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Autore: Rose Wilson    30/09/2016    4 recensioni
Ormai da tempo, la City ha conquistato l'America, distruggendo le insulse città e metropoli e devastando la vegetazione. Il motivo? Il Progresso, ovvio.
L'America è adesso priva di regioni o stati; ricoperta totalmente di cemento, è diventata un'unica enorme città, la City, che ora si appresta a invadere il resto del mondo e a portare il Progresso ovunque.
Col tempo però, un gruppo di ribelli terroristi ha fondato la Lega Anti-Progresso, votata a ostacolare i nobili progetti del Sindaco, la massima autorità della City.
Non si conosce l'identità del capo della Lega, ma senz'altro si conosce il suo agente migliore: l'esperimento 929, una ragazza con un passato ancor più oscuro del mantello che indossa…
Ora, è nelle mani della City. Ma nessuno, neppure lei, sa che le cose stanno per cambiare per sempre.
Genere: Angst, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Slade, Terra, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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~CITY~






CAPITOLO 5



SOSTANZA H85

 
Tara non si mosse, paralizzata dalla paura. Sentì dei passi dietro di sé, segno che qualcuno si stava avvicinando.

«Cosa stai facendo, ragazzina?» ringhiò gelida la voce, vicinissima al suo orecchio. In un'attimo, una mano calzata da un guanto di ferro si richiuse di scatto sul suo polso, stringendo talmente forte da allentare appena il nodo alla sua gola e farle riacquisire la voce. Lanciò un grido di dolore, mentre udiva distintamente una serie di sinistri scricchiolii provenire dal suo polso.

Il suo aguzzino non fece una piega e la costrinse a voltarsi, rivelandosi essere una donna alta e snella, vestita in quella che pareva in tutto e per tutto un'armatura moderna, completa di tessuto al titanio e placche metalliche. Aveva dei lunghi capelli bianchi che le ricadevano sulle spalle e una benda nera sull'occhio destro.
Il suo era uno sguardo duro e freddo, di quelli che sembrano scrutarti l'anima. Il limpidissimo azzurro ghiaccio delle iridi era incredibilmente simile a quello di Luke.

«Si può sapere cosa ci fai qui?» sibilò di nuovo, aumentando la stretta al suo polso e strappandole un gemito acuto.

«M-Mi lasci!» riuscì a gridare Tara, sebbene la sua sembrasse più una supplica che altro.

«Silenzio!» ordinò, con un tono che non ammetteva repliche, poi si voltò e uscì dalla sala, trascinandosi dietro la poveretta, che fece appena in tempo a girarsi verso la misteriosa ragazza prima di venire brutalmente strattonata fuori: due occhi color delle ametiste la stavano fissando.


Luke imprecò silenziosamente nell'assistere alla scena.


«Mi lasci, ho detto!» continuava a strillare Tara, tentando continuamente e senza successo di liberarsi dalla stretta micidiale a cui era costretto il suo polso. La donna, sorda ai suoi piagnistei, si stava dirigendo verso la fine del corridoio, dove una pedana circolare dal diametro di un metro circa era fissata al pavimento. Una seconda pedana era invece collocata sul soffitto, proprio sopra alla prima.

La ragazza riconobbe all'istante di cosa si trattasse: era una cabina di costrizione, anche detta di isolamento. Serviva, nell'Area Sperimentale, a rinchiudere al suo interno soggetti e cavie da laboratorio, quando non era possibile trasferirle in una sala esperimenti. All'occorrenza, però, poteva benissimo essere utilizzata per imprigionare temporaneamente criminali, ribelli o chiunque altro in attesa di spedirlo nell'Area Carcere, o in qualunque altro posto si volesse.

La donna la trascinò proprio al suo interno, tenendola ferma, poi premette un pulsante e al contempo ritirò il braccio con cui le bloccava il polso. Prima che se ne rendesse pienamente conto, a separare Tara dalla sua aguzzina vi era ora un campo di forza di un trasparente azzurro acceso, che collegava le due pedane.

La bionda alzò titubante una mano e lo toccò, posandovi sopra l'intero palmo: era come tastare una parete, solida in tutto e per tutto. Piccoli centri concentrici si propagavano dalla sua mano, come quando si lanciava qualcosa nell'acqua.

Per tutto il tempo la donna albina aveva mantenuto un'espressione distaccata, quasi non guardandola in faccia. Sollevò il braccio e avvicinò la bocca a una delle numerose placche metalliche che le rivestivano gran parte del corpo, quella che le ricopriva l'intero avambraccio. Premette un tasto e si aprì, rivelando un piccolo congegno a forma di esse.

Markov, nonostante non avesse una buona visuale da dentro la cabina, lo riconobbe, e sebbene al momento non ne ricordasse il nome esatto, si trattava di un arnese per le comunicazioni olografiche, anche chiamate olocomunicazioni.

«Dick, a rapporto» ordinò la donna con voce dura. Dopo appena qualche secondo, l'ologramma non più alto di una mano di un ragazzo, che non doveva essere più grande di Tara, anche lui in armatura, comparì sopra il braccio della donna.

«Lady Rose» ribattè lui. Dal tono con ci si rivolse a lei non doveva essere troppo felice di essere stato chiamato.

«Ho trovato una ragazzina che si aggirava nell'Area Sperimentale senza autorizzazione» spiegò lei.

Tara quasi si offese a sentirsi chiamare "ragazzina". Dannazione, aveva sedici anni e mezzo, quasi diciassette! Non era mica poco. La donna, che a quanto pare si chiamava Rose abbassò poi il tono della voce, come a non volersi far sentire da nessuno, cosa piuttosto stupida dato che il piano era pressoché deserto e Tara ci sentiva benissimo.

«Ha visto il demone»

«Esperimento 929» la corresse quello che doveva chiamarsi Dick.

«Massì, quello che è!» sbraitò lei, per poi ricomporsi.

«Mettimi in collegamento con il Sindaco. Devo sapere quali misure adottare»

«Ricevuto» sibilò a denti stretti lui, poi il suo ologramma svanì. Lady Rose borbottò qualcosa che alle orecchie della bionda suonava molto come "Vai al diavolo, Dick". Poco dopo un secondo ologramma prese forma sopra l'arnese: si trattava di un uomo, alto e robusto, in un'armatura di ferro color rame; al viso, portava una maschera munita di un occhio solo, troppo familiare perché Tara potesse non riconoscerlo. Un brivido di paura le attraversò la schiena: il Sindaco.

«Signore» la donna si mise subito sull'attenti.

«Lady Rose» ricambiò il saluto formale lui, con voce profonda. «Sono stato brevemente informato riguardo lo spiacevole inconveniente. Potrebbe ripetermelo?»

«Sì, signore. Ho sopreso una ragazzina aggirarsi per l'Area Sperimentale senza autorizzazione» ripetè come prima la donna. «E ha visto l'esperimento 929»

«Di chi si tratta?»

Lei le lanciò un'occhiata passiva e fugace, ma che bastò a farla deglutire. Quell'unico occhio color ghiaccio faceva paura, anche quando non sembrava furente.

«All'apparenza, direi una semplice Apprendista di terzo o quarto grado»

L'uomo annuì. «Bene. Prenotatele pure una sala esperimenti»

La donna sgranò il suo unico occhio. «Cosa?» Si schiarì la gola. «Voglio dire, signore...»
Sollevò lo sguardo su di lei, e per la prima volta Tara vi lesse solo compassione.

«E' solo una bambina. Non avrà nemmeno diciott'anni»

Bambina? Prima ragazzina e adesso addirittura bambina? Questa era mancanza di rispetto! Tara avrebbe tanto voluto dire ad alta voce che aveva sedici anni e ben nove mesi, ma si trattenne. Dopotutto, a quanto sembrava, la mercenaria stava cercando di aiutarla.

«E' per l'appunto l'età giusta per quel genere di esperimenti» Il Sindaco socchiuse il suo unico occhio. «Sta forse contraddicendo ai miei ordini, Lady Rose?»

La donna sbiancò come se avesse appena visto un fantasma.

«No di certo, signore. Solo, ecco, credevo che simili operazioni le svolgessimo solo sui ribelli»

«E' così. Ma al momento può benissimo usare quella ragazzina» ribadì lui, con una calma e una pacatezza che lo rendevano quasi inquietante.

Lei si arrese. «Sì, signore. Come volete che proceda?»

«Fatele un test dei geni. Se risulta positivo iniettatele la sostanza H85. Altrimenti utilizzatela pure come cavia per le cure mediche»

La donna deglutì. «Come volete, signore» e l'ologramma svanì.

Si voltò verso Tara, anch'essa divenuta pallida come un cadavere, sebbene non avesse ben chiara la sorte che le spettava. Di qualsiasi cosa si trattasse, non doveva essere una cosa bella.

«Non avresti dovuto venire qui» sospirò l'albina, richiudendo con uno scatto la scaglia metallica.

Come se davvero ti importasse qualcosa su che fine farò, pensò cinicamente la ragazza, cercando di non mostrare quanto realmente fosse terrorizzata. La sua aguzzina premette un pulsante posizionato su una piccola tastiera fissata alla parete accanto alla cabina e di colpo, all'interno di essa, si sprigionò un gas bianco dalla pedana collocata sul soffitto, che la fece tossire fino a farla cadere in ginocchio.

L'ultimo pensiero cosciente che riuscì a formulare fu: "Che modo stupido di morire" prima di accasciarsi e perdere i sensi.

 
~~~

Il Sindaco Wilson prese un lungo sorso dalla tazza fumante che teneva stretta nella mano sinistra, perennemente calzata dal guanto di metallo. Ormai non teneva più conto delle ore passate all'interno di quell'armatura soffocante, ma era necessario che la indossasse sempre e comunque, anche al momento di coricarsi. Dopo gli innumerevoli tentati omicidi da parte della Lega, aveva imparato che le precauzioni non erano mai eccessive.
Certo, a quei tempi i sistemi di sorveglianza e di sicurezza di cui disponeva allora non erano ancora i sofisticatissimi sistemi che aveva ora, in grado di rilevare il battito cardiaco di un topo a trenta leghe di distanza dall'Area Capitale, però, riteneva lui, era semrpe meglio prevenire che curare.

Posò la tazza sul bracciolo dell'imponente scranno in ferro massiccio e rivolse la sua attenzione al suo sottoposto, in piedi a una decina di metri da lui. L'armatura nera e arancio aderiva quasi totalmente al fisico asciutto e muscoloso del ragazzo, e la esse metallica che portava sul petto brillava nella penombra,

«L'esperimento 929 persiste nel non rivelarvi l'ubicazione della base ribelle, Lord Dick?» domandò pacato Wilson.

«Sì, signore» rispose lui, lasciando trapelare nel tono di voce una ben chiara nota di nervosismo.

Il Sindaco socchiuse il suo unico occhio, sebbene il ragazzo non potesse accettarsene vista la maschera che Wilson indossava come una seconda pelle.

«Lord Dick, lei sa bene che non possiamo permetterci errori, sopratutto in questo periodo. Le operazioni procedono correttamente?»

Intende dire, se procedono le torture inumane che le stiamo infliggendo ormai da una settimana senza darle un secondo di tregua?, avrebbe voluto chiedere lui, ma si bloccò in tempo.

Si poteva sapere che gli era preso all'improvviso? Quella ragazza non era più umana, era un demone, un mostro senz'anima che lo ucciderebbe seduta stante se ne avesse l'occasione. E poi erano anni che si occupava di supervisionare gli scienziati mentre facevano il loro lavoro sulle cavie - ribelli, criminali e quant'altro - perché si preoccupava tanto di quella lì in particolare?

Sarà che gli ricorda...

«Lord Dick» lo richiamò dal flusso dei suoi pensieri la voce profonda del Sindaco. «Non ha risposto alla mia domanda»

«Perdonatemi, signore» si affrettò a scusarsi lui. «Sì, le operazioni procedono»

A quel punto Wilson si alzò in tutta al sua considerevole altezza dallo scranno e si avvicinò a Dick.

«Vede, Dick, se c'è una cosa che ho imparato nel corso degli anni, è che la gente farebbe di tutto, se ci fosse in gioco la loro vita. Ora, nel caso dell'esperimento 929, ritengo che la minaccia di morte non sarebbe sufficiente, né che sarebbe produttiva dato che abbiamo bisogno di lei e che quindi non possiamo semplicemente sopprimerla.
«Perciò, sono giunto all'idea che potremmo ricavare le informazioni che ci servono minacciando di eliminare i suoi compagni»

Il ragazzo assunse un'espressione scettica. «Signore, mi perdoni, ma quell'essere è privo dell'umanità necessaria per provare compassione, persino se riguarda la morte dei propri compari»

Il Sindaco sorrise gelido dietro la maschera. «Ci sono destini peggiori della morte, Dick»

 
~~~

Rose strinse le dita attorno all'elsa della spada che portava alla cintola, in un moto di nervosismo. Dinanzi a lei un paio di Scienziati armeggiavano attorno al basso tavolo di metallo, con sopra, in una cassa di vetro, il corpo privo di sensi dell'Apprendista.

La donna stirò le labbra in una smorfia. Quello era forse il motivo principale per cui odiava con tutta sé stessa il suo lavoro. Scosse il capo, mentre un Apprendista Scienziato, che doveva essere come minimo di grado S per poter assistere a una tale operazione, si torceva agitato le mani, senza mai perdere di vista i suoi superiori per evitare probabilmente di fare qualche sciocchezza.

L'unico, gelido occhio azzurro di Lady Rose si posò sulla siringa, vuota, che era stata abbandonata come un vecchio giocattolo rotto su di un ripiano accanto al tavolo.

Purtroppo per la sfortunata ragazza il test dei geni era risultato positivo, e gli Scienziati avevano ricevuto l'ordine di iniettarle nelle vene la sostanza H85. Era, da quel che sapeva, la temibile essenza in grado di straovolgere il DNA di qualsiasi essere umano, apparentemente a casaccio, la medesima essenza che, anni or sono, aveva trasformato quell'insulsa ribelle nel demone che i cittadini avevano imparato a temere e odiare.

Una volta avviato il processo, inoltre, era impossibile arrestarlo e, si diceva, fosse estremamente doloroso e brutale, tant'é che molte delle cavie morivano ancor prima che gli Scienziati potessero anche solo ipotizzare che cosa fossero diventati.

Altri, invece, sopravvivevano, e trascorrevano gli ultimi rimasugli della loro miserabile esistenza rinchiusi in una cella o in una sala esperimenti. E considerati i test cui venivano sottoposti non era anormale che i più forti non resistessero per più di ventiquattro mesi prima di spirare.

Certo, a meno che non riuscissero a fuggire. Erano casi isolati, più unici che rari, ma talvolta ci riuscivano davvero. E, ovviamente, non esitavano un secondo di troppo ad entrare subito nella tre volte dannata Lega Anti-Progresso.

Al pensiero di quella maledetta resistenza che osava opporsi all'unico futuro possibile per quel mondo, marcio fino al midollo, una smorfia di assoluto disprezzo si dipinse automaticamente sul viso dell'albina.

Come si permettevano quei barbari di rifiutare ciò che era il solo e unico destino scritto per la Terra?
Come potevano anche solo pensare che il Sindaco fosse malvagio, quando era l'uomo che aveva portato la salvezza ad un mondo altrimenti destinato alla rovina?

A distoglierla da quei pensieri rancorosi fu un'ombra improvvisa. Di colpo, un'energia oscura, più nera delle tenebre stesse, invase la sala esperimenti, tingendo di nero ogni cosa. Un freddo gelido come la morte piombò come una cappa funesta su Rose e i restanti due uomini e il ragazzo, che presero a gridare in preda al panico.

Cercando di non perdere la calma, la donna sguainò la spada e si mise in posizione difensiva, voltando di scatto il capo in tutte le direzioni.
Poi, li vide.

In quel mare di oscurità, due occhi viola, freddi e dure come la pietra, la fissavano. A seguire i due occhi venne poi fuori un volto, poi un busto ed infine tutto il resto del corpo dell'esperimento 929 fuoriuscì dalle tenebre. Era completamente vestita, avvolta in un mantello nero con il cappuccio alzato a nasconderle il viso. L'unica cosa che Rose era in grado di intravedere era il suo sguardo minaccioso.

Infine, senza distogliere un istante quegli occhi senz'anima da lei, mormorò con voce cupa e senza emozioni:

«Rachel Roth, Agente Oscura della Lega Anti-Progresso. E' stato un piacere fare la sua conoscenza, Lady Rose»

Poi fu il buio.



























Viene rilevata ufficialmente l'identità della prigioniera, che ora prigioniera non è più tanto.
Ella infatti è Rachel Roth, anche detta Raven, anche detta Corvina, anche detta Agente Oscura, anche detta Ribelle dei Ghiacci, anche detta... sì, vabbè, avete afferrato.
Un ringraziamento come sempre a tutti quelli che recensiscono (e anche solo a chi legge) e ci vediamo alla prossima!

Rose








 
   
 
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