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Autore: Steno    22/09/2016    2 recensioni
A proposito di dei recalcitranti, principi falliti, stupidi sexy demoni, palle di fuoco e una laurea in arti magiche.
P.S. c'è anche un drago!
°°°
Dal capitolo 15:
Era circondato da persone che si preoccupavano per lui, era ora di dimenticare il ragazzino solo ed impaurito che era un anno prima “Vedi Ylva, se c’è una cosa che ho imparato è che attaccare in svantaggio numerico non è mai una buona idea”
°°°
Nota dell'autrice:
Non penso che anche usando tutte le duecento parole a mia disposizione riuscirei a descrivere l'enorme bagaglio di idiozia che i miei protagonisti si portano dietro.
Non voglio mandare messaggi particolari con questa storia: ho solo due personaggi stupidi che mi divertirò a mettere in tutte le situazioni più assurde e imbarazzanti a cui riesco a pensare.
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Principi e Dei'
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Salve e ben ritrovati. In realtà quello che leggerete oggi era un intermezzo del tutto imprevisto ma The_Rolewriters, che ringrazio moltissimo anche per le recensioni, ha fatto un adorabile disegno di Gavril e non ho potuto fare a meno di decare un piccolo intermezzo al nostro piccolo amico.
Anche i draghi hanno i loro grattacapi.
In fondo troverete anche un bellissimo disegno di un mio amico, questa è la sua pagina di Devinat art:Dorimi. La consiglio soprattutto agli appassionati dei pokemon, ma non solo.

 
Intermezzo 2

Il piccolo Gavril si riteneva un drago fortunato.

Istintivamente sapeva che la sua vita avrebbe dovuto essere diversa. Avvertiva distintamente il richiamo della sua specie che proveniva da lontano, al di là di quel grosso spazio blu che a volte vedeva dalla sua attuale tana.

Eppure non voleva andarsene.

Il suo padrone gli passò distrattamente una mano sul dorso e il suo piccolo cuoricino fece un balzo.

Amava il suo padrone.

Ma sapeva che non era un drago, se ne era reso conto qualche tempo prima. Era iniziato tutto quando aveva volato per la prima volta.
Il suo corpo lentamente aveva iniziato a cambiare: le ali si erano irrobustite e la coda e il collo si erano allungati. Le scaglie qualche volta formicolavano e ogni giorno sembravano più dure. Sentiva che stava cambiando qualcosa anche dentro la sua testa; prima gli interessava poco che non fosse il cibo e il suo cuscino. Ora invece si chiedeva come mai il suo padroncino non avesse le ali. Neanche l’altro strano essere che vedeva spesso nel loro nido le aveva. Poi un giorno aveva visto il proprio riflesso e aveva capito.

Era lui quello diverso.

Per diverso tempo aveva sperimentato una sensazione sconosciuta: non aveva appetito e gli faceva male il centro del petto.

E se il suo padrone si fosse accorto che era diverso? E se poi non lo avesse più voluto nel nido?

Una mattina poi il suo padroncino si era sdraiato vicino al suo cuscino prendendolo in braccio. Era così felice, non accadeva quasi mai. Lo aveva portato nel suo nido personale ed era rimasto con lui tutta la giornata. Poi era arrivato anche l’altro animale a cui badava il suo padrone. Aveva portato del cibo ed era rimasto con loro.

A volte c’erano tante strani esseri della razza del suo padrone che giravano per il loro nido, ma quel giorno non si era visto nessuno.

Si era addormentato felice cullato dal suono dei versi del suo padrone.

 
°°°°°°°°°°

“Credo si sia addormentato” mormorò Ylva.

Era accucciato vicino alla sponda del letto di Ageh. Il suo compagno di stanza si era sdraiato vicino al drago e lo stava accarezzando.

“Hai capito cos’ha?” sussurrò ancora il biondo.

“Posso solo fare qualche ipotesi” il castano tirò una coperta sopra l’animaletto e scivolò a terra senza svegliarlo.

Il pavimento era costellato di libri sui draghi.

Il piccolo drago da qualche giorno sembrava spento e quasi non mangiava; a mala pena si spostava dal suo cuscino preferito. Se fosse stato un umano avrebbe pensato alla depressione.

“Penso che iniziare a volare abbia sbloccato qualcosa in lui, sta crescendo e forse sente il richiamo della sua specie”

“Vuole andarsene!” Ylva si coprì la bocca con entrambe le mani ma apparentemente il draghetto dormiva ancora beatamente.

“No. Ed è proprio questo il problema, secondo le mie ricerche i draghi sviluppano un forte senso di appartenenza al clan; non vuole allontanarsi da noi ma forse teme che lo allontaniamo perché è diverso, dopotutto non ha mai visto un altro drago”

“E allora cosa facciamo?” Ageh lo osservò sorpreso, sembrava davvero preoccupato.

“Non penso che ci sia qualcosa che possiamo fare”

I due rimasero così seduti fissando il vuoto.

 
°°°°°°°°°°

Ageh si spostò. Il sole gli cadeva proprio sugli occhi. Si girò infastidito e il collo gli mandò una fitta. Doveva essersi addormentato in terra la sera prima.
Si tirò a sedere massaggiandosi la base della cervice. L’erba fresca gli pizzicò il palmo e decise che era ora di alzarsi definitivamente, magari un po’ di tè lo avrebbe rimesso in sesto…

…erba…

Ageh spalancò gli occhi e la luce quasi lo accecò.

Lentamente mise a fuoco un prato delimitato da una scogliera.

Chiuse gli occhi e contò fino a dieci con estrema calma.

Li riaprì.

Prato. Scogliera.

Senza fare una piega si alzò con il corpo che protestava. Inspirò profondamente.

“YLVAAAAAAAAAAAAA!”

L’eco riprese il suo urlo a canone per diversi minuti.

Era talmente concentrato sul mantenere la calma che non si accorse subito del lieve soffio d’aria intermittente che gli scompigliava i capelli. Si voltò sempre con la più totale pace anteriore.

C’era un immenso drago arancione che lo fissava a non più di un paio di metri di distanza.

Fece per dire qualcosa ma richiuse la bocca senza parole.

Aveva un vuoto, non si ricordava mezzo incantesimo.

Il drago aprì la bocca mettendo in mostra un’impressionante collezioni di denti aguzzi.

Ageh si ritrovò a valutare i vantaggi di uno svenimento con una parte distaccata del suo cervello: non era un idea malvagia, cosa poteva succedere? Al massimo avrebbe evitato di scoprire come ci si sente a venire masticati.

Un secondo prima di andare giù come una pera un suono agghiacciante risuonò nell’aria. Aveva imparato sulla sua pelle cosa voleva dire ignorarlo.
Per un attimo ebbe pietà del drago, non aveva idea di cosa lo aspettasse.

“AGGIE!” Ylva gli piombò addosso dal nulla aggrappandosi al suo braccio, non provò neanche a scrollarlo via, sarebbe stato inutile. Contro ogni buon senso ora il drago non lo preoccupava più. Al contrario, gli faceva un po’ pena.

“Dove siamo?”

“Sull’isola dei draghi!” affermò il biondo orgoglioso.

Ageh attese con pazienza le sue motivazioni, oi si ricordò con chi stava parlando:
“E cosa ci facciamo qui?”

 Ylva non si sprecò a rispondere e gli indicò un punto vicino al drago. Il piccolo Gavril ricambiò lo sguardo da sotto l’ala del più grande.

 
°°°°°°°°°°

Gavril si sentì sollevato, il suo padroncino stava bene. Quando si era svegliato non era nel suo nido. Ma il nuovo ambiente aveva perso qualunque tipo di rilevanza quando aveva notato l’enorme essere che lo sovrastava.

Era immenso, ma riconosceva quelle forme.

Era un drago. Uno adulto.

Le sue scaglie non erano più nere come quelle dei cuccioli. Crescendo avevano assunto un’intensa sfumatura di arancione. Diversamente da Gavril possedeva solo quattro arti, di conseguenza la muscolatura era incredibilmente sviluppata.

Ora, non si può dire che i draghi parlino, un intera ala della facoltà di Multilingue all’università di Plaurani era dedicata al tentativo di comunicare con loro. Curiosamente nessuno si era mai chiesto se ai draghi interessasse dialogare. La risposta era in genere negativa. Almeno per quanto gli umani.

-Questi umanidi sono tuoi? – chiese il grande drago.

-Umanidi? – disse Gavril –Sono il mio branco –

-Sembrano potenti per essere umanidi – il drago arancione squadrò i due ragazzi in attesa a qualche metro di distanza –Ma non sono comunque draghi. Puoi rimanere se vuoi, il mio branco baderà a te–

Gavril vide il suo futuro in quel drago. E dietro di lui vide il suo passato.

Il suo padrone e l’altro bipede lo attendevano.

Era davanti ad una scelta.

Non esitò neanche un secondo.

Il suo padrone si chinò a braccia aperte per accoglierlo.

La sua casa era con il suo padrone.




 
   
 
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