Film > Kingsman: The Secret Service
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Autore: kingstier    20/09/2016    0 recensioni
«Harry, siamo sposati?»
«Non lo siamo?»

Ovvero le cinque volte in cui sono praticamente sposati, più una in cui non lo sono (non ancora).
{ Harry/Eggsy | Long fic | 11524 parole | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Gary - Eggsy - Unwin, Harry Hart, Merlin, Roxy Morton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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II



Un mese più tardi, durante la loro seconda missione insieme, si baciano ancora.

 Tantissime volte ancora.

 Il loro bersaglio è un uomo che si fa chiamare Anton, un trafficante d’armi che conduce i propri affari esclusivamente in un nightclub a Lisbona. Eggsy non ne conosce il motivo, Merlino potrebbe non averne idea, dato che non l’ha spiegato nel fascicolo che ha consegnato, ed è probabile che anche Harry sia ignaro del perché. Può c’entrare il fatto che gli angoli bui degli edifici ospitano di natura affari loschi, o magari a quel tizio piacciono l’atmosfera del locale e la musica del basso che gli martella nel cranio mentre dà via armi illegali, chi lo sa. Eggsy no di certo.

 Quello che Eggsy sa è che Harry Hart sembra soffrire di una grave allergia ai primi tre bottoni delle camicie che indossa quando non porta la cravatta.

 Ha preso dimestichezza con tale nozione perché trascorre la maggior parte della settimana a casa dell’uomo. L’alloggio che la Kingsman ha assegnato a Eggsy è solo a qualche incrocio più in là ed è all’incirca grande come quello di Harry, ma è meno antico, con meno mobili seriosi e impolverati. Sua madre e sua sorella si sono sistemate con serenità nella nuova abitazione – dove Daisy ha iniziato a sgambettare a velocità record, provocando un innalzamento della pressione sanguigna a Eggsy quando lei barcolla e si avvicina troppo agli spigoli aguzzi dei tavoli – e sono felici. O almeno, Daisy lo è, perché sua mamma diventa molto meno felice ogniqualvolta Eggsy torna dal lavoro con un’andatura zoppicante o con ferite che nessun comune sarto avrebbe, e per questa ragione sceglie di passare le notti da Harry, nella camera degli ospiti che ha reclamato come sua.

 Dal che, be’, deriva il problema. Harry è assolutamente una diva e possiede nientemeno che venti maglioni e cardigan colorati e persino più camicie. Non indossa la cravatta in casa, d’altronde esistono forse persone che lo fanno?, ma non chiude nemmeno i primi tre bottoni della camicia.

 La prima notte del loro appostamento non è malaccio. Harry si è slacciato solo due bottoni e mezzo, il terzo dall’alto che è incastrato a metà dell’asola, ma è uno spettacolo sopportabile.

 Spendono solo un’ora a sorseggiare i loro drink perlopiù annacquati e a vagare per il club prima di scorgere Anton. L’obiettivo ha con sé una valigetta abbastanza piccola da non destare troppa attenzione e indossa dei semplici pantaloni e una camicia elegante abbinata. Quantomeno è discreto. Eggsy scambia un’occhiata con Harry e reclina il capo in direzione della postazione¹ accanto a quella occupata da Anton. «Assecondami, okay?»

 Ingolla un terzo del suo bicchiere e ricorda a se stesso che lui è un professionista con un compito da svolgere, poi afferra il braccio di Harry e si circonda il busto con esso. Harry coglie le sue intenzioni e abbandona il proprio drink su uno dei tavoli nelle prossimità, per poi cominciare insieme ad ondeggiare in un balletto, scimmiottando l’aria carica di energia che li attornia, i petti che si sfiorano ad ogni passo compiuto.

 Anton non rivolge loro nemmeno uno sguardo quando lo superano incespicando e cascando sul divano accanto al suo. Harry si accomoda sul sedile con lo schienale affacciato verso il viso di Anton, per cui attira Eggsy a sé sulle cosce e per una frazione di secondo lo scruta con un’espressione interrogativa. Eggsy annuisce e pensa distrattamente ecco, ci siamo, senza essere pienamente cosciente di cosa significa quel ci siamo.

 A quanto pare, però, significa soltanto Harry che preme la propria bocca sulla sua. Il contatto è asciutto e casto e non è niente più che un lieve accostamento di labbra, letteralmente, eppure Eggsy deve lottare mentalmente per aggrapparsi alla sua sanità. Non c’è spazio per i sentimenti durante le missioni, ma Harry lo sta baciando ed è dalla cena del mese scorso che ha fantasticato a proposito. Le labbra di Harry sono screpolate ma calde e le mani di Eggsy si fanno strada sulla pelle che fa capolino dal colletto…

 «Galahad, otto centimetri alla tua destra» dice Merlino, riscuotendolo dallo stordimento incantato.

 «Ricevuto» sussurra Eggsy. Si risistemano e curvano appena i loro corpi verso destra, affinché gli occhiali di Eggsy abbiano una piena visuale della postazione di Anton senza che la spalla o l’orecchio di Harry gli siano di mezzo.

 Il bacio che riceve in seguito è più delicato, quasi esitante, come un petalo che va alla deriva di uno stagno, formando increspature quasi inesistenti sulla superficie. Eggsy lo ricambia, assicurandosi di restare nell’angolo corretto e tenendo un occhio sul bersaglio, e Harry reciproca con un fervore rinnovato. I baci che seguono a ruota si incalzano in una rapida successione e sono candidi e dolci come il primo.




Durante la terza notte, all’idea di quei dannati tre bottoni e la percezione di essi sotto i suoi polpastrelli, Eggsy rischia di compromettere la missione.

 «Si è allontanato» mormora Harry contro il suo labbro inferiore.

 Eggsy si scosta rimanendo seduto fermamente sulle cosce di Harry, mentre l’uomo traccia con le labbra una linea lungo il suo orecchio (Cristo santo).

 «Anche stanotte aveva con sé solo una valigetta. Lo schema con cui opta dove sedersi è indiscernibile, è possibile che si tratti di una decisione casuale». Harry sbircia da sopra la spalla di Eggsy e osserva l’obiettivo che serpeggia tra la folla e che esce con furtività da una porta laterale.

 «Sicuro che è meglio non seguirlo?»

 «No, Eggsy» replica Harry mentre Merlino ribatte simultaneamente: «Assolutamente no, Galahad».

 Eggsy sospira. Si muove e sta di fronte a Harry e, per estensione degli occhiali, Merlino. «Allora per stanotte abbiamo finito? Oggi ho mangiato solo i biscotti che Roxy mi ha portato dalla Svezia, sto morendo di fame».

 «Riposatevi, domani vi invierò le cimici alla camera d’hotel. Sarete costretti a piazzarle su ogni divano se Anton fa quotidianamente una scelta diversa. Il che equivale a più lavoro per me» borbotta Merlino prima di chiudere.

 «Non sapevo che avessi messo in valigia degli spuntini, perché non me ne hai offerto uno?» Harry si ravvia i capelli in disordine ed Eggsy si sposta e gli si siede accanto invece che sulle cosce.

 «Vuoi scherzare, bello? Tilde li ha preparati appositamente per Roxy, quante volte ti capita di poter affermare di aver mangiato i biscotti di una principessa? Io ne ho ricevuti un po’ perché sono amico di Roxy. E Tilde sostiene che ho le fossette più carine che abbia mai visto» aggiunge Eggsy con un sorrisone.

 «Trovo che le tue fossette siano adorabili, Eggsy» risponde Harry senza batter ciglio.

 Eggsy caccia un verso di derisione per coprire l’imbarazzo che gli agita lo stomaco. «Niente biscotti lo stesso». Salta giù dal divano e si rassetta la giacca. «Sai se qui intorno c’è un ristorante?»




L’euforia iniziale non svanisce, persino quando giunge la quinta notte.

 «Riorganizzare tutti questi file audio è un incubo» borbotta Merlino tra sé e sé, mentre Harry è occupato a togliere il fiato a Eggsy. «E la musica non aiuta, cos’è questa robaccia?»

 Eggsy si stacca un attimo per respirare e ride leggermente. «Se vuoi vivere un vero incubo, dovresti dare un’occhiata a me e mio cugino Dennis dopo qualche pinta di troppo».

 «Preferisco evitare».

 «Peggio per te» replica Eggsy. Avvicina il viso a quello di Harry e picchietta il proprio naso contro la guancia dell’uomo, mantenendo lo sguardo sulla postazione dall’altra parte della sala. Uno dei vantaggi dell’essere seduto sulle cosce di Harry, ignorando le ovvie ragioni, è che possono entrambi sorvegliare ambedue i lati della stanza. Scorge da sotto le ciglia Anton che si sbraccia infuriato in direzione della persona che ha davanti a sé.

 «Niente?» domanda Harry, le mani che gli accarezzano gentilmente il busto.

 «Ha un’aria arrabbiata. Cerca di contenersi per non attirare attenzione, però. Merlino?»

 «Ci penso io» grugnisce lui. «Pare che qualcuno non sia felice che il proprio cliente non si possa permettere di pagare i prezzi stabiliti».

 Quando gli occhi di Anton perlustrano la stanza, Eggsy infila il volto nel collo di Harry e, nel processo, si gode il panorama del petto dell’altro.

 «Per adesso abbiamo quello che ci serve. Provate a collocargli addosso un localizzatore, poi dirigetevi verso il punto d’estrazione».

 «O» ribatte Harry, il suo respiro che increspa i capelli dietro l’orecchio di Eggsy, «stanotte lo seguiamo e recuperiamo le armi. Molto più sbrigativo rispetto a raggrupparsi e cedere a qualcun altro la prossima fase della missione».

 «Voi due siete in ricognizione per una ragione, Artù. Ne riparleremo quando sarai in grado di sparare più di cinquanta bersagli senz’alcuna esitazione». Harry digrigna i denti. «Il jet è in arrivo. Il tempo stimato è di due ore, non fate tardi o tornerete con un volo in classe economica».

 Merlino si scollega evitando di aggiungere ulteriori commenti (malgrado siano entrambi consapevoli che sta continuando ad assistere la situazione attraverso le telecamere) ed Eggsy sussulta una volta notata l’espressione di Harry. Sta senza dubbio vagliando ogni possibile scenario del licenziamento di Merlino – perché il capo è Harry, in caso debba rinfrescarti la memoria –, ma persino Eggsy non è in grado di immaginare un frangente in cui, con la sua assenza, l’agenzia non crolli dopo pochi minuti.

 «Ci riuscirai, okay?» lo rassicura Eggsy, lisciandogli distrattamente il colletto. «Hai solo bisogno di più tempo».

 Harry sospira e china la testa. Appoggia la mandibola sul dorso delle dita di Eggsy e, scuotendo il capo, strofina il mento lievemente ispido contro le sue nocche. È tenero da morire. «Sono ormai trascorsi sei mesi, Eggsy, è passato mezzo anno. Ritengo che sia più che sufficiente».

 «Sei stato in coma per due di quei sei mesi, quelli non contano». Eggsy si rialza in piedi e agguanta un localizzatore, iniziando ad incamminarsi con fare noncurante verso la postazione di Anton e abbassando il tono di voce. «E i medici non ti hanno consentito di toccare le pistole per un altro ancora, per cui in realtà ti sei ripreso da soli tre mesi».

 «Non fa alcuna differenza se sono sei o tre, me la cavo benissimo con la mano sinistra».

 «Sai che non è quello che preoccupa Merlino». Quando raggiungono la postazione, tenendosi a una distanza accettabile, Eggsy allunga un braccio con naturalezza per lambire il divano in pelle di Anton e fa scivolare il localizzatore piazzandolo sul colletto del loro obiettivo. Alzando di un’ottava la voce, sia per mantenere le coperture che per Merlino, esclama: «Amore, rincasiamo?»

 (Arrivano al jet con qualche minuto di ritardo, come tipico di Harry.

 «Come hai fatto a farci arrivare di nuovo in ritardo, ho tenuto gli occhi sull’orologio per tutto il tempo!»)










¹ L’ho tradotto così, ma temo che dire “postazione” non renda affatto l’idea di cosa siano davvero i booth. Sono i classici tavolini con intorno un divano angolare – solitamente in pelle – che sono tipici dei ristoranti e dei locali statunitensi in generale. Per un esempio visuale, cliccate qui oppure più semplicemente qui, dato che sono comparsi nel film Kingsman stesso.

   
 
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