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Autore: mentaverde    18/09/2016    1 recensioni
Odio stare in bilico.
Odio sentire quella sensazione sulla pelle, di poter cadere da un momento all’altro.
Odio il fatto che con una folata di vento potrei schiantarmi al suolo.
Ma soprattutto odio il fatto che sia tu a mettermi in questa posizione.
Tu, il Re, l'Originale, l'ibrido.. così tanti nomi, così tanto potere ad un unico uomo pieno di odio e pieno d'amore.
Un uomo e tutta l'eternità davanti.
Tu ed io.
Tu il mio Re, ed io la tua Regina.
Klaus e Caroline.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus, Rebekah Mikaelson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V



 
Le persone danneggiate sono pericolose
sanno di poter sopravvivere
- Josephine Hart -
 



 
 
 
 
 
 
 
Lucas Scott era il nuovo argomento di conversazione che faceva divertire Rebekah e infuriare Hope.
Sinceramente me ne importava gran poco, perché nonostante Rebekah proprio non lo capisse, Hope aveva già pianificato ogni cosa nel dettaglio.
Io avevo il mio Klaus, lei aveva il suo Lucas.
E Rebekah aveva noi.
E un tempo, non molto lontano, avrei odiato ogni secondo speso con Rebekah, ma dovevo ricordarmi che lei, in qualche modo, era dalla mia parte nonché contro Klaus, sempre contro lui.
Mi aveva aiutato spesso, con il suo modo, con la sua strafottenza, ma questo era e tutta la sua superbia non era altro che una maschera, l’ennesima maschera di un Mikaelson che si rispetti.
Quel viaggio era iniziato per richiamare l’attenzione di Klaus, per ricordargli che su quel filo, in bilico, eravamo in due, e che per questo qualche volta potevo essere io a farlo cadere. Eppure non sapevo più se ne valesse la pena.
L’avevo visto con lo sguardo spento, pensavo si trattasse di un nuovo casino fatto da sua sorella o da Hope, ma invece di essere bionda la causa della sua ansia, era rossa, rossa come il sangue, il fuoco e… rossa come la passione.
Aveva rivisto Arabella.
Aveva rivisto Arabella dopo che mi aveva promesso che non l’avrebbe mai più fatto.
Aveva promesso.
E ancora una volta non aveva mantenuto la sua promessa.
Solo una promessa era sempre stato in grado di mantenere: che mi avrebbe trovata ovunque fossi e per quanto scappassi lontana.
E ce l’aveva sempre fatta.
Io scappavo, lui mi trovava.
Io l’odiavo, lui mi amava.
Certo, l’amore di un Mikaelson è il male peggiore che puoi augurare a qualcuno.
Ti amano ma ti ammazzano, ti fanno a pezzi e poi ti rimettono insieme e la colla non sono altro che loro, le loro presenze, la loro forza, la loro regalità.
Un Mikaelson trasuda potere anche finché dorme, mangia o conversa amabilmente – per quanto può essere amabile una conversazione con loro – e mai una volta il loro castello cade, mai una volta si lascino andare, mai.
Tranne una volta, in cui il più potente dei Mikaelson è caduto, precipitato dal suo stesso castello di carte.
 
Ero pienamente cosciente che mi avesse trovata.
Sapeva sempre dov’ero, conosceva l’esatto luogo in cui mi trovato e come niente fosse si presentava con tutta la sua sfrontatezza, la sua arroganza.
Lui sapeva tutto eppure non sapeva niente.
“Sai sempre dove sono, Klaus, tranne quando serve, eh?”, sibilo con tutta la cattiveria che ho in corpo.
 
“Per quanto staremo qua?”, mi chiedono tutte e due.
Hope, da una parte, è contenta di visitare i posti proibiti, quel che vuole fare è disobbedire a Klaus, mentre Rebekah se ne vuole andare immediatamente e non cerca di nascondere in nessun modo il suo disappunto: ha sempre odiato Mystic Falls.
“Finché non siamo sicure che gli sia arrivata voce”, le dico, “Lucas Scott ha il coraggio di rivolgersi a tuo padre?”.
Tuo padre e non Klaus.
Non ho neanche più il coraggio di pronunciare il suo nome perché anche solo pensarlo mi fa ricordare i capelli rossi di lei.
Ma questo non è il momento di lasciarsi andare, non è il momento di cedere alla rabbia.
Non posso lasciargliela vinta anche questa volta.
Ha rivisto Arabella, l’ha rivista dopo che aveva promesso che non l’avrebbe più fatto.
Aveva promesso.
Non piangerò per lui, non più.
Le uniche lacrime che cadranno ancora saranno le sue.
 
Mi volto e lo vedo: quello non è Klaus.
Non poteva essere lui.
La barba sfatta, lunga, i capelli troppo cresciuti e spettinati, la camicia spiegazzata, i pantaloni pieni di terra fino alle caviglie, le scarpe rotte in un paio di punti.
Una messinscena degna di un Mikaelson.
L’ennesima maschera, l’ennesima bugia, l’ennesimo inganno.
Tutta una finta per chiedere perdono per un finto amore ma un vero tradimento.
“Car-“.
 
“P-perché?”, per la prima volta in assoluto la voce di Hope si incrina. I suoi occhi chiari perdono la loro sicurezza per un attimo solo, per poi riacquistarla.
La maschera dei Mikaelson è una maschera che non ti puoi togliere mai.
Lucas Scott deve essere qualcuno di importante, però. Hope non ha mai avuto riguardo nel mandare in pasto a suo padre tutti i ragazzi che non voleva più.
“Perché lui sa dove sei te, no?”, indico la carta di credito nera sul tavolino.
“Sì, ma non sa chi sia mio padre”.
“Ma tuo padre sa chi è lui”, dico sicura delle mie parole.
Nulla rimane segreto a Klaus, soprattutto se si tratta delle sue bionde. Vuole averci in mano come non ha mai nascosto neanche una volta.
 
Lo fulmino. Non può pronunciare il mio nuovo con le stesse labbra che hanno baciato un’altra.
Fa un cenno di assenso: ha capito.
Capisce tutto ma non capisce nulla.
Sa tutto e non sa niente.
È perfetto ma è un idiota.
Ha mille anni eppure ne ha dieci.
“Mi dispiace”, sussurra appena con la voce rotta.
Una messinscena degna del Re dei falsi.
Una messinscena solo per me, unica spettatrice di una lunga bugia.
 
Vedo Hope tremare come una foglia.
“Lucas non deve incontrare papà”, anche la sua voce trema, non so se dalla paura o dalla rabbia, spesso nei Mikaelson sono la stessa cosa.
Non ammetteranno mai di aver paura per cui attaccano, si infuriano. Tremano ma fingono che sia dovuto tutto alla furia ceca.
Mentono anche a loro stessi.
“Perché?”, questa volta a parlare è Rebekah, confusa quanto me.
 
“Bugiardo. Lo rifaresti. Lo so”, ruggisco quasi, lo accuso e lui diventa piccolo, perde il suo abito di Re e diventa il poveretto alla gogna che chiede perdono a Dio.
“Non è vero”, dice sicuro.
Mente. Mente ancora.
Finge. È tutta una menzogna, uno spettacolo penoso in cui io sono l’unica che crede ad ogni sua parola.
“Non lo farei mai più”.
“Io non mi fiderei più di te”, sibilo come un serpente pronto a mordere e a rilasciare tutto il mio veleno per non vederlo più.
Non lo voglio vedere più.
Lui fa quello che è un sorriso triste che normalmente mi avrebbe spezzato il cuore, “Avevi indossato l’anello… eri venuta per quello, vero?”, chiede.
Mi distrae, come un mago distrae il pubblico dal trucco e mostra solo la magia, Klaus distrae me dalla mia ferita ricordando momenti belli, momenti in cui sapevo di amarlo e amavo il fatto di amarlo.
“Sì”, ero felice ma non lo dico, “Quando mai”, aggiungo, “Come hai potuto?”.
“Non mi volevi più”.
Lo guardo e non capisco.
Ma almeno io non ho mai capito niente.
Sento un ruggito partire dalle profondità di me, sento la rabbia, la delusione e un unico stupido pensiero: non mi conosce neanche, non ha mai capito niente.
“Da quando ti ho fatto la proposta è come se tu te ne fossi andata da me, eri sempre lontana”.
Scoppio a ridere divertita perché non voglio piangere, non ancora, non davanti a chi mi ha distrutta, “Non hai mai capito niente, idiota di un Originale. Stare con te ammazza le persone, le ammazza dentro, le rende piccole e distrutte. Tu mi hai uccisa ogni giorno con quel tuo tenermi lontana, fino a quando ti ho visto con quella. Sai sempre dove sono, Klaus, quindi come faccio a non sapere che l’hai fatto solo per farti vedere mentre eri con lei?”.
 
Si copre il viso con le mani. È decisamente disperata, persa.
Non l’avevo mai vista così, i suoi calcoli erano sbagliati?
Hope Mikaelson non può sbagliare i suoi calcoli.
C’è qualcosa che non ci vuole dire e forse non è solo qualcosa, ma è tutto. Lucas Scott è un segreto? Un segreto così profondo che neanche Klaus può conoscere?
 
I suoi occhi si induriscono, diventano diamanti neri, “È questo che credi di me?”.
“Che sei un bugiardo traditore? Sì! Diavolo sì! Tu mi stai  d i s t r u g g e n d o!”.
Sento le lacrime scendere inesorabili, mostrando tutta la mia debolezza, i miei stupidi sentimenti, proprio a chi ne è causa.
Porgo le ferite a chi me le ha fatte.
“Non sei neanche  d e g n o  di pronunciare ancora il mio nome con quella bocca!”, urlo.
Le sue gambe cedono e la pioggia comincia a cadere sempre più fitta, il terreno diventa fango, ma le parole vibrano forti e chiare nonostante la tempesta.
 
Rebekah scatta, le stringe le spalle come per proteggerla e addossarsi lei il peso.
Ma Hope non può aver sbagliato, non è una novellina, non è una stupida.
Lei sa, ha sempre saputo cosa fare.
Studia tutto questo da anni e lo so, gliel’ho letto negli occhi.
“Non è dei nostri”, sussurro appena, lei annuisce e Rebekah sospira.
Lucas Scott è un dannato umano.
Un umano che Klaus non sopporterà perché non sarà mai degno della legittima Regina al trono.
Non sarà mai in grado di sopportare ancora che un umano – un po’ come Hayley – rovini la vita di sua figlia.
 
“L’hai baciata! Mi hai  t r a d i t a”, urlo ancora e le mie ginocchia cedono a loro volta.
Sento la disperazione, sento la rabbia, sento l’odio e sento l’amore. Sento tutto ma non sento niente.
“Sei stato tu a cercarmi per spezzarmi il cuore? Volevi distruggermi? Cosa?! Dillo!”, continuo ad urlare.
Allunga una mano verso di me ma io la colpisco forte.
“Tu  n o n  puoi  t o c c a r m i  più”, ringhio questa volta come un leone pronto all’attacco.
 
Una persona normale avrebbe iniziato a raccontarci chi è l’umano che ha fatto perdere la testa all’unica ragazza che non ha mai perso la testa per nessuno, ma lei se ne sta in perfetto silenzio.
Non parla, guarda la carta di credito come se lì ci fosse questo misterioso ragazzo.
Rebekah si allontana: troppo stanca dai nostri drammi, dice, ma sono sicura che andrà a chiamare Elijah perché proteggano il ragazzo a qualsiasi costo – e prezzo.
“Gli ho detto quello che sono qualche giorno fa”, sussurra dopo un eternità, “È scappato. Aveva detto di amarmi”, i suoi occhi sono incollati ai miei e la vedo la lacrima che scende solitaria, in compagnia solo del dolore che racchiude.
 
Poi sento la sua voce, un sussurro, i suoi occhi incollati ai miei, “Ora mi odi?”.
Sorrido ma le lacrime continuano a scendere, lacrime che si mescolano alla pioggia, “Ti ho sempre odiato”.
 
L’amore fa male.
L’amore distrugge.
Ma i segreti sono peggio, loro spezzano e quel che spezzano non si può più riparare.
“Ora mi odia”, aggiunge tenendo gli occhi fissi nei miei, “Mi odia per quel che sono. Mi odio anch’io per essere così”.
 
“E mi ami?”, domanda.
“Ora ti odio molto più di quanto ti ami”, mento come non ho mai fatto prima d’ora.
I suoi occhi diventano due pozzi profondi: mi ha creduto.
 
Guardo la figlia degli Eterni, ferita, distrutta, amareggiata.
Com’è possibile che si trovi in questa situazione? Come può l’essere perfetto, sentirsi sbagliato?
Ed eccola, Hope la guerriera invincibile che lascia spazio alla ragazzina spaventata e sofferente che c’è dentro di lei.
Diventa piccola, fragile.
Ed ecco che le lacrime iniziano a scendere dal suo viso.
Lacrime che non trattiene.
Lacrime che vogliono scendere, uscire da lei solo per provare a cancellare quel dolore.
“Sistemeremo tutto”, sussurro.
Non so come e non so perché ma so che questo glielo devo.
 
Ed ecco cosa succede.
Se prima credevo fosse tutta una messinscena del migliore degli attori, ora avevo l’assoluta certezza che io ero la peggior spettatrice di sempre. I suoi occhi perdono colore, diventano trasparenti, le sue mani si alzano per poi schiantarsi contro il terreno con così tanta forza da lasciare solchi che da lì in poi non se ne andranno mai, come testimonianza delle sofferenze dell’unico Originale.
La pioggia ha smesso di scendere all’improvviso, ma lì, sul suo viso ho visto delle lacrime scendere, così tante che dopo poco avevo perso il conto.
Lacrime vere.
Lacrime di un Immortale.
Lacrime di Klaus.
“Soffri. Soffri come soffro io per te,  o g n i  giorno”, gli ho detto e mi sono goduta lo spettacolo delle sue lacrime, ancora più conscia del fatto che per quanto potessi odiarlo, l’amore che provavo era sempre più grande.
Conscia del fatto che gli avevo dato il potere di distruggermi, di massacrarmi senza aver paura di perdermi.
“Prometti”, ringhio tenendomi lontana.
Io in piedi, lui in ginocchio: io il Boia, lui il giustiziato.
“Car-“, prova  a dire.
“Prometti!”, urlo a squarcia gola.
I suoi occhi vuoti si poggiano sui miei, la mano sul cuore e l’altra che mi allunga il paletto… l’unico paletto che può ucciderlo.
“Sei tu la mia Regina”, dichiara, “Solo tu”.
 
“Se mi odia non puoi farci niente”, ringhia.
Sorrido.
A volte l’amore e l’odio sono la stessa identica cosa.
A volte l’amore non esclude l’odio.
  
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