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Autore: Lady Of The Flowers    13/09/2016    3 recensioni
Un gruppo di amici in vacanza insieme al mare e un amore (quasi) impossibile.
Matthew Bellamy è il tipico ragazzo che non ama legarsi, cinico e orgoglioso; Gwen Morrissey, la sua migliore amica da una vita. Qualcosa presto cambierà il loro rapporto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Matt


Quell’ultima notte di vacanza ci obbligammo a rientrare in hotel verso le tre – fin troppo presto rispetto ai nostri standard –, ma solo perché la mattina, purtroppo, avremmo dovuto alzarci ad un orario preciso per affrontare il viaggio di ritorno ed era meglio non essere troppo stanchi: io e Dom, infatti, ci saremmo alternati alla guida.
Alle tre e un quarto spaccate mi lasciai cadere sul letto a peso morto, mentre Dominic ancora trafficava in bagno con la luce accesa.
«Pensi di venire a dormire entro l’alba?» Domandai, divertito e anche un po’ assonnato.
«Mh-hm.» Mi rispose, con lo spazzolino in bocca.
«Bravo, tieni i denti puliti per la tua donna.» Ridacchiai e un insulto non meglio identificato mi raggiunse in un attimo.
Fino a pochi minuti prima sembrava quasi di stare in un film d’amore per ragazzine quindicenni: bacini di qua e bacini di là, risatine imbarazzate, lui e Lola che giocavano a rincorrersi come due bambini. Avevo quasi dovuto trascinarlo in camera per farli allontanare e lui aveva avuto il coraggio di lamentarsi come se, una volta separati, non si fossero più potuti vedere… Gwen, intanto, aveva dovuto fare praticamente la stessa cosa con la sua amica. Il tutto era finito con me e Gwen che ci salutavamo da una parte all’altra del corridoio, cercando di tenere le teste dei due piccioncini innamorati dentro alle camere. Una scena esilarante.
Dominic si decise finalmente ad uscire dal bagno e si mise a letto, a rischiare la stanza c’era solo la luce fioca della luna che entrava dalla finestra.
«Non so se riuscirò a dormire.» Disse piuttosto cupo, ma io scoppiai immediatamente a ridere.
«Ma finiscila!» Esclamai, mentre mi tenevo una mano sulla pancia.
«Non ridere, sono serio.» Fece, lamentoso.
«Se è perché hai voglia di scopare ti capisco, altrimenti no, mi spiace.» Commentai, allora.
«Oh, vaffanculo, Bells!» Rise anche lui. «Ti stupirò, ma non è per quello.»
Rimase in silenzio un attimo.
«Ho solo voglia di stare con lei.» Aggiunse e poi lo sentii voltarsi dall’altra parte.
«Oh, quanto sei dolce. ‘Notte, cucciolino.» Sussurrai io, prendendolo in giro, ma come risposta ebbi solo uno sbuffo.
Così chiusi gli occhi. Avevo bisogno di dormire e riposare, il viaggio del giorno dopo sarebbe stato lungo e in più mi sarebbe toccato sopportare gli sbaciucchiamenti da diabete della nuova coppietta… Una faticaccia, insomma. Ma appena la mia vista si fece buia, ecco che apparve lei.
Sembrava una presa per il culo bella e buona. Avevo appena finito di sfottere Dom perché faceva la femminuccia innamorata e poi ero io il primo ad essere ridotto così. Mi era perfettamente chiaro che volevo qualcosa di più da lei e che questa specie di infatuazione non mi sarebbe passata tanto in fretta, l’unica cosa che non riuscivo a capire era se davvero ero arrivato al punto di desiderare una relazione o se avevo solo bisogno di soddisfare un – diciamo – desiderio proibito. Anche solo a pensarla, quest’ultima cosa, mi sentivo uno stronzo patentato, ma non riuscivo ad uscirne, a trovare una soluzione a quel problema. Mi torturavo pensando a come avrebbe potuto reagire lei a un mio possibile approccio, se ci sarebbe stata o mi avrebbe mandato al diavolo. Mi sembrava di essere tornato ad essere uno sprovveduto. Cosa avrei dovuto fare? Era troppo preziosa per perderla così, per uno stupido capriccio, poi, ma io non ne uscivo ed era uno strazio. Non mi era mai capitato di interessarmi in questo modo ad una persona, ma soprattutto di dover aspettare per averla. E poi io stavo bene da solo, lo ero sempre stato, perché tutto d’un tratto mi sembrava di volere qualcosa di più? E per di più da Gwen? Chi mi avrebbe assicurato che lei ci sarebbe stata se io avessi deciso di provarci? Ma soprattutto, se poi io avrei voluto davvero impegnarmi con lei? Avrei di certo combinato un disastro. Che fottuto macello.
Quella sera era stato Dom a convincermi – o meglio ad obbligarmi – a chiedere a lei e Lola di uscire; in realtà, io avrei preferito andare a farmi un giro insieme agli altri, non perché avessi qualcosa contro loro due, solo perché avevo bisogno di svagarmi e di pensare a qualcos’altro che non fosse Gwen. Invece era andata diversamente dai miei piani e mi ero ritrovato alle due di notte a scorrazzare per la spiaggia con lei sulla schiena. E il giorno dopo avrei dovuto passarci anche tutto il viaggio insieme. Ero a cavallo.
Mi voltai a pancia in giù e misi la testa sotto al cuscino per cercare di scacciare il suo viso e il suo corpo dai miei pensieri, ma niente, rimanevano lì. D’un tratto, però, mi vibrò il telefono sul comodino e finalmente riuscii a distrarmi.
«Ma chi cazzo-» Sussurrai e mi sporsi per controllare chi fosse.
Amy.

Sono a letto e ti sto pensando.

Scossi la testa con un mezzo sorriso. Non demordeva, non c’era niente da fare. Il pomeriggio di quel giorno, dopo che Gwen mi aveva mandato un messaggio chiedendomi se lei e Lola sarebbero potute venire in macchina con me e Dom, ovviamente, avevo dovuto subito avvisare Amy, Alex e Megan dello scambio. Amy, come previsto, non l’aveva presa molto bene e si era presentata in camera mia piuttosto irritata. Nonostante l’avessi avvisata che non avrei cambiato idea in qualsiasi caso, aveva cercato in ogni modo di convincermi a farlo. Non sapevo se ero solo io a farle quell’effetto, ma si era comportata da vera ninfomane ed io non ero capace di dire no a certe cose.
Ed ora, eccola lì di nuovo. Decisi però di non risponderle. Sapeva benissimo come funzionavano le cose con me, ma faceva finta di non capire. Forse, essendo stato con lei più volte - nonostante si fosse da subito dimostrata un po’ appiccicosa, errore mio -, si era potuta creare qualche aspettativa, ma le avrei fatto capire che non c’era alcuna possibilità che lei potesse diventare qualcosa di più che una semplice scopamica.
Anche quel pomeriggio, comunque, con Amy inginocchiata tra le mie gambe era riuscita a venirmi in mente Gwen. Avevo pensato a come sarebbe stato se lì ci fosse stata lei e mi ero sentito sporco come mai in vita mia. Mi era sembrata la cosa più sbagliata del mondo ed era anche per quei pensieri poco pudichi che non capivo quale era il vero motivo per cui desideravo averla per me. C’erano stati i brividi, il batticuore improvviso, la voglia di baciarla, ma anche quegli stupidi pensieri… Forse era meglio lasciar perdere tutto e combattere quelle strane voglie finché non mi sarebbero passate.
Dopo aver rimesso il telefono sul comodino, mi decisi a trovare un modo per riuscire ad addormentarmi, anche a costo di finire a contare le pecore. Ed in effetti, fu proprio così.

Chiusi il baule e dopo aver salutato il resto della compagnia, che era già nell’altra macchina, mi misi al volante della mia Ford. Una volta salito, diedi un’occhiata alla mia destra e notai lo sguardo assassino che si stavano scambiando Gwen e Jessie da un’auto all’altra. Non si erano detti una parola, nemmeno ciao, ma la cosa che mi faceva veramente sbellicare era che sembrava lui quello più offeso dei due, come se fosse stato lui ad essere cornificato. Non smisero di guardarsi male finché Jessie non ingranò la retro e si immise in strada, scomparendo così dalla visuale di Gwen.
Lei si accorse che la stavo osservando e scoppiò a ridere.
«Cos’era quello sguardo?» Chiesi, divertito quanto lei.
«Oh, niente. Ha iniziato lui, veramente.» Rispose, giocherellando con le punte dei capelli.
«Giusto, non dargliela vinta.» Ridacchiai e le diedi una leggera gomitata.
«Mai.»
Feci per posizionare lo specchietto retrovisore e subito beccai Dom e Lola a limonare.
«Ehi ehi ehi, andateci piano!» Dissi. «Qui c’è gente sensibile!»
Per tutta risposta ottenni il medio di Lola. Gwen rise e io feci spallucce.
«Vorrà dire che alla prima curva il mio piede finirà casualmente sull’acceleratore…»
Non mi cagarono di striscio e continuarono imperterriti a fare quello che stavano facendo, intanto Gwen attaccò il suo iPod e disse che avrebbe fatto lei il deejay, niente radio, avrebbe esaudito qualche richiesta musicale ogni tanto, ma assolutamente niente radio.
Iniziò così il lungo viaggio di quattro ore e mezza verso casa.
Il primo a cedere alle braccia di Morfeo a poco più di un’ora dalla partenza fu Dominic - probabilmente anche lui si era addormentato più tardi del previsto a causa del cervello che non voleva spegnersi, perciò sentiva addosso ancora un po’ di stanchezza - e, dopo essersi accoccolata contro di lui, ci abbandonò anche Lola. Per le successive due ore guidai sempre io, solo dopo esserci fermati per una piccola pausa in una tavola calda lasciai il mio posto a Dom.
Finché lui e Lola erano rimasti svegli non c’era stato praticamente neanche un attimo di silenzio: avevamo riso, cantato a squarciagola, Gwen ci aveva raccontato di quella volta che a cinque anni le avevo regalato una lucertola morta cercando di convincerla che era ovviamente meglio della bambola che le avevano preso i suoi genitori e, infine, avevamo scommesso che Jessie si sarebbe presto presentato a casa sua in lacrime e con un mazzo di fiori per chiederle scusa, ma appena i nostri due amici chiusero gli occhi ne calò uno pesantissimo. Io – per i miei ovvi motivi – non sapevo davvero cosa dire ma, a quanto pareva, nemmeno Gwen, così lasciammo che fosse la musica a cercare di mitigare un po’ l’imbarazzo che aleggiava. Lei guardava fuori dal finestrino appena abbassato, i capelli le svolazzavano leggermente e aveva i piedi scalzi appoggiati al cruscotto, ogni tanto la sentivo sussurrare le parole di qualche canzone; io cercavo di concentrarmi sulla strada, ma per almeno un paio di volte non riuscii ad impedirmi di posare gli occhi su di lei, senza però farmi notare. Era davvero bella. Possibile che non me n’ero mai accorto?
D’un tratto la vidi con la coda dell’occhio voltarsi verso di me e aprire la bocca come per dire qualcosa, ma poi non disse nulla, così mi feci avanti io: erano ventitré minuti che non dicevamo una parola, mi sembravano sufficienti.
«Sì?» Dissi e accennai un sorriso incoraggiante.
Lei si agitò sul sedile. «Ma no- nien- niente.» Tartagliò e poi si mise a mangiucchiarsi un’unghia.
«Dai, spara!» La incitai.
Non poteva già chiudere la conversazione, così le diedi anche un buffetto sulla gamba con il dorso della mano per farla continuare.
«Mh.» Disse poco convinta, ma poi si decise ad andare avanti. «Lo so che non sono affari miei, però prima ho visto che Amy è venuta a parlar- a dirti qualcosa nell’orecchio…» Si interruppe e riprese a mangiarsi le unghie.
«E quindi?» Chiesi, alzando un po’ le spalle.
Non capivo perché fosse interessata ad Amy, quando sapeva benissimo che tipo fosse.
«Mi chiedevo se ci fosse del tenero, dato che ti ha anche messo le braccia intorno al collo…» Tossicchiò un po’ dopo aver terminato la frase.
Io mi voltai e la guardai con gli occhi sbarrati, lei fece spallucce come dire “non ho ragione?”. La risposta ovviamente era “no”.
«Del tenero?! Veramente gliele ho anche tolte, le braccia dal mio collo.» Le feci notare.
«Magari non volevi che gli altri se ne accorgessero.» Disse, in un tono piuttosto irritato, che io non capii.
«No, semplicemente non voglio che mi stia appiccicata.»
«Eppure non sembra.» Continuò, imperterrita.
Non capivo il perché di tutto quell’accanimento. Lo sapeva benissimo che non volevo avere relazioni e che di Amy me ne fregava meno di zero. Rimasi un attimo in silenzio per cercare di capire dove voleva arrivare.
«Dom ieri sera si è lasciato scappare con Lola che ieri pomeriggio eri con lei.» Disse, come infastidita. «Ammettilo che c’è del tenero.»
«Se avermi fatto un pompino preclude avere una relazione, allora sì, c’è del tenero.» Dissi, con gli occhi puntati sulla strada, mantenendo un tono tranquillo, ma piuttosto sarcastico. Un pompino, poi, durante il quale avevo pensato a lei… Sì, ero proprio innamorato di Amy. Innamorato perso.
Gwen non disse più nulla. Se avessi saputo sin dall’inizio che voleva farmi l’interrogatorio su Amy, non l’avrei di certo convinta a continuare la conversazione.
All’improvviso fummo distratti dalla vibrazione del mio telefono, che era appoggiato nel portaoggetti vicino al cambio. Lo sguardo di entrambi cadde immediatamente sullo schermo illuminato. Non ci credevo. Sembrava uno scherzo. Un messaggio di Amy. Non feci in tempo ad allungare la mano per afferrare il telefono che ci aveva già pensato Gwen.
«Beccato!» Gracchiò, soddisfatta.
«Mollalo!» Sbottai, cercando comunque di mantenere un tono basso per non svegliare gli altri due. «Gwen, mi incazzo.»
Lei non mi degnò di un minimo di attenzione e si mise a leggere il messaggio ad alta voce, imitando la voce di Amy.
«Se vi fermate con noi al prossimo autogrill, io e te possiamo fare una puntatina in bagno Cantilenò, terminando il tutto con un finto conato di vomito.
Io la guardai per un attimo. «Contenta?» Chiesi.
Di certo non aveva avuto soddisfazione leggendo qualcosa di sdolcinato, ma tutt’altro. Ora poteva averne la conferma anche lei: l’unica cosa che legava me e Amanda era il sesso, punto.
«Quella ragazza brama la tua attenzione e tu non lo capisci.» Disse seria, rimettendo il telefono al suo posto.
«Lo so benissimo, ma non mi interessa.»
«Fa di tutto per piacerti.»
«Ripeto. Lo so.»
«Pensi che riuscirai mai a volere qualcosa di più del sesso da una persona?» Mi chiese poi, a bruciapelo, quando mi aspettavo di tutto tranne che una domanda così.
Esitai, semplicemente perché non sapevo cosa rispondere: era proprio quello che stavo cercando di capire in quei giorni. Se avessi davvero voluto essere sincero, avrei dovuto dirle che era proprio lei che mi stava facendo riflettere su quella questione, avendo risvegliato in me emozioni che non credevo nemmeno di riuscire a provare, ma – ovviamente – non era mia intenzione farle sapere quello che mi passava veramente per la testa.
«Può essere.» Dissi, allora, restando sul vago.
«Questa risposta è già un gran passo avanti.» Ridacchiò.
Quella piccola risata mi fece tranquillizzare un po’. Forse l’interrogatorio stava prendendo una piega più scherzosa o, perlomeno, lo speravo vivamente.
«Prima o poi maturerò.» Aggiunsi, accennando un sorriso.
«Non perdiamo le speranze, Bellamy, non perdiamo le speranze.» Disse, dandomi due pacchette sulla gamba destra.
«Senti, fammi un favore.» Le dissi, poi. «Rispondi ad Amy che non ci fermiamo.»
Con la coda dell’occhio vidi sue labbra distendersi in un piccolo sorriso, mentre scriveva il messaggio. Era contenta di non doversi fermare e vedere Jessie o che io non volessi incontrarmi – in bagno – con Amy? Possibile che quell’irritazione che avevo notato prima nella sua voce fosse in realtà un po’ di gelosia? Decisi di fare finta di nulla. Ora che si era rotto il ghiaccio non volevo rovinare tutto con qualche battuta stupida o essere io a fare l’interrogatorio.
Così finimmo per parlare del più e del meno, di quando lei sarebbe tornata in università, di quando si sarebbe laureata - ebbe anche il coraggio di chiedermi se sarei andato a vederla, quando sapeva benissimo che la risposta era ovvia -, infine ci ritrovammo a ricordare episodi della nostra infanzia e adolescenza e ridemmo un sacco. Mi venne anche in mente quella volta che, a diciotto anni, sua sorella Nina, più grande di noi di cinque, aveva cercato di portarmi a letto dopo la festa di compleanno di Gwen, ma io, nonostante non fossi poi così sobrio, avevo rifiutato. Dopotutto era la sorella di Gwen ed eravamo lì per festeggiare il suo diciottesimo. Dopo averlo ricordato anche a Gwen, tra una mia risata e l’altra, e non aver ricevuto nessuna risposta mi voltai a guardarla per controllare che fosse tutto okay. Decisamente non sembrava esserlo. La sua espressione emanava rabbia e confusione.
«Beh?» Domandai.
«Beh?!» Disse lei, sgranando gli occhi. «Volevi scoparti mia sorella?!» Stridette, irritata.
Scoppiai a ridere. «Veramente era lei che voleva scopare me.» Puntualizzai, ridendo.
«E non ridere, brutto scemo!» Urlò, dandomi una sberla sul braccio e trattenendo una risata.
«Guarda che svegli Dom e Lola!» Dissi.
«Non mi interessa, stavi per scoparti Nina!»
«Ah, me la ricordo questa storia…» Intervenne Dom, sbadigliando.
«Ecco, hai visto? Li hai svegliati.»
«Cosa ne sai tu?» Chiese Gwen, voltandosi verso il biondo, che sobbalzò preso alla sprovvista.
Io gli lanciai un’occhiata divertita dallo specchietto retrovisore.
«Ehm, niente… Solo che Nina non vedeva l’ora di farsi un diciottenne.» Ridacchiò e io con lui.
«Cretini, siete due cretini.» Commentava Gwen. «Io non ci credo. Come facevo a non saperlo? Quindi non è successo nulla? Me lo giuri?» Sparava una domanda dietro l’altra, preoccupata.
«Ci siamo solo baciati, niente di più.» Affermai. «Tranquilla.»
«E non me l’avete mai detto, stronzi! Tu e lei, tutti e due.»
«Perché sapevamo che avresti reagito così.»
Lei sbuffò. Io risi. Lei mi diede una gomitata.
«Gelosona.» Sussurrai divertito e un’altra gomitata mi colpì.

Un’ora dopo, avevamo appena finito di pranzare alla tavola calda: Dom e Lola erano andati in una gelateria poco più avanti a fare i piccioncini, io e Gwen li stavamo aspettando nel parcheggio vicino all’auto. Tirai fuori dai jeans il pacchetto di sigarette e ne estrassi una.
«Posso?» Disse Gwen, con un sorriso.
«Certo.» Risposi e le passai quella che avevo appena preso.
Non fumava spesso, non era un vizio come il mio, lo faceva ogni tanto per la compagnia.
«Me l’accendi tu?» Chiese, mentre si appoggiava al cofano della macchina.
Annuii, presi lo zippo che avevo in tasca e mi avvicinai per accenderle la sigaretta che teneva tra le labbra. La sentii mormorare un “grazie” e, prima di accendere la mia, la guardai fare il primo tiro, chiudere un attimo gli occhi e buttare fuori il fumo. Era davvero molto tempo che non la vedevo farlo ed in quel momento la trovai di un eleganza spaventosa, di un erotismo che sfiorava i limiti del possibile, ma forse… forse ero solo io che ormai ero fin troppo confuso da quello che provavo. Fortunatamente mi accorsi di essermi incantato sulla sua bocca prima che lo facesse lei e distolsi lo sguardo. La situazione stava peggiorando sempre di più.
«Stasera fai qualcosa?» Mi domandò, soffiandomi il fumo in faccia.
«Veramente non lo so ancora.» Fui sincero.
Forse avrei dovuto passare da mia madre e cenare con lei, obiettivamente la vedevo pochissimo, ma era una mia scelta. Da quando avevo iniziato a lavorare, ormai da circa un anno, vivevo da solo in un appartamento non lontano dalla mia vecchia casa, nonostante ciò non avevo mai voglia di tornarci per vedere mia madre e quel coglione di Bill, il suo nuovo compagno. Mio padre era morto un paio di anni prima per un cancro allo stomaco e mia madre si era presto consolata trovando un rimpiazzo che di certo non era degno né di lui né di lei. Bill era un uomo insulso, stupido, scansafatiche e io non lo sopportavo; più cercavo di capire come mia madre avesse potuto innamorarsi di un essere del genere, dopo essere stata per venticinque anni con un uomo splendido come mio padre, e più mi passava la voglia di andare a trovarla. La chiamavo, certo, ma entrare in quella casa era un incubo, perciò evitavo di farlo.
«Forse chiamerò mia madre per dirle che ceno da lei, ma ancora non ne sono sicuro.» Aggiunsi, guardando per terra.
«Vacci, Matt.» Disse Gwen, in un tono dolce. «Tua mamma ha bisogno di vederti più spesso di quanto tu creda.»
«Vedrò.» Risposi, dando un’alzata di spalle.
Rimanemmo in silenzio per un po’, io la guardai ancora mentre lei fissava il cielo. D’un tratto si avvicinò un po’ a me e mi diede una leggera spinta con la spalla.
«E se, dopo aver cenato con Valerie, venissi a vedere un film da me?» Disse e mi sorrise, guardandomi dritto negli occhi.
Panico.
Io, che mi vantavo di avere sempre la situazione in mano e di saper affrontare tutto quello che mi si presentava davanti con calma e sangue freddo, in quel momento, ero davvero in panico. E per di più, per una domanda cretina e, probabilmente, anche innocente.
Non sapevo cosa risponderle. Saremmo stati io e lei da soli? Magari in camera sua? Al buio? No, non era sicuramente il modo giusto per cercare di togliermi dalla testa le strane voglie di quei giorni. Avrei dovuto rifiutare, anche se con dispiacere.
«Non saprei… Forse dovrei riposarmi un po’, sai, il viaggio…» Iniziai a dire, mantenendomi sul vago. «Poi domani sera sono di turno al pub.» Aggiunsi.
«Oh.» Fece lei, delusa.
Il senso di colpa si fece subito sentire a livello della bocca dello stomaco, così le lanciai un’occhiata dispiaciuta alla quale rispose con un piccolo sorriso. Aveva un musino che mi faceva davvero impazzire.
«Però magari vengo, okay?» Dissi poi, senza pensarci e mi venne subito voglia di mordermi la lingua.
Lei buttò a terra la sigaretta e mi strinse in un abbraccio.
«Ci conto.» Mi sussurrò vicino all’orecchio.
Merda, pensai io, guai in vista.

L’ultima ora e mezza di viaggio la passai seduto sul sedile posteriore in una specie di dormiveglia – in cui riuscii comunque a torturarmi pensando a cosa avrei dovuto fare più tardi –, con la testa di Gwen sulle ginocchia e un braccio attorno alla sua vita. Ero spacciato.



Ma saaaalve!
Capitolo leggermente più lungo del solito, ma spero che sia stato comunque apprezzato :)
Volevo, come sempre, ringraziare tutti quelli che seguono, che hanno preferito e anche ricordato; un grazie ancora più grande a coloro che recensiscono facendomi superfelice!
Aspetto qualche nuovo commento.
A presto, baci.

   
 
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