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Autore: Rubina1970    24/09/2016    3 recensioni
In questa storia cercherò di dare spazio a tutti i personaggi. Che siate fans di Abel, di Arthur o di Lowell, prometto di dare la massima attenzione a tutti loro!
Il punto è: e se Georgie, alla fine del cartone, si fosse rimessa con Lowell?
Nell'anime, non si vede mai che s'innamori di qualcun altro, e anche se torna a casa coi Butman Brothers non per questo ne sceglie uno. Questo è uno dei motivi per cui il finale dell'anime non mi soddisfa.
Spero che la mia storia vi piaccia, ci saranno baci, lacrime e risate, e paesaggi che uno non si aspetta (tipo: che ci fa Georgie in Italia?!) ... e aspetto vostri commenti!
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Altri, Arthur Butman, Georgie Gerald, Lowell Gray
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Napoli, Lowell stava male. “Di nuovo!”, pensava lui.
 
Pensava che, dopo la sua malattia ai polmoni, forse la sua vita era stata solo prorogata di un po’, perché lui potesse mettere al mondo due meravigliose nuove vite, e niente di più. Forse che lui davvero era di passaggio, come tanti altri stranieri che andavano a Ischia a curarsi e poi ripartivano, mentre lui sarebbe dipartito e basta? Lowell giaceva su quel letto umido di afa e febbre, incapace di alzarsi, ma intanto pensava di essersela proprio cercata. Da quando aveva avuto la “grazia” dalla sua malattia, aveva fatto di tutto per ripagarla, ma in realtà aveva messo a repentaglio la sua stessa esistenza e la felicità di altre persone, che amava con tutto se stesso! O forse aveva voluto dimostrare di essere forte anche lui, come il valoroso Abel che lo aveva a lungo considerato indegno di Georgie e troppo viziato … come Arthur, che aveva superato una ferita da arma da fuoco, un sequestro, un tentativo di suicidio e chissà cos’altro, e quei due ragazzi erano anche orfani, per niente ricchi, lontanissimi da casa … Georgie li aveva sempre avuti davanti, erano un modello di virilità: e lui si era messo in testa di dimostrare di essere all’altezza.
 
Poi, Lowell pensava alla sua infanzia agiata, alla casa signorile in cui abitava servito e riverito, e capiva che uno come lui nasceva già “in debito”; e se per di più gli toccavano anche certe fortune, come i suoi bambini e la sua bellissima Georgie, allora non c’era niente di esagerato a cercare di dimostrare il proprio valore. Altrimenti, sarebbe stato davvero solo un bamboccio viziato. E chiedeva perdono in cuor suo a Georgie, giurandole che, se si fosse salvato ancora, non l’avrebbe davvero lasciata più neanche in caso di fine del mondo! Se si fosse salvato … se
 
Per fortuna, Lowell non era da solo: c’erano persone che rischiavano la vita, a Napoli, soprattutto medici e infermiere ma anche giornalisti e forze dell’ordine, che comunicavano via telegrafo col resto del paese. Lowell si trovava certo in una situazione difficile, ma era sempre assistito, perché trascurarlo sarebbe stata pura ingratitudine, e intorno a lui intanto la città cominciava a capire che doveva bollire l’acqua prima di berla, lavare bene la roba da mangiare, e pregare. Pregavano tutti, giorno e notte, e inconsapevolmente pregavano anche per lui. Tutti i Santi e le Madonne vennero portati in processione, tra canti, candele e incenso a profusione. Tutte le catacombe, le cappelle, le nicchie con immagini sacre ricevettero visite, omaggi floreali, doni preziosi. E, finalmente, i primi ex-voto dei guariti. I contagi diminuivano, e chiunque avesse una persona cara nel golfo aspettava e contava sulla fede (e sulla moderna medicina). Tra loro, a Ischia, c’era Georgie.
 
Georgie si strascinava come non le era mai accaduto nella vita. Tentava di governare la casa e la servitù. Si sforzava di sorridere e di ascoltare gli altri. Voleva essere la mamma di sempre per i suoi bambini. Ma a metà giornata, crollava sul letto preda dei propri pensieri, incapace di muoversi fino al tardo pomeriggio, senza dormire né riposare … L’afa era la scusa che usava con tutti. In realtà, si lasciava vincere dall’ansia che le costava uno sforzo sovrumano tenere a bada. Lei non era mai stata così, da ragazza si alzava presto, spogliava Arthur a forza per fare il bucato, pensava a tutto e a tutti, e lo faceva cantando. Ora, non riusciva ad essere forte nemmeno per i suoi figli. Ora le venivano pensieri che non aveva mai avuto, su com’è debole una persona, che crede di fare dei progetti e poi si ritrova allo sbando, senza avere il minimo indizio del futuro … E infine, quando il suo dolore si faceva più acuto, pensava agli occhi celesti che amava: li avrebbe rivisti? Ricordava ancora perfettamente l’ultima volta che le avevano sorriso … e non era stato per dirle addio! Sarebbe tornato, lui doveva tornare vivo da lei, ma quando?
 
“Prima o poi nel tempo, io so,[1]
mio caro, che tornerai da me.
Le rose fioriranno ancora;
ma la primavera sembra eterna.
Nel tuo bacio non c’era un addio.
Tu sei ancora la ragione di tutto.”

 
Lowell non le aveva mai detto addio una sola volta, lei sì: se ne stava andando, sotto la neve, quando aveva capito che il fidanzamento con Elisa non era stato rotto; poi lo aveva lasciato a casa della sua ex-fidanzata in una notte fredda e spaventosa; era stato lui a riportare il sole nella sua vita, quando lei non lo aspettava più, dicendole che doveva pensare a se stessa e al loro amore. Avrebbe riportato la primavera un’altra volta … gliel’aveva promesso con un bacio, prima di andare (come le mancavano i baci del suo Lowell!). Prima di andare …
 
“Posso sentirti sussurrare nel silenzio della mia stanza,
il mio cuore si arrende come il sole alla luna.
A stento riesco a sopportare questo dolore che brucia in eterno.
- Amami ora e per sempre -
sono state le ultime parole che mi hai detto."

 
La voce di Lowell, gentile e piena di calore per lei, tornava a parlarle nell’orecchio … Bastava così poco, nella penombra, per illudersi che lui ci fosse. Come appena sveglia, quando si rifiutava di aprire gli occhi per continuare a pensare che allungando una mano lo avrebbe trovato:
 
“E quando arriva il mattino,
le mie mani ti cercano ancora.
Certe cose restano le stesse,
non ci posso fare niente.
Faccio fatica a superare la giornata
da quando te ne sei andato via.
Posso sentirti sussurrare nel silenzio della mia stanza,
il mio cuore si arrende come il sole alla luna …”

 
Georgie piangeva in silenzio. Lowell era lontano, non era con lei. Con lei, lontano, c’era solo il rumore delle onde sui frangiflutti. Alla fine, lui era solo oltre un braccio di mare, ma irraggiungibile per lei, che non poteva correre da lui in nessun caso, a meno di rischiare di ammalarsi a sua volta, con l’eventualità (estrema ma da considerare) di lasciare i suoi figli completamente orfani! Pregava, allora, Georgie, di essere abbastanza forte:
 
“Che il Cielo mi aiuti a superare questo mare infinito
e le stelle su di me mi guidino.
Infrangendosi su scogli lontani,
le onde chiamano i nostri nomi
ancora e ancora.
E io posso sentirti sussurrare nel silenzio della mia stanza,
il mio cuore si arrende come il sole alla luna.
A stento riesco a sopportare questo dolore che brucia in eterno.
- Amami ora e per sempre -
sono state le ultime parole che mi hai detto.”

 
Dopo di che, una Georgie dal viso tirato si alzava. Dolcemente, Maristella o Antonia venivano a prenderla per riportarla alla realtà dei suoi bambini che la stavano aspettando. I loro visetti risplendevano come i frutti d’oro del giardino delle Esperidi.
 
 
***
 
 
I due ragazzi tornarono a casa per recuperare i bagagli. Parlare col signor Allen non era stato complicato, quell’uomo era fatto di burro! Si sentivano responsabili verso di lui, e si ripromettevano di tornare appena possibile (più che altro, era Arthur che lo diceva). Ma erano giunti quasi sulla porta per partire alla volta dell’Italia, quando successe qualche cosa che lo smentì. Giunse a fermarli un ragazzo della servitù, con un messaggio urgentissimo per lui da Liverpool. Arthur si bloccò, e aprì di corsa la busta sigillata da Maria. Lesse e poi si rivolse al fratello:
 
― Senti … Abel: io non posso venire! Va’ avanti tu.
 
― E perché?!
 
― Mi sta chiamando … Io le ho fatto una promessa, e ora lei ha bisogno di me. Non posso partire così.
 
― Fa’ vedere … Maria?! Ma che …
 
― Leggi.
 
Abel lesse la pagina scritta di corsa, concitata, angosciata, e poi disse:
 
― Va bene. Quanto ti ci vorrà?
 
― Almeno un paio di giorni, se saprò che lei accetta quello che le voglio proporre: devo organizzare tutto, licenziarmi …
 
― Come, licenziarti?!
 
― E tu credi che Maria Daphne Dangering, dama della Regina, anche se diventasse duchessa, potrebbe mai tornare nella buona società inglese dopo aver sposato me?! Un marinaio australiano! Qui non avremmo un posto, anche con tutte le sue proprietà. Dovremmo partire per l’Australia, e poi è probabile che sia diseredata, e allora sarebbe ancora meglio andar via.
 
― Accidenti, ma così all’improvviso … Hai ragione. Devi andare da lei, e poi scrivimi per farmi sapere come va. Allora, hai visto che ti ama? Lo dicevo io! – una bella pacca sulla spalla del fratellino, poi sospirò: ― Oh, ma perché tutto adesso? Meno male che Fritz ci ha lasciato una grossa cifra, casomai non avessimo potuto partire subito …
 
― Già! Maria deve viaggiare in prima classe! – Arthur già sognava la sua luna di miele …
 
In camera sua, proprio come Georgie, Maria era preda dei più tristi pensieri. La seconda cosa che aveva fatto non appena scoperto il trucco di Fenner, era stata parlare con Lady Constancia per annullare le nozze. Pensava che sarebbe stato difficile, ma non che non ci sarebbe riuscita. Invece:
 
― Zia, scusami, ma ho fatto una scoperta molto grave che mi costringe ad annullare le nozze!
 
― Ah, davvero? E quale?
 
― Prima di tutto io non amo Charles! Lui mi ha spinta ad accettare questo fidanzamento dicendomi che tu eri gravemente malata, e che non dovevo darti la delusione di non essere esattamente … Insomma, per tutta l’estate mi ha ripetuto che stavi malissimo! Diceva che venire a Londra a controllare come stavi era suo compito perché tutti gli altri mi avrebbero mentito, e così io ho creduto che tu stessi male veramente, in pericolo di vita. Un po’ alla volta, non lo so nemmeno io come, mi ha detto che dipendeva da me: o lo sposavo, o tu saresti potuta morire!
 
― Sì … capisco. Beh, riconosco che non ha agito nel modo migliore …
 
― Ma come, non t’importa? mi ha mentito! Sulla tua salute!
 
― D’accordo, ha un po’ esagerato, ma i suoi fini erano buoni …
 
― E quali sarebbero questi suoi fini? Un momento: che significa “esagerato”? Doveva fare qualche cosa … vi eravate accordati alle mie spalle?!
 
― Lo fai sembrare un tradimento! Ma via, era per il tuo bene, e poi io credevo che ti piacesse …
 
― No, è a te che piace! Questo matrimonio non lo voglio, lo farei solo per interesse, e non di mia volontà ma per forza! Io amo Arthur Butman!
 
― Ed è anche per questo che Charles Fenner mi piace … Lui può salvarti, amore mio. Lo dico per il tuo bene …
 
Maria aveva ricevuto un nuovo shock. E chissà come avrebbe reagito se avesse letto la lettera in cui sua zia rimproverava Fenner: gli esprimeva il suo disappunto perché lei lo aveva spinto a non lasciare niente d’intentato, sì, ma “spingersi al punto di mentire a Maria su una faccenda tanto delicata era stato improprio”. Ora, la dama lo invitava ad essere il più sincero possibile con lei in futuro per il bene della loro “unione”, poiché Maria era seriamente offesa dal suo comportamento. Lady Dangering gli imponeva poi, personalmente, di non parlare più della sua salute se non per riportare alla lettera la verità, e solo se necessario. Concludeva facendogli notare che “certe bugie, se anche si usano comunemente in politica, possono rovinare i rapporti familiari per sempre, specialmente se dette con un secondo fine”. In realtà, Charles Fenner le piaceva molto meno, da quando aveva saputo come aveva mentito a Maria, però era ancora il male minore …
 
In ogni caso, le nozze non erano state nemmeno posticipate. E ora, da sola in camera sua, la giovane promessa si sentiva in trappola, delusa, offesa, livida … e furibonda con se stessa al punto di arrendersi, tanto Arthur non le rispondeva, tanto non l’avrebbe mai perdonata, del resto se l’era meritato … E da quel colloquio con Lady Dangering, non era più uscita dalla sua stanza, dove prendeva i pasti e si rifiutava di ricevere. A “milady” (come ora la chiamava) non poteva impedire d’entrare in quanto era la padrona di casa, ma per il resto non volle vedere Charles né scendere, e si faceva solo recapitare la posta. Almeno, se Arthur avesse scritto, lei lo avrebbe saputo subito.
 
E Arthur scrisse.
 
Il giorno dopo, Maria si fece preparare ed uscì, dicendo che andava a fare una passeggiata in centro, visto che doveva pur ricominciare a muoversi se voleva sposarsi di lì a tre giorni. Invece, incontrò Arthur nel giardino della villa dei Barnes, senza entrare in casa. Gli corse incontro e poi si bloccò a poca distanza da lui, che non si era mosso e la guardava con occhi pieni di lacrime:
 
― Lo so … sono stata una stupida. Ti ho dato un dolore ingiusto e tu hai tutte le ragioni di essere in collera, ma non so nemmeno io come ho fatto a portare le cose fino a questo punto, io non ho mai pensato di tradirti o di lasciarti! Questo pegno – gli tese il ricciolo nel nastrino colorato: – appartiene a te. Perché io te l’ho donato col mio cuore …
 
― Perché tu mi ami! Devi dirlo, che mi ami! – Arthur non stava più per piangere, ma tratteneva un’emozione che filtrava nella sua voce rotta.
 
― Ti amo!
 
― E verrai via con me, dimmelo! In Australia … questa settimana!
 
― Verrò con te, sì, dovunque, portami via da tutto questo! Portami lontano da questo teatrino assurdo, prima che io diventi una marionetta in mezzo alle altre marionette!
 
Arthur l’abbracciò di slancio, la baciò e poi tuffò il viso nel velo che Maria si era tirata indietro dal volto. Lui tremava, lei piangeva. Lui prese in mano la ciocca rossiccia e se la mise nel taschino sul cuore, lei gli accarezzava la guancia come aveva fatto un paio di mesi prima. Lei gli chiedeva perdono e lui le baciava le lacrime, la fronte, le labbra ancora una volta. Nel momento in cui lei smise di piangere, fu lui a non riuscire a frenare le lacrime:
 
― Tu sei viva, non sei una marionetta! Sei la mia donna, ma io ho creduto … che non mi amassi più … che lui, quel Charles, ti avesse conquistata …
 
― Che vada al diavolo, Charles, baciami!
 
Dopo un po’ si ricomposero abbastanza da poter parlare quasi normalmente:
 
― Maria … io non ti posso portare via adesso perché … beh, sai com’è nei romanzi: lui la porta via dall’altare sul suo cavallo, due pistolettate per seminare le famiglie di lei e dello sposo, e fuggono insieme verso il futuro protetti dalla notte, ma nella realtà non è così. I tuoi sono i Dangering, ci troverebbero in mezza giornata, e poi tu hai un onore che io rispetto.
 
― Faremo come vuoi tu, amore. Ma presto: io compio diciotto anni domani, e sabato mi devo sposare. Se non mi aiuti tu, darò uno scandalo!
 
― Uno scandalo ho paura che ci sarà, ma noi ci sposeremo e allora non potranno separarci. Il piano è questo …
 
Maria non ruppe il fidanzamento, perché questo avrebbe messo in allarme tutti. Invece, si mostrò docile, fece le ultime prove del vestito e finì i bagagli per la sua nuova vita. Festeggiò i suoi diciotto anni come si conveniva.
 
Il giorno dopo, disse di voler fare visita ai Barnes perché non voleva cominciare la vita di dama di rango che l’attendeva prima di esservi costretta. Lady Dangering lo considerò un capriccio innocente e la lasciò andare. Maria mise il suo anello di fidanzamento in un cassetto, scese le scale, attraversò tranquillamente l’atrio, uscì, si chiuse la porta dietro con le lacrime agli occhi e non si voltò.
 
Con sé non portava nulla, a parte una serie di gioielli alla quale era particolarmente affezionata, nascosti sotto gli abiti. Quel giorno, i Barnes avevano fatto in modo di non essere in città, per non essere direttamente coinvolti. Maria andò, invece, a casa Clark.
 
Tutti gli amici erano stati chiamati a raccolta: Becky l’accolse in fretta, Emma la stava aspettando. Maria si provò alcuni abiti e della biancheria, ed Emma fece rapidamente le poche modifiche che erano necessarie perché la ragazza avesse un guardaroba e potesse viaggiare.
 
Arthur veniva dall’ufficio dell’impresa navale, dove aveva ritirato le sue cose e la liquidazione. Due giorni prima, aveva affrontato un momento difficile:
 
― Signor Allen? Posso?
 
― Arthur, ma che ci fai qui? Credevo che tu fossi già oltre la Manica!
 
― No, io … Mi vergogno a dirle … Sappia che io ho una grande stima per lei. E le sono molto riconoscente! Lei ha fatto grandi cose per me, ma io mi … mi licenzio. Devo farlo! Sono stato benissimo qui però …
 
― … Però mi vuoi dire che te ne torni nell’altro emisfero a curare la terra della tua famiglia!
 
― Sì … ma lei come …
 
― Oh, io lo sapevo dall’inizio, che questo momento sarebbe arrivato. Tu sei votato a quello da sempre, e io ho accettato di assumerti lo stesso. Non me ne sono mai pentito, sai? Nemmeno adesso! – Arthur aveva un nodo alla gola, e la sua riconoscenza verso quell’uomo aumentava di momento in momento, ― Però, mi togli una curiosità? Perché proprio adesso, ha a che fare con Georgie, o meglio Lady Grey?
 
― No. – Arthur deglutì per poter parlare: ― Vede, io … mi sono trovato una compagna per la vita. Mi voglio sposare con una ragazza che la sua famiglia non mi permette nemmeno di vedere, perciò non resteremo qui in Inghilterra, sarebbero solo nuovi guai. Già così non è facile, a me sarebbe piaciuto offrirle un matrimonio diverso da …
 
― A-ha! Auguri e felicitazioni, ragazzo mio!
 
― Grazie … lei ha già capito tutto! E poi, le devo chiedere un altro favore.
 
― Voi Butman!… avete sempre qualche cosa di diverso dagli altri. Il favore te lo faccio, è già accordato, però mi raccomando: sposala!
 
E grazie anche al signor Allen, quel giorno Arthur aveva tutto il necessario. Assieme a lui, arrivò anche Dick, e tutti insieme andarono in chiesa.
 
Fu una cerimonia molto intima. Brandon, Joy, Rory, il Conte Wilson e i signori Allen e Clark vollero essere tutti lì. Arthur era molto emozionato, ma sorrideva. Maria aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. Non c’era nessuno dei loro parenti, non c’era Georgie, mancavano Lowell e Fritz Gerard, e naturalmente i due sposi in cuor loro pensavano anche a tutti coloro che non potevano essere lì. Tuttavia, non ci si poteva fare niente, e non c’era nemmeno molto tempo per i pensieri.
 
Maria esibì i suoi gioielli, e una meravigliosa mantiglia spagnola di pizzo bianco che Lady Constancia le aveva regalato per il suo debutto in società, a tredici anni. A sorpresa, la famiglia Barnes le aveva fatto trovare un bel bouquet, e aveva prenotato degli addobbi floreali per la chiesa.
 
Arthur si sentiva esaltato. Guardava Maria e si ripeteva “ce l’ho fatta! sono fortunato! sono felice!”. Maria aveva l’impressione che tutto fosse straordinariamente “potente”: la luce all’aria aperta, i colori che filtravano dalle gigantesche vetrate, il profumo dei fiori unito alla cera delle candele, il suono dei passi sulle pietre antiche. Le loro voci vacillarono appena al momento di pronunciare le formule. Le mani di Arthur tremavano nel mettere l’anello al dito di Maria, e lei dovette tener ferma la sinistra del suo sposo per potergli infilare la fede. Si sposarono, nella commozione e nell’affetto di tutti i presenti. Subito dopo, dovettero partire.
 

[1] Affido, in corsivo e tra virgolette, i pensieri di Georgie alle parole della canzone di Richard Marx “The Last Words You Said”, nella versione cantata da Sarah Brightman e Richard Marx: https://www.youtube.com/watch?v=KxGjwP6tUaQ (contenuto nell’album The Very Best of 1990-2000, East-West, 2001). In passato, è stata la colonna sonora della popolare serie Uccelli di rovo



Ecco un altro capitolo, stavolta "di stagione"! I fatti si svolgono in un settembre caldo ... mentre il mio è come "congelato": ancora non riesco a capire che ne sarà del mio lavoro quast'anno, e finché ho tempo, come ho detto, scrivo e aggiorno.
Qui, c'è solo una cosa che mi lascia un po' perplessa: Georgie ci viene sempre fatta vedere come una che non si arrende mai, non cede nemmeno di fronte alle peggiori sventure, mentre qui la rendo un po' "depressa" (scusate l'abbondanza di virgolette). Questo suo carattere sempre allegro e il tipo fisico mi hanno fatto pensare che lei fosse dei Gemelli, anche perché ho avuto diverse conoscenze dei Gemelli, e tutte erano ragazze un po' simili a lei nei comportamenti. Ma devo dire che la parte della tristezza di Georgie mi sta molto a cuore perché, non ci crederete mai, è fortemente autobiografica. La sua reazione è la mia di fronte ai momenti vuoti, di tristezza e attesa, quando non sai che fare. Non riesco ad immaginarla così indistruttibile come ce l'hanno presentata, per me Georgie è così ora.
Oh, a proposito: Maria invece è necessariamente della Vergine. Mi faceva comodo che fosse di settembre, e poi mi va bene che sia di un segno di terra, razionale e concreto, capace di agire quando la situazione lo richiede senza perdere la testa e senza cedere facilmente alle elucubrazioni degli altri. Infatti, Maria non si abbandona mai alla fantasia di Charles, ma chiama sempre le cose col suo nome, e anche questo le permette di salvare Arthur quando ce n'è bisogno.
Grazie come sempre, carissimi lettori, recensori e no, e buon autunno: se l'estate proprio deve finire (NOOOO!), che almeno finisca bene! A presto ^^
  
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