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Autore: Red_Coat    18/09/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Una settimana prima ...

<< Ifalna! >>

La possente voce di Ashur, capo spirituale dei Cetra, le giunse proprio nel momento in cui il giovane e sua madre le stavano davanti, di fronte all'ingresso della grotta in cui aveva scelto di apparire.
Si voltò, sobbalzando per la paura. Sapeva di aver appena fatto qualcosa che non le era stato concesso e non le sarebbe stato perdonato, ma ... sigh, aveva pensato di aver un altro po' di tempo a disposizione, almeno per riuscire a convincere totalmente la giovane Hikari a seguire il consiglio del piccolo.
Invece, Ashur l'aveva richiamata e ora le stava davanti, preoccupato e severo come non mai

<< Cosa stai facendo, Ifalna? >> le chiese sbottando << Cosa hai intenzione di fare, agendo in questa maniera?! >> anche un poco indignato

La donna sospirò, in piedi di fronte a lui sul nulla, e sfiorata dal lifestream di cui entrambi facevano ormai parte.
Assunse un'espressione contrita, accennò ad un ampio inchino portandosi le mani giunte sul petto e poi, facendosi coraggio, parlò cercando di usare le parole adatte.

<< Chiedo umilmente venia, mio signore. >> iniziò << Ma ... non posso ignorare la mia natura. >>

Ashur sospirò pesantemente, scuotendo il capo e abbassando gli occhi su di lei, rammaricato

<< Ne abbiamo già parlato, Ifalna. Quell'abominio deve estinguersi, prima che possa condurci alla rovina! >> concluse con veemenza

Era già stato abbastanza che suo figlio ... avesse agito per crearlo e salvarlo più volte insieme a ... la calamità venuta dal cielo, e il suo erede prediletto.

<< Ma è solo un ragazzo, Signore ... >> continuò irremovibile lei, con lo stesso tono supplichevole di prima
<< No! Non lo è più! >> scattò quindi lui, sbattendo il potente bastone sulla superficie del vuoto, e creando così un'onda d'urto forte abbastanza da agitare le onde di flusso vitale che roteavano intorno a loro.

Ifalna osservò in silenzio, tremando.
Lo fece anche Ashur che, non appena la tempesta si placò, sospirò forte tornando ad assumere quel suo sguardo incupito e severo, unendoci il rammarico per essersi lasciato prendere la mano così tanto.
Ancora qualche minuto di silenzio, poi il vecchio saggio tornò a parlare

<< Ne abbiamo già discusso, figlia mia. >> le si rivolse più pacato << L'unico luogo in cui quel ragazzo deve stare è nel nulla e nel vuoto, come se non fosse mai esistito. >>
<< È il bambino, mio signore? >> chiese allora lei, caparbia << Che cosa ne sarà di lui senza un padre. >>

Ashur sospirò di nuovo, pesantemente. Almeno fece finta di farlo.

<< Ci prenderemo cura di lui, in qualche modo. >> rispose affranto << Comunque continuerà a crescere. >>
<< Si, ma come mio Signore? Cosa penserà, una volta scoperta la verità sulla morte di suo padre? Che sentimenti avrà verso di noi, verso la sua razza? >>
<< È solo per metà un Cetra. >>
<< E questo basta, a condannarlo a questa vita? Questo basta per decidere della vita e della morte di una persona? >>

Le domande incalzanti che la donna gli rivolse, stavano iniziando a stancarlo.

<< Ifalna ... >> iniziò, ma lei gli impedì di proseguire
<< A cosa si è ridotta la nostra razza pur di salvaguardare sé stessa? >> chiese affranta
<< È DEL PIANETA CHE STIAMO PARLANDO! >> fu l'urlo all'improvviso, la risposta ringhiata dell'altro, paonazzo per l'ira

Ma neanche questo servì a nulla, perché anche lei a quel punto alzò la voce rispondendo con la stessa rabbia e lacrime invisibili di protesta

<< ALLORA NEANCHE IO VOGLIO PIÙ FAR PARTE DI TUTTO QUESTO! >> stringendo i pugni e puntando i piedi

Un silenzio inquietato e affranto gelò i loro sguardi calando sul loro successivo silenzio.
Se avesse potuto piangere, di sicuro Ifalna lo avrebbe fatto. E se avesse avuto ancora respiro in corpo, sicuramente adesso Ashur si sarebbe ritrovato senza. Mormorò di nuovo il suo nome, sgranando gli occhi.
Ma la donna, invece di rispondergli, proseguì, in toni più pacati e nuovamente rispettosi ma profondamente delusi

<< Questi non siamo noi. Non sono i Cetra di cui faccio parte. E se un giorno Victor o suo figlio ci odieranno ... non potrò biasimarli per questo, perché avremmo potuto comportarci meglio con loro. Prendercene cura, indistintamente dalla loro natura ... >>
<< Quello è un figlio di Jenova, Ifalna! >> riprese allora Ashur, assumendo un tono più paterno, quasi supplicante ed esasperato al contempo << Jenova, la calamità che ci ha annientato. >>

Lei sorrise, lo guardò negli occhi.

<< Lo è, ma non solo. >> replicò calma, annuendo << Metà Cetra, metà umano. Lui ... lui può essere qualsiasi cosa voglia adesso. Perché negargli questa possibilità? Perché obbligarlo ad una scelta. Non è ciò che faremmo, se considerassimo solo quella sua natura. In fondo, in ognuno di noi c'è del male. >>

A quel punto, il grande saggio che aveva ascoltato in silenzio quella supplica sembrò quasi accasciarsi sul suo lungo e nodoso bastone da cerimonia. Non poteva darle torto.
Ma ... aveva paura. Era terrorizzato da ciò che aveva visto, dalla profezia che Gaia gli aveva concesso. E sapeva che dalla decisione che stava per prendere sarebbe dipeso il destino di un intero pianeta.
Tornò spossato a guardare la giovane donna negli occhi ancora per qualche minuto, prima di decidere con un gravoso ed enorme peso sul petto.

<< ... va bene. >>

Immediatamente, sul viso di Ifalna si dipinse il più splendido e raggiante dei sorrisi.

<< Ascolterò la tua voce, figlia, ma spero di non dovermene pentire perché stavolta ... la perdita potrebbe essere ancor più grave e irreparabile della precedente. >>

La donna s'inchinò, grata e rispettosa

<< Grazie, mio Signore! >> mormorò, commossa nella voce, poi alzò di nuovo il viso verso di lui continuando a sorridere << C'è un granello di amore nel suo cuore. >> spiegò << E so che anche solo un piccolo seme può far nascere grandi prospettive. Ci proverò, Signore. Proverò a salvarlo con l'amore. E prometto di fare tutto il possibile pur di non fallire. >>

Poi, in ultimo, a un cenno di approvazione dell'anziano si dissolse, scomparendo dalla sua presenza e lasciandolo solo a riflettere sul terribile fardello che attendeva tutti loro se, in un modo o nell'altro, quell'ennesimo piano fosse miseramente fallito.
Non si può cambiare la natura di un seme.
Ma si può scegliere, cosa nascerà da esso?

\\\

Solo, nel silenzio e nella semi oscurità del suo antro a metà strada tra le praterie ed il mare aperto, illuminato soltanto dalla limpida ed eterea luce del cristallo di mako in cui era concentrata tutta la sua essenza, lo spettro del giovane e malevolo Cetra il cui nome era Kendra fissava in silenzio le immagini che scorrevano nel globo di luce di fronte a sé, ascoltando sempre più attento quella interessante conversazione.
Muto, un ghigno beffardo sulle labbra sottili e l'indice della mano destra appena a sfiorare il mento spigoloso, mentre l'altra rimaneva adagiata sul bracciale di pietra di un imponente e regale scranno ricavato direttamente da una delle pareti di roccia salmastra della grotta, e ancora attaccato ad essa.
Mano a mano che le voci proseguivano la loro "chiacchierata", quella smorfia sadica si allargava sempre di più fino a che, quando tutto finì e i due spettri tornarono a confondersi nel lifestream che li conteneva, dalla sua gola non partì una perfida, roca e inquietante risata che, ben presto, divenne così forte da propagarsi in tutto l'angusto spazio ed espandendosi anche oltre, fino a raggiungere l'uscita, sotto forma di sinistri echi che si rincorsero spettrali lungo gli stretti corridoi bui e melmosi, mentre una forte brezza marina che sapeva di pioggia e tempesta prese a soffiare potente, agitando perfino le foglie di edera che scendevano a nascondere l'unico ingresso.

Ancora qualche attimo, lui parve quasi piegarsi in due in quel momento di lucida isteria. Poi, all'improvviso, le sue mani si chiusero in pugni intangibili che abbatté violentemente sui braccioli in pietra, e nello stesso istante tutto si spense, il vento, i rumori, perfino il tremolio dell'acqua si fermò. Perfino la sua immagine smise di scintillare, assumendo contorni più cupi, e una luce più ... inquietantemente scura.
Il ghigno si spense, lasciando spazio ad una bieca, profonda e truce espressione del più oscuro rancore, nel silenzio più assoluto.
Rimase così, adirato e tinto di un rosso quasi sangue in tutta la sua figura, per diversi minuti fissando il cristallo a pochi metri di fronte a sé.
Poi, così come era venuto, all'istante quel momento passò rapido e la luce dorata che avvolgeva la sua forma tornò a scintillargli addosso, mentre un'altra risata riecheggiò ad empire l'aria.
Nel cristallo di mako si riaccesero le immagini di Ifalna, Keiichi, Hikari, quelle di Victor e infine di quella conversazione a cui aveva appena assistito.
Registrazioni mute, che osservò sogghignando come se non sapesse fare altro.

<< Povera, piccola ingenua Ifalna ... >> commentò, scuotendo il capo << Non dirmi che pensi davvero che basterà questo, a fermarci. >> scosse il capo lentamente, più di una volta, piegandosi in avanti da quella posizione mentre un ghigno basso fuoriusciva di nuovo dalla sua gola << Credi davvero che nel cuore di un così obbediente ed abile soldato possa esserci spazio per altri che non siano il proprio Generale, fratello e maestro? >>

Ancora una volta, quella risata tornò a riecheggiare inquietante nell'oscurità, assieme al vento e all'odore del mare in tempesta

<< Povera illusa! >> soggiunse infine, malefico << Coraggio, gioca la tua carta. Questo non cambierà nulla, anzi ... forse mi faciliterà di molto le cose ... >>

Quindi si alzò ed iniziò ad avanzare con passo lento, fluttuando sull'acqua, fino a che non gli fu possibile circondare con le giovani dita affusolate il cristallo dove l'immagine dell'Antica si sovrapponeva a quella della giovane madre e suo figlio, quasi volesse ghermirle tutte e due in un'ambigua stretta.
Rimase così per una manciata di minuti, poi, quando nel cristallo apparve Ashur, con occhi avidi ed un'espressione falsamente stupita si piegò sulle ginocchia fino a poterla guardare senza chinarsi, e sfiorandola con le dita concluse, con un ghigno famelico

<< Papili, papili, papili ... stavolta hai commesso il più grosso errore di tutta la tua esistenza. Perché, qualunque cosa accadrà da adesso in poi, non ci sarà nessun motivo valido che spinga Victor ad amarvi come suo popolo. Nessuno.
Io ... farò in modo che non ne abbia. >> un'altra risata sommessa, il ghigno si accentuò ancor di più << Arriverà ad odiarvi così intensamente da desiderare solo che Gaia imploda in sé stessa, annientandovi per sempre, assieme a tutti quelli che la abitano ancora vivi. >> promise, sibilando furioso

Quindi si rialzò, e guardando con disprezzo e superiorità il cristallo fisso sull'immagine del saggio concluse, solenne e determinato

<< Tu, e quella piccola ingenua ragazza da cui hai accettato questo ultimo consiglio ... non sapete ancora con chi avete a che fare. Ma ve ne accorgerete, oh sì che lo farete! ... solo quando sarà troppo tardi, oramai. >> stringendo i pugni e i denti

Subito dopo queste parole, tutto si spense.
Il cristallo perse la sua luce e la sua immagine scomparve, dissolvendosi con una prepotente folata di vento gelido e lasciando tutto intorno solo buio, silenzio e odore di tempesta.
Una terribile e devastante tempesta proveniente dal mare.

***

Quindici minuti prima ...

<< Sephiroth ...? >>

Yukio Fujita fissò Erriet negli occhi, incrociando pensieroso le braccia sul petto.
Si trovavano in soggiorno, in piedi di fronte all'imbocco del corridoio.
Victor era uscito da un'ora circa, e Yoshi da qualche minuto per andare al lavoro; non appena si erano accertati di essere rimasti soli, il medico si era voltato verso di lei e aveva atteso, sapendo che voleva parlargli.
Tutto si sarebbe aspettato, tranne quello che aveva appena udito.
La guarigione di Victor era stata miracolosa, non c'erano dubbi.
Ma, questo ...!

<< Sei liberissimo di non crederci, Yukio. >> ribadì Erriet, sorridendo emozionata << Ma è così, me lo ha detto Victor. È stata la prima cosa che mi ha riferito, appena si è svegliato. >>

Il medico scosse la testa, sciogliendo le braccia lungo i fianchi.

<< Scusami Erriet, ma ... >> iniziò, quasi rammaricato per ciò che stava per dire << ... Non riesco a crederci! >> concluse con un sospiro, i palmi delle mani aperti davanti ai suoi occhi << Neanche volendo! Voglio dire ... Sephiroth è morto! >>

La risposta fu un sorriso, ancor più largo e luminoso mentre lo ascoltava esporle le sue perplessità

<< Com'è possibile che lo abbia aiutato? >> continuò lui, gesticolando con foga << Non avrebbe potuto farlo nello stato in cui si trova ora neppure con tutta la buona volontà, no? >> finì guardandola
<< No, hai ragione. >> ribatté pacata lei, dimostrando di non essersi offesa ma anzi di capire i suoi dubbi << Non avrebbe potuto ... se Victor fosse stato un ragazzo normale. >>

Ancora una volta le folte sopracciglia del medico si corrucciarono mentre le rivolgeva una lunga e intensa espressione impensierita

<< Ti riferisci a SOLDIER? >> domandò, in tono ovvio ma che presupponeva già una risposta diversa.

Stava cercando di capirci qualcosa, del resto era stato lui a chiederlo per primo. Ma più andava avanti, più i fatti si facevano sempre maggiormente complicati.
La sua interlocutrice si limitò a scuotere la testa, e allora impaziente Yukio spostò il peso da un piede all'altro, assottigliando le palpebre e scuotendo appena la testa

<< Che cosa stai cercando di dirmi, Erriet? >>

Lei abbassò gli occhi, unì le mani in grembo e sorrise appena.
Un attimo di silenzio ancora, poi la rivelazione lo spiazzò, peggio di quanto avessero potuto fare le precedenti

<< Victor è un Cetra, Yukio. Un Antico. >>

Sembrò barcollare. Per un breve momento, il medico rimase senza fiato a fissarla a bocca spalancata, la mente paralizzata su quell'ultima frase.

<< Cos...? >> bofonchiò, senza nemmeno riuscire a finire la parola

Ma come era ... possibile? Lei non era un'Antica, né Yoshi e neppure Mikio!
Anzi a dirla tutta, niente in Victor faceva presupporre che lo fosse anche lui, a partire dal fatto che avesse rapidamente fatto carriera in SOLDIER
I Cetra, almeno questo si diceva di loro nelle leggende e nei libri di storia, non avrebbero mai fatto del male neppure a una mosca. Inoltre non erano presenti nella sua linea genealogica individui appartenenti a quella ragazza, quindi come ... come diavolo era possibile che lui fosse un Cetra??
In un primo momento, anche vergognandosene, pensò che la donna fosse diventata pazza. Poteva succedere, con l'età e dopo tutto quello che aveva passato.
Tuttavia ... a ben pensarci solo questa nuova verità avrebbe potuto spiegare molte cose fino ad oggi incomprensibili, se solo fosse stata convalidata
I lividi e le ferite parzialmente curate, gli incubi, le premonizioni e il forte attaccamento alla vita. Non ne sapeva granché ma ... presupponeva che, essendo connessi direttamente al pianeta, gli Antichi fossero stati gli unici esseri su Gaia a potersi permettere di riceverne alcuni doni speciali, come la peculiarità di sapersi curare da soli, la premonizione di catastrofi imminenti e anche -purtroppo o per fortuna- il potere di sentire la vita che tornava al pianeta, e quindi di poter vedere quelli che comunemente venivano chiamati fantasmi.
...
Si ...
Si. A ben pensarci, quella notizia non diventava più così tanto sconvolgente, alla luce di quello che sapeva ora su Victor. E poteva essere anche l'unica possibile spiegazione alle "particolari caratteristiche" di Keiichi.
Quindi, dopo averci riflettuto un po', arrivò alla conclusione che certo, se Victor fosse stato un Antico ...

<< ... Sephiroth, dal Lifestream ... avrebbe potuto curarlo, e forse anche farsi risentire. >> concluse ad alta voce.

E anche Keiichi, pur essendo distante, avrebbe potuto avvertire un qualunque tipo di pericolo minacciasse sia sua madre che suo padre. Ecco perché ... il perché di quel legame così forte ... ed ecco come aveva fatto il bambino a sapere che fosse a Midgar. Forse anche lui aveva delle premonizioni, o qualunque altro tipo di potere speciale che ... seguendo il suggerimento di Erriet ... magari aveva ereditato proprio da suo padre.
Sollevò gli occhi su di lei dalla posizione concentrata in cui era, il dito indice sotto il mento e la mano sinistra a sorreggere il gomito destro, e la vide sorridergli mentre lo lasciava riflettere.
Sospirò, e voltatosi afferrò un paio di sedie dal tavolo della cucina e le portò lì dove si trovavano ora, appena alle spalle del divano. Ne pose velocemente una vicino a lei, l'altra dove si trovava lui e si sedette, invitandola a fare lo stesso con un gesto della mano

<< Okkey, ammettiamo sia vero ... >> iniziò, mentre lei accoglieva il suo invito e lo ascoltava serena con le mani congiunte ancora in grembo << Anche se ancora mi sembra assurdo, ma comunque ... Perché me lo stai dicendo solo adesso? Avrei potuto aiutarlo meglio se solo avessi saputo! E cosa centra Sephiroth con tutto questo? >>

Aveva voluto salvarlo, d'accordo. Ma ... solo per il suo legame da maestro con Victor? O c'era dietro qualcos'altro, qualcosa che ... ancora gli sfuggiva? Doveva esserci, se Erriet continuava a mantenere quell'espressione eccitata e commossa! E poi quella ciocca bianca apparsa all'improvviso sul nero corvino dei capelli del giovane? Che fosse una evidente dimostrazione del legame tra Sephiroth e Victor? O forse c'era una spiegazione logica anche a quello, magari con una simbologia più profonda?
A quella domanda infatti, la donna lo guardò per qualche minuto senza parlare, quasi stesse decidendo se rispondere o meno, e come.
Quindi si alzò, si diresse in camera di Mikio e dopo qualche attimo tornò da lui con una busta gialla stretta tra le mani.
Gliela porse senza fiatare, attese che la aprisse e ne esaminasse il contenuto.
Test del DNA.
Due, test del DNA. Uno era di Victor, e l'altro ...
di chiunque fosse, non lasciava spazio a dubbi.

<< Fratello...? >> mormorò, sempre più sconvolto, continuando a non credere ai suoi occhi mentre lo riesaminava velocemente più e più volte << Victor ... Victor ha un fratello...? >>

Erriet sorrise, e i suoi occhi divennero all'istante talmente lucidi che per qualche attimo il dottore temette sarebbe esplosa in lacrime. Ma non lo fece.
Annuì soltanto, in silenzio

<< Ma chi è? Di chi è questo test? >>

"Davvero non ci arrivi, dottore?".
Bastò uno sguardo della donna e un pensiero al filo conduttore della loro conversazione, per capire.
Yukio Fujita rimase ammutolito ancora una volta, ma stavolta per diversi minuti fissando gli occhi lucidi della donna. Poi all'improvviso si alzò in piedi e sbottò, senza perdere la calma ma impossibilitato a reggere quella situazione, assurda ma paradossalmente così scientificamente plausibile

<< Erriet, Sephiroth non è tuo figlio. >> le disse, quasi la stesse supplicando di tornare in sé

Neanche stavolta la donna si lasciò sorprendere. Era abituata ormai a tutta quell'incredulità nelle persone a lei più care. Perfino suo padre all'inizio non aveva voluto crederle. Lo capiva, era difficile credere a un miracolo così grande e bello.
Annuì, poi rispose

<< Lo so. Solo Victor lo è. >> quindi aggiunse, riflessiva e commossa << Figli di due madri diverse, eppure fratelli. Il loro destino, è sostenersi a vicenda... sempre. >>

Fujita seguitò a fissarla incredulo ancora per qualche attimo, e alla fine sospirò

<< Chi altri lo sa? >> chiese
<< Nessuno. >> scosse la testa lei, intristendosi di nuovo all'istante << Solo mio padre ... >>

Yukio sgranò gli occhi

<< Yoshi non sa nulla? >> mormorò, sempre più sbigottito

Un altro no con la testa, le lacrime stavano per prendere il posto del sorriso. Era chiaro, si sentiva in colpa per questo, ma ...

<< Ne parlai con mio padre tempo prima che morisse >> gli spiegò << E lui mi disse che per il momento era meglio non parlarne. Non ... avrebbe capito, e poi ... sarebbe stato cattivo con Victor e con me, probabilmente. >>

Già ... come dargli torto? Magari poi i rapporti tra padre e figlio sarebbero stati ancora più complicati di come lo erano adesso. Come al solito, Mikio era stato previdente e saggio ed Erriet molto devota alla sua guida.

<< E Victor invece ... >> proseguì allora il medico nell'indagine << Lui lo sa? >>

Di nuovo, Erriet scosse il capo profondamente triste.

<< Volevo aspettare fosse abbastanza grande. >> replicò, iniziando a tormentarsi le mani << In realtà ... volevo dirglielo al suo ritorno ma ... poi è successo tutto questo, e adesso l'ennesimo miracolo, gli occhi e la ciocca bianca nei capelli ...! Io penso ... che sia giunto il momento di farlo ma ... >>
<< Victor almeno ... >> la interruppe lui << ... ha il diritto di saperlo. Se è vero quello che dici, credo che sia giusto dirglielo ora, magari quando questi primi tempi di riassestamento saranno passati. Ma prima ... >>

S'interruppe, le parti si invertirono. Ora fu lui ad abbassare gli occhi per un breve istante, ed Erriet a scrutarlo incuriosita e pensierosa

<< Cosa? >> chiese quindi, leggermente in ansia dopo svariati secondi di silenzio
<< Ecco ... >>

Era arrivato il momento della verità ...

<< Ti chiedo soltanto un altro po' di tempo >> le disse << una settimana al massimo ... c'è ... c'è un'altra cosa che deve sapere, prima. Anzi, che dovete sapere. >>

Silenzio. Erriet inclinò di poco la testa guardandolo, confusa e incuriosita al contempo

<< Cosa, Yukio? >> domandò quindi, più ansiosa di sapere che terrorizzata dalla risposta << Spiegati. >>

Fujita sospirò di nuovo. E sia, non c'era alcun modo per addolcire la verità, anche se in questo caso non sarebbe servito, era già lieta di per sé.
Annuì, quindi sorrise appena e disse, tutto d'un fiato

<< Ha un figlio. Victor ... ha un figlio. >>

Lo stupore, l'incredulità e quindi la grande gioia che si dipinsero sul volto della donna furono quasi inevitabili. Si sedette, reggendosi allo schienale della sedia, una mano sul cuore e lo sguardo perso nel riflettere

<< F-figlio? >> bofonchiò emozionata, poi lo guardò e lui annuì, allargando il sorriso ed estraendo fuori dalla tasca del pantalone una foto del piccolo con sua madre.

Gliela porse, lei la prese tremante e il sorriso le inondò radioso il volto.
Rimase senza fiato a fissarla, per diversi minuti prima di parlare. Stavolta non le fu possibile trattenere qualche lacrima, mentre con le punte delle dita accarezzava l'immagine

<< Dio ... >> mormorò, commossa << Dio mio, quanto è bello! Gli ... gli somiglia tantissimo. >>

Il sorriso del medico si allargò, trasformandosi in uno più commosso

<< Già ... >>
<< Come si chiama...? >>
<< Keiichi. >>

" Prezioso più di un tesoro " la vide mormorare a fior di labbra, sempre più toccata.

<< Ha tre anni adesso. >> aggiunse
<< Tre ... anni...! >> proseguì bofonchiando la donna, estremamente grata e felice << Dio mio ... Dio mio, ma allora ... Quando è nato? >>
<< Nove mesi dopo il rientro di Victor dal congedo per colpa della mano destra. >> le spiegò << Per Hikari era la prima volta, e penso che ... nessuno dei due lo avesse voluto. Ma è successo, e lei è una madre stupenda ... nonostante tutto. >>

Per la prima volta da che aveva preso in mano quella fotografia, Erriet lanciò un altro amorevole sorriso verso l'immagine della ragazza e poi sollevò il volto verso di lui.

<< E' la ragazza del ritratto nel ciondolo! >> esclamò, finalmente riconoscendola

Yukio annuì.

<< Ed è ... >> mormorò << Mia nipote. La figlia della figlia di mia moglie, Manimi. >>

Anche questa volta Erriet si portò una mano al cuore, lanciando a lui un lungo sguardo meravigliato.
Yukio spense il sorriso e abbassò solo per qualche istante gli occhi, poi li rialzò tornando a mostrarsi nuovamente fiero, intenerito e innamorato.
Era chiaro quanto volesse bene a tutti loro, incluso Victor e la sua famiglia. Ma, soprattutto, che nonostante non fosse direttamente legato a Hikari con un legame di sangue, la amasse ugualmente come una figlia propria.

<< Come si chiama? >> chiese dunque Erriet, dopo quel altro breve attimo di silenzio emozionato << Quanti anni ha? >>
<< Hikari. >> ribatté allora lui, contentando la sua curiosità << Ne ha compiuti ventitré il 15 di maggio. >>

Era giusto. Era giusto che sapessero.

<< Lei ... >> continuò quindi, senza riuscire a trattenersi dal manifestare un po' di emozione << ... è una ragazza speciale. È nata muta, ma questo non le ha per nulla impedito di farsi comprendere, anzi! Credo che ... l'abbia in qualche modo favorita, regalandole una sensibilità che pochi possono vantare, e la capacità di comunicare con la mente e il cuore di chiunque come nessun altro sa fare. >>
<< Allora >> rifletté l'altra con un sorriso << non mi meraviglio che Victor si sia innamorato di lei. >>

Ancora un sorriso sulle labbra di entrambi. Yukio Fujita annuì, pienamente concorde

<< È stata lei ad insegnargli a dipingere. >> le rivelò

Erriet tornò a guardare la foto, il medico le lasciò un po' di tempo per riflettere restando in silenzio. Infine, stringendo l'oggetto sul cuore, Erriet si alzò e gli chiese ancora, guardandolo negli occhi

<< Credi che sia il momento giusto? >>

Lui annuì, legandosi le mani dietro la schiena

<< Si. Lo è. Ma per esserne ancora più certo ho bisogno di parlargli, lo farò tra poco. Avrei aspettato ancora qualche mese ma ... temo che Manimi non ... >> si fermò, improvvisamente vacillante nella voce

Chiuse gli occhi, abbassò il volto e trasse un sospiro

<< ... purtroppo le sue condizioni fisiche sono improvvisamente peggiorate e temo non ... ce la faccia a resistere per così tanto tempo. >> una lacrima veloce solcò la sua guancia e si schiantò sul legno del pavimento

Erriet s'intristì, e avvicinatasi gli sfiorò un braccio con una carezza amica

<< Oh, Yukio ... mi spiace tanto. >>
Lui annuì, in un muto segno di ringraziamento, si sforzò di sorridere anche se dentro di sé avrebbe voluto esplodere in lacrime, e riprese sostenendo la voce

<< È stata proprio lei a chiedermi di dirlo a Victor. Keiichi ha sempre saputo di aver un padre, gli ha sempre voluto bene anche se lo ha conosciuto solo attraverso i racconti di Hikari e Manimi, ma ora ... vuole conoscerlo. E credimi, è veramente difficile tenergli testa. >>

Entrambi risero appena, inteneriti. Erriet non poté fare a meno di pensare a suo figlio e lo espose ad alta voce

<< Anche Victor ha sempre saputo come farsi rispettare ... >> ricordò, strappando un altro sorriso anche a Yukio

" Si ... me ne sono accorto." Pensò soltanto lui, senza dirlo. Dopo ciò, notando che l'atmosfera era nuovamente tornata ad essere triste e difficile, Erriet tornò a parlare

<< Penso ... penso anch'io che sia la scelta giusta. >> si espose << Victor ... il suo cuore ha soltanto bisogno di amore, adesso. >>

Un altro cenno di assenso e un sorriso da parte di entrambi, lo fecero guardandosi negli occhi.

<< Già... >> mormorò infine il dottor Yukio Fujita

E, riprendendo fiato, si diede un tono, agguantò il leggero cappotto beige dall'appendiabiti e lo indossò con rapidità agguantando la maniglia della porta d'ingresso

<< Ora vado a cercarlo. >> concluse << Non ho intenzione di dirgli nulla di esplicito, solo ... confermare ciò che abbiamo appena detto. Credo che sia pronto, ma non posso sapere cosa ha nel cuore fino a che non glielo domando direttamente. >>
<< E se l'esame si rivelerà positivo? >> fu la replica interessata e speranzosa di Erriet, che continuava a stringere in mano la foto << Quale sarà la prossima mossa? >>
<< Allora ... >> aggiunse lui, annuendo << Se è come credo, passeremo alla fase successiva. Porterò qui Hikari e Keiichi, entro un massimo di una settimana a partire da oggi. >>

Gli occhi di Erriet scintillarono immediatamente di eccitazione e gioia immensa, ma prima di uscire il medico si premurò di chiederle un ultimo favore

<< Per il momento, Erriet, non dire nulla né a Yoshi, né a Victor. Dato che ormai non c'è più bisogno di me qui, rimarrò vicino a Manimi fino a che non avrò deciso che è il momento adatto. Telefonerò per dirvi che sto arrivando a farvi una visita di cortesia, e tu allora capirai che è arrivato il momento. >>

Lei annuì più volte, sicura e rapida

<< Li porterai qui, a casa? >> chiese, contenta

Yukio ci pensò qualche attimo su, poi decise

<< No. È da tanto che non si vedono. >> le comunicò riflettendo << Penso ... che il loro primo incontro dopo così tanto tempo debba essere qualcosa di personale. Lascerò che siano loro a decidere cosa fare ... sono sicuro che Victor farà la scelta giusta. >>
A quella domanda, la donna rispose annuendo soddisfatta. Poi mordendosi le labbra in un sorriso eccitato replicò, fiduciosa

<< Lo sono anche io ... >>

Prima di lasciare che, dopo un abbraccio sincero, il dottor Fujita uscisse di casa chiudendo la porta dietro di sé.
Finalmente forse per l'ultima volta di quello sfortunato periodo.

\\\

Dieci minuti prima ...

<< Ma che ti costa? Perché continui ad andare da lui?? >>

Kail guardò in faccia l'amico, un'espressione dura e furiosa negli occhi che quasi contrastava con la sua solita docilità e la timidezza a cui tutti quelli che lo conoscevano erano avvezzi, incluso quello che ora gli stava davanti e che, appena qualche secondo prima, mentre lui rientrava alla base preoccupato, lo aveva afferrato per un braccio e costretto a voltarsi verso di lui in maniera brusca, chiedendogli dove fosse stato.
Da lì era iniziata la conversazione.
Lui, un ragazzo di qualche anno più grande di origini wutaiane dalla corporatura muscolosa, capelli corvini corti sulle orecchie e le braccia piene di tatuaggi, era ... il ragazzo con cui prima dell'arrivo di Victor aveva cercato di avere un piccolo flirt, ma era stato respinto. E adesso si stava preoccupando per lui??
Anzi, non solo. Gli aveva perfino chiesto di sospendere le visite al combattente, più di una volta. Ma lui ovviamente aveva rifiutato. "Non sei l'unico uomo del mondo, sai? Posso averne anche cento se voglio! O uno che ne valga tanti! " aveva pensato, e si era comportato di conseguenza.
Solo che a quel punto Dom, cosi si chiamava, aveva intensificato i suoi sforzi. Ora era giunto il momento di mettere le cose in chiaro una volta per tutte

<< Perché ci vado?? >> chiese, alzando il tono di voce e stringendo i pugni << Perché ci vado??? Perché lo amo, ecco perché! Lo amo, e voglio stare con lui a qualsiasi costo! >>
<< Ma lui non ama te, Kail! >> urlò l'altro in risposta, scuotendolo per le spalle << Non ti ama, ti sta solo usando! Lo vuoi capire una buona volta! Se continui a rincorrerlo finirai per farti ammazzare! >>

A quelle parole cariche di disperazione, gli occhi del più giovane si riempirono di lacrime mal trattenute. L'altro sentì all'istante qualcosa spezzarsi nel petto. Forse era il suo cuore ...

<< Mi sta ... usando? >> chiese, la voce appena un po' traballante, guardandolo negli occhi << Si, può darsi ... Ma almeno lui non mi da false speranze, e non viene a letto con me solo per vedere che effetto fa per poi scaricarmi come se gli facessi schifo! >> 

Dom lo guardò negli occhi, quindi si staccò appena da lui, ritraendosi e abbassando lo sguardo.
Ora era sicuro, era il stato il suo cuore a fare tutto quel fracasso.
Ma la cosa peggiore, era che l'altro aveva ragione.
Kail lo fissò in silenzio, gli occhi lucidi e delusi, e quando lui abbassò lo sguardo, umiliato e colpevole, continuò

<< È vero, forse mi sta usando. Ma non posso dire che non mi abbia avvertito. Mi ha salvato la vita, poi mi ha usato per arrivare ad Al, infine mi ha espressamente ordinato di dimenticarmi di lui, andarmene per la mia strada. Aveva finito con me, ma sono io che non ho voluto dargli retta. 
Sono io che continuo a stargli dietro, nonostante i suoi avvisi, e sai perché? Perché ho capito che non è quello che sembra, esattamente come ho fatto con te! >> concluse, pieno di disprezzo
<< Kail, ascolta ... >> provò a bofonchiare in risposta l'altro, ma venne immediatamente bloccato
<< No, basta! Ascolta tu me adesso! >> disse, in tono deciso e calmo, ma con la voce pericolosamente incrinata dal pianto << So che non mi ama, so che nella sua vita c'è già un'altra e che probabilmente sta già pensando a come liberarsi di me perché so troppe cose. >> s'interruppe, spremendo dagli occhi un fiotto di calde lacrime

L'altro volle abbracciarlo, ma non lo fece. Restò in silenzio ad ascoltare mentre sentiva quelle lacrime diventare anche sue

<< Ma almeno lui è sincero. E se devo morire ... >> un'altra lunga pausa, stavolta Dom fece un passo verso di lui ma Kail si ritrasse bruscamente, per poi concludere determinato, dopo essersi asciugato le lacrime con una manica della camicia << ... allora preferisco farlo per qualcuno che amo, e che in fondo al cuore sia capace di provare qualcosa, anche un briciolo di tenerezza o rimorso per me. >>

Quindi, senza aspettare una risposta, gli voltò le spalle e si allontanò, in cerca di un luogo dove poter restare solo a leccarsi le ferite, e a sperare che il combattente tornasse presto da quel malore che lo aveva colpito così d'improvviso.
Dom lo guardò, senza il coraggio di aggiungere nulla. 
Avrebbe voluto piangere, corrergli incontro e mostrargli le sue lacrime, dirgli che aveva sbagliato ma che da quella volta insieme si era accorto di amarlo, un sentimento che non aveva mai provato prima verso nessun'altra ragazza, e che per questo aveva avuto paura. "Mi dispiace... " avrebbe voluto dirgli.
Ma fu in grado solo di pensarlo.
Poi codardo voltò le spalle al punto in cui l'amico era scomparso e se ne andò, alla ricerca di un posto dove poter dimenticare quel dolore. Mentre l'altro tenace estraeva il telefono cellulare dalla tasca e riprendeva la sua ricerca.

***

<< Victor! Grazie al cielo, sei vivo! >>

La voce di Kail tuona nelle mie orecchie, eccitata e sollevata dall'altro capo del telefono. Trattengo il fiato, rabbrividendo. Il mio cuore perde immediatamente più di un paio di colpi.
Maledizione, non può essere vero!

<< Come mi hai chiamato? >>

Chiedo con voce cupa e severa. In risposta ho il silenzio. Lo sento esitare, mi sembra quasi di vedere la sua espressione sgomenta e sbigottita  mentre si rende in questo istante conto del suo errore.

<< I-io ... >> balbetta << E-ecco, io ... >>

E mentre lui tenta di trovare una qualsiasi scusa plausibile da imboccarmi, io sono già stufo. Non m'importa come diavolo abbia fatto a saperlo! Non avrebbe dovuto.

<< Ho sentito tuo padre dirlo, quando sono venuti a prenderti. >>

Certo, avrei dovuto immaginarlo. Dannazione!
Sospiro pesantemente. Sephiroth, e adesso che faccio?

<< Chi altri lo sa? >> inizio, perentorio
<< Oh, nessuno te lo giuro! >> si affretta a ribattere lui << Non l'ho detto a nessuno! >>

Mi sembra quasi di sentire la voce di Sephiroth e del ragazzo del mio sogno. Dicono la stessa cosa: "Tu ti ci sei invischiato, e adesso tu devi tirartene fuori."
Sospiro di nuovo

<< Lo hai salvato sul cellulare, sopra al mio numero? >>

Silenzio. Solo un sospiro strozzato, come se all'improvviso stesse trattenendo il fiato. Merda! Maledetto idiota!

<< Scusami ... >> mormora lamentoso

Non sto neanche più ad ascoltarlo.

<< Li hai visti ancora i turks? >> chiedo

Sto seguendo un progetto della mia mente, devo saperlo.

<< Si, continuano a ronzare intorno alla locanda. Ieri hanno provato a parlare anche con Duke ma lui li ha cacciati via senza neanche ascoltarli. Sono venuti da me, ma non gli ho detto nulla, te lo giuro. >>

Smettila di giurare, idiota! Non m'interessa! Se non lo hai detto ieri nulla impedirà a quei cani rognosi di cavarti dalla bocca le informazioni domani o dopodomani, magari senza che neanche tu te ne accorga o lo voglia.
Li conosco, quei due. E conosco anche te.

<< Pronto? Ci sei? >>

Non ho altra scelta.

<< Victor? >>

Non posso più permetterti di continuare a vivere.

<< Cancella il mio numero dalla rubrica. >>
<< Cos ...? >>
<< Eliminalo, e non chiamarmi mai più! >> ordino

Tanto non potrai più farlo.

<< E se qualcuno ti chiede del combattente, digli che è morto dopo una crisi cardiaca. >>

Non ci crederanno, lo so. Tseng in particolare, è troppo poco furbo per crederci.
Ma almeno questo servirà a tenere lontano altri eventuali curiosi

<< D'accordo. >> risponde lui, affranto
<< E non azzardarti mai più a venire alla palestra! >> ringhio

In ogni caso non mi ci troverebbe. Meglio stia lontano da quel luogo per un po', anche se gli allenamenti mi mancheranno.

<< S-si. Va bene. >> bofonchia spaurito lui

Non ho nient'altro da dirgli, quindi chiudo il telefono e rientro. Non posso lasciare che questa situazione continui ad andare avanti. Lo so che avevo giurato di non ricascarci più, ma ... non posso proprio.
Farò ciò che mi ha insegnato SOLDIER, del resto, né più e né meno.
E dopo staremo meglio tutti.

***

Brevi e ritmici bip lo informarono che la telefonata era stata chiusa. Kail staccò il telefono dall'orecchio e lo fissò attonito per qualche istante, poi però sospirò fece ciò che il combattente gli aveva ordinato, lo chiuse e se lo infliò in tasca con un profondo sospiro intristito, riprendendo a camminare.

Erano passati neanche cinque minuti dalla fine della conversazione con Dom, dopo essere andato a controllare per un'ultima volta alla palestra aveva quindi vinto il suo timore e chiamato direttamente al numero del combattente sperando che rispondesse.

Le sue speranze non erano state disattese, ma ... adesso avrebbe tanto voluto lo fossero state.

Si sentiva agitato, addolorato per aver disatteso le sue aspettative e averlo contristato, e non poteva più fare a meno di pensare alle parole di Dom, alla sua triste previsione.

Ad  ogni passo, era un ricordo e un dolore.

Poi, all'improvviso, una voce baritona e forte lo chiamò, e si bloccò all'istante, proprio a pochi metri di distanza dalla base.

<< Hey, ragazzo! << ripetè la voce, ormai tristemente famigliare << Aspetta un secondo! >>

Tremò.
Prese un grosso respiro, poi si voltò. Il turk dai capelli rossi gli si avvicinò con aria da smargiasso, picchiettando il suo manganello sulla spalla e rivolgendogli un ghigno beffardo. Dietro di lui l'altro, alto e moro, osservava in silenzio

<< Che volete ancora?  >> chiese, accorgendosi solo dopo di essersi dimostrato troppo esagitato -Vi ho già detto che non so nulla. -

<< Abbiamo sentito. >> rispose allora il moro

<< Ma chissà perchè non ti abbiamo creduto neanche un pò. >> concluse il rosso

Ormai gli era a pochi centimetri di distanza, e aveva preso a girargli intorno.

Indietreggiò, improvvisamente preoccupato.

<< Non preoccuparti, vogliamo solo sapere se sai come si chiama. Tutto qui. >> disse allora il turk alto, con un'aria che avrebbe dovuto rassicurarlo ma invece non fece che agitarlo ancora di più

Prese a guardarsi intorno roteando gli occhi. Merda!

<< Diccelo e ti lasceremo in pace. >> ribadì il rosso annuendo, sempre con quel ghigno sulle labbra

Tacque, continuando a indietreggiare. Stava pensando di voltarsi e mettersi a correre, anche se non poteva essere sicuro non lo avrebbero ucciso. Ma quando si voltò, trovò la sua via di fuga bloccata dal turk dai capelli neri

<< Di cosa hai paura ragazzo? >> gli chiese serio e accigliato, quasi volesse scrutargli nell'anima per ghermirgli con la forza la verità

<< Di nulla! >> si affrettò ad aggiungere lui

<< Allora perchè non ce lo dici? >>

"Perchè non lo so! Io non lo so, non ne ho neanche la più pallida idea, lo giuro! ". Avrebbe voluto urlarla quella frase. Ma, proprio nel momento in cui la prima parola uscì balbettata dalle sue labbra, un ronzio soffocato sibilò nell'aria, e tutto all'improvviso si fece buio mentre il suo corpo ricadeva a terra ormai inerte, e il sangue iniziava a fuoriuscire dal grosso buco del proiettile che gli aveva perforato il cuore.

(...)

   
 
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