Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    18/09/2016    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Grantaire

Ormai erano le 9.00 del mattino e nel piazzale di fronte all’ingresso della scuola non c’era già più nessuno studente: tutti erano entrati, puntuali per l’inizio delle lezioni. Solo un ragazzo dal fisico asciutto stava correndo nella grande piazza, sperando di arrivare prima che il custode Pére Fauchelevent chiudesse il cancello d’ingresso. Grantaire passò accanto alla facciata dell’abbazia di Saint-Denis, svoltò l’angolo e finalmente riuscì a vedere il cancello d’ingresso della sua scuola. Stava ancora correndo più veloce che poteva quando vide il giovane apprendista del custode, Feuilly, appoggiato alle mura della cattedrale mentre discuteva con colui che gli stava insegnando il mestiere: non riusciva a sentire cosa si stessero dicendo, ma capì che Feuilly lo stava aspettando.

Quando fu a metà del passaggio tra la chiesa e la scuola, Feuilly lo riconobbe. “Accidenti a te, Grantaire! Ma anche il primo giorno fai tardi?!”

“Lo so… mi-mi spiace!” Grantaire non aveva più fiato e la sua fronte era coperta dai riccioli neri bagnati dal sudore.

“Non mi dirai che sei in ritardo perché hai bevuto anche ieri sera! Pensavo che avremmo raggiunto questo punto dopo settimane, non il primo giorno!”

“No no…*anf… non è…*uff… come pensi tu!”

“E allora cosa diavolo ti è successo?”

Nessuna risposta: l’unica cosa che Feuilly ottenne con quella domanda fu un’espressione distratta dello studente, seguita da un sorrisetto dolce dovuto ai suoi pensieri. Feuilly stette a guardarlo per un po’, probabilmente per capire a cosa stesse pensando, ma ci rinunciò presto: “D’accordo, non hai intenzione di dirmelo. Vai va’, prima che arrivi il vicepreside!” Questa frase fece risvegliare Grantaire dai suoi pensieri: il ragazzo passò il grande cancello salutando e ringraziando l’amico e, mentre costeggiava il giardino per raggiungere il monumentale portone, ritornò ai suoi ricordi.

È vero: non era in ritardo perché si era ubriacato la sera prima, anzi! Era stato troppo eccitato dall’attesa di quel giorno per riuscire a fare qualsiasi cosa. Nemmeno aveva dormito! Era partito di buon’ora da casa, bagagli in mano, una fetta di pane e nutella al volo e si era diretto subito alla residenza per studenti dove avrebbe vissuto anche quest’anno scolastico, come gli scorsi. Era così eccitato all’idea che si sarebbero rivisti, che per tutto il tragitto non aveva pensato ad altro, saltellando per le strade e danzando con chiunque incontrasse sul suo cammino: chi lo incrociava, non poteva fare a meno di sorridere. Forse è proprio per queste manifestazioni di gioia che quando arrivò alla residenza in Rue Denfert Rochereau i suoi amici già non erano più lì. Ci rimase un po’ male, ma non si fece abbattere: recuperò le chiavi della sua solita stanza, corse subito su per le scale accanto all’ingresso, gettò i bagagli sul pavimento senza curarsi di tenere in ordine la stanza e corse di nuovo nella hall per andare a scuola in tempo e parlarci un po’ prima dell’inizio delle lezioni. Se solo la proprietaria della residenza non lo avesse fermato! Forse ce l’avrebbe fatta ad arrivare, anche solo per stare in sua compagnia un minuto!

“Si può sapere perché tutte le volte che ci sei tu in questo posto regna il caos?!”

“Chiedo perdono, madame! È che sono in ritardo e così ho gettato le cose come capitano!”

“Sì! E mi hai anche riempito il pavimento di fango!”

“Ah…” Grantaire si guardò le scarpe: effettivamente erano in uno stato pietoso, ma era stato troppo sovrappensiero per notarlo da solo. “Sono passato nel parco venendo qui. Suppongo sia possibile che la pioggia di ieri abbia lasciato il terreno… un pochino fangoso…”

“Un pochino?! Vuoi prendermi in giro?! Pulirai tu ogni centimetro in cui hai camminato con quelle scarpe di merda, chiaro?! O ti sbatterò fuori di qui!”

“Come il sole, madame… ma io sono in ritardo…”

“CHIARO?!” Grantaire era sicuro di non averla mai vista così arrabbiata, quindi non se la sentì di controbattere.

“Chiarissimo, madame Thénardier!” distolse il suo sguardo dalla donna, consapevole che lei ancora lo stava fissando con due occhi che sembravano quelli del demonio in persona.

Ed ecco il motivo per cui il giovane Grantaire fece tardi, quella mattina.

Pensando al momento in cui finalmente quella sera si sarebbero rivisti, Grantaire salì la scala di servizio vicino alla biblioteca per arrivare prima al laboratorio d’arte, dimenticandosi però che in cima, proprio di fronte all’ultimo gradino, si trovava anche la vicepresidenza. Se ne rese conto solo quando incrociò a metà gradinata il suo ex professore di filosofia, il quale, vedendolo in giro dopo l’inizio delle lezioni, lo afferrò per un braccio e lo trascinò giù, verso il piano terra.

“Tu devi essere impazzito, ragazzo mio: ti è bastato un mese per dimenticarti quanto orrendo sia il vicepreside quando si arrabbia?”

“Assolutamente no, professor Valjean. Credo semplicemente di essere… un po’ distratto, stamattina.”

“Beh, qualsiasi cosa ti distragga, cerca di stare concentrato fino al tuo arrivo in aula: far arrabbiare il professor Javert il primo giorno è davvero una pessima idea!”

“Ci proverò. Beh… grazie per avermi salvato la pellaccia, prof. Come sempre, del resto!”

Il professor Valjean era il salvatore di tutti gli studenti. I ragazzi potevano sempre contare su di lui se avevano dei problemi, di qualsiasi tipo. Era costantemente a disposizione di chiunque avesse bisogno di parlargli ed ogni volta aveva un buon consiglio per tutto: non sbagliava mai, ma nessuno sapeva come facesse ad avere una soluzione appropriata ad ogni problema.

“Da domani cerca di essere puntuale, o quanto meno di non farti vedere da quel cane da caccia: ha deciso di tenere il conto dei ritardi quest’anno!” consigliò Valjean a Grantaire, mettendogli una mano sulla spalla.

Grantaire non poteva credere a ciò che aveva appena udito. “Non ha niente di meglio da fare, quell’uomo?”

“A quanto pare no” disse quasi ridendo Valjean: era un risolino in cui si poteva percepire una certa paziente esasperazione. “Avvisa anche i tuoi amici, questa sera alla residenza.”

“Certo. Ancora grazie prof!”

Mentre si dirigeva in laboratorio, cercando di rimanere concentrato su quello che stava facendo, Grantaire passò davanti ad un’aula con la porta socchiusa. D’istinto buttò lo sguardo all’interno della stanza: il cuore iniziò a battergli nel petto senza sosta e non riuscì a trattenere il sorriso che gli spuntò sulle labbra. Era lì, come sempre vicino alla finestra con la mente che vagava in chissà quali pensieri, il viso e gli stupendi capelli biondi illuminati dal sole che entrava dai vetri. Quel momento idilliaco non durò molto, perché il professor Mabeuf si accorse di aver lasciato la porta aperta e, senza distogliere lo sguardo dal libro che stava leggendo, la chiuse.

Grantaire rimase seduto sorridente sul fresco pavimento qualche secondo prima di rialzarsi e dirigersi sognante verso la sua aula.

   
 
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