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Autore: ElaineAnneMarley    27/09/2016    2 recensioni
È il primo giorno d’estate e Agata viene avvicinata da un ragazzo dall’aria smarrita. È la prima volta che incontra qualcuno di Levante, il continente al di là delle montagne. Lui ha i tratti tipici dei levantini: la pelle olivastra e gli occhi a mandorla. Gli occhi. Occhi di un colore simile non esistono, neanche a Levante. Sono di un blu intenso con scaglie ambrate e sembrano racchiudere la storia del mondo.
«Ti ho trovata» e il ragazzo lascia andare un sospiro di sollievo «appena in tempo.»
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 37
 
LEVANTE, 5 ANNI E 279 GIORNI FA (III) – Un racconto dal passato

 

All’interno della cesta c’era una collana di pietre viola dalla forma irregolare, era esageratamente pesante e dava l’idea di essere preziosa. Agata tirò fuori degli abiti, erano tipici di quella zona, ma parevano più eleganti rispetto a quelli solitamente indossati dalle donne del villaggio. Baya aveva cucito quegli indumenti pensando a lei, la ragazza si commosse accarezzando le rifiniture rosse e dorate che decoravano la camicia blu. Dopo aver sentito i racconti di Xhoán, le sembrava quasi di conoscere quella donna coraggiosa che aveva seguito il presentimento di fuggire per proteggere suo figlio, anche se questo significava non rivedere mai più la propria famiglia. Anche senza conoscerla provava un affetto smisurato per la persona che aveva messo al mondo Tseren e che l’aveva cresciuto. Era sicuramente un ragazzo un po’ stravagante e spesso taciturno, ma non avrebbe cambiato una virgola della sua personalità.
«Dovrai farteli aggiustare dalla tua amica del villaggio, sei più magrolina di come ti ha immaginato mia madre!» commentò il Drago.
«Credo che Baya, ehm tua madre, l’abbia fatto volutamente. È più facile stringere un vestito che allargarlo» Agata si chiese come mai Baya avesse preparato quell’abito prima del suo arrivo invece che aspettare. Forse aveva avuto un presentimento? O forse era un modo per prepararsi all’incontro con l’Ascendente del figlio, il nuovo membro della loro famiglia. Passò la mano sulla pelle morbida della gonna e se la avvicinò alla vita, peccato non ci fosse uno specchio.
L’ultimo oggetto nella cesta era un spilla d’oro rosso a forma di drago. Era grande quanto il suo dito mignolo e leggermente ossidata.
«Questa la conosco! Apparteneva a mia nonna!» intervenne Tseren. «Che era l’Ascendente di mio nonno!» precisò prendendo in mano la spilla. «Di certo non puoi andarci in giro, però è un bel ricordo».
«Posso indossarla dentro casa» replicò Agata guardando contenta quell’oggetto che l’aveva raggiunta dal passato.
 
**********
Quando Xhoán sopraggiunse per la cena si accorse subito che un cambiamento era nell’aria. I due sembravano essersi finalmente riappacificati. Notò la spilla appuntata sulla casacca di Agata e raccontò loro che l’oggetto era uno dei regali di nozze che la nonna di Tseren aveva ricevuto dal marito Drago.
«Com’erano i nonni di Tseren, li hai conosciuti?» chiese Agata nel suo levantese traballante.
Lo sciamano incominciò a raccontare degli anni trascorsi nel villaggio dei Draghi. Il padre di Baya era un uomo autoritario e poco incline a gesti d’affetto e il destino aveva scelto per lui un’Ascendente altrettanto altezzosa e distaccata. Manik era l’unica figlia di una delle famiglie nobili della capitale. Era stato impossibile separarla dai genitori, tanto che il nonno di Tseren era uno dei pochi Draghi ad aver trascorso una buona parte della propria vita lontano dal monte Ariun. I due si erano sposati e avevano aspettato che i genitori di lei fossero anziani e confusi prima di trasferirsi. La separazione dalla famiglia e dalla grande città era stata traumatica per la donna raffinata che si era quasi convinta di poter sovvertire le regole dei Draghi. Taishir, questo era il nome del padre di Baya, aveva in poco tempo acquisito un ruolo di rispetto nella comunità ed era stato uno di quelli a favore dell’apertura nei confronti degli uomini. Una decisione che si era rivelata fatale per l’intera razza. Dopo anni trascorsi nella capitale di Levante, l’uomo si sentiva a proprio agio tra i mercanti che di tanto in tanto capitavano nel villaggio e non aveva visto i pericoli di quell’apertura nei confronti di persone che pensavano solo ad arricchirsi. Manik intanto continuava a comportarsi come la ragazza viziata che era e tenne il muso per mesi, detestava ogni cosa delle montagne e dei parenti Draghi. Continuava a vestirsi con la moda della capitale e l’unico oggetto che aveva aggiunto al suo guardaroba era proprio la spilla a forma di Drago. Come a precisare che non rinnegava il suo ruolo di Ascendente, non capiva però perché dovesse espletarlo proprio in quell’angolo del continente.
L’arrivo di Baya nella loro vita riportò l’armonia, la donna concentrò tutte le sue attenzioni sulla piccola e la educò come se un giorno Baya avesse dovuto fare il suo ingresso nella società della capitale. Le aveva insegnato a leggere e a scrivere, a suonare un gran numero di strumenti e le impediva di partecipare alle uscite di caccia con gli altri Draghetti. Baya era considerata la principessina del villaggio. Finchè non fu grande abbastanza da prendere da sola le proprie decisioni.
Il racconto di Xhoán divagò e l’uomo prese a descrivere le caratteristiche più disparate su quell’epoca felice della sua vita. Una delle cose di cui aveva avuto più nostalgia negli ultimi vent’anni era poter parlare con altre persone come lui, altri Ascendenti. Quando era giunto per la prima volta nel villaggio la cosa che l’aveva colpito maggiormente era stata la varietà di culture che convivevano tra quelle buffe tende. C’erano levantini provenienti da tutte le zone del continente e persino dei ponentini. Xhoán aveva sentito parlare del continente al di là delle montagne, ma mai e poi mai si sarebbe immaginato di trovarsi a faccia con degli abitanti di Ponente.
Agata ascoltava incantata quelle storie di un tempo lontano, amava lasciarsi cullare dalla voce profonda di Xhoán. Tseren conosceva già il racconto della vita dei suoi nonni, l’aveva sentito più volte sia da sua madre che dallo sciamano. Sapeva che l’uomo covava un po’ di rancore nei confronti di Manik perché la madre di Baya non l’aveva mai accettato fino in fondo. La sola idea che la preziosa figliola potesse mettere su famiglia con un ragazzetto tanto semplice la atterriva.
«Mia mamma diceva sempre che se mia nonna si fosse trasferita nel villaggio da giovane sarebbe stato completamente diverso. Dopo essere cresciuta in un ambiente tanto diverso non poteva non sentirne nostalgia» aggiunse il levantino.
«Tua madre amava profondamente la sua famiglia ed è riuscita a perdonar loro tutto quello che è successo, cosa di cui io ancora non sono capace. È sempre stata una persona migliore di me…» rispose lo sciamano pensieroso e la ponentina ebbe per l’ennesima impressione che il sentimento che leggeva negli occhi dell’uomo non aveva niente a che vedere con l’affetto fraterno.
«Perdonare cosa?» chiese sentendosi indiscreta.
Anche Tseren moriva dalla voglia di sapere quanti più dettagli possibili sull’evento che aveva causato il genocidio dei Draghi, sia Xhoán che sua madre gli avevano raccontato il minimo indispensabile.
«È una storia per un’altra sera» tagliò corto lo sciamano eremita. 
 
*NdA*
Ciao a tutti,
mi rendo conto che questi ultimi capitoli possono risultare un po' grezzi. Sto effettuando una revisione del romanzo (a partire dall'inizio) ed ero indecisa se interrompere le pubblicazioni su Efp per un po' o se continuare a pubblicare anche se i capitoli vanno rivisti. Ho deciso per questa seconda opzione, spero vi faccia piacere. :)
A presto!
Elaine

   
 
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