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Autore: Jadis96    14/09/2016    4 recensioni
"C'era qualcosa di speciale in loro. Era forse il modo in cui si muovevano, o il modo in cui parlavano... tutto faceva parte di qualcosa di più grande: una sintonia completa".
Elladan ed Elrohir sono i gemelli figli di Elrond, Signore di Imladris. Dall'infanzia trascorsa tra i rigogliosi giardini di Gran Burrone, attraverso la nascita di un legame speciale con i Dùnedain, fino alla scelta finale, che determinerà il loro destino per l'eternità. Questa è la storia dei principi che non erano figli di re, degli elfi che erano anche Uomini, identici e diversi, mortali ed immortali.
[I protagonisti saranno Elladan ed Elrohir, ma saranno presenti anche Elrond, Celebrian, Arwen, Glorfindel, Galadriel, Aragorn ed altri].
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arwen, Elladan, Elrohir, Elrond, Glorfindel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti, dopo un'assenza così lunga sono pronta ad accogliere lanci di pomodori, lamentele varie e, perché no, anche un po' di freddezza. Vi chiedo scusa per questa pausa non dichiarata, ma a quanto pare la vita di tutti i giorni si è messa d'impegno per impedirmi di scrivere e, giusto per abbondare, anche l'ispirazione mi ha lasciata per un lungo periodo. Ma adesso sono tornata, ho già iniziato a scrivere il prossimo capitolo e vi posso promettere che non vi lascerò più a mani vuote per così tanto tempo, perlomeno non senza avvisare. La fanfiction continua e spero anche i vostri bellissimi commenti. Buona lettura!
 
Lo studio di Elrond si trovava nella posizione ideale per cogliere la luce mattutina, tuttavia quel giorno la stanza era illuminata soltanto dagli sporadici raggi di sole che attraversavano le nuvole.
Un tempo ai gemelli non era concesso di entrare in quella stanza quando il padre non era presente e, sebbene quel divieto avesse cessato di esistere ormai da tanto tempo, Elladan continuava a rispettarlo. Pertanto, nel periodo in cui Elrond era stato a Lòrien, Elladan aveva preferito limitarsi ad usare la propria stanza.
 
<< Elladan, oggi andremo a controllare lo stato delle provviste per l'inverno >>.
Elrond, seduto alla sua scrivania, era intento ad ordinare vecchi documenti per fare spazio a dei nuovi.
<< L'ho già fatto >>, rispose Elladan.
Elrond sollevò lo sguardo, vagamente sorpreso. << Bene. Allora anticiperò la mia visita al fiume, devo verificare i danni arrecati al ponte dall'ultima piena >>.
<< Ho fatto anche questo >>, disse Elladan.
Elrond alzò un sopracciglio. << Quando? >>.
<< Appena prima di venire qui >>, spiegò Elladan, e mentre parlava tentò di interpretare l'espressione di suo padre per capire se fosse irritato o soltanto perplesso.
<< Posso sapere il perché di tanta dedizione? >>, chiese Elrond.
Elladan capì all'istante che mentire non gli avrebbe portato alcun bene, per questo optò per la verità. << Hai detto agli elfi rimasti feriti di riposare e di non far nulla che possa aggravare le loro condizioni, ma adesso sei tu che non segui il tuo stesso consiglio >>.
Elladan temette per un momento di aver osato troppo, ma la risposta che ottenne fu pacata.
<< Apprezzo la tua preoccupazione, ma so bene dov'è il mio limite >>.
Elladan non ne era convinto, ma sebbene suo padre non si fosse arrabbiato, il suo tono rendeva chiaro che la discussione era finita lì. Dal momento che Elladan non poteva insistere, decise tra sé e sé che avrebbe attuato il suo piano anche il giorno successivo e quello dopo se fosse stato necessario. Sapeva che Elrond non si trovava in pericolo, ma sapeva anche che la cavalcata del giorno prima aveva aggravato le sue condizioni e che in quel momento era tormentato dal dolore. Poteva vederlo nei suoi occhi e nella sua espressione, che a tratti era attraversata da una fulminea ondata di sofferenza, così lieve che ben pochi oltre ad Elladan sarebbero stati in grado di notarla.
<< Avevi intenzione anche di tenere la riunione di questo pomeriggio al mio posto? >>, chiese Elrond.
<< Ho pensato di farlo, ma Elrohir ha detto che ti saresti arrabbiato >>.
<< Elrohir aveva ragione. Per adesso puoi andare, mi limiterò a scrivere delle lettere, se non hai nulla in contrario >>, disse Elrond, conferendo a quell'ultima frase un tocco di ironia.
Quando Elladan era in procinto di uscire, si ritrovò faccia a faccia con Gilraen, che, avendo trovato la porta già aperta, stava per bussare sullo stipite. Appariva inquieta e impaziente, e tra le mani stringeva una lettera ripiegata.
<< Avanti >>, disse Elrond, indicando una sedia vuota.
Gilraen, però, restò in piedi. << Vorrei parlarti di una questione di grande importanza >>, disse. Poi aggiunse, rivolta ad Elladan, << Resta, per favore, vorrei anche il tuo consiglio >>.
Elladan fu segretamente contento di poter restare. Era curioso di scoprire cosa aveva turbato così tanto Gilraen.
<< Ho ricevuto pessime notizie da Annùminas. Sapete già che, dopo la morte di mio marito, la responsabilità di svolgere le funzioni di Capitano dei Dùnedain spettava a me, fino a quando mio figlio non fosse cresciuto abbastanza. Tuttavia prima che venissi qui ho affidato il comando all'uomo di cui Arathorn si fidava di più, Badhor, che ha ricoperto il suo ruolo con valore, dimostrandosi degno della fiducia >>.
Elladan pensò subito a Maedir, a Melwen, alla piccola Edeniel, e pregò che nulla fosse accaduto a qualcuno di loro. Aveva quasi timore di ascoltare ciò che Gilraen stava per dire, ma lei non sembrava avere nessuna intenzione di nascondere qualcosa.
<< Poco fa una lettera mi ha informata che Badhor ed altri venticinque Dùnedain erano in un accampamento, diretti verso un villaggio vicino, quando sono stati attaccati da un gruppo di orchi e da due Mannari. Non erano preparati a combattere e, se uno dei cani di Maedir non avesse fiutato i nemici in tempo, a quest'ora sarebbero tutti morti. Badhor... è stato ucciso >>, con l'ultima frase calò il silenzio, mentre le implicazioni di quell'evento risuonavano in tutta la loro gravità.
<< Tra i feriti c'è anche mio padre >>, continuò Gilraen, << Mia madre dice che starà bene, ma temo lo stesso per lui, e in ogni caso non potrà essere lui a prendere il posto di Badhor, almeno non adesso >>.
Prima di venire a conoscenza della gravità della situazione Elladan aveva creduto di essere in grado di dispensare buoni consigli. Ma in quel momento l'unica cosa che riuscì a fare fu guardare suo padre in attesa che fosse lui il primo ad esprimere un'opinione.
<< Hanno bisogno di te, e subito >>, constatò Elrond.
<< Se dipendesse soltanto da me, partirei seduta stante >>, rispose Gilraen, << Ma non è così. Non posso lasciare Estel >>.
<< Non puoi neanche portarlo con te. Posso darti una scorta, ma non lascerei che Estel affrontasse un viaggio del genere neanche con un esercito al seguito. Sappiamo bene quanto è pericoloso >>, disse Elrond.
Prima di allora Elrond non si era mai intromesso nelle decisioni che riguardavano la vita e il benessere di Estel, rifletté Elladan. Aveva dato consigli ed espresso il proprio parere quando Gilraen lo richiedeva, ma mai aveva imposto il proprio volere come aveva fatto in quel momento.
Gilraen sembrò sorpresa, ma dovette riconoscere che riportare Estel tra i Dùnedain non sarebbe stata una scelta saggia.
<< Cosa dovrei fare, quindi? >>, chiese Gilraen, trattenendo a stento la propria impazienza.
Elrond distolse lo sguardo da lei. Elladan percepiva quanto suo padre fosse combattuto: qualsiasi decisione avessero preso, non sarebbe stata facile.
<< Non posso ignorare la responsabilità che è ricaduta su di me e non posso continuare ad affidare ad altri i miei doveri >>, disse Gilraen.
Elladan era certo che Elrond avrebbe concordato con Gilraen, ma invece la sua risposta lo stupì ancora una volta.
<< Estel si sentirà abbandonato >>, disse. Era una considerazione semplice, quasi banale se inserita in un discorso così pratico, ma importante ugualmente.
<< Ne sono ben consapevole >>, rispose Gilraen.
Fu allora che Elladan decise di intervenire nella conversazione. << Estel è destinato a diventare un capo dei Dùnedain. Facendo il bene del popolo, farai anche il bene di tuo figlio >>, disse. Poi aggiunse, questa volta guardando Elrond, << E purtroppo, per questa volta, il suo dolore è anche il suo bene >>.
Elrond non era solito parlare del suo passato, ma Elladan conosceva abbastanza da capire che per suo padre quella situazione era ben più personale di quanto non sembrasse. Elrond era forse l'unico, in quel momento, a poter davvero capire cosa avrebbe provato Estel.
Gilraen sospirò. Le parole di Elrond non avevano che aggravato il suo senso di colpa e reso la sua scelta ancora più gravosa.
<< Qualunque sia la tua decisione, io la appoggerò. Se sceglierai di partire, mi assicurerò che il tuo viaggio sia sicuro e... mi prenderò cura di Estel >>, disse Elrond.
Non era stato facile per lui pronunciare quelle parole, Elladan se ne accorse e sperò che se ne rendesse conto anche Gilraen.
<< Io ho deciso. Forse avevo già deciso prima di entrare in questa stanza >>, disse Gilraen, << Partirò domani stesso e tornerò non appena avrò trovato qualcuno a cui affidare la guida dei Dùnedain >>.
<< D'accordo >>, fu l'unica risposta di Elrond. Per quanto ci avesse provato, neanche Elladan riuscì a capire cosa si nascondeva dietro quel tono così freddo.
La loro conversazione terminò lì, ma la parte più difficile doveva ancora arrivare. Gilraen avrebbe dovuto dire ad Estel che era in procinto di partire.
A tal proposito a nessuno degli elfi fu chiesto un parere, né un aiuto. Gilraen chiamò suo figlio nella loro stanza e restò con lui per quasi un'ora. Elladan non seppe mai quali furono le parole utilizzate da Gilraen per spiegare al figlio il motivo della sua partenza, ma restò fortemente sorpreso nel sapere qual era stata la reazione del bambino. Non ci furono lacrime, né proteste. Quando lo vide, Elladan percepì una moltitudine di emozioni contrastanti appena al di sotto della superficie del suo sguardo, ma nessuna di queste emozioni emerse con chiarezza.
 
Trascorsero delle ore e, con l'arrivo della sera, sembrò che nulla fosse cambiato. Estel si comportava in maniera non dissimile dal solito e soltanto un occhio attento avrebbe potuto notare in lui un'inquietudine che appariva fuori posto sul viso di un bambino di cinque anni. Durante la cena, Elladan ne parlò con suo padre. << Sembra che sia andata meglio di quanto avessimo immaginato >>, disse.
Ma Elrond non era d'accordo. Osservava Estel con crescente preoccupazione, come se fosse l'unico a vedere qualcosa che era celato a tutti gli altri. << Chiederemo a Teliadir di unirsi alla spedizione >>, disse, cambiando di proposito argomento.
<< Sarà felice di rimettersi in viaggio >>, rispose Elladan, ben consapevole che quando suo padre non intendeva parlare di qualcosa era impossibile fargli cambiare idea.
Al termine della cena Elladan si diresse verso la Sala del Fuoco, dove sapeva che avrebbe trovato Teliadir. Nonostante amasse viaggiare, l'elfo era piuttosto abitudinario quando si trovava a Gran Burrone, ed ogni sera trascorreva il tempo seduto ad un tavolo, nel posto più lontano dal fuoco e di conseguenza dalla maggior parte delle persone, a leggere o scrivere lettere da spedire verso luoghi lontani.
Ma quella sera Teliadir non era presente. Al suo posto, seduta tra una pila di libri e di fogli macchiati d'inchiostro, c'era un'elfa. Elladan l'aveva conosciuta di sfuggita quando era tornato a Gran Burrone dopo il periodo trascorso ad Annùminas, ma non aveva mai avuto modo di parlare con lei. Úriel, questo era il suo nome, era l'unica elfa ad Imladris la cui età si avvicinasse, anche solo lontanamente, a quella di Gilraen, ed era stato forse questo il motivo per cui le due erano diventate amiche.
 
<< Stai cercando Teliadir? Sarà qui a breve >>, disse Úriel, sollevando brevemente lo sguardo dal libro che stava leggendo.
Elladan restò momentaneamente spiazzato dal tono confidenziale con cui l'elfa si era rivolta a lui. Le conversazioni a Gran Burrone erano di solito ben più ricche di convenevoli.
<< Hannon le >>, rispose Elladan, ed Úriel tornò a concentrarsi sulla lettura. I capelli dell'elfa erano rossi e con ogni probabilità erano anche la ragione del suo nome, che conteneva la parola "fuoco".
Trascorsero appena pochi minuti, ma Elladan iniziò subito ad essere impaziente. I preparativi per la partenza di Gilraen dovevano essere ultimati entro il giorno successivo e c'era ancora molto da fare. Tuttavia, andare di persona a parlare con Teliadir invece di mandare qualcun altro al suo posto era un segno di rispetto a cui Elladan non voleva rinunciare, anche se avesse significato impiegare del tempo prezioso.
Per ingannare l'attesa, Elladan diede uno sguardo ai libri che Úriel stava leggendo. Erano perlopiù volumi antichi, molti dei quali provenienti dalla libreria di Elrond. Alla fine, la curiosità ebbe la meglio.
<< Cosa stai leggendo? >>, chiese.
<< Un trattato sulle erbe curative. Teliadir vuole che lo impari a memoria >>, rispose l'elfa.
<< Sei la sua apprendista? >>, disse Elladan, non senza una buona dose di stupore.
<< Lo sono >>.
Elladan conosceva bene Teliadir ed era certo che l'elfo non volesse avere apprendisti.
Possibile che abbia cambiato idea così repentinamente?, si chiese.
<< È stato difficile >>, disse Úriel, in risposta a quella silenziosa domanda, << All'inizio Teliadir era riluttante, ma io sono stata determinata. Adesso mi sta mettendo alla prova, ed io sto facendo del mio meglio per non deludere le sue aspettative >>.
<< Confido che ci riuscirai >>, disse Elladan, appena in tempo per intravedere Teliadir che entrava dal portone principale.
<< Mellon nin! >>, esclamò l'elfo.
Elladan non perse altro tempo e spiegò a Teliadir la delicata situazione in cui si trovavano. Si rendeva conto che la sua non era una richiesta da poco e che non tutti avrebbero accettato di buon grado di prepararsi in poche ore per un viaggio senza neanche avere una data di ritorno prevista. Ma non Teliadir. Dopo appena qualche attimo di riflessione, l'elfo rispose, << Ci sarò, senza alcun dubbio >>.
<< Bene, partirete all'alba. Sarà Glorfindel a guidare la spedizione >>, spiegò Elladan.
Prima che Teliadir potesse ribattere, Úriel, che fino a quel momento sembrava non aver prestato attenzione alla conversazione, si alzò in piedi e disse, << Vorrei venire anche io. Potrò essere d'aiuto a Teliadir e Gilraen >>.
<< No >>, rispose bruscamente Teliadir, << Potrai renderti utile qui, completando i tuoi studi >>.
<< Pensi davvero che imparerei di più restando qui piuttosto che venendo in viaggio con te? >>, chiese Úriel, questa volta con un malcelato tono di sfida.
<< Qualcuno direbbe che il miglior modo per imparare a nuotare è tuffarsi in un lago. Potrebbe anche avere ragione, ma, se così non fosse, annegherebbe >>, disse Teliadir, << Impara a stare a galla e poi ti insegnerò a nuotare. Questo fu Elrond a dirmelo una sera di tanti anni fa, dopo avermi mandato via appena prima di una battaglia. Quel suo gesto potrebbe avermi salvato la vita e, se sei saggia, farai anche tu tesoro delle sue parole >>.
Úriel restò in silenzio, mentre la risposta che aveva pensato di dare le moriva sulle labbra.
Elladan percepì il disagio dell'elfa nel rendersi conto che non sarebbe riuscita ad avere la meglio in una discussione con Teliadir, così, in un attimo, prese una decisione.
<< Se ritieni di essere pronta, potrai unirti alla spedizione. Teliadir non ha l'autorità per impedirtelo >>, disse.
Úriel abbassò lo sguardo e mormorò un ringraziamento. Teliadir, invece, non proferì parola.
 
Mentre lasciava la Sala del Fuoco, Elladan si interrogò sulla decisione che aveva preso. Fino a quel momento era accaduto molto di rado che lui o Elrohir utilizzassero l'autorità di cui erano in possesso. Solitamente si limitavano a seguire le indicazioni di Elrond, oppure a lasciare che ognuno agisse secondo la propria coscienza. Persino quando Elrohir ed Elrond erano partiti per Lórien, Elladan aveva sempre fatto ciò che immaginava avrebbe fatto suo padre nella stessa situazione. Quella volta, invece, aveva semplicemente seguito il suo istinto, e si era comportato di conseguenza. Si chiese se non fosse proprio quello il suo destino: restare ad Imladris ed esserne il custode.
<< El! >>, Elrohir lo raggiunse a passo svelto e disse, frettolosamente, << Glorfindel vuole discutere con me in merito a quale sia il percorso più sicuro per raggiungere Annùminas, andresti tu da lui al mio posto? >>.
<< Speri che non si accorga della differenza? >>, chiese Elladan, vagamente divertito.
<< No, ma tu conosci quei luoghi bene quanto me ed io ho una faccenda importante di cui occuparmi >>, spiegò Elrohir.
<< D'accordo, andrò subito, ma poi dovrai spiegarmi di che si tratta >>.
<< Ti ringrazio >>, disse Elrohir, ed andò via con la stessa fretta con cui era arrivato.
Elladan sospirò. Lo attendeva una lunga notte.
 
Il giorno successivo, a miglia di distanza, le prime luci dell'alba illuminarono Annùminas. Gli ultimi giorni non erano trascorsi serenamente per nessuno degli abitanti della città e, di conseguenza, l'aria era carica di tensione. Una persona sola, seduta sull'uscio della propria casa, appariva completamente calma.
Melwen aveva fiducia nel futuro. Perlomeno, era questo che continuava a ripetersi nella speranza che prima o poi avrebbe iniziato a crederci davvero. Ascoltò il rumore di un battito d'ali, un uccello si era posato a pochi passi da lei. Un vago odore di legna bruciata, il fruscio delle piante mosse dal leggero tocco del vento. Poi, un rumore di passi. L'uccello volò via.
Melwen riconobbe l'andatura di Maedir, un passo inconfondibile. << Com'è andata la notte? >>, chiese.
Maedir si sedette accanto a lei. << Meglio di quanto mi aspettassi, ma alcuni feriti sono ancora in condizioni gravi >>, rispose, la voce carica di tensione. Poi aggiunse, sospirando, << Spero che Gilraen torni da noi. Non avere una guida rende tutto più difficile >>.
<< Tornerà >>, disse Melwen, << Ne sono certa >>.
Ne era davvero certa: aveva visto gli elfi pronti a partire da Gran Burrone. Con loro aveva visto anche Elrohir che consegnava a Gilraen un piccolo oggetto, un regalo. Melwen non sapeva cosa fosse, ma poco importava l'oggetto in sé. Sapere che, nonostante la lontananza, Elrohir continuava a pensare a lei la rendeva felice più di quanto fosse lecito.
<< Sei di buon umore >>, commentò Maedir. Solo allora Melwen si accorse di star sorridendo e, subito dopo, si sentì in colpa. Non avrebbe dovuto essere felice per qualcosa di così piccolo, non quando c'erano questioni ben più gravi di cui preoccuparsi.
<< Lo so che non mi dirai cosa ti passa in quella mente tormentata, ma per me saperti sorridente è abbastanza. Significa che le cose miglioreranno >>, disse Maedir.
<< Ho soltanto fiducia nel futuro >>, rispose Melwen, con una mezza verità. Non sapeva se effettivamente le cose sarebbero migliorate perché non era riuscita a vedere oltre il dono che Elrohir le aveva mandato.
<< Allora prenderò in prestito un po' del tuo ottimismo e lo porterò a casa con me. È da ieri che non vedo Hanneth, è meglio che vada >>, disse Maedir.
<< Va', prima che ti richiamino all'opera >>, rispose Melwen, << Io resterò qui ancora per un po' >>.
Un fruscio, passi che si allontanavano, l'abbaiare di un cane, un sospiro, l'odore della terra, il calore del sole.
 
In quello stesso momento l'alba illuminò anche Imladris e la compagnia degli elfi.
I cavalli erano sellati e, tenuti per le redini dai loro cavalieri, iniziavano a scalciare per l'impazienza. Gli elfi erano silenziosi, parlavano tra loro a bassa voce e, se non fosse stato per l'occasionale stridio delle spade, qualcuno avrebbe potuto camminare a pochi metri di distanza senza accorgersi della loro presenza.
In fondo al gruppo, Elladan riconobbe Úriel e, accanto a lei, Teliadir, che evitava di proposito il suo sguardo. Si riappacificheranno presto, pensò Elladan.
Il cavallo di Gilraen era pronto, posizionato poco dopo quello di Glorfindel, ma non c'era ancora traccia né della donna, né di Estel.
Elladan ed Elrohir osservarono con un malcelato orgoglio la spedizione che erano riusciti ad organizzare autonomamente nell'arco di un solo giorno, seppur con il prezioso aiuto di Elrond. Era un gruppo molto più numeroso di quello che aveva viaggiato verso Lórien e, con Glorfindel alla guida, era difficile immaginare chi o cosa avrebbe mai potuto rappresentare un pericolo per loro.
Gilraen arrivò poco dopo, tenendo per mano Estel ed indossando dei comodi abiti da viaggio al posto delle lunghe vesti elfiche. In quel momento gli elfi presero posto, pronti a partire al comando di Glorfindel. Quest'ultimo stava concordando con Elrond gli ultimi dettagli in merito a come si sarebbero tenuti in contatto dopo la partenza.
Elrohir approfittò di quegli ultimi attimi per raggiungere Gilraen e chiedere, << Porteresti qualcosa ad Annùminas da parte mia? >>.
<< Con piacere >>, rispose Gilraen.
L'oggetto in questione non era che un piccolo sacchetto di cuoio chiuso con un laccio. << È per Melwen >>, disse Elrohir.
Gilraen prese il sacchetto e lo osservò con evidente curiosità, ma non pose domande, si limitò a promettere che l'avrebbe portato a destinazione. Elrohir la conosceva abbastanza da sapere che, per quanto potesse esserne incuriosita, Gilraen non l'avrebbe mai aperto prima di consegnarlo alla sua legittima destinataria.
Elrohir ringraziò e si allontanò per dare modo ad Estel di trascorrere quegli ultimi momenti con sua madre.
 
<< Cos'era quello? >>, chiese Elladan poco dopo.
Elrohir pensò di non rispondere. Una parte di lui voleva che quel regalo per Melwen restasse soltanto tra loro. Voleva compensare per le lettere che si erano scambiati, tutte lettere che, inevitabilmente, non sarebbero mai state private.
Tuttavia, rifletté, nascondere qualcosa ad Elladan sarebbe stato del tutto insensato.
<< Sono dei semi >>, rispose infine Elrohir, << A Melwen piace indossare fiori, quindi ho pensato che le sarebbero piaciuti anche questi. Non li ho mai visti al di fuori dei giardini di Imladris, ed il loro profumo è unico >>.
Elladan sorrise, dicendo, << È un regalo perfetto >>.
<< Avrei voluto pensare a qualcosa di meglio, ma non ne ho avuto il tempo >>.
<< È perfetto >>, ripeté Elladan, << Melwen ne sarà felice. Non sorpresa, probabilmente, ma felice nondimeno >>.
<< Sorprenderla va ben oltre le mie capacità >>, disse Elrohir.
Fu allora che Elladan percepì qualcosa in lui, un sentimento che lo investì in pieno in tutta la sua semplicità. Era un'ondata di affetto, così forte e profonda che Elladan quasi si chiese come facessero tutti gli altri a non notarla. Ed era, naturalmente, connessa al pensiero di Melwen.
Come primo istinto Elladan ne fu felice, ma subito dopo arrivò la preoccupazione. Sapeva bene che provare un sentimento così intenso per qualcuno era pericoloso, soprattutto se la persona in questione era un'umana, la cui vita sarebbe durata, anche nel migliore dei casi, un tempo molto breve.
Dopo le ultime raccomandazioni e gli ultimi saluti, la compagnia si mise in marcia. Estel restò in silenzio, a guardare Gilraen che si allontanava. Il bambino non pianse, ma i suoi occhi arrossati indicavano che forse aveva già terminato le sue lacrime tempo prima.
Gilraen si voltò a guardare indietro per un'ultima volta, rivolgendo un sorriso rassicurante ad Estel ed uno sguardo eloquente ai tre elfi. Il suo significato era chiaro: Gilraen stava affidando a loro il futuro del suo popolo e mai, prima di allora, si era fidata a tal punto di qualcuno.
Adesso tocca a noi la parte più difficile, pensò Elrohir e, scambiando una breve occhiata con Elrond, constatò che anche lui stava pensando la stessa cosa. Dovevano dimostrarsi degni della fiducia che era stata riposta in loro.
Elrond ordinò che, da quel giorno in poi, ci sarebbero stati doppi turni di guardia. Un attacco diretto ai confini era altamente improbabile, ma con così pochi uomini rimasti ad Imladris sentirsi al sicuro sarebbe stato un grave errore.
 
La giornata trascorse in fretta per Elrond, così indaffarato che a stento si rese conto del trascorrere del tempo. Infine, a tarda sera, si ritirò nella propria stanza, mentre tentava di contrastare il senso di gelo che lo attanagliava.
Forse era la stanchezza, mista alla preoccupazione per la partenza di Gilraen, oppure il brutto presentimento che già da tempo gravava sui suoi pensieri, o forse era l'insieme di tutto.
Come spesso faceva in momenti simili, Elrond si chiese cosa avrebbe detto Celebrìan se fosse stata presente. Avrebbe detto che ho una grande abilità nel preoccuparmi del pericolo quando questi è lontano, mentre, quando il pericolo è vicino, mi comporto come se non ci fosse, pensò, riportando alla mente qualche vago ricordo di una conversazione avuta innumerevoli inverni prima.
 
Un fruscio di passi distolse l'elfo dai suoi pensieri. Dopo aver trascorso una grossa fetta di vita sui campi di battaglia, Elrond aveva imparato a non abbassare mai la guardia e, nonostante si trovasse nella propria stanza, entro gli impenetrabili confini di Imladris, scattò in piedi all'udire il fievole rumore di passi furtivi. Era una camminata così leggera che dapprima Elrond pensò si trattasse di un elfo, ma più la fonte del rumore si avvicinava, più quell'ipotesi si dimostrava errata. Quando Estel si adoperava per non farsi vedere o sentire, la sua abilità era tale che avrebbe potuto essere scambiato per un piccolo eldar.
Il bambino si affacciò timidamente dalla porta socchiusa. Elrond aveva immaginato che quella notte Estel non avrebbe dormito sonni sereni, ma non credeva che avrebbe cercato conforto lì, da lui, invece che da Elrohir ed Elladan.
<< Non riesci a dormire? >>, chiese.
Estel scosse la testa.
A quel punto Elrond avrebbe voluto rassicurarlo, dirgli che sua madre era al sicuro e che sarebbe tornata presto, ma bastò un'occhiata al suo sguardo triste e malinconico per fargli capire che nessuna parola avrebbe avuto effetto. Allora decise di tentare qualcosa di diverso.
<< Usciamo per un po', sei d'accordo? >>, disse.
<< Possiamo? >>, chiese Estel, incerto. In un giorno come gli altri a quell'ora così tarda non gli sarebbe stato concesso di uscire.
<< Solo per questa volta. Vai a prendere il tuo mantello >>, disse Elrond.
Estel non se lo fece ripetere due volte.
 
Poco dopo, Elladan ed Elrohir li videro da una finestra che affacciava sul giardino.
Elrond ed Estel erano seduti sull'erba, ad osservare le stelle. Per i gemelli fu come guardare da una finestra sul passato, un ricordo lontano che improvvisamente tornava ad essere vivido. Avevano trascorso tante serate nella loro vita in maniera simile, immaginando disegni nel cielo ed imparando i nomi delle stelle più luminose.
<< Sembra che finalmente Estel sia più sereno >>, osservò Elrohir.
<< Nostro padre sapeva esattamente cosa fare per tranquillizzarlo >>, disse Elladan.
<< Io non credo che l'abbia fatto soltanto per Estel, credo che in parte l'abbia fatto per se stesso >>.
<< Forse hai ragione >>, rispose Elladan, << E per oggi la nostra presenza non sarà più richiesta, possiamo ritirarci nelle nostre stanze sapendo che Estel è in buone mani >>.
Ma Elrohir continuò a guardare attraverso la finestra. I suoi pensieri non erano più rivolti al passato, ma al futuro. Con una nota di incertezza nella voce pose una domanda che prima di allora aveva fatto solo a se stesso. << Credi che noi potremmo, un giorno... >>, si fermò, rendendosi conto di quanto fosse insolito quello che stava per dire. Ma Elladan aveva capito. L'avrebbe capito anche se Elrohir non avesse detto niente, tanto era rumoroso il suo pensiero.
 
<< Avere dei figli? >>, disse, incredulo, << Non pensi che ne avremo abbastanza dopo la fatica che faremo per crescere Estel? >>.
<< Intendevo dire in futuro >>, specificò Elrohir.
<< Non io, di questo sono certo. Tu, forse >>, rispose Elladan.
<< Non so come mi sia venuto in mente, non ci avevo mai pensato prima >>, confessò Elrohir.
<< Forse lo so io: da quando ci troviamo al sicuro è più facile riflettere sul futuro >>, disse Elladan.
<< Questa sera sai troppe cose, da quando sei diventato così saggio? >>, chiese Elrohir, accompagnando quella velata provocazione con un sorriso di sfida. Aveva deciso che l'argomento che aveva introdotto era troppo lungo e complesso per essere affrontato in quel momento e sperava di poterlo accantonare per quando fosse stato di umore più consono.
<< Da quando svolgo i miei doveri invece di preparare pegni d'amore >>, rispose Elladan. Quella risposta gli valse una spinta scherzosa da parte di Elrohir, che subito ribatté, << Non era un pegno d'amore >>.
<< Allora dovresti spiegarlo a Melwen. L'ultima volta che io ho regalato un fiore a qualcuno il suo significato era esattamente quello >>. Per un attimo il ricordo di Saeliel balenò nella mente di Elladan, fulmineo e doloroso come la puntura di un ago.
Elrohir lo avvertì con la stessa intensità e, in un attimo, tornò serio.
<< Mi dispiace che tu debba essere sottoposto anche a questo >>, disse Elladan, senza incrociare il suo sguardo. Si sentiva imbarazzato per aver rovinato quel momento di buonumore al termine di una giornata così stancante.
<< Non dirlo, lo sai che sbagli a pensarla così. Posso sopportare tutti i nostri dolori insieme, ma la solitudine... >>, rispose Elrohir, << La solitudine mi ucciderebbe >>.
La conversazione terminò lì. Una cosa era chiara ad entrambi gli elfi: con il passare degli anni, trovare attimi di leggerezza stava diventando sempre più difficile.
 
Traduzione delle frasi in Sindarin:
Hannon le: grazie
 
   
 
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