Capitolo X
Notti agitate e grande tensione
Ero riuscita a dormire, ma nonostante questa sorta di conquista, ero mortalmente certa che qualcosa sarebbe presto accaduto, sconvolgendo le vite di tutti noi, inclusa quella che conservavo e custodivo gelosamente appena sotto il mio cuore. Era strano a dirsi, ma mi sembrava di essere letteralmente tornata indietro nel tempo. Difatti, erano tornati. Gli incubi, l’agitazione, e le lunghe notti insonni. Erano stati miei compagni tempo prima, e sin da quando erano fortunatamente scomparsi con la nascita di Terra, avevo chiuso gli occhi e sperato ardentemente di non assistere al loro ritorno. Per mia sfortuna, le stelle e il destino dovevano aver avuto altri piani quella notte, e per tale ragione, ora eccomi qui, a rigirarmi in un caldo letto che in realtà non mi appartiene, non potendo dormire a causa di alcune ricorrenti visioni oniriche. Ora come ora, il tempo passa, e perfino mia figlia si agita nel sonno, mugolando parole senza apparente senso. Fermandomi ad ascoltare, riesco a carpirne solo alcune. “Mamma… papà… no…” queste tre parole che continua a ripetere con i piccoli pugni stretti in segno di difesa, e le lacrime agli occhi. Notandomi, si sveglia, e mettendosi a sedere, mi guarda. “Aiutami.” Mi prega, piangendo sommessamente e sperando nel mio reale e tempestivo ausilio. “Sono qui, piccola mia. Andrà tutto bene. Non aver paura.” Le dissi, accogliendola fra le mie braccia e carezzandole la schiena e i capelli castani. “Non aver paura.” Le dicevo, ripetendo quella frase al solo scopo di riportare alla sua mente i consigli del padre. Spaventata come mai prima, piangeva e si lamentava, guardandomi con fare sconfitto. “Non voglio più restare qui. Scappiamo.” Disse poi, lasciandomi, con quelle semplici parole, interdetta. Difatti, non sapevo cosa dirle, e in quel frangente, peggiorare la situazione non era che l’ultimo dei miei pensieri. Mantenendo il silenzio, continuai a guardarla. Aveva paura. Nei suoi occhi aleggiava il terrore più assoluto, e i tremori da cui il suo corpo era costantemente scosso ne erano una chiara testimonianza. In quel momento, mi lasciai vincere dalla tristezza, e stringendola ancor di più a me, piansi. “Noi scapperemo, noi e tuo padre. Te lo prometto, bimba mia.” Le dissi, seria e convinta, ma con gli occhi chiusi per evitare di piangere. “Ora ti prego, va a letto. Ne parleremo domani.” Aggiunsi, continuando a versare nello stesso e medesimo stato, a dir poco pietoso e degno di una povera anima in pena. Obbedendo, la piccola si rimise sotto le coperte, stavolta stringendo il suo orsacchiotto di pezza, che a suo dire, era tanto coraggioso da riuscire a proteggerla dagli incubi che a volte infestavano la colorata e viva landa dei suoi stessi e bellissimi sogni. “Con te e papà non avrò paura.” Dichiarò, tornando fortunatamente ad essere felice, e sollevando in alto il pugno chiuso, proprio come un combattente prima di una lunga e ardua battaglia. “Brava, principessina mia.” Sussurrai, non appena si fu addormentata. Evitando di distrarmi, la guardai riposare, finalmente tranquilla. Di lì a poco, mi addormentai anch’io, felice e orgogliosa. La mia piccola Terra, nonostante la tenera età, era ancora in grado, grazie alla dolcezza e al suo essere innocente, di rischiarare l’oscurità e riportare la serenità in quelle che vedevamo come notti agitate e piene di grande tensione.