“Voi spilungoni mi avete davvero stufato. E’ la quinta
volta che mi evocate in altrettante settimane per il vostro stupido pennuto
scomparso.”
Crowley aveva esclamato annoiato quando era comparso al
centro della loro trappola con tanto di trono e tazza di thè. Sam gli lanciò
uno sguardo apologetico ma Dean ghignò e si strinse nelle spalle.
“Bu bu bu, basta piagnucolare e dicci se hai notizie sul
pen-su Castiel. Non abbiamo tempo da perdere.” Gli ordinò mentre passeggiava
pochi centimetri fuori dalla trappola per demoni, divertito alla vista di
Crowley intrappolato. Nonostante entrambi avessero sorpassato l’urgenza di
ucciderlo, nessuno dei due era effettivamente contento di dover collaborare col
re dell’inferno.
“Io non lo farei
se fossi in te.” Crowley disse con calma, non alzando gli occhi dal suo thè per
rivolgerli a Dean. “Non vorrei che ci fosse qualche incidente.”
“Mi stai minacciando?” Dean rise. “In caso non te ne
fossi accorto tu sei qui per eseguire gli ordini, maestà, quindi piantiamola con i giochetti e dicci quello che sai.”
Crowley continuò a sorseggiare dalla sua tazza per
qualche istante prima di riferire le informazioni trovate dai suoi demoni.
“Posso andare ora?” Chiese ai due cacciatori.
Dean sorrise condiscendente e si avvicinò, cancellando un
angolo della trappola. Crowley gli afferrò il polso mentre era chinato e gli
soffiò qualcosa che lo fece starnutire sul viso prima di recitare un
incantesimo e svanire con il suo trono e il suo thé, lasciando solo una
fumettistica nuvoletta di fumo rosso dietro di sé.
“Dean!” Sam esclamò immediatamente e corse verso di lui,
aiutandolo a sedersi e controllandogli le pupille, il battito. “Cos’è successo?
Come ti senti?” Gli chiese preoccupato.
Dean si toccò il viso, le braccia, il corpo. “Bene…credo.”
Due giorni dopo, e una stretta sorveglianza di Sam ad
ogni singolo starnuto o strano movimento ed entrambi si erano finalmente
rassegnati al fatto che Crowley li stesse soltanto prendendo in giro.
Dean aveva insistito per uscire, andare a seguire qualche
caso così che si potessero distrarre. E finalmente erano partiti: Baby, musica
rock e lunghe strade deserte da percorrere.
Al raggiungimento dei 5 km, Dean aveva iniziato a stare
scomodo, le vibrazioni del motore e della strada sterrata lo disturbavano.
“Andiamo sull’autostrada.” Aveva detto con calma.
“Ma a quest’ora c’è traffico.” Sam lo aveva guardato
strano e gli aveva poggiato la mano sul bicipite. “Tutto okay?”
Dean aveva alzato gli occhi al cielo e annuito. “Sì
mamma.” E aveva preso la prima uscita verso la strada asfaltata. “Mi fa male il
culo con tutte queste buche.”
Sam aveva riso e si era appoggiato contro il finestrino
per riposare. Dean aveva tirato un sospiro di sollievo dopo pochi metri di
liscio e bollente asfalto.
15 km e Dean stava iniziando a patire a causa dell’afa
che saliva dall’asfalto bollente. Il sedile di pelle di Baby era diventato
appiccicoso e i suoi boxer si infilavano in anfratti inesplorati, facendogli
pizzicare il sedere. Molto fastidiosamente. Internamente.
E Sam dormiva sereno, quel piccolo bastardo. Dean non lo
aveva disturbato e semplicemente aveva cambiato nuovamente strada, decidendo
che il fresco della sterrata –nonostante le buche – potesse dargli un po’ di
sollievo.
Sbagliava.
Arrivato a 17 km, Dean aveva le mani strette a pugno sul
volante. “Sammy.” Chiamò piano, la voce vagamente arrochita. “Sammy, ci
fermiamo per la notte.” Gli disse.
“Mh…ma sono le tre del pomeriggio.” Sam mormorò,
stropicciandosi gli occhi e sbadigliando prima di notare il viso pallido e
contorto dal dolore di suo fratello e annuire. “Ci dovrebbe essere un motel a
due km da qui.” Aggiunse, aprendo la mappa sul cellulare. “Prendi la seconda a
sinistra.”
Ora Sam era sveglio e vigile e poteva vedere il sudore
freddo sulla fronte di suo fratello, come la sua mascella fosse tesa, lo vedeva
deglutire ogni volta che la macchina prendeva una buca più profonda.
“Vuoi che guid—“ Aprì la bocca per chiedere e Dean gli
rivolse uno sguardo talmente gelido da fargli ingoiare il resto della frase.
“Tra novecento metri.” Disse invece, rivolgendo lo sguardo alla strada.
Dean teneva i denti stretti, la mascella tesa, cercando
di non lasciarsi andare a stupidi gemiti di dolore e cercando di non
bestemmiare troppo contro la sua povera baby. Non era colpa della macchina se
all’improvviso si sentiva il culo in fiamme. Se avesse fatto un po’ meno male
avrebbe fatto qualche battuta sull’essersi fatto trombare dalla nazionale di
Rugby o da una mandria di metallari incazzati ma…Cristo santissimo! Solo l’idea
di farsi infilare un capello lì dentro in quel momento rischiava di farlo
urlare.
Arrivati al motel inchiodò la macchina nel primo
parcheggio disponibile e scese, gettando le chiavi a Sam. “Vai a prenotare la
stanza. Una con la vasca. Io—vado alla macchina del ghiaccio.” Gli disse
allontanandosi. Era stato in abbastanza motel in vita sua da sapere come
orientarsi in qualsiasi di questi postacci ed una volta trovato il ghiaccio ed
averne caricate due buste, Dean raggiunse il fratello minore nella loro stanza
e si diresse al bagno.
“Ti serve una mano?” Sam gli chiese esitante vedendo Dean
così risoluto e lo seguì nella stanza accanto, guardandolo versare le due buste
di ghiaccio nella vasca e di fretta togliersi scarpe, pantaloni e mutande prima
di infilarsi lì dentro con un gemito di piacere.
“Cristo, sì.” Dean mormorò e sospirò di sollievo.
Sam arrossì e gli voltò le spalle, massaggiandosi la
fronte. Amava suo fratello da morire (letteralmente) ma vederlo col cazzo di
fuori in una vasca di ghiaccio probabilmente in preda ad un forte attacco di
emorroidi infiammate causate dai troppi chilometri in macchina o – più
probabilmente – da un incantesimo del re degli inferi…ecco, gli faceva
rivalutare le scelte di vita che lo avevano portato a quel momento.
“Devo chiamare Crowley?” Chiese non appena Dean smise di
gemere.
“Cristo no. No. Tutto ma non voglio dargli la
soddisfazione.”
“Okay…allora che vuoi fare? Tenerti le emorroidi?”
“No, voglio farmi curare.”
Sam aggrottò la fronte. “Vuoi che chiami Castiel? Lo sai
che è disperso.” Gli fece notare e si azzardò a guardare Dean al di sopra della
sua spalla non ricevendo un’immediata risposta.
“Castiel?!” Dean chiese, l’espressione disgustata e
vagamente offesa. Anzi. Fanculo il vagamente. “CASTIEL?!” sbottò. “Dovrei farmi
infilare due dita in culo da Castiel per farmi curare?! Come sarebbe questo
meno umiliante di andare a chiedere scusa a quel bastardo Irlandese? Il culo è
mio e non lo tocca nessuno.”
“Crowley è Scozzese…”
“Quello che cazzo è.”
“…e dubito che Castiel avrebbe bisogno di…andare così in
profondità--nel problema ma, okay. Okay. Cure. Sono sicuro che ci siano delle
cure valide. Fammi fare un paio di ricerche, poi vado a comprarti le medicine e
qualcosa per cena.”
“Mh…e altro ghiaccio.” Borbottò Dean. E una volta che Sam
fu uscito dalla stanza. “Tsz…Castiel…”
Sam trovò svariati rimedi online, aloe e pomate e creme e
diete equilibrate, ma nessuna soluzione definitiva che non fosse la chirurgia
laser. Dean non avrebbe gradito quest’ultima. Probabilmente l’avrebbe gradita
meno dell’alternativa della dieta equilibrata e ricca di fibre. “Potremmo avere
un piccolo problema.” Informò a voce alta così che Dean potesse sentirlo ma
apparentemente suo fratello ne aveva avuto abbastanza di bagni ghiacciati per
ora e se lo ritrovò in piedi dietro la sedia, fortunatamente vestito.
“Smettila di urlare.” Lo rimproverò e gli diede uno
scappellotto sulla nuca prima di appoggiare il mento sulla sua testa per
guardare lo schermo del computer. “Chirurgia?” Chiese dopo aver letto la
pagina.
“Sì, pare sia l’unica soluzione definitiva.”
“No, grazie.”
“Sospettavo, è anche parecchio costosa. Conviene comprare
qualche medicinale e sperare sia solo una cosa passeggera.”
“Okay, andiamo.”
Dean gettò le chiavi della macchina a Sam e afferrò un
cuscino prima di uscire, poggiandolo sul sedile passeggero prima di sedersi,
abbassando il sedile all’indietro abbastanza da poter stare comodo e accese la
radio, rilassandosi mentre Sam lo portava al supermercato.
“Prego, il prossimo?” La dottoressa dietro il banco
chiamò gentilmente e Sam e Dean si avvicinarono, sorridendo. “Dovete ritirare
delle ricette?”
“No, veramente avrei bisogno di un consulto.” Dean
rispose, mancando della sua solita aria spavalda ed evitando di flirtare con la
donna. “Ho avuto dei…fastidi e dolori mentre viaggiavamo e ci siamo dovuti
fermare perché non riuscivo più a guidare.”
La donna annuì. “Fastidi di che tipo?” Chiese, notando
l’aria imbarazzata dell’uomo e sospettando un paio di cause. “Fastidi
intestinali?”
“No, no.” Dean si schiarì la gola, sbirciando di lato
verso Sam, il quale osservava la scena divertito. “Ecco... Fastidi intimi.”
Bingo. La donna lanciò uno sguardo al più alto e poi di
nuovo verso Dean. “Quali sono i sintomi?” Domandò. “Prurito…gonfiore? Lei ha
avuto rapporti con partner occasionali?”
Dean spalancò gli occhi e ridacchiò imbarazzato. “Sì, ma
non—non lì.” Le disse. “Uh…Il mio—lui sta bene, no. Problemi posteriori.”
Aggiunse piano.
“Oh.”
“Ma sì, prurito e…fastidio e—non saprei spiegarlo, come
se mi fossi seduto sull’ortica o qualcuno mi avesse versato polvere urticante
nelle mutande.” Dean spiegò e Sam finalmente provò pietà per lui:
“Emorroidi, signorina.” Disse. “Crediamo si possa
trattare di emorroidi ma non ne aveva mai sofferto prima.”
La donna li guardò di nuovo. “Capisco. Beh, magari non se
n’era mai accorto prima. Ci sono…pratiche che possono intensificare i sintomi.
Torno subito.” Mormorò con un sorrisetto e si allontanò, iniziando ad aprire
cassetti. Dean e Sam arrivarono alla stessa sua conclusione e, mentre Dean
iniziò a balbettare che no, signorina, lui non si era fatto inchiappettare da
quello yeti di suo fratello, Sam le sorrise innocentemente e mise una mano
sulla spalla del più basso.
“Grazie.” Le disse e rise quando Dean gli diede una
gomitata.
Consigliati dalla dottoressa, tornarono in macchina con
un paio di pomate di aloe che avrebbero dovuto alleviare il dolore e il
gonfiore e una boccetta di lubrificante omaggio. Sam continuò a ridere a fare
battute idiote sui tacchini farciti e candele infilate nelle zucche perché era
un fottuto idiota che credeva di essere divertente facendo battute a tema con
il periodo autunnale. Dean aveva minacciato di gettarsi dall’auto in corsa
quando Sam aveva suggerito che Dean si ‘preparasse’ un po’ la prossima volta prima
di andare a sedersi sulle ginocchia di Babbo Natale. C’era un limite e quello era il
limite!
Il resto del viaggio fino al motel fu silenzioso con Dean
sdraiato sul sedile posteriore, rifiutandosi di guardarlo in faccia. Una volta
che Sam ebbe parcheggiato – male, urtando il paraurti – Dean afferrò uno dei
tubetti di aloe e si chiuse in bagno.
“Sam!”
Quando Dean lo chiamò, Sam alzò gli occhi dallo schermo
del pc e si voltò verso il bagno, era qualche minuto che se ne stava chiuso lì
dentro, alzando un sopracciglio. “Come va?” Chiese a suo fratello e si alzò,
raggiungendo la porta e aprendola piano, sbirciando all’ interno: Dean era di
nuovo senza pantaloni e mutande, appoggiato al lavandino.
“Mi—uh, mi dovresti dare una mano.” Gli rispose il
maggiore, deglutendo nervosamente.
“Una mano?”
“Un dito, se vogliamo essere più specifici…”
Sam sbatté le palpebre tre o quattro volte, elaborando la
richiesta. “Vuoi che io…”
Dean sospirò e annuì. “Senti. C’è scritto che va
applicato sia internamente che esternamente e fa male.” Ammise. “E io…non l’ho
mai fatto, non ci riesco.”
“Cosa ti fa pensare che io l’abbia fatto?”
“Cristo, Sammy, niente. Ma…cazzo, me lo devi! Ti cambiavo
i pannolini da piccolo.” Sbottò e Sam sorrise e si avvicinò, prendendo la
pomata e sedendosi sulla vasca da bagno dietro suo fratello maggiore.
“Piegati un po’ in avanti.” Lo istruì e Dean obbedì in
silenzio, chiudendo gli occhi mentre sentiva Sam che con tocco estremamente
delicato, massaggiava la sua apertura. “Respira, Dean, per l’amor di dio. Non
ho un dildo nascosto qui dietro.” Gli disse quando Dean si irrigidì al tocco,
nascondendo il viso paonazzo tra le mani.
“Non sarebbe nemmeno la cosa più illegale che abbiamo
fatto.”
“Decisamente no. Quindi respira e rilassati. Ti posso
assicurare che non fa male…darà fastidio e forse brucerà un pochino per via
dell’infiammazione ma non è doloroso.”
Dean alzò la testa e la inclinò di lato per guardarlo
sorpreso. “Tu come lo sai?” Gli chiese.
“D’uh?” Sam mormorò sarcastico, il collo e le orecchie
leggermente rossi. “Ero al college…ho sperimentato.”
“Da solo?”
“…anche. Ma non esclusivamente.”
Dean gli offrì un ghigno sardonico, pronto per prenderlo
in giro e Sam approfittò del momento di distrazione di suo fratello per spingere
il suo indice dentro di lui. Dean emise un suono di sorpresa e si immobilizzò
completamente, mordendosi il labbro inferiore.
Sam applicò la pomata il più velocemente possibile contro
la parete infiammata prima di tirarsi indietro e dare una pacca sulla schiena a
Dean, spingendolo via dal lavandino così che potesse lavarsi le mani.
Dean si rivestì in silenzio e se ne andò a sdraiarsi sul
divano a vedere i Simpson.
Sam era tornato al computer, lasciando a suo fratello il
tempo di metabolizzare il tutto, ma dopo solo un paio di minuti, Dean si era
voltato a guardarlo e gli aveva detto: “Sono andato con te più in là che con
Denise Johnson e tu non mi hai nemmeno fatto palpare le tette.” E la tensione
nella camera si era dissipata in un attimo. Dean aveva iniziato a chiedere
dettagli sulle sue esperienze, Sam aveva ricominciato a fare battute su streghe
con lunghi manici di scopa ed elfi natalizi con lunghi bastoncini di zucchero.
Il giorno dopo avevano ripreso il viaggio verso il loro
caso ma a metà percorso, dopo un centinaio di km, Dean aveva accostato alla
prima buca e aveva tirato fuori il telefono.
…
Da qualche parte, nell'inferno, Crowley tira fuori il
cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni. Guarda lo schermo e sorride.