“Felicidad, che ci fai qui?” si girò e vide un Manuél grondante d’acqua.
“non lo so” la prese per mano e la portò in casa, lei si fece trascinare senza opporre resistenza. Una volta varcata la porta d’ingresso restò piacevolmente stupita dall’eleganza dell’arredamento e si sorprese nell’immaginare la sua infanzia lì. Si vedeva tra le braccia del padre mentre María le dava la pappa cucinata dalla bisnonna Rosario, ma anche seduta sulla poltrona del nonno Tristán mentre la mamma le faceva le trecce con tanto amore, oppure a rincorrere i fratellini per i corridoi, erano immagini tanto vivide e dettagliate da sembrare ricordi.
“ti vado a prendere dei vestiti puliti, o così bagnata ti ammalerai” affermò Manuél toccandole i capelli fradici. Anche lui era nelle sue stesse condizioni, e lei lo trovava incredibilmente affascinante con quel ciuffo bagnato che gli scendeva sugli occhi, evidenziandone il colore cristallino. Tornò qualche minuto dopo con un vestito color pesca, probabilmente di sua madre.
“ecco, metti questo. Puoi cambiarti in una stanza qualsiasi, siamo soli in casa perché come sai i miei genitori sono in viaggio e le domestiche hanno la serata libera”
“grazie” gli rivolse un sorriso e lui fece altrettanto.
“ma sentiamo, come mai ti trovavi da queste parti?”
“stavo passeggiando ed ho perso la cognizione del tempo”
“a quest’ora! E con il temporale alle calcagna! Certo che sai essere davvero irresponsabile ... e se non ti avessi trovata?”
“perché ti preoccupi tanto per me?”
“perché ti amo, e lo sai” le guance le andarono di nuovo a fuoco, le succedeva troppo spesso in sua compagnia. Si avvicinò a Manuél e gli sfiorò la camicia bagnata.
“ora è meglio cambiarci” Esperanza salì le scale ed entrò nella prima porta sulla destra, chissà forse era quella che condividevano Gonzalo e María. Era consapevole che l’edificio era solo una ricostruzione del Jaral originario, ma le piaceva pensare che quell’incendio non fosse mai avvenuto. La stanza era abbastanza grande, con le tende drappeggiate rosso scuro ed un letto matrimoniale nel bel mezzo. La colpì immediatamente il comodino con sopra una fotografia incorniciata: quella del ballo in cui c’erano lei e Manuél. Con tutta probabilità era la sua camera da letto.
“Felicidad, sei qui?”
“si, ho finito. Un attimo solo” si spogliò in fretta ed indossò l’abito pulito. “entra pure” si era cambiato anche lui e si stava asciugando i capelli con un asciugamano. Gli occhi di Espe si posarono su di una chitarra accantonata in un angolo.
“sai suonarla?” la ragazza indicò lo strumento.
“certo, sono un po’ arrugginito perché è da tempo che non lo faccio, ma me la cavo”
“mi faresti ascoltare qualcosa?”sbatté le palpebre a mo’ di cerbiatto per impietosirlo e lui cedette, non riusciva proprio a dirle di no. Prese la chitarra e dopo aver armeggiato con le corde, dalla cassa uscì una dolce melodia che toccò l’anima della giovane. Esperanza si sedette al suo fianco e lo guardò negli occhi, come sempre si sentì a casa, perché era lui la sua casa. Le loro labbra, come calamite si attiravano e, quando giunsero a toccarsi, i ragazzi capirono che non sarebbero riusciti a contenersi.
“devo andare, Manuél” lo disse controvoglia, come un obbligo a cui non avrebbe mai voluto obbedire.
“sta ancora piovendo a dirotto” Espe si alzò con l’intento di uscire dalla stanza, ma lui le afferrò la mano e l’attirò a sé. “non andartene, resta qui con me” disse con un tono più dolce del solito, la baciò e lei si lasciò andare completamente all’amore. Le mani di Manuél iniziarono a vagare sulla sua pelle e presto i vestiti furono superflui, inutili barriere che avrebbero impedito loro di amarsi fino in fondo. E fu solo questo: l’unione di due corpi che sembravano fatti per accarezzarsi l’un l’altro, la fusione di due anime che si erano a lungo cercate e non avevano alcuna intenzione di separarsi. La tempesta ormai era finita, ed in cielo brillavano già alcune stelle che erano sfuggite alla presa delle nuvole, dalla finestra si intravedeva il loro bagliore che rendeva ancora più magico il momento.