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Autore: Snow_Elk    16/09/2016    2 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Odissey in the Wasteland



Capitolo VIII- Odi et amo. quare id…aspetta, che diavolo sto dicendo???
 
Note dell'autore: Ed eccocci giunti all'VIII episodio. Un bel traguardino, no? Sì lo so, ci sono 816424 storie con 186342 capitoli/episodi, e quindi? Ad ognuno il suo :D Cosa sto blaterando? Nulla in particolare, son solo felice di essere arrivato a questo punto, perché alla fine parliamo sempre di una stori a 4 mani e si sa, non è  mai facile far andar d'accordo due persone in generale (ogni riferimento a cose,persone o protagonisti è puramente casuale ), figuriamoci nella scrittura. Eppure con Madame stiamo andando benone, voi che ne dite? Buona lettura!

Snow & Madame

Jeff Callaghan
 
Torri del SatCom Array                                                              4-5 Settembre 2275

 
La situazione gli stava lentamente scivolando di mano, più di quanto avesse potuto immaginare, e stranamente aveva un problema ben peggiore del finimondo che c’era fuori dalla torre. Fantastico.
Già, fantastico era l’unico aggettivo con cui poteva descrivere lo stato delle cose in quel momento, con un’ironia poco velata.
- Ricordati sempre che tu non mi dici quello che devo fare, perché se adesso mi gira io ti faccio uscire a prendere quei cadaveri che ti ho fatto portare fuori perché, sempre se mi gira me li faccio tutti e tre, anche qui davanti a te perché ne ho voglia, intesi?- quell’ultima frase di Dave gli aveva fatto salire il sangue al cervello e tutta la sua pazienza era letteralmente andata a farsi benedire, o quasi.
 
- Abbassa quel ferro, Dave, non te lo ripeterò una seconda volta – sibilò irrigidendo i muscoli, mentre la ragazzina rideva come in preda ad una crisi isterica.
- Ah ma allora sei scemo? Tu non puoi dirmi cosa devo fare. Chi cazzo sei? Mio padre? O forse il mio tutore? No, sei solo un dannato mercenario! –
Quella lama era troppo vicino al collo per i suoi gusti e le parole sembravano non avere alcun effetto.
- Se vuoi ammazzarti di droghe fa pure, ma lasciami in pace –
- Lasciarti in pace? Hai forse paura, grande Jeff? Ah! Hai visto che avevo ragione?  Non sei capace di proteggere nessuno, né te, né me, né tantomeno...aspetta com’è che si chiamava... Lucy? Sì, Lucy! -
Nell’udire quel nome si sentì mancare: poteva insultarlo, fare la spavalda che ha il coltello dalla parte del manico, ma non poteva, in alcun modo, nominare Lucy.
- Tu non sai un cazzo, Dave...- sussurrò afferrandole con forza la mano che impugnava il coltello e la strinse finché la ragazza non perse la presa.
- Mi fai male, bastardo, mi fai male, lasciami andare! – esclamò la predatrice tentando di dimenarsi senza troppi risultati.
 
Non l’avrebbe lasciata, la questione ormai era diventata personale.
- Sei solo una sciocca – la spintonò verso il muro – Ti basta una dose di questa merda per dimenticare tutto ciò che è successo, per tornare a vivere nel tuo dannato mondo dove credi di poter fare e dire ciò che ti pare! – afferrò il jet e lo scagliò contro la parete mandandolo in frantumi.
- Stronzo, quello era il mio fottuto Jet! – tentò di sgattaiolare via per andare a recuperare ciò che restava dell’inalatore, ma la bloccò di nuovo, questa volta spingendola con forza finché non sentì il tonfo della sua schiena contro il muro.
- Prova a ripetere di nuovo il nome di Lucy e giuro che il jet con cui ti sei sballata non basterà a non farti sentire dolore – le intimò, scuro in volto.
Dave lo fissò con uno sguardo di sfida, dritto negli occhi, prima di aprire bocca.
- Lu...cy – sillabò con un sorriso sadico stampato sul volto, prima di tirargli una ginocchiata nello stomaco.
Arretrò di qualche passo, colto alla sprovvista e carico di rabbia, e in quella frazione di secondo la ragazzina  lo evitò con agilità, lanciandosi verso il coltello per recuperarlo, pronta a scagliarsi contro di lui come una iena impazzita.
 
- Non me ne frega un cazzo di te, di Lucy o di chiunque altro! – urlò Dave e lui riuscì ad evitare i primi due fendenti, ma il terzo lo ferì alla guancia.
Sì posò una mano sulla guancia e osservò le dita rossastre, poi la predatrice che era tornata sulla difensiva senza perdere quello sguardo stralunato e al tempo stesso deciso e folle,  infine l’anello che dondolava accanto alle piastrine: una goccia di sangue era caduta proprio su quest’ultimo scivolando nei piccoli graffi che lo attraversavano.
Si morse le labbra fino a sentire il sapore del sangue, arretrò di un passo e scattò in avanti come una furia, cogliendo di sorpresa la predatrice: la colpì nel basso ventre con un gancio, ignorando il coltello che gli lacerava la spalla, poi un altro sulla guancia fancedola stramazzare di nuovo contro la parete.
Prima che potesse reagire l’afferrò dalle braccia e la spinse con forza contro il cemento ruvido rimanendo in silenzio.
- Ti credi forte, non è così? Sei solo stato fortunato, sei uno schifoso vigliacco! Non hai capito niente di me, non capirai mai niente! – esclamò con rabbia la ragazza e gli sputò addosso, ridacchiando.
 
Si avvicinò con le labbra al suo orecchio e le sussurrò – Potrei violentarti adesso, in questo preciso istante, soddisfando la tua voglia di scopare ciò che ti capita a tiro, oppure potrei picchiarti fino a farti strisciare e lasciarti legata al cadavere di quel tale, Zak, ma se lo facessi, non sarei migliore di quella feccia chiamata “Predatori” di cui anche tu fai parte... –
Inizialmente aveva quasi urlato, ogni parola era intrisa di veleno e ira, ma poi le urla si erano tramutate in sussurri, il veleno in qualcosa di amaro.
Lasciò la presa e si voltò, stringendo i pugni: aveva cercato di fidarsi di lei, dopotutto si erano ritrovati nella stessa barca, aveva tentato di trattarla come un’alleata, come una compagna di squadra, perché potessero entrambi raggiungere il proprio traguardo, tornare a casa.
Si stava perfino affezionando a lei in un certo senso, il modo in cui aveva reagito contro Captain Zak era una prova abbastanza loquace, ma la verità era una sola, la verità era che lei alla fine rimaneva sempre e comunque una dannata predatrice e lo aveva dimostrato.
Non poteva fare squadra con una persona del genere.
- D..dove stai andando? – sentì la voce di Dave alle sue spalle, era quasi un sussurro, ma non si voltò.
Afferrò il proprio zaino, il fucile abbandonato lì accanto e si diresse verso la porta.
- Fermati... fermati! -la ragazza continuava ad urlare, ma non gli diede peso.
- Fermati o ti ammazzo! – sentì un tintinnio metallico, Dave aveva impugnato la sua 10mm e gliela stava puntando contro.
- Se ci tiene così tanto spara, ma io non mi fermerò, me ne vado – esordì lui e proseguì, lasciando la ragazza sola. Poco dopo la sentì urlare e udì alcuni colpi di pistola, seguiti da altre urla.
 
Una parte di lui voleva tornare indietro a controllare cosa fosse successo, sincerarsi che quella disgraziata stesse bene, ma scacciò il pensiero dalla mente e proseguì.
Scese fino al pian terreno, ignorando il frastuono e i boati provenienti dall’esterno, e iniziò a setacciare l’intera area: aveva studiato tempo fa le planimetrie di quel genere di torri e ricordava che c’era sempre una botola che permetteva di scendere nelle gallerie sotteranee, utilizzate come depositi o collegamenti tra i vari impianti.
Non impiegò troppo a trovarla e dopo aver forzato la serratura si calò nell’oscurità, tenendosi ben stretto alla scala in ferro che cigolava ad ogni suo passo.
Dovette saltare arrivato in fondo, una parte della scala era stata letteralmente sventrata da qualcosa e giaceva a terra, accartocciata come una lattina.
 
Atterrò cercando di non fare rumore e accese la torcia  legata alla divisa: probabilmente neanche i predatori avevano mai messo piede lì sotto a giudicare dal grado di abbandono e dal puzzo di chiuso.
Poteva ancora udire i tremori causati dal “blowout” che stava infuriando all’esterno, ma c’era abbastanza silenzio in mezzo a quei cunuli, in quel labiritnto di gallerie piene di scaffali e rottami. Eppure c’era qualcosa che lo inquietava, la temperatura sembrava più bassa rispetto a quella della torre, troppo bassa anche per essere scesi nel sottosuolo.

Dave in quel caso se ne sarebbe uscita con una delle sue battute, per poi pretendere delle spiegazioni. A ripensare a ciò che era successo poco prima sentì montare la rabbia e tirò un calcio contro uno degli scaffalli arruginiti, facendolo cadere poco dopo. Non era stata la più saggia delle azioni, ma aveva bisogno di sfogarsi e quello, beh, quello era solo l’inizio.
 
Si assicurò che il fucile fosse carico, tirò la levetta dell’otturatore e si incamminò ad armi spianate: doveva trovare l’uscita da quelle gallerie e sperare che quell’inferno all’esterno fosse finito, per poter così proseguire verso sud est, e di certo non voleva avere sorprese di alcun genere.
Dopo quella che gli sembrò un’eternità sgattaiolò in uno stanzino, probabilmente uno sgabuzzino leggermente più scientifico del solito, e  sfilò la fiaschetta dallo zaino: bere al buio, da solo, un paio di metri sottoterra non era esattamente il sogno di ogni mercenario, ma il sapore aspro del whiskey poteva per qualche secondo placare il tumulto interiore e tirargli uno schiaffo morale, giusto per farlo tornare con i piedi a terra.
Si schiarì le idee con un goccio più lungo del necessario e riprese la sua ricerca finché non giunse in una galleria più larga e alta delle altre, probabilmente era il segno che era uscito dalla zona del SatCom Array, ma fu costretto a fermarsi.
Era stato un attimo, ma aveva percepito che in quella penombra gelida non era più solo, c’era qualcun’altro.
Si nascose dietro un piccolo container e rimase in attese, con gli occhi e le orecchie ben aperti, spegnendo la torcia per non essere individuato, cercando di respirare il più lentamente.
- Fanculo – sibilò, stringendo la presa sul fucile – non mi aspettavo ospiti a quest’ora –.
 
Tentò di sbirciare e nella semioscurità riuscì ad intravedere quella che sembrava un’armatura atomica, ma era diversa da tutte le altre, non assomigliava né a quelle della confraternità, né tantomeno a quelle dell’enclave, c’era qualcosa che non andava.
Due enormi occhi blu puntarono nella sua direzione e indietreggiò di scatto: erano le lenti del visore dell’elemetto, niente di più, ma riuscivano ad incutere timore. Chi diavolo era quel tipo? E cosa diavolo ci faceva in quello schifo di magazzino?
Tentò di sbirciare ancora una volta, per riuscire a capire come coglierlo di sorpresa o ancor meglio evitarlo, ma quando sbucò da dietro il container se lo ritrovò davanti, quegli occhi blu che lo illuminavano col loro strano bagliore:
- Oh cazzo... –

Dave Campbell

Torri del SatCom Array                                                                                                                    4-5 settembre 2275

 
Jeff se n’era andato veramente, l’aveva lasciata lì con la 10mm puntata verso il nulla, era innervosita, aveva la mente annebbiata e una gran voglia di spaccare la testa a qualcuno.
I pensieri le affollavano la testa come demoni che le strappavano il cervello a morsi, si sentiva come sul punto di impazzire, la sua pelle era gelida, imperlata di sudore e la gola le bruciava maledettamente e poteva sentire un vago sapore di sangue in bocca, succedeva così ogni volta che si faceva di quella roba dopo tanto tempo.
“Merda!” urlò in preda ad una furia omicida quasi strappandosi le corde vocali e svuotò il caricatore sulle teste impalate nella stanza.
“Odio questo posto di merda, questa gente di merda!” continuava ad urlare da sola contro gli occhi vuoti che la fissavano disfacendosi sotto i suoi colpi.
Sentiva un senso di soddisfazione nel vedere i frammenti di cranio che saltavano e il sangue che imbrattava le pareti e la sua armatura.
Era davvero sicura di voler proseguire il viaggio con Jeff? Ogni volta che vedeva tutto quel sangue intorno a lei si sentiva viva, era quindi pronta a calmarsi? A rinunciare al Jet? O alla Psycho? Se fosse tornata a casa finalmente avrebbe potuto ricominciare a vivere senza giudizi, vivere di quello che piaceva a lei ma quel mercenario, Dio, aveva qualcosa che le impediva di agire razionalmente, alla fine l’aveva aiutata senza pensarci due volte quando si era trovata in difficoltà, e lei cosa aveva fatto? Perché cazzo doveva essere tutto così dannatamente difficile?
Si accasciò poi per terra e si guardò intorno, percepiva il suo respiro farsi più tranquillo e il cuore rallentare dopo la foga dei minuti precedenti.
Trasse un lungo respiro, frugò nella sua sacca e trovò un pacchetto di sigarette decisamente malconcio, ne estrasse una e si mise spalle al muro a fissare la stanza, come estraniata da ciò che stava accadendo.
La accese.
Sbuffò.
“Cosa ho combinato?” mugolò tra se e se, sentiva la rabbia crescere nel petto bruciando più del fumo che stava inalando.
Non poteva lasciarlo andare ma neanche rinunciare a se stessa, rinunciare a tutto ciò che era, alla persona che era riuscita a costruire ed era tutto così complicato.
In condizioni normali avrebbe sparato in testa a quel mercenario dal primo momento in cui lo aveva visto, non come stava facendo ora, lasciandosi andare ai sentimentalismi e sentendosi quasi in colpa nell’agire sotto l’effetto della sua sostanza preferita.
-Al Diavolo!- pensò.
Al dilà di ogni discrepanza morale avevano bisogno l’uno dell’altro per farcela in questa situazione da suicidio in cui si erano cacciati, con tutto il putiferio che si stava scatenando là fuori e l’Errante…Restare uniti era il minimo che potessero fare.
Spense la sigaretta sul terreno e si alzò in piedi, raccolse quel poco che trovò nella stanza e si diresse verso la porta.
-Dove si può essere infilato? Di sopra di certo no, non sarebbe così stupido da esporsi al disastro che si sta abbattendo sulla Zona Contaminata, probabilmente ha trovato un modo per scappare… Da sotto.-
Uscendo dalla porta si diresse al piano terra, fuori il vento ululava terrificante, le lamiere della torre tremavano, iniziava a preoccuparsi, qualsiasi cosa stesse succedendo là fuori non era normale.
L’unico modo per proseguire senza uscire era una scaletta malandata in metallo.
Era però altamente probabile che lui si fosse rifugiato là sotto e quindi ne valeva la pena di scendere le scale.
Mentre l’oscurità la inghiottiva sentiva la scala sotto i suoi piedi scricchiolare terribilmente, deglutì rumorosamente, davanti a lei nel buio si intravvedeva una porta che era stata scassinata di recente.
-Bingo!- pensò Dave mentre apriva piano la porta.
Dietro di essa si trovavano delle gallerie contorte e sudice, lì sotto si percepiva una temperatura decisamente più bassa, quasi gelida.
-Cazzo, Dave devi farcela! Devi trovarlo!-
Ma il buio quasi la inghiottiva, percepiva a malapena i bordi degli oggetti, sospirò forte.
Afferrò con forza la sua 10 mm e la strinse forte nei palmi delle mani fino quasi a farle sanguinare.
In quel posto qualsiasi cosa poteva decidere di ucciderla e lei non avrebbe potuto vederlo.
Procedette a tentoni per metri o forse chilometri, iniziava a sentirsi stanca, non aveva uno straccio di torcia e silenzio e buio la stavano soffocando.
-Ancora qualche passo- si diceva procedendo con cautela verso l’ignoto quando ad un certo punto:

passi
un eco sordo di passi
Il terrore iniziava a impossessarsi di lei, non avrebbe mai trovato Jeff e sarebbe morta lì, da sola al gelo e al buio, qualsiais cosa si stesse avvicinando l’avrebbe uccisa.
In lontananza due piccole luci blu si avvicinavano a lei, non sapeva cosa fossero e da dove provenissero, indietreggiò cercando di appiattirsi al muro nel tentativo che quelle due… cose non la notassero.
Indietreggiò ancora, con una spalla sfiorò il muro ma l’altra spalla cadde nel vuoto.
Era evidente che su quel muro si aprisse un piccolo stanzino, inciampò e cadde a terra, battè la schiena per terra con un tonfo sordo.
Si morse le labbra con una forza incredibile per non gridare.
Si tirò su a tentoni appoggiandosi su quello che sembrava il bordo di un grosso contenitore, i due punti blu ancora si aggiravano nelle vicinanze, poteva saltarci dentro ad esempio, si sarebbe di certo potuta nascondere.
Cercò di fare il più possibile silenzio, mentre iniziava ad infilare una gamba nel container, quando qualcosa dall’interno la trascinò giù, terrorizzata fece per urlare quando una mano le tappò la bocca e un odore di whisky le pervase le narici.

Si voltò di scatto verso la figura rannicchiata come lei lì dentro e sussurrò: “Jeff!”
Si sentì immediatamente euforica, come se finalmente la fortuna avesse iniziato a sorriderle.
Gli saltò al collo abbracciandolo, sentiva il suo respiro affannoso sul collo, evidentemente si era spaventato anche lui ma era così bello averlo di nuovo lì che quasi si era dimenticata di ciò che era successo prima.
“Santo cielo per fortuna che ti ho trovato mi sono spaventata a morte cosa cazzo era quella cosa blu ero al buio e non sapevo come comportarmi è stato orribile perché mi hai abbandonata no aspetta è colpa mia no aspet…”.
Jeff le mise un dito sulla bocca e rispose : “Ora basta parlare come un fiume in piena, ok? Quelle cose blu che dici di aver visto credo siano lenti del visore di un elmetto di una speciale armatura atomica ma non sono ancora riuscito a capire quale.”
Dave sospirò e continuò come se non lo stesse ascoltando : “ Ho paura, e sono davvero mortificata per prima, ma non si può cambiare adesso la persona che sono, posso prometterti che fino a che non arriveremo a casa proverò a non farti più del male, intesi? Insieme possiamo farcela se pensi di potermi dare ancora la tua fiducia.” Era difficile per lei dire quelle cose, ammettere che in un certo senso aveva torto.
Silenzio
“Jeff, per favore, devi credermi…” per quanto stesse sussurrando la sua voce era incrinata.
“Proseguiremo questo viaggio assieme ma…”Jeff le sfilò la 10mm di mano e gliela puntò alla testa “Come all’inizio ti tengo d’occhio, non abbasserò più la guardia con te piccola bastar…” Dave afferrò il suo coltello e glielo puntò alla gola : “Affare fatto” ridacchiò sottovoce e abbassò subito l’arma.
Non Voleva veramente fargli del male, solo dimostrare che anche lei in un certo senso poteva tenerlo sotto controllo.
Jeff dopo un momento di esitazione fece lo stesso.
“Ora, quale è il piano?” disse subito allegra Dave come niente fosse.
“Non lo so ancora, restiamo qui fino a che non siamo sicuri che si è allontanato e poi andiamocene, quel coso mi mette i brividi e non siamo abbastanza forti per batterlo.”
Dave annuì.


La stanza tutto d’un tratto sembrò più illuminata di prima, chiunque fosse dentro quell’armatura si stava avvicinando.
Camminò lentamente per tutta la stanza ma sembrava non accorgersi della presenza dei due.

In quella manciata di secondi che sembravano ore la testa di Dave, che si stava riprendendo dal jet, era assalita da un milione di pensieri.
-Se avesse voluto catturarci lo avrebbe fatto subito no? O forse DAVVERO non si è accorto di noi?-


 
   
 
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