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Autore: Elayne_1812    21/09/2016    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona lettura!
Capitolo 8
Ciò che non potevo vedere
 
Kibum represse un conato di vomito e allontanò dalle narici gli odori della strada. Se c’era qualcosa che aveva imparato da quei primi giorni di viaggio era che odiava il fango sui vestiti, l’odore pungente degli escrementi dei cavalli, benché temesse di essersi imbattuto anche in feci umane; l’impossibilità di farsi un bagno decente e, soprattutto, passare l’intera giornata a cavallo. Ogni volta che smontava dal quadrupede si sentiva le gambe molli, completamente incapaci di reggerlo, figurarsi camminare decentemente!
Un ubriaco farebbe una figura migliore, pensò.
Ma c’era qualcosa che lo infastidiva ancora di più. La vista dei bambini drappeggiati da stracci sucidi di sporcizia di cui non osava immaginare la provenienza. I volti segnati dalla fame, le mosche che ronzavano intorno a loro come fossero anch’essi spazzatura, tetre bambole di pezza ad adornare i margini delle strade. Più di una volta aveva dovuto allontanare lo sguardo e si vergognava. Non voleva essere indifferente, ma non riusciva guardare perché ogni volta una crepa s’apriva nel suo cuore. E faceva male. Molto male.
Come possono morire di fame quando Soul si sveglia con il profumo della cioccolata e tonnellate di cibo vengono gettate? Più volte si era posto questa domanda, ma non riusciva a darsi una risposta sensata.
Kibum non credeva possibile che qualcosa potesse sconvolgerlo ulteriormente, eppure era accaduto quando aveva visto delle guardie maltrattare quei bambini. Malmenati e strattonati come fossero solo ammassi di stracci privi di vita. Eppure, per quanto i loro occhi fossero vitrei e distanti, erano vivi.
Vivi, pensò, quella è vita? Si chiese.
Più volte le sue mani avevano tremato, bagliori azzurrognoli aveva fluttuato intorno a lui, soffiando e stridendo come una pantera pronta alla carica.  Solo le parole di Jinki ed il suo sguardo perentorio avevano avuto il potere di bloccarlo.
-Controlla le tue emozioni e soprattutto la tua abilità – gli aveva detto.
-Ma –
-Non possiamo fare niente. Tu non devi fare niente, o si metterà molto male. –
Così non aveva potuto fare altro che passare oltre.
Era quasi il tramonto e stavano entrando in un villaggio per passare la notte. Le strade erano infangate a cause del temporale estivo della notte precedente, cani randagi gironzolavano qua e là in cerca di cibo. La cosa più impressionante era che alcuni di loro erano più in carne dei bambini che s’aggiravano con il medesimo intento.
Jinki, in testa al gruppo, scese da cavallo imitato dagli altri quattro. Kibum barcollò, gli ci volle tutto l’equilibrio che possedeva per non cadere. Camminarono sino ad un edificio traballante con un’insegna sbiadita ad indicarlo come locanda. Kibum non vedeva l’ora di sdraiarsi su qualcosa di anche solo simile ad un letto. Represse uno sbadiglio quando delle grida attirarono la sua attenzione. Subito si raddrizzò. Dall’altra parte della strada una guardia strattonava un bambino che stringeva tra le mani un sacchetto di riso.
-L’hai rubato, non è vero, canaglia? –
Il bambino piagnucolò. –No, non sono un ladro! –
Il sacchetto si aprì e parte del contenuto rovinò a terra. Dei cani s’avventarono subito, leccando con le lingue rosate chicchi e fango.
Kibum strinse con forza le redini del cavallo, imponendosi di rimanere immobile. La guardia continuava a strattonare il bambino incurante delle sue proteste e del livido che si stava formando sul braccio dell’indifeso. Kibum ne aveva abbastanza. Al diavolo Jinki, non sarebbe rimasto a guardare un secondo di più!
-Va bene, adesso basta – disse mollando le briglie con astio, procedendo a lunghe falcate determinate verso l’uomo.
-Yah, testa a forma di rapa, lascialo subito! – disse avventandosi contro la guardia.
L’uomo alzò gli occhi, stordito, mollando la presa sul bambino che ne approfittò per fuggire. Puntò gli occhi piccoli e porcini su Kibum. Era corpulento, alto e quadrato, la testa piccola e priva di collo tra le spalle larghe. La sua divisa era sudicia, i capelli incollati al capo. Kibum arricciò il naso, un odore di sudore rancido aleggiava intorno all’uomo.
Non è una rapa, è un armadio, un armadio con la testa da rapa! pensò Kibum.
-Spostati, ragazzino, o darò una bella lezione anche a te – fece intimidatorio.
Kibum gli rivolse uno sguardo tagliente, uno di quelli che a corte facevano tagliare la corda anche ai primi ministri. Solo Heechul non aveva mai capito che in quelle situazioni era meglio girare alla larga, ma dopotutto lui era ottuso. Il principe Kim Kibum non aveva intenzione di muovere un passo.
L’uomo aggrottò la fronte e le vene lungo il collo iniziarono a pulsargli.
-Indietro straccione! – disse spingendolo.
Kibum barcollò all’indietro, ma non cadde. Il gesto dell’uomo era stato annoiato come quello di chi desidera disfarsi di una mosca molesta.
Straccione?! pensò indignato.
-Ho degli abiti di seta a Soul per cui anche uno zotico come te sarebbe disposto a vendere pure sua madre!! –
La guardia alzò la mano per colpirlo, questa volta seriamente. La furia si leggeva chiaramente nei suoi occhi. Chi era quel misero popolano per rivolgersi a quel modo ad una guardia reale? Gli avrebbe dato una bella lezione!
Kibum strizzò gli occhi, ma non si mosse. Tuttavia il colpo non arrivò. Sbirciò tra le ciglia e poi sbatté le palpebre. Jonghyun stava ritto davanti a lui e teneva ben stretto il braccio dell’uomo, impedendogli di portare a termine la corsa.
-Come osate? Io rappresento l’autorità reale qui! –
-Tsk – fece Kibum sbirciando da oltre la spalla di Jonghyun.
-Prova solo a toccarlo – ringhiò tra i denti.
-La prego, ci perdoni. –
Kibum si voltò di scattò. Era la voce di Jinki quella? Perché sembrava così gentile e contrita?
Jinki sorrise timido dando delle leggere pacche sul capo di Kibum.
-Lo deve scusare, il mio fratellino, lui…sa è un po' ritardato. –
Cheee??? pensò Kibum.
La guardia inarcò le sopracciglia cespugliose e profonde rughe si delinearono sulla sua fronte sudata.
Jinki emise una risata stridula. – Vede – disse dando altre pacche sul capo di Kibum. – Pensa di essere il principe.  –
-Yah, io sono il principe! – scattò Kibum, sbiancando un secondo dopo.
Che diavolo mi prende, sono impazzito?!
Jinki lo strinse con fare protettivo.  – E’ molto malato –, disse singhiozzando e accarezzando il capo dell’altro.
La guardia li squadrò. –Non voglio rivedervi in giro, se vi ripesco ve ne pentirete. -
 
 
 
Jinki passeggiava avanti e indietro, foglie e rametti si spezzano sotto i suoi stivali ad ogni passo. Kibum deglutì, ogni volta aveva la sensazione che da lì a breve quello sarebbe stato il suono delle sue ossa. Non aveva mai visto il maggiore così furioso. Per quanto non sbraitasse le sue occhiate gelide e le parole apparentemente calme risultavano molto più intimidatorie.
Il sole ancora caldo era prossimo al tramonto, gli alberi intorno a loro svettavano immoti e rigidi, eppure Kibum aveva la sensazione che all’intorno aleggiasse un’aria fredda, perché avvertiva chiaramente dei brividi percorrergli la spina dorsale.
Avevano dovuto lasciare il villaggio per evitare complicazioni. Niente locanda, niente letto, niente cena decente e, soprattutto, niente bagno. Sicuramente quelle sarebbero state le sue maggiori preoccupazioni se non fosse stato per lo sguardo gelido di Jinki puntato su di lui. Gli altri osservavano in disparte, muti. A quanto pare nessuno era tanto desideroso di gettarsi in una tempesta imminente.
-Cosa ti è saltato in testa? – La frase uscì come un sibilo astioso dalla bocca del Leader.
Voleva che il principe si indignasse per come viveva il popolo di Chosun, ma non pensava sarebbe arrivato a tanto. Certo, forse il suo piano stava procedendo meglio e più in fretta del previsto, ma non aveva alcuna intenzione di rimetterci la testa perché sua altezza reale pensava di essere a corte vestito d’abiti di seta. Sospirò. Forse era stato troppo avventato. Aveva conosciuto l’orgoglio dell’altro, dopotutto, e avrebbe dovuto mettere in conto che ci sarebbero state delle complicazioni in quel senso.
Aish, gestire questo caratterino non sarà facile.
Stava inciampando nei suoi stessi piedi! Da un lato avrebbe voluto ridere, ma era anche furioso. Il principe aveva messo tutti in pericolo con quella scenata da diva.
Kibum deglutì, lo sguardo irato di Jinki su di lui non era una sensazione piacevole. Se gli occhi dell’altro avessero avuto il potere d’incenerirlo, bhe, lui a quel punto sarebbe stato un misero cumulo di cenere.
-Io…-  tentò di dire.
Jinki incrociò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio, in attesa che l’altro proseguisse. Kibum si sentiva la gola secca.
-Il tuo gesto irresponsabile poteva metterci in guai seri.–
-Ma…-
Lo schiaffo arrivò prima che Kibum avesse il tempo di rendersi conto che l’altro aveva annullato la distanza tra loro. Si portò una mano alla guancia. Bruciava, ma era difficile determinare se per il dolore o per la vergogna. Nessuno aveva mai osato colpirlo!
Taemin emise uno squittio di sorpresa mentre Minho lo tratteneva impedendogli di mettersi in mezzo.
-Hyung! – scattò Jonghyun.
Jinki si voltò verso il moro. – Stanne fuori Jonghyun, hai fatto troppo anche tu. -
Jonghyun aprì la bocca per poi richiuderla.
-Mi dispiace, hyung. Ma non sono riuscito a trattenermi – disse Key, lo sguardo basso.
Jinki sospirò massaggiandosi le tempie. –Lo so. –
-Sono bambini, non si può…–
-Certo che no. –
-Non si può non far nulla! –
-Sì, Key, ma non così. Quello che hai fatto tu non è utile a nessuno. –
-Allora come? – chiese disperato.
Jinki sorrise. Ecco ciò che voleva. Ma non rispose, il principe aveva la risposta a portata di mano, ma doveva pronunciarla da solo. Gli diede una pacca sulla spalla e sorrise.
–Hai agito senza pensare, ma avevi buone intenzioni. Rammenta questa conversazione in futuro. –
 
 
 
Il profumo di fagiano che si alzava dal falò era invitante, eppure Kibum non era riuscito a mangiarne nemmeno un boccone. Il solo odore del cibo lo disgustava. In quel momento avrebbe potuto rigettare anche senza nulla in corpo. Era stato costretto ad abbandonare gli altri alla loro cena, mentre lui raggiungeva la riva del lago vicino alla radura in cui erano accampati. Le gambe strette al petto e il mento posato sulle ginocchia, osservava la superficie immota del lago simile ad una lastra perfettamente levigata. Intorno, gli alberi erano immobili simili alle colonne monolitiche di un tempio dimenticato. All’orizzonte le luci lontane di Soul gettavano bagliori dorati nel cielo, per esser e poi inghiottite dal blu profondo di una notte puntellata di stelle ammiccanti. La luna, bianca e perfetta, si specchiava nel lago. Un occhio vigile nella notte.
Kibum sospirò. I volti scavati dei bambini fluttuavano davanti a lui. Affondò il volto tra le ginocchia. Si sentiva uno sciocco, un ingenuo, un bambino viziato che aveva passato la propria vita a credere che tutti si svegliassero al mattino con il profumo della cioccolata. Ma non era così. Quanto erano state alte le mura del palazzo per impedirgli di vedere, per renderlo così cieco?
Dunque, pensò, era questo ciò che non potevo vedere? Si chiese.
Dei passi sull’erba annunciarono l’arrivo di qualcuno che si sedette al suo fianco.
-Prendi – fece la voce calda e dolce di Jonghyun.
Kibum sbirciò l’altro da sotto la frangia scompigliata.
-Mangia – disse l’altro con un sorriso, sventolandogli sotto il naso parte della cena.
Kibum scosse il capo. – Non lo voglio. –
-Quei bambini non mangeranno di più se tu digiuni – disse sorridendogli. –Sarà dura fino a domani se non metti qualcosa nello stomaco. –
Kibum afferrò il cibo, titubante, e il suo stomaco brontolò. Forse non avrebbe rigettato.
Jonghyun rimase silenzioso al suo fianco finché non ebbe finito, poi gli mise una mano calda sulla guancia.
-Fa male? – chiese.
-Fa più male dentro. – Sorrise. –Sono stato sciocco. –
-Jinki è stato duro. –
-Ha fatto bene. –
-Non devi essere così severo con te stesso. –
-Forse non lo sono mai stato abbastanza. –
Kibum osservò le luci di Soul in lontananza, sembrava un grande falò. Si tolse gli stivali e arrotolò i pantaloni sino alle ginocchia, si alzò per raggiungere il lago.
Jonghyun lo osservò attentamente, mentre le dita eleganti dell’altro scivolavano sulla stoffa rivelando polpacci morbidi e ancora più bianchi alla luce della luna. Il più grande sorrise beato. Quella scena aveva un che di famigliare, l’aveva già vista, un mese addietro, e quello che era accaduto dopo aveva inevitabilmente segnato un solco profondo tra ciò che era e ciò che sarebbe stato. Tuttavia, il ragazzo si chiedeva cosa fosse quello strano presente sospeso e fluttuante a mezz’aria. Quel tempo esisteva davvero o era solo una bolla di sapone destinata ad esplodere?
Kibum immerse i piedi nell’acqua e la superficie del lago tremolò, disturbando le luci notturne posate su di essa.
 Jonghyun tornò indietro nel tempo, in quell’attimo che non era mai esistito, eppure impresso a fuoco nella sua anima. La figura dell’altro gli dava le spalle, i capelli biondi argentati sotto le luci delle stelle. Jonghyun poteva sentire il profumo dei fiori di ciliegio come quella notte, la brezza calda dell’estate carica di profumi dolci, ma che sapevano anche di passione. Petali rosati che volteggiavano in una danza infinita. Si alzò, raggiungendo l’altro.
Kibum teneva lo sguardo fisso all’orizzonte, come rapito dalle luci della capitale. Sembrava pronto a spiccare il volo, simile ad un folletto capriccioso in una notte di mezza estate.
Cosa passava davvero nella sua mente? Per Jonghyun era un mistero, un mistero affascinate che desiderava fare suo. Sorrise, poi la tristezza l’invase, scivolò sulla sua pelle come un velo sottile. Si era imposto di seguire il consiglio di Minho, ma ogni volta che posava lo sguardo su Key rimanervi fedele diventava sempre più difficile.
Jonghyun si chinò sull’acqua e schizzò il più piccolo. Key sbatté le palpebre, perplesso.
-Yah, che…-
Ma il maggiore non gli diede il tempo di protestare perché tornò alla carica. Key protese le braccia in avanti per proteggersi, senza riuscirsi. Si asciugò il volto con la manica.
-Stupido Kim Jonghyun – sussurrò trattenendo un sorriso.
Jonghyun rise, prima che uno spruzzo lo colpisse a sua volta infradiciandolo dalla testa ai piedi.
-Sono uno straccio ora! – disse.
Sul volto di Key si delineò un sorriso malizioso. – Non hai l’abilità del fuoco? Asciugati. –
Jonghyun deglutì. Quel sorriso…quanti segreti nascondevano quegli occhi sottili e magnetici? Perché quel sorriso suonava tanto come una sfida, una provocazione?
-Mi stai sfidando? – chiese divertito.
-Uhm se vuoi perdere – rispose Key senza abbandonare l’espressione di poco prima.
Il più grande non se lo fece ripetere due volte. Nel giro di pochi secondi la quiete placida del lago fu spezzata da schizzi e risate, colmando una notte vuota e silenziosa. Jonghyun prese l’altro da dietro, sollevandolo e facendolo volteggiare sulla superficie del lago. Key rise e atterò leggero di fronte all’altro.
Jonghyun gli toccò la punta del naso. – Ti è tornato il sorriso. –
-Vuoi un premio, ora? –  disse incrociando le braccia.
Di nuovo quell’aria di sfida.
Se ti dicessi che premio vorrei scapperesti, pensò Jonghyun.
Come guidata dall’istinto la sua mano sfiorò l’angolo della bocca dell’altro. Un brivido percorse il corpo di Key. Il più piccolo si voltò per tornare a riva, quando la mano di Jonghyun si chiuse intorno al suo polso, trattenendolo.
-Resta. –
Kibum lo fissò. –Ho freddo – disse. Anche la sua voce era fredda.
-Non puoi avere freddo, la notte è calda. -
Key deglutì, un leggero rossore gli tinse le guance, ma poi arricciò il naso con fare spocchioso. – Io ho freddo. –
-Non intendo qui, ora -, disse Jonghyun continuando a trattenerlo. –Resta. Non prendere quella nave. –
-Devo. –
-Perché? – C’erano una nota di disperazione in quella domanda.
-Perché devo. –
-Nessuno te lo impone. –
-Ho scelto io di farlo. Me ne voglio andare – disse risoluto.
-Non ti credo. Tu non vuoi andartene davvero. –
Kibum sbatté le palpebre. – Mi stai dando del bugiardo? – chiese, rigido.
-Ani, dico solo che non vuoi andartene davvero. –
Kibum incrociò le braccia al petto e corrugò la fronte. – Pensi di sapere meglio di me cosa desidero? –
Il più piccolo si stava alterando e il sorriso era ormai svanito dal suo volto, ma Jonghyun non si arrese.
-Io penso che tu non voglia scappare solo dalla tua famiglia –
Il principe inarcò le sopracciglia. – Davvero? E da cosa starei scappando, allora? Uhm sentiamo. –
Come si permetteva di fargli quelle osservazioni, cosa ne sapeva?
-Da te – rispose Jonghyun, serio.
Kibum sbiancò. Qualcosa si spezzò dentro di lui, come una corda di violino tesa troppo a lungo.
-Tu hai paura, hai paura di qualcosa. –
Il principe fremette. Era furioso.
-Non puoi andartene. Non puoi andare da nessuna parte da solo, morirai se lo farai, lo so. Pensi di sentirti al sicuro con la tua abilità? Non ti salverà in eterno, troverai persone malvagie che vorranno solo sfruttarti per quella. Il tuo è un dono raro! –
-Tu non sai niente! – sbottò Kibum. – Come osi pensare di dirmi quello che devo e quello che non devo fare?! Chi pensi di essere? –
Jonghyun lo afferrò per le spalle. - Che cosa farai a Nihon? Non hai alcuna idea di quello che ti aspetta! Il mondo è un posto terribile, credimi, lo so bene. Ti rovinerà e ti farà a pezzi. –
Perché, perché tutti pensava questo? Anche Siwon lo pensava così, benché non ne avesse mai fatto parola. Il principe lo sapeva. Perché qualcuno voleva sempre chiuderlo in una campana di vetro? Sembrava così sciocco, così ingenuo, incapace di stare al mondo? Tutti, seppur per motivi diversi, desideravano farlo. Era stufo. Era la sua vita quella e non aveva mai scelto nulla, se non gli abiti da indossare.
-Non mi toccare! – soffio in viso al più grande.
-Key, ascoltami! –
-No! – disse divincolandosi e correndo via tra gli alberi.
-Key! – lo chiamò Jonghyun, disperato. Perché aveva la terrificante sensazione che gli fosse già scivolato via tra le dita? Fece per seguirlo quando la voce di Jinki lo fermò, si voltò per trovarsi faccia a faccia con il Leader. Da dove era spuntato, quanto aveva visto e sentito?
Che persona inquietante, pensò Jonghyun.
-Lascialo andare – disse Jinki, calmo.
-Ma…-
-Lascialo andare. -
Jonghyun si morse il labbro e strinse i pugni. – Non puoi lasciarlo partire, hyung. Morirà! –
Jinki annuì, tetro.
Jonghyun si mise le mani tra i capelli. – Allora perché? Sai cosa gli succederà una volta sbarcato a Nihon? Lui è…bellissimo e forte, non resisterà a lungo da solo, esistono tanti modi per rendere un’abilità innocua, allora lo rapiranno e…-
Non riuscì a portare a termine la frase. Il solo pensiero lo distruggeva.
-Jonghyun, calmati. –
-Come posso stare calmo? Perché, perché lo lasci andare? –
-Non posso imporgli di restare – rispose triste.
-Che cos’hai in mente, hyung? –
Jinki non rispose, si limitò a tenere gli occhi fissi sull’altro. Dal primo momento che aveva visto Kibum e Jonghyun insieme aveva avvertito una strana tensione, non aveva mai capito di cosa si trattasse, ma che ci fosse era indiscutibile. La cosa lo incuriosiva. Non aveva mai visto Jonghyun così.
-Tu lo ami? – chiese a bruciapelo.
Giorni addietro Minho gli aveva posto la medesima domanda e Jonghyun gli aveva dato una risposta titubante, insicura. Ma quella notte non vi fu ombra di dubbio o esitazione nelle sue parole.
-Sì, lo amo. –
 
 
 
 Ciao a tutti, spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^ lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate, anche le critiche vanne bene XD
Alla prossima!
 
 
 
 
 
 
   
 
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