellulare. Ho guardato Rosemund, che si sta infilando il cappotto.

«Ho pensato al favore. Prestami un telefono.»

Ha sbattuto le palpebre.

«Non mi dire che non ne hai uno ai tempi d'oggi?»

Perché parlo proprio io?

«Certo, prendilo pure.»

Mi ha porto il moderno cellulare. Non ho la benché minima idea di come si usi. So usare il computer, ma di certo non questo aggeggio infernale.

«...Come si fa?»

Che figuraccia. Ultimamente ne faccio a valanghe. Con un paio di manate, è apparso il tastierino numerico sullo schermo ed ho composto il numero. Sta squillando.

«E tu perché non ne hai uno ai tempi d'oggi?»

Preso in contropiede.

«Pronto, papà? Sono Ivan! Ascolta, mi servirebbe un favore...»

Mentre parlo al telefono, Rosemund ha aggiustato lo schienale del sedile sul quale era appoggiato, uscendo silenziosamente dall'auto.

Almeno ha rispetto dell'altrui privacy.

Mio padre si è arrabbiato molto, per aver preso la macchina senza permesso e per la richiesta che gli ho fatto. Mi ha obbligato a tornare a casa a restituirgli l'auto. Il tutto il prima possibile, e se aggiungo la sfuriata mattutina, non credo che avrò il tempo di fare colazione oggi. Ho guardato fuori dal finestrino: Rosemund sta aprendo la serranda del negozio, strofinandosi le mani cercando di scaldarsi. Il vento freddo di questa mattina gli scompiglia i capelli.

Un po' mi spiace per come ho dubitato di lui, in fondo è stato chiamato da degli estranei in piena notte per soccorrere un ubriaco che nemmeno conosce. Ci sta che avesse sonno e ne ha approfittato per farsi una dormita in macchina.

Ho messo in moto l'auto e ho svoltato senza nemmeno salutarlo. Ho raggiunto un bar (affollatissimo tra l'altro) e ho ordinato due cappuccini e un paio di brioche alla frutta.

Ho parcheggiato l'auto davanti all'entrata del negozio di vestiti e sono entrato.

Rosemund al bancone mi ha guardato senza dire una parola.

«Grazie per il cellulare.» Ho appoggiato il cellulare sul bancone.

«Prego.»

«E...Ehm...Grazie per ieri sera.»

Ho appoggiato di scatto la busta sul bancone e sono uscito di corsa, mi sono lanciato in auto e ho messo in moto, infilando la mia brioche tra i denti.

*

Dopo la paternale infinita, sono arrivato a scuola in ritardo. Adesso sono libero di gironzolare per i corridoi come mi pare e piace, visto che ho da finire il mio compito (il nudo di Tina). Tina sta parlando con la sua amica Maria, gli occhi scuri concentrati sul disegno. Chissà se dopo ieri sera mi rivolgerà la parola o tornerà ad ignorarmi... Ho quasi paura di scoprirlo.

Le si è avvicinato un ragazzone alto e robusto, che intimidito le ha chiesto di parlare in privato. Si starà per confessare? Tina gli dirà di si? Lo rifiuterà?

Di solito Tina non parla molto, è un po' chiusa. Non so molto di lei.

Se però li seguissi...Riuscirei a scoprire se a Tina piace già qualcuno!

Dovrei essere silenzioso come un moscerino per riuscirci.

Mi sono avvicinato quel tanto che mi basta per ascoltare, fingendo indifferenza.

«Andrà bene l'aula per la posa dei modelli?»

«Sì, non c'è nessuno dentro.»

Stanno andando verso le aule dove ci si raccoglie per disegnare i nudi.

Sono silenzioso, silenziosissimo. Non mi hanno scoperto. Hanno svoltato. Ho sentito una porta chiudersi.

Ecco il corridoio, ed ecco le aule. Spero solo di non trovarli in atteggiamenti amorosi! Sarei spacciato se quel tizio fosse il suo fidanzato segreto!

Mi sono accostato alla porta socchiusa. C'è un silenzio quasi inquietante.

Sbircio.

 

Un gruppo di studenti seduti in cerchio è concentrato a disegnare un ragazzo alto, molto muscoloso, mascellone e ciuffo biondo da ribelle. Nudo frontale alla vista, il modello si accorge di me e mi fa l'occhiolino.

Sono rabbrividito. Uuuugh. Brr...Che impressione. Ma allora dov'è Tina?

Ho cambiato porta e ho sentito delle voci.

«Scusa, non ce l'ho con te.»

 

«È perché sono grasso, vero...?»

«Assolutamente no. Non ho quel genere di pregiudizi io.»

«Facile parlare, quando scarichi qualcuno.»

«Se è per questo, ieri ho visto due uomini baciarsi, e sono rimasta impassibile come una roccia, se proprio ci tieni a saperlo.»

Mi è venuta l'immagine in mente. Ho fatto una smorfia.

«Allora perché non provi a conoscermi, invece di rifiutarmi senza motivazioni?»

«Proprio perché non ti conosco! Mi sei venuto a dire che sei innamorato di me e mi hai chiesto di essere la tua ragazza, quando non so nemmeno chi sei! Io ho bisogno di conoscere qualcuno, di parlargli, prima di farmi un'idea generale. Di mangiare insieme, di ridere insieme. Per certe cose c'è bisogno anche di romanticismo, che viene molto dopo un'amicizia, io sono una ragazza, non un animale. Mi dispiace che tu mi abbia presa per una facile.»

Ho corso il più in fretta possibile, finendo in cortile.

Mi si è gelato il sangue nelle vene. Avrei fatto lo stesso errore anche io un giorno. Quel che mi fa male è che Tina ha pienamente ragione. Con quale criterio contavo di dichiararmi? Chi diavolo sono io? È già un miracolo se ci scambiamo i saluti. 

Devo pensare molto attentamente a questo.

Con un peso nel cuore, mi sono messo a tratteggiare le curve sinuose delle gambe di Tina sulla tela.

Le parole gelide di Tina mi trapassano la mente come un proiettile.

Un'intensa amarezza si sta facendo largo nella mia mente, una stretta morsa sta stritolando il mio cuore, ed un grosso macigno sta affondando nel mio stomaco.

Ho intinto il pennello nel colore rosso acceso.

Ho poggiato la punta sulle labbra carnose e sinuose di Tina. Ho fatto una breve linea.

Poi tutto il disegno è diventato rosso: con rabbia ho tracciato una pesante linea a zigzag su tutta la superficie, sbattendo il pennello sul pavimento e lanciando per aria la tela.

Mi sono seduto sul grande davanzale, e, accucciato in posizione chiusa, ho appoggiato la testa sulle ginocchia, cercando di mandare via la rabbia.

Ho caldo.

Ho aperto la finestra mettendomi a sedere come una persona normale. Mi sono passato la mano scheletrica sui capelli, cacciandoli indietro. La goccia di una lacrima si è mescolata con la pittura color rosso passione.

Mi sento triste. Tanto triste. Forse quel ragazzo come me sognava Tina tutte le notti, la desiderava e la ammirava disperatamente come faccio io.

Tina non si è smentita. È anche per quel suo carattere forte che ne sono rimasto affascinato. Cosa potrebbe dire lei di me? Che abito ancora con mamma e papà, che mi pagano le tasse di scuola, che vengo quasi imboccato dalla governante che mi lava i panni? Che vado in giro a montarmi la testa con la macchina di mio padre come uno sfigato? Uno si fa due domande se viene a sapere che non ho uno straccio di amico... E se pure cercassi di farmene uno, non ho nemmeno un cellulare per chiamarlo, come se fossi un pezzente! Sono magrissimo, ho la barba incolta, vedo il marcio dovunque, sono sospettoso e taccagno, parlo poco e in maniera sgarbata... Ci sarà davvero qualcosa di buono in una persona come me...?

*

Ho pianto silenziosamente per tutta la mattinata, compresa l'ora del pranzo. Sono rimasto seduto sul davanzale a rimuginare come un bambino capriccioso per almeno due ore.

Sono le tre del pomeriggio, solitamente lascio la scuola molto più tardi, ma non ho proprio voglia di restare qui dentro un minuto di più. Mi sento le palpebre pesanti, ho perso la forza nelle braccia... Ah, già, quella non l'ho mai avuta. Ho perso il mio compito e le mie speranze. Andrò a passeggio, magari vagando per la città riesco a trovare un senso a questa vita piatta e fredda come il marmo.

Forse dovrei mettermi a scrivere poesie su un amore struggente. Meglio di no.

Ho camminato a lungo. Continuo a camminare.

Sono in un parco, molto distante da casa. Sono stanco, non ho nemmeno pranzato. Andrò in un ristorante economico nei paraggi.

Sono entrato e mi sono avvicinato al bancone trascinando i piedi. Oltre che avere la schiena perennemente ricurva adesso trascino anche i piedi, perfetto.

Mi sono fatto accompagnare ad un tavolo davanti alla finestra. L'attesa pare che sia lunga. Chissà se mi decomporrò nel frattempo.

Mi sento così stanco...Mi si chiudono gli occhi...Ho sonno.

Ho chiuso gli occhi ed ho iniziato a sognare. Delle immagini forti misono arrivate alla mente, abbandonata all'oblio.   

   
 
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