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Autore: Ehyca    21/09/2016    3 recensioni
Minseok non è davvero bravo in cinese, Luhan è lo studente nuovo con dei segreti, Jongdae dà pessimi consigli, ma Kyungsoo no. Sehun apprezzerebbe davvero tanto se Kim Jongin smettesse di interessarsi a lui, Baekhyun e Chanyeol sono davvero sul confine del più-che-solo-amici, e niente, la loro vita si incasina giusto un po'.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Un po' tutti, Xiumin, Xiumin
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Sehun non smise di correre fino a che non raggiunse casa, il petto gli faceva male mentre spalancava la porta e andava dritto in camera. Gettando via lo zaino, si guardò attorno, trovò il quaderno che gli aveva dato Jongin sul comodino, e lo afferrò per lanciarlo nel cestino. Girò sui tacchi notando la statuetta dei ballerini di Natale e la strinse tra le dita, lanciando anche quella in direzione del cestino. Sentì un crack, ma non se ne curò, improvvisamente esausto mentre si gettava sul letto, a faccia in giù. Avrebbe voluto gridare, ma non uscì alcun suono, quindi rilasciò un lungo respiro interrotto, sentendo che tutto crollava attorno a lui, dentro di lui.
E poi in un secondo, il calore che gli scorreva nelle vene si raffreddò, e il fuoco nel suo stomaco si trasformò in un ghiacciato pugno di dolore, e si rese conto che c'erano delle lacrime che gli bagnavano il cuscino. Prendendo un respiro, ripeté l'intera giornata nella sua testa, cercando disperatamente di aggrapparsi alla rabbia, perché la rabbia era qualcosa che poteva sopportare. Il dolore no.
Jongin che gli nascondeva qualcosa. Jongin che gli urlava contro. Jongin che gli lanciava cose addosso. Jongin che lo forzava a fare cose che non voleva fare – non poteva fare. Voleva essere arrabbiato con Jongin.
Eppure più ci pensava, peggio si sentiva. La sola rabbia che riusciva a provare era per quello stupido di Jongin, che... che pensava sempre a Sehun prima di se stesso. Jongin, che era sempre stato completamente onesto con lui, che non gli aveva mai nascosto nulla, solo per ricevere in cambio il trattamento esattamente opposto. Sehun gli aveva mentito così tanto, gli aveva tenuto nascoste così tante cose. Soprattutto oggi. Sehun era sempre stato ingiusto con lui. Non c'era da meravigliarsi che Jongin si fosse comportato come aveva fatto. Sehun era stato terribile con lui.
Tutto ciò che aveva fatto Jongin era stato mettercela tutta con Sehun, nonostante la sua ostinatezza a non cambiare. E nonostante tutto quello che gli aveva detto Sehun, Jongin gli piaceva veramente. Non era soltanto un bisogno quello che provava – qualcosa di cui Sehun aveva lentamente cominciato a rendersi conto. Ma Sehun voleva stare con lui.
La porta della sua camera si aprì, e Sehun non si mosse quando la madre adottiva disse piano, “Sehun? Stai bene?”
Sehun fece una pausa, deglutì, e scosse la testa contro il cuscino.
La porta si aprì di più, e la donna entrò, sedendosi con cautela su bordo del suo letto. Una mano gentile, esitante, si posò sulla sua schiena, dandogli un po' di forza. “Brutta giornata?” chiese delicatamente.
Tirando su col naso, Sehun si alzò a sedere lentamente, raggiungendola sul bordo del letto e strofinandosi gli occhi con una mano annuì.
“Succede a tutti,” disse. “Ti va di parlarne?”
Il petto di Sehun tremò quando prese un respiro, e scosse la testa, ma quando la mano della madre adottiva si posò ancora sulla sua schiena, Sehun si appoggiò a lei, lasciando che la testa cadesse sulla sua spalla, esausto. Forse Jongin non era stato l'unico a provare per tutto questo tempo. E la donna non era familiare, ma era affettuosa, e disponibile, e Sehun ne aveva bisogno. “Ho rovinato qualcosa,” disse, con voce roca.
La madre si fermò, e allungò un piede per toccare un pezzo rotto di porcellana sul pavimento. Era la sua statuetta dei ballerini, separata dalla base. “Allora forse dovresti provare a ripararla,” disse.
Sehun tirò ancora su col naso, chiudendo i pugni sulle gambe. “Non so come riparare le cose,” disse. “So solo romperle.”
“Forse dovresti provare comunque,” disse la donna, “se per te è importante. Per alcune cose vale la pena provare, sai?”
Sehun rimase a lungo in silenzio, pensandoci su. Sehun aveva rovinato molte cose nella sua vita, di proposito e no, e molte volte se ne era pentito. Quando era stata l'ultima volta che aveva cercato di rimettere insieme i pezzi?
“Devo andare a prendere Taewoon da scuola,” disse gentilmente la madre. “Tu fai quello che devi, okay?” la sua mano gli accarezzò la schiena per confortarlo mentre si alzava.
Okay,” rispose piano Sehun, fissando la statuetta rotta.
Diversi minuti dopo, Sehun era seduto al tavolo di cucina con un tubetto di colla, mentre riattaccava meticolosamente il ballerino alla base in porcellana, vicino alla sua partner. Soffiò leggermente sul punto di rottura, asciugando la colla, e poi pigiò il pulsante e guardò i ballerini ruotare ancora. C'era una sbecco nel tutù della ballerina, ma per il resto era difficile dire che qualcosa era mai accaduto.
Venti minuti dopo, si ritrovò davanti alla porta di Jongin, il cuore gli batteva forte mentre suonava il campanello. Fu il padre a rispondere. “Oh, ciao Sehun. È passato un po' da quando ti ho visto.”
Sehun deglutì. “Jongin è qui?” chiese.
No, non è ancora tornato. Pensavo fosse con te,” disse l'uomo, accigliandosi. “Ha chiamato e ha detto che sarebbe tornato più tardi, se vuoi aspettare.”
Il cuore di Sehun accelerò, l'ansia gli attanagliò lo stomaco. “No, va bene. Vado a cercarlo,” disse.
Una volta, Jongin gli aveva detto che era importante trovare un punto di sfogo quando si era agitati, piuttosto che interiorizzare tutto. Era sempre stato più intelligente di Sehun.
Lo studio di danza non era così lontano da casa di Jongin, e Sehun arrivò in meno di cinque minuti, i piedi sbattevano sul marciapiede mentre correva. Aveva paura che se non lo avesse trovato in fretta, avrebbe perso il coraggio, e non avrebbe mai riaggiustato le cose – o non ci avrebbe mai provato. E per una volta, Sehun voleva provare.
Trovò Jongin nella stessa sala prove in cui erano stati il giorno dopo la deportazione di Luhan. Sehun guardò attraverso la finestrella della porta mentre il ragazzo eseguiva piroetta dopo piroetta, ancora e ancora, fino a che persino a Sehun girava la testa, e poi cadde a terra, ansimante, con il sudore che gli bagnava la canottiera bianca e i capelli. Gattonò fino alla borsa, poggiandosi su di essa e tirando fuori una bottiglia d'acqua per prenderne un grande sorso.
Sehun prese un profondo respiro, si preparò, e spinse la porta, cercando di non lasciare che le sue gambe tremanti lo fermassero.
Jongin non sollevò lo sguardo quando Sehun entrò nella stanza. Non sollevò lo sguardo quando Sehun fece qualche passo esitante per sedersi accanto a lui, lasciando un po' di spazio tra di loro. Non sollevò lo sguardo nemmeno quando Sehun gli porse la statuetta dei ballerini; la prese in silenzio e la fissò.
“Per sbaglio l'ho rotta,” disse Sehun, con voce instabile. “Sembra che lo faccia spesso.” Jongin non parlò. “Ma ho provato a rimetterla insieme.” Poi gli porse qualcos'altro, il quaderno nero, e Jongin prese anche quello, fissando la copertina. “Aprilo,” Sussurrò Sehun.
Jongin lo fece, sfogliando oltre la prima pagina dove aveva scritto la lettera per il compleanno di Sehun, e trovò pagine e pagine di scrittura distratta, inchiostro nero contro il bianco del foglio, verso dopo verso di confessioni silenziose.
Non ho mai chiamato nessuno hyung prima, era il primo, scritto all'inizio della seconda pagina.
Spesso ho degli incubi, ma non li ricordo mai quando mi sveglio.
Il dito che mi sono rotto alle elementari mi fa ancora male. Sarei dovuto andare all'ospedale, ma avevo troppa paura.
A volte sento le persone urlare e sento che sia colpa mia anche se non sono per niente coinvolto.
Voglio parlare con Luhan.
Sono un peso per Jongin.
E alla fine di ogni pagina, solo, Kim Jongin.
Aveva scritto circa sette pagine dal suo compleanno, sette pagine di segreti che Sehun non aveva mai detto a nessuno. E lì nell'ultima pagina, nella calligrafia più ordinata di Sehun, Mi piace davvero Kim Jongin. Sono innamorato di Kim Jongin.
Non l'aveva cancellato stavolta.
Jongin guardò quell'ultima pagina in silenzio, le dita si muovevano lentamente sull'inchiostro nero. Sehun poteva sentire ogni suo respiro.
“Mi dispiace,” disse, le parole gli uscirono dalle labbra. “Mi dispiace. Io – non so cosa ci sia di sbagliato in me. Vorrei spiegarmi, ma non c'è una scusante per il modo in cui sono. Sono solo molto incasinato, e ho molti problemi, e non ho idea di come tu abbia fatto a sopportarmi per tutto questo tempo. Non ho fatto niente per te. Hai provato così tanto, e io non ho provato affatto, e mi dispiace di essere così. Non te lo meriti. Tu – sei stato fantastico. Sei la persona più fantastica che conosca. E per qualche ragione hai sprecato questo con me.”
Jongin non si era ancora mosso, né aveva detto qualcosa, gli occhi ancora fissi sulla pagina del quaderno. Sehun prese un altro respiro profondo, e continuò. “Ma non sono... non sono qui per farmi compatire o niente del genere. Voglio solo... ringraziarti. Per aver provato così tanto. E voglio scusarmi per averti mentito, e non essermi mai fidato di te, o non aver creduto in te, o per non essere... mai stato buono con te. Buono per te. Sei stato così paziente, e mi hai dato così tanto, e in cambio io non ti ho mai dato niente. Quindi. Anche se mi odi, voglio darti questo, ora. Voglio dirti la verità, proprio ora. Ti ho mentito. Ti ho detto che non mi sei mai piaciuto, ma non è così. Mi piaci. Mi piaci tanto. E mi dispiace che abbia scelto una persona davvero cattiva da farti piacere.”
Il pollice di Jongin si mosse ancora sulle parole della pagina. Poi, alla fine, aprì la bocca. “Ho a malapena chiuso occhio la notte scorsa,” disse, sorprendendo Sehun. “Ho fatto delle prove davvero brutte ieri. Continuavo a sbagliare, ed ero stressato, e l'insegnante di danza mi ha rimproverato. E poi sono tornato a casa e ho urlato addosso a mia sorella per qualcosa di davvero stupido, e mio padre ha urlato contro di me per averla fatta piangere. Non sono riuscito a dormire dopo. Ho dormito forse due o tre ore. Quando ho sonno divento piuttosto silenzioso, ed ero ancora un po' di cattivo umore da ieri. Non te l'ho detto, perché hai già abbastanza cose di cui preoccuparti, ho pensato. Non volevo farti preoccupare per me. Ma l'ho fatto comunque.”
“Pensavo ti fossi stancato di me,” sussurrò Sehun.
“Incolpi sempre te stesso,” disse Jongin, sospirando leggermente.
“Di solito è colpa mia.”
No, Sehun, non lo è,” disse gentilmente Jongin. “Dovrai capirlo prima o poi. Ci sono molte cose per le quali ti biasimi che non dipendono da te.” Sehun non disse niente, deglutì a fatica. “Mi dispiace per aver urlato oggi. Questo è stato colpa mia. Ti stavo spingendo a fare qualcosa, e non sono stato comprensivo. Cerco davvero di capire come ti senti, e tutto, ma a volte sbaglio, o non provo abbastanza. Mi dispiace. ”
È stata anche colpa mia,” disse Sehun. “Sono stato testardo e meschino, e mi sono arrabbiato senza motivo. E non avrei dovuto credere alle cose che hanno detto gli altri. E non avrei dovuto mentire.”
Jongin deglutì. “Ho davvero pensato che non ti fossi mai piaciuto.”
“Certo che mi piacevi,” disse piano Sehun. “Mi sei sempre piaciuto. Ero solo troppo spaventato e stupido per ammetterlo.”
Jongin allungò una mano, e Sehun la incontrò a metà strada, intrecciando le loro dita. La mano di Jongin era calda, familiare, confortante. “Volevo davvero piacerti,” disse.
“Mi piaci,” rispose, ed era così bello dirlo, finalmente.
“Grazie per essere venuto a cercarmi,” disse Jongin, stringendogli la mano. “Ho davvero pensato... perché come mi sono comportato oggi…”
“Mi sono comportato in modo decisamente peggiore,” disse Sehun. “E sei sempre stato tu quello che veniva a cercarmi. Penso fosse ora che la cosa cambiasse.”
Alla fine, Jongin sollevò lo sguardo, lo guardò con occhi lucidi mentre sorrideva. “Grazie,” sussurrò.
Sehun gli tirò la mano, tirando Jongin più vicino. Non appena poté, si chinò per premere un bacio casto sulle sue labbra – per scusarsi e per perdonarlo, tutto in un bacio. Jongin ricambiò, provando lo stesso.
“Fai un sonnellino,” disse gentilmente Sehun, tirando Jongin per fargli posare la testa in grembo. “Sei stanco. Ne hai bisogno.”
Jongin si sdraiò senza opporre resistenza, ma si voltò per guardarlo, sorridendo. “Grazie.”
Sehun gli accarezzò i capelli scuri, e disse, “Te lo meriti.”


“Mi ha scritto una canzone, Kyungsoo. Quanto smielato può essere?”
Hyung, possiamo tornare indietro?”
“Ancora un po', Soo. È solo che... non so perché gli piaccia. Perché gli piaccio? Non lo sa che ho molti più problemi di quanto non ne valga la pena?”
Hyung, voglio davvero tornare indietro.”
“Forse si è dimenticato di come sono davvero da quando è in Cina. Forse si è dimenticato che ho cambi d'umore e problemi di salute fisica e mentale e—”
“Davvero non voglio andare avanti, hyung. E poi, smettila di buttarti giù. Ovviamente Luhan si ricorda, perché me lo chiede ogni volta che parla con me. In più, gli piacevi già prima che se ne andasse, quindi chiudi il becco. Onestamente, questo è tutto quelli di cui parlate—di voi. Luhan e Minseok. Luhan ama Minseok. Minseok ama Luhan.
Minseok si voltò verso di lui con un sorriso imbarazzato. “Lo sai che lo sto facendo per un motivo, Soo.”
Kyungsoo sbuffò, riaggiustandosi la mascherina che gli copriva il naso e la bocca. Tantissime persone le indossano, non ti preoccupare, aveva detto Minseok. Tutto il suo corpo tremò leggermente. “Perché sei ossessionato?” disse.
No, perché più ti irriti per le mie sfuriate amorose, meno penserai a dove sei. Guarda, siamo a metà strada dalla porta! La parte peggiore è finita.”
Kyungsoo guardò, e cominciò nuovamente a tremare, chiudendo gli occhi. “Penso di dover tornare su ora.”
Ancora un po' e basta, Soo, lo giuro. Non vuoi uscire fuori?”
Kyungsoo lo voleva. Lo voleva davvero. Ed aveva persino pensato di essere pronto a farlo. Ma poi erano entrati in ascensore, con il pavimento sporco e le luci cupe, e aveva cominciato a sentire un formicolio sulla pelle. E ora erano all'ingresso, e le persone gli passavano accanto, gli lanciavano sguardi straniti mentre tremava e pregava Minseok di tornare su, e tutto era rumoroso e strano e sconosciuto e lo spaventava.
Ma c'era Minseok accanto a lui, parlava a voce bassa, sicura e familiare, gli parlava di cose familiari, gli ricordava perché fosse lì. Sarebbe andato fuori. Solo per un po', gli aveva promesso Minseok. Solo piccoli passi.
Non vuoi mettere piede fuori?
Kyungsoo sapeva molte cose su fuori, ma non le aveva mai conosciute di prima persona.
La folata di vento dalla porta aperta spaventò Kyungsoo. Non è che non fosse mai stato fuori prima, aveva passato un bel po' di tempo nel suo balcone, ma la brezza lo sorprese comunque, nello stato ipersensibile in cui si ritrovava. “Andiamo,” disse Minseok, guidandolo con una mano gentile appena poggiata sulla sua schiena.
Kyungsoo annuì deciso, tenendo le braccia attaccate al corpo, le maniche tirate sopra le mani. Avrebbe voluto avere dei guanti. Avrebbe voluto avere una tuta che gli coprisse tutto il corpo. Sarebbe voluto tornare nella propria camera.
Minseok si fermò proprio davanti alla porta, voltandosi a guardarlo. “Respira profondamente, Soo,” disse. “Conta fino a dieci. Qualunque cosa tu stia immaginando ora, non esiste, ricordi?”
Kyungsoo voleva protestare, voleva dire che non stava immaginando niente, ma anche quando aprì la bocca, la sua mente era invasa da immagini di batteri che strisciavano su ogni superficie per arrivare alla sua pelle, cercando un modo di entrare nel suo corpo, e sapeva che non era così che funzionava, ma non gli impedì di immaginarlo. Annuì, chiuse gli occhi, e contò fino a dieci. Pensò a cose confortanti. Cose pulite. La sua camicia lavata. La sua mascherina sterilizzata. Era al sicuro.
“Pronto?” chiese Minseok quando aprì gli occhi.
Kyungsoo deglutì, ancora e ancora, e poi disse, “Sì.”
“Bene. Andiamo. Vuoi che ti racconti una storia?”
Kyungsoo prese un altro respiro e fece un passo avanti, oltre la porta che Minseok stava tenendo aperta per lui. “Sì.”
“D'accordo. Ecco una storia cinese che mi ha raccontato una volta Luhan…”
Kyungsoo ascoltò solo in parte, concentrandosi nel vedere dove stesse mettendo i piedi, dove stesse andando. Il loro palazzo era in una piccola via, non una grande strada, quindi non c'era molto da vedere mentre camminavano, non c'erano nemmeno troppe persone, ma Kyungsoo tenne gli occhi aperti, osservando. Il cemento sotto le sue suole era sporco, i muri degli edifici su entrambi i lati erano meno che puliti, e l'aria era pesante per lo smog, i gas di scarico delle macchine e altre esalazioni che sentiva gli macchiavano i polmoni mentre respirava, anche attraverso la mascherina. Ma almeno c'era abbastanza silenzio, qui in questa via.
Questo durò solo per un altro minuto, quando Minseok smise di parlare e salirono entrambi sul marciapiede che costeggiava la strada principale. Kyungsoo si ritrasse istintivamente. C'erano macchine che sfrecciavano, uomini che discutevano davanti a ristoranti, donne che contrattavano sul prezzo delle verdure alle bancarelle vicine, bambini che ridevano e correvano intorno ai loro genitori, piccioni che tubavano da sopra le insegne dei negozi, c'era rumore ovunque. Era travolgente, tutto il rumore e l'attività e gli odori e le scene e
Hey, va tutto bene,” lo rassicurò Minseok, con voce bassa e confortante. “Guarda, Kyungsoo, questo è l'esterno. È piuttosto frenetico, vero? È abbastanza affollato al momento, sono tutti tornati da lavoro, non ci avevo pensato…”
Kyungsoo tremò e cercò di non vacillare sui piedi. “Possiamo sederci?” chiese.
“Certo, Soo,” rispose immediatamente Minseok, guidandolo in avanti, oltre la sicurezza della loro via. Kyungsoo tremò incontrollabilmente. “Ecco, ci possiamo sedere su questa panchina. Qui è dove le persone aspettano l'autobus, ma possiamo semplicemente fingere di star aspettando il prossimo.” Si fermò accanto alla panchina, togliendosi il giubbotto e stendendolo sulla superficie del legno. Anche Kyungsoo indossava un giubbotto, perché c'era ancora un po' di freddo, e Minseok ora aveva solo una maglietta, ma non disse niente e gli fece semplicemente cenno di sedersi. Trattenendo il fiato, Kyungsoo lo fece.
“Perché non provi a chiudere gli occhi?” suggerì Minseok. “E ascolta solo per un po'. Un passo alla volta, giusto?”
Kyungsoo annuì, serrò la mascella e strinse gli occhi. In un certo senso, questo lo rese ancora più nervoso, non essere in grado di vedere mentre la automobili rumorose sfrecciavano in un soffio di vento, e le voci si facevano più alte e poi più basse attorno a lui, ma poteva anche sentire Minseok accanto a sé, che continuava a guardare per lui, e si fidava di Minseok. Tenne gli occhi chiusi, ascoltò e basta. I clacson delle macchine, il suono dei semafori, i venditori che urlavano, le persone che conversavano attorno a lui. Affollato, così affollato, troppo affollato. Il cuore di Kyungsoo batteva al ritmo della città che lo circondava.
Ma alla fine si calmò, i suoni si attutirono in una sorta di rumore bianco, forte ma meno stridente. Prese lenti respiri controllati. Assaporò i gas di scarico. Aprì gli occhi.
Vedere fu tanto inquietante quanto prima. Cominciò a tremare ancora, gli occhi si spostarono su tutte le cose che passavano lungo la sua linea visiva, si ritrasse quando un autobus si fermò davanti a loro per far salire i passeggeri. Il rombo del motore lo terrorizzava, e sollevò le mani per coprirsi le orecchie, bloccandolo. Minseok glielo lasciò fare.
“Ora guarda e basta,” disse, avvicinandosi in modo che Kyungsoo potesse sentirlo. “Guarda, e non ascoltare. Respiri profondi, Kyungsoo.”
Kyungsoo inspirò lentamente, tenendo le mani sopra le orecchie, gli occhi passavano da un punto all'altro. L'autobus ripartì. Le auto continuarono a scorrere di fronte a lui. Le persone continuarono a camminare lungo il marciapiede. Gli uccellini continuarono a spiccare il volo e atterrare. Era caotico, ma c'era una sorta di ritmo, e Kyungsoo cominciò a sentirlo mentre osservava. Poteva ancora sentire i suoni attutiti, ma erano sovrastati dal battito del suo cuore, dal suo respiro tremante. Canticchiò un po' per bloccarlo ancora di più, e Minseok non fece commenti.
Alla fine, liberò le orecchie, e i suoni lo inondarono di nuovo, in un istante. Prese dei respiri profondi, cercando di placare il panico che cominciò a riaffiorare, provando a rallentare il battito del cuore. Il suo respirò continuò ad essere affannato, ma per il momento stava bene, controllava tutto, cercava di dare un senso a tutto quel caos travolgente.
“Penso possiamo tornare indietro ora, Kyungsoo,” disse gentilmente Minseok, alzandosi.
Kyungsoo annuì frettolosamente, alzandosi con le gambe tremanti, costringendo le ginocchia a non cedere. Strinse l'orlo della camicia, solo per avere qualcosa a cui tenersi.
“Rientriamo velocemente, okay? Whoa, attento—” Minseok allungò un braccio, e Kyungsoo si voltò rapidamente e vide qualcuno che correva vicino, troppo vicino a lui, e fece un passo indietro per evitare di venire travolto, ma le gambe colpirono la panchina e cadde, sedendosi sul legno consunto e poggiando una mano sul bordo. La spostò immediatamente, con la sensazione di essersi scottato, e si rialzò mordendosi la lingua abbastanza forte da farla sanguinare. “Stai bene?” chiese ansioso Minseok, gli occhi spalancati.
Kyungsoo annuì in silenzio, sforzandosi di non cedere al panico. Non poteva parlare, non poteva nemmeno aprire la bocca, poteva sentire il sapore di sangue sulla lingua e la pelle gli formicolava. Aveva davvero, davvero bisogno di tornare dentro ora.
Tornarono velocemente nella loro via, sfuggendo alla frenesia e al viavai della strada principale, e Minseok si voltò e gli sorrise. “Sei stato davvero bravo oggi, Kyungsoo. Fantastico. Sono così orgoglioso di te.”
Kyungsoo si costrinse a sorridere e annuì per il complimento. Anche lui era orgoglioso di se stesso, ma allo stesso tempo si sentiva nel panico e malato e spaventato e travolto e voleva farsi una doccia per strofinarsi la pelle e prendere tutte le sue vitamine anche se le aveva già prese quella mattina e—
“Stai bene, Soo?”
Kyungsoo rallentò il respiro e cercò di rilassarsi. Stava tremando così tanto che probabilmente Minseok lo aveva visto. “È tutto okay,” rispose, con voce falsamente calma. “Sto bene.”
“Ti sta sanguinando la lingua,” disse Minseok, aggrottando le sopracciglia.
“Me la sono morsa quando sono caduto. Sto bene,” disse deciso Kyungsoo.
Sarebbe stato bene, perché voleva che Minseok fosse orgoglioso di lui. Voleva meritarsi l'orgoglio di Minseok.
“Vado a farmi una doccia,” disse nel momento in cui rientrò in casa, le mani tremanti mentre le teneva lontane dal proprio corpo. “Mi laverò le mani, mi toglierò i vestiti e poi farò la doccia, okay?”
Okay,” disse piano Minseok. “Solo non—”
Usare niente di troppo forte, lo so, hyung. Non lo faccio più ormai.” Kyungsoo deglutì a fatica.
“Bene.” Minseok sorrise incoraggiante. “Vai pure. Luhan chiamerà fra poco, vuoi unirti a noi? Probabilmente ci sarà anche Yixing.”
Kyungsoo annuì in automatico, spostandosi verso il lavandino più vicino.
“D'accordo. Ti mando un messaggio più tardi allora, okay?”
Un altro cenno di assenso, la concentrazione di Kyungsoo era più che altro sulla quantità di sapone che si stava versando sulla mano.
Okay. A dopo, Soo.”
“A dopo,” lo salutò Kyungsoo. La porta si chiuse dietro il vicino quando se ne andò. Poi, piano, tra sé e sé ripeté, “Non ti ammalerai, Do Kyungsoo. Sarai una persona normale. Una persona normale che va fuori e ha un rapporto normale con le persone.” Annuì, e continuò a strofinarsi le mani.


Minseok non si innervosiva più prima di chiamare Luhan. Lo era le prime volte dopo la confessione di Luhan, solo perché non era stato sicuro di cosa aspettarsi e di come gestire tutta questa... cosa. Qualsiasi cosa fosse. Ma era passata più di una settimana da allora, e aveva persino detto a Jongdae di lui e Luhan (solo per scoprire che Luhan glielo aveva già raccontato – quanto parlavano quei due, comunque?!). Ad ogni modo, dirlo al migliore amico in qualche modo aveva solidificato l'idea nella mente di Minseok, l'aveva resa più reale.
Quella settimana non aveva, però, reso la cosa meno dolorosa. Sì, Minseok era felice, e sì, era estatico del fatto di poter guardare Luhan in faccia e dirgli che lo amava (quando trovava il coraggio – Luhan era molto più bravo di lui), ma faceva ancora male che in faccia significasse ad uno schermo. Faceva male non poter tenere la mano di Luhan, o baciarlo, come avrebbe così disperatamente voluto fare. Faceva male sognare di fare cose come quelle, stare con Luhan e poterlo sentire senza interruzioni della connessione e poter vedere il suo corpo intero e non solo le sue spalle e il suo viso e poterlo toccare. Faceva così male doversi sempre svegliare.
E faceva male anche che Minseok poteva sempre vedere le profonde borse sotto gli occhi di Luhan, nonostante il ragazzo cercasse di nasconderlo. Poteva vedere quanto fosse stanco, riusciva a sentire quanto fosse roca la sua voce a causa della tosse che aveva sviluppato nei giorni precedenti. E sapeva che stavano succedendo delle cose nella vita di Luhan delle quali non parlava con Minseok. Cose di cui non voleva parlargli, perché Minseok si sarebbe preoccupato. E Minseok in effetti si stava preoccupando. Solo che non sapeva di cosa preoccuparsi, di preciso.
“Ciao, ti amo,” disse un Luhan assonnato non appena la chiamata si connesse quella sera.
Minseok avvampò, nascondendo le guance dietro le mani. “Oddio, Lu, sei così tremendamente sdolcinato.”
Luhan rise felice, spostandosi la frangia dagli occhi. Sembrava si fosse appena alzato dal letto. “È solo che non voglio che te ne dimentichi.”
“Non lo farò,” mormorò Minseok imbarazzato, ma il suo cuore palpitò compiaciuto. Poi Luhan si appoggiò allo schienale della sedia, più lontano dallo schermo, e Minseok poté vedere delle spalle e un petto nudo. Arrossì ancora di più. “Um. Perché non indossi una maglietta?”
Hm?” Luhan abbassò lo sguardo, come se si fosse dimenticato. “Oh. Stavo dormendo. E durante il giorno fa così caldo in camera di Yixing. Di solito dormo nudo.”
Beh. Questo presentò a Minseok molte immagini mentali che non avrebbe dovuto avere. “Beh, ti metterai dei vestiti?
“Perché, non ti piace?” chiese Luhan, sorridendo malizioso. Si allontanò ancora, dando a Minseok una visuale migliore del suo petto nudo.
Minseok sputacchiò. “No, stavo solo – voglio dire, è – mi distrae!” protestò.
Luhan ridacchiò, stiracchiandosi in quella che Minseok pensava fosse una combinazione di sonno ed esibizionismo intenzionale. Bastardo. “D'accordo, d'accordo,” disse. “Vado a cercare una maglietta.”
Si alzò troppo velocemente perché Minseok potesse coprirsi gli occhi, ma fortunatamente indossava almeno dei pantaloncini. (Minseok, comunque, riuscì a vedere un sentiero di peli scuri che andava dall'ombelico all'orlo dei boxers, e deglutì a fatica.) Un momento dopo si infilò una felpa che Minseok era abbastanza sicuro fosse di Yixing (non che fosse geloso), e poi si risedette, posando il mento sulle mani. “Meglio?”
“Sì,” Minseok tirò su col naso. “Allora. Qualcosa di nuovo?”
Luhan fece un suono vagamente assonnato. Le borse sotto ai suoi occhi erano più marcate del solito oggi. “Lavoro lavoro lavoro,” rispose. “Come al solito.”
Minseok aveva la sensazione che stesse lavorando più del solito. Ma non disse niente, perché immaginò che Luhan non ne volesse parlare. “Stai dormendo abbastanza?” chiese invece, accigliandosi per la preoccupazione.
“Lo faccio mai?” ribatté Luhan sorridendo sarcasticamente. “Ma sto bene. Davvero, Seok-ah.” Però tossì leggermente alla fine, e Minseok scosse la testa e sospirò.
“Ti senti meglio, almeno?” chiese, facendo un cenno alla gola.
“Un po',” rispose Luhan scrollando le spalle. “Non è niente, Seok-ah, solo un po' malato.”
“Sei sempre solo un po' malato,” mormorò Minseok imbronciato. “Dovresti prenderti più cura di te stesso.”
“Lo farò quando potrò,” gli promise Luhan, poi cambiò argomento. “Che hai fatto oggi?”
Minseok si illuminò. “Beh, sono andato a scuola,” cominciò. “E proprio ora, poco fa, io e Kyungsoo siamo andati fuori!”
Le sopracciglia di Luhan si sollevarono. “Kyungsoo? Fuori?”
Minseok annuì vigorosamente, sentendo nuovamente l'orgoglio riempirgli il petto. “Già! Siamo andati in fondo alla strada, e ci siamo seduti alla fermata dell'autobus per qualche minuto. È stato davvero bravo!”
“Non si è nemmeno spaventato?” chiese Luhan.
“Beh, sì,” ammise Minseok. “Siamo dovuti tornare dopo un po'. Ma è stato bravo per essere la prima volta! Sono davvero felice.”
Luhan sorrise. “Yixing sarà felice di sentirlo.”
Minseok rise. “Possiamo chiamarli entrambi dopo.” Poi, in fretta, “Ma per ora parliamo, io e te.”
Luhan annuì, posando ancora il mento sulle mani e sorridendo affettuosamente. “Già,” disse piano.
Quindi parlarono. Luhan raccontò a Minseok dei suoi colleghi, del suo capo, dei suoi amici, della sua città, e in risposta, Minseok gli parlò della scuola, dei professori di cui Luhan si lamentava, del test che aveva fatto quel giorno, e di Baekhyun e Chanyeol che all'ora di pranzo avevano fatto i piccioncini. (Non entrò nel dettaglio, non gli disse che si erano tenuti per mano sotto al tavolo quando pensavano che nessuno stesse guardando, o di come si toccassero e tendessero a poggiarsi l'uno all'altro, perché Minseok non poteva farlo con Luhan, e non voleva che la gelosia o l'amarezza prendessero il sopravvento. Era felice per Chanyeol e Baekhyun. Lo era.)
Minseok disse a Kyungsoo di raggiungerli solo quando apparve Yixing, sbucando sullo schermo e dicendo, “Kyungsoo?” Onestamente, lui e Luhan probabilmente avrebbero potuto continuare a cianciare fino a che Luhan non fosse dovuto andare a lavoro, quindi probabilmente era stato un bene che Yixing li avesse interrotti, prima che si facessero trasportare.
Kyungsoo arrivò circa cinque minuti dopo, i pugni coperti dalle maniche della maglietta. Si sedette accanto a Minseok con cautela e, automaticamente, Minseok disse, “Mani.”
Kyungsoo scosse via le maniche e mostro i palmi a Minseok. Sembravano stranamente rosa, e Minseok guardò con attenzione il vicino, cercando di decifrare la sua espressione, prima di dire, “L'altro lato.”
Kyungsoo sospirò e girò le mani, mostrando le nocche arrossate e screpolate.
Soo…” cominciò Minseok, preoccupato ma anche severo.
“Ho solo strofinato troppo forte,” gli disse il ragazzo, abbassando la testa con vergogna. “Non ho usato nulla.”
Minseok rilasciò un piccolo sospiro di sollievo. “Stai bene?”
Kyungsoo esitò, poi annuì. “Sì.”
“Bene. Ora saluta Yixing, se la sta praticamente facendo addosso per l'eccitazione di vederti.”
A Minseok piaceva il modo in cui il viso di Kyungsoo si illuminava quando parlava con Yixing. Non ero lo stesso rispetto a quando parlava con lui o qualcun altro. I suoi occhi erano più accesi del solito, il suo sorriso più timido – sembrava più vivo di qualsiasi altro momento. E se c'era una cosa di cui Kyungsoo aveva bisogno, era l'incentivo a vivere di più.
Oggi, però, Kyungsoo era in qualche modo più riservato del solito, la sua voce leggermente provata, il suo sorriso forzato. “Sono uscito oggi,” disse Kyungsoo a Yixing, e sembrava fiero di se stesso, e questo rese Minseok felice, ma sembrava anche un po' spaventato.
Luhan tradusse per l'amico, il quale si illuminò. “Davvero?” disse in coreano, con un forte accento. “Fantastico!”
Kyungsoo ridacchiò leggermente. “C'è davvero tanto rumore,” disse. “E molto traffico. Ero nervoso.”
Gli occhi di Yixing si spalancarono quando Luhan tradusse ancora, e poi disse qualcosa in cinese, che Minseok tradusse per il vicino. “Dice che sei molto coraggioso.”
Bu shi,” ribatté Kyungsoo, abbassando la testa. Non lo sono. “Avevo davvero paura.”
“Puoi avere paura ed essere comunque coraggioso,” fu la risposta di Yixing, gli occhi grandi e sinceri.
“Avevo davvero paura,” ripeté Kyungsoo, e Minseok poté vedere il leggero tremolio delle sue braccia. “Qualcuno mi è quasi venuto addosso, e ho avuto un piccolo crollo. Non mi ha nemmeno toccato. Ma ho poggiato la mano sulla panchina. E riesco ancora a sentirlo. L'ho sfregata più forte che potevo. Ma non mi sembra ancora pulita.”
Hey, è tutto okay,” disse velocemente Minseok, anche se in sottofondo sentì Yixing chiedere a Luhan cosa non andasse e se Kyungsoo stesse bene. “Era la tua prima volta. Migliorerai.”
“Il mondo sembra troppo grande, e troppo pericoloso. Io sono troppo piccolo, e troppo fragile,” disse Kyungsoo, tremando.
No, no, va bene,” continuò Minseok, sentendo una stretta al cuore. “Sei stato davvero bravo oggi, Soo. Da qui in poi migliorerai soltanto. Starai bene, lo prometto.”
Ha terribilmente paura di ammalarsi,” Minseok riusciva a sentire Luhan che spiegava in cinese dall'altra parte. “Perché ha paura che non migliorerà.” Minseok sapeva che Yixing sapeva dell'immunodeficienza di Kyungsoo, ma chiaramente non conosceva gli effetti psicologici di questa condizione.
“Cosa sta dicendo?” chiese Kyungsoo, facendo un cenno verso lo schermo. Sembrava imbarazzato, e rassegnato, e turbato.
“Gli sta solo parlando un po' della tua condizione,” gli assicurò Minseok, col desiderio di poter posare una mano di conforto sulla spalla di Kyungsoo. “E perché oggi è stata così dura per te.”
Il corpo del ragazzo tremò leggermente, e si morse il labbro. “Perché sono un casino,” disse.
Yixing dice che sei fantastico, Kyungsoo,” li interruppe all'improvviso Luhan, e si voltarono per vedere Yixing che lo guardava con occhi sinceri. “Dice che ti ammira davvero, e che anche lui lavorerà tanto per diventare una persona migliore.”
Kyungsoo sbatté le palpebre una, due volte e poi disse, “Ha detto questo?”
Luhan annuì. “Dice che sei davvero coraggioso per aver affrontato le tue paure, e che sa che non ti ammalerai, perché il tuo spirito è troppo forte.”
Minseok sorrise, e Kyungsoo prese un profondo respiro. “Grazie,” disse piano.
Yixing sorrise gentilmente. “Fighting!” disse, alzando un pugno d'incoraggiamento.
Kyungsoo sorrise in risposta, e sussurrò, “Fighting.”

  
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