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Autore: Diotima_    12/09/2016    5 recensioni
La vita dei Titans non è più la stessa.
Ma loro non lo sanno.
Vivono in un universo parallelo. Realtà e fantasia si intrecciano.
Persone comuni o supereroi?
Riusciranno a capire chi sono, effettivamente?
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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LA FORZA DI RICOMINCIARE
 
 
-Adesso va tutto bene, perché ci sei tu.
Ma credimi, non è stato sempre così.-
 
Il giorno in cui arrivai in collegio avevo una gamba rotta e una commozione cerebrale.
Le suore mi trovarono nel chiostro del convento, tra le rose.
E io non ricordavo nemmeno come ci fossi finita lì, non ricordavo nemmeno il mio nome.
 
Loro mi presero, mi curarono, mi salvarono.
Devo tutto a quelle donne.
 
Avevo un vuoto, un buco nero che risucchiava tutte le mie capacità di pensiero.
 
Durante i deliri si spaventarono.
Parlavo in un’altra lingua.
 
In effetti quando mi ripresi scoprii di poter comunicare attraverso dei suoni buffi.
Certi oggetti, certe azioni, potevo esprimerle solo in quella lingua.
Per me era naturale.
 
-Quanto vorrei delle bumplomp!-
 
-Cosa cara? Vorresti delle…?-
 
-Bumplomp! Le ho viste in giardino, sugli alberi. Sono piccole, rosse.-
 
-Le ciliegie? Sono ciliegie, non blum… insomma quello. Te le porto subito.-
 
Sapevano sempre darmi la risposta giusta al momento giusto.
 
Mi diedero anche un nome: Rose.
 
Di giorno andava tutto bene, ero serena.
Ma di notte
 
Le urla riecheggiavano per tutto il monastero.
 
Avevo degli incubi spaventosi che però, una volta sveglia non riuscivo a ricordare.
E allora mi disperavo, mi sentivo in gabbia, guardavo male tutti.
Poi una volta sorto il sole, sorgeva anche il mio buon umore.
 
L’edificio fungeva anche da collegio.
Una decina di ragazze ci viveva durante il periodo scolastico.
Feci amicizia con tutte.
Mi prestarono i loro vestiti.
Anche se a volte erano troppo corti o piccoli.
 
È per la mia altezza, sono decisamente la più alta.
 
Quella notte avevo avuto un incubo, il più vivido. Svegliai tutti.
 
Mortificata, andai in giardino, così da poter ammirare meglio l’alba.
 
Taylor, la mia compagna di stanza, mi raggiunse dopo poco.
 
-Tutto bene Rose? Hai messo un freno alle ombre del passato?-
 
-Ora va meglio. Tu dici che è il mio passato che di notte mi perseguita? Allora deve essere molto brutto.-
 
Mi sorrise e mi prese per mano.
 
-Quando tu arrivasti qui, io era in camera mia.
Sentii un botto enorme e una luce verde.
Mi precipitai in giardino e ti vidi.
Quei capelli rossi, quasi magenta.-
 
Rossi.
 
Le sue parole avevano aperto in me uno spiraglio.
Vedevo della terra, rossa.
Tante persone, con il mio stesso colore di capelli.
Poi più niente, lei continuò. Un ronzio si insinuò nella mia testa.
 
-Poi il tuo nome, dicevi cose strane, in una lingua strana.
Rose.
Per me è sbagliato. Non sei una rosa solo perché ci sei caduta sopra.
Per me sei una stella, una stella cadente.
Star.-
 
Star.
 
Il ronzio si faceva sempre più insistente, sempre più pungente.
 
-Sei d’accordo con me?
Una stella che brilla di luce propria.
Una luce rossa come il fuoco.-
 
Fuoco.
Fire.
 
Non riuscivo tenere gli occhi aperti per il mal di testa.
Ma volevo capire e l’amica Taylor mi stava aiutando.
 
-Forse hai ragione, Rose non mi rispecchia molto.-
 
Lei parve soddisfatta e riprese il suo discorso.
 
-Hai degli occhi verdi, intensi. Sei dolcissima, ma certe volte ci incenerisci solo guardandoci.-
 
Incenerire.
 
-Non dovresti essere triste! Sei giovane, sei così bella che sembra tu sia di un altro pianeta!-
 
-Di un altro pianeta?-
 
-È un modo di dire! Ma perché sei pallida?-
 
-Un’aliena…-
 
A quel punto non  ci vidi più dal dolore.
Mi accasciai a terra, in ginocchio.
 
Le parole giravano vorticosamente nella mia mente.
Star.     Fire.    Incenerire.   Altro pianeta.   Tamaran.  
 
-Tamaran!- urlai.
 
-Rose, che hai? Un’altra crisi? Cosa è Tamaran?-
 
Un lampo di ricordi mi trafisse.
Vedevo la mia vita scorrere, riavvolta.
 
Il volo, il colpo, la battaglia, i miei amici.
Robin.
 
-Robin!-
 
-Così mi spaventi, alzati, ti prego!-
 
Ricordavo tutto.
 
-Io… io. Il mio nome, quello vero, so qual è.-
 
Mi alzai lentamente, abbracciando una sempre più sbigottita Taylor.
 
-È grazie a te! Grazie!-
 
L’abbraccio si sciolse.
 
-Ora mi spieghi tutto!-
 
Le tesi una mano.
 
-Io sono Starfire, per voi terrestri. In realtà sono un’aliena e a Tamaran, il mio pianeta, mi chiamano Koriand’r. Faccio parte dei Teen Titans!-
 
La mia amica non ricambiò la stretta di mano.
 
-Ma hai battuto la testa? I teen cosa? Rose, ma stai bene?-
 
Dovevo darle una prova.
I laser!
Puntai la mano verso il cespuglio, da essa uscirono dei piccoli bagliori verdi.
Non era quello che avevo in mente, ma a lei bastò.
 
-Ora ci credi? Come fai a non sapere chi sono i Teen Titans? I supereroi di cui si parla in TV!-
 
-Nessuno li ha mai sentiti nominare. Te lo assicuro.-
 
Era tutto così strano, nessuno sapeva chi e dove fossero i miei amici.
 
Decidemmo di non raccontare a nessuno di aver recuperato la memoria, così da poter indagare meglio.
 
Nella nostra stanza provavo ad allenarmi meglio con i raggi laser e con il volo.
Ma niente.
Sapevo benissimo che sotto pressione i miei poteri non si manifestavano.
Avevo bisogno di lui.
Robin.
 
E dopo settimane di attesa mi trovò o io trovai lui…
 
Quando la madre superiora aprì il portone, pensava di trovar sulla soglia il postino, invece un ragazzo ferito ad un braccio, con gli occhi coperti da una maschera, i capelli neri, pieni di polvere, le si presentò davanti.-
 
-S…Star. È qui. Io l’ho vista. Portatemi da lei.-
 
E svenne.
 
Quel pomeriggio stavo facendo un giro di ricognizione e passando vidi che la stanza dell’infermeria era super affollata. Tutte le ragazze intorno.
Incuriosita, entrai.
 
Lui era lì, che mi fissava con i suoi azzurri, che riconoscerei tra mille, perché quegli occhi li conoscevo solo io (o almeno fino a quel giorno).
 
-Robin, tu, tu sei qui?-
 
Lui mi si avvicinò, chiudendo la porta.
 
-Ti ricordi di me?-
 
Una lacrima gli solcò il viso.
 
-Tu sei il MIO Robin e nessuno potrà mai portarti via dal mio cuore.-
Lui mi strinse forte, finalmente, è tornato.
 
-Oh Kori, ti ho cercata tanto. Sono fuggito per te, per i tuoi occhi, le tue mani.
Ho pregato ogni stella del cielo affinché ci facesse incontrare.
Ma cosa possono le stelle contro l’Universo?-
 
Singhiozzava forte, come un bambino.
 
-Stai bene? Scusami, scusami se non sono riuscito a proteggerti.-
 
Sciolse l’abbraccio e mi guardò preoccupato.
 
-Richard, adesso va tutto bene, perché ci sei tu.
Ma credimi, non è stato sempre così.
Però ti prego, prima spiegami tutto. Dove sono gli altri?-
 
Mi sorrise. Che bello il suo sorriso.
 
-No, prima di tutto ti bacio.-
 
Non mi da nemmeno il tempo di replicare che le sue labbra sono sulle mie.
 
-Quanto mi sei mancata.-
 
Tornò a sedersi sulla brandina e mi fece cenno con la mano.
 
-Vieni, ti dirò quello che è successo.-
 
 
 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Nota: ecco il quarto capitolo! Dedicato alla RobStar. Che dite? Vi piace? Io ho sempre visto Stella come la prima a reagire nelle situazioni complicate (tipo l’episodio con Mamma Posso).  Ringrazio tutti quelli che recensiscono/leggono/seguono la storia. Davvero grazie!
Aspetto le vostre opinioni. Al prossimo capitolo!
 
  
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