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Autore: Emmastory    22/09/2016    4 recensioni
Un mese è passato, e la povera Rain si scopre sola dopo la partenza per il pericoloso regno di Aveiron da parte del suo amato Stefan, che l'ha lasciata in compagnia della loro piccola Terra, di una promessa, e di una richiesta. Conservare l'anello che li ha uniti, così come i sentimenti che li legano. Nuove sfide si prospettano ardue all'orizzonte, e armandosi di tenacia e forza d'animo, i nostri eroi agiranno finchè un'ombra di forza aleggerà in loro. (Seguito di: Le cronache di Aveiron: Oscure minacce.)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-IV-mod
 
 
Capitolo IX

L’ombra del pericolo

Quel magico momento aveva avuto fine, e il tempo aveva ricominciato a scorrere. Terra era a letto da poco, e uscendo dalla sua stanza, incrociai Stefan. “Dorme?” mi chiese, preoccupato come mai prima per colei che consideravamo un piccolo miracolo. “Come un angelo.” Risposi, parlando sottovoce e continuando a guardarla fare dolci sogni. A quelle parole, Stefan non rispose, ma sorridendo, mi prese per mano. “È ora di dormire anche per noi.” Osservò, invitandomi quindi a camminare al suo fianco. In completo e perfetto silenzio, lo seguii fino alla nostra stanza. Una volta lì mi sdraiai sul letto, e posando la testa sul guanciale, mi addormentai lasciandomi abbracciare dalle coperte e carezzare da lui. Caddi quindi preda del sonno, non accorgendomi del passare delle ore notturne, e scivolando nella più completa incoscienza. Da lì in poi, il tempo stesso parve fermarsi ancora una volta, ma improvvisamente, un urlo straziante mi lacerò le membra. Svegliandomi di soprassalto, avvertii anche Stefan, che alzandosi dal letto, non perse tempo nell’aiutarmi a farlo. Un singolo attimo terminò la sua misera esistenza, e dirigendoci subito verso la fonte di quel suono, ci ritrovammo in camera di nostra figlia. Ferma e immobile nel suo letto, tremava come una foglia, ed era così spaventata da non riuscire a parlare. “Terra, amore, cos’è successo?” indagai, avvicinandomi e chinandomi per abbracciarla. “Mamma, io… io li ho visti. Sono qui!” biascicò, per poi mutare repentinamente il tono della voce e urlare ancora di paura. “Come? Chi è qui?” le chiese Stefan, confuso, stranito e a dir poco esterrefatto da quella testimonianza, proveniente da una bimba tanto piccola quanto innocente. A labbra serrate, la creatura mantenne il silenzio per un attimo, al cui scadere, una sola parola si udì. “Loro.” Disse soltanto, a occhi chiusi nel tentativo di calmarsi e ricordare. Allarmata, mi scambiai una veloce occhiata con Stefan. Non ne ero sicura, e avrei sinceramente voluto ritardare questo momento il più possibile, ma finalmente era arrivato, presentandosi nel nostro arduo vivere senza cura di nulla e nessuno. “Dovremmo dirglielo?” mi informai, guardando il mio amato negli occhi con aria mortalmente seria e decisa. “Dobbiamo farlo. Lei ha diritto di sapere, Rain.” Mi rispose, gelido e brutale. “Ma Stefan, è solo una bambina!” gridai, alterandomi di colpo e rischiando di dare inizio ad un pianto dettato dal mio istinto materno, che mi portava a proteggere mia figlia da ogni situazione. “Ha il diritto di sapere.” Ripetè, apparendo stavolta perfino più serio di prima. In quel momento, il suo sguardo mi fece raggelare, e posando gli occhi sulla mia bambina, mi decisi. “Dirmi… dirmi cosa? Azzardò, dolce e ingenua come sempre. “Che hai ragione, tesoro. Loro sono qui, e ci stanno cercando.” Dissi, fallendo miseramente nell’intento di ricacciare indietro alcune fredde lacrime, riuscite solo in quel momento a sfuggire dai miei occhi e trovare la libertà avventurandosi sulle mie guance. “Ci faranno del male?” questa la seconda domanda che abbandonò le sue labbra, e alla quale, affranta e distrutta da un lancinante dolore emotivo, non risposi. Scivolai quindi nel mutismo, ma qualcun altro lo fece per me. Difatti, fu Stefan a parlare. “Terra, vieni qui.” La pregò, guardandola negli occhi e abbassandosi fisicamente al suo livello. “Guardati.” Le disse poi, indicandole lo specchio presente nella sua cameretta. Voltandosi, la bimba obbedì ciecamente, e annuendo, attese nuovi ordini. “Dimmi cosa vedi.” Fu la richiesta del padre, serio come mai prima. “Questa sono io.” Disse quella dolce creatura, sorridendo debolmente e facendo svolazzare la camicina da notte celeste. “Esatto, e sei anche forte e coraggiosa. Io e la mamma ti vogliamo bene. Non dimenticarlo mai, e soprattutto, non avere paura.” Concluse, terminando quel discorso e spostando il suo sguardo sul mio pallido viso, ancora bagnato dalle lacrime e corrotto dal dolore. “Non avere paura.” Ripetè quel piccolo angelo, stringendo la mano del padre, innamorato perso sia di me che di lei. Fu quindi questione di un attimo, e l’orgoglio mi riempì il cuore. Non riuscivo a crederci, eppure ero certa di non star sognando. Stefan aveva appena preso in mano una situazione delicata come questa, e chiamando nostra figlia a sé, le aveva impartito una preziosa lezione, che le sarebbe servita da iniezione di coraggio nei momenti bui e difficili. Limitandomi a sorridere, rassicurai in silenzio la mia amata bambina, e prendendola per mano, la portai nella mia stanza. Sapeva bene che io e suo padre la condividevamo, ed era anche consapevole di poter entrare solo tramite un permesso, che da madre premurosa, le accordai proprio quella notte. Dopo quanto era accaduto, la paura non aveva tardato ad annidarsi nel suo animo, e volendo unicamente provare a cancellarla anche dalla sua giovane memoria, le permisi di dormire con noi, rimanendo sveglia e vigile finché non si addormentò. Soddisfatta da quella vista, mi convinsi di poter finalmente sognare a mia volta, pur avendo in mente una singola certezza, ossia quella di aver visto nei verdi occhi di mia figlia, l’ombra del pericolo.
   
 
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