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Autore: BlueOneechan    01/10/2016    1 recensioni
Credevano che l’arrivo di un bambino non avrebbe influenzato i loro destini, che sarebbero restati insieme per sempre. Ma sono già passati otto anni da quando Haruka è rimasto solo col piccolo Sakura.
Il tempo passa, ma il ricordo di Rin è ancora vivo.
Così come le ferite.
[HaruRin / Sakura Nanase/ Mpreg]
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!
Capitoli:
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Note dell’autrice: Vi ho portato un nuovo capitolo, spero vi piaccia. Ringrazio per la collaborazione LadyPaule nel betaggio di questo capitolo.  Inoltre, grazie mille per le recensioni, mi rendono felice e i consigli come sempre sono molto utili. Grazie, davvero!

Note della traduttrice: Eccoci qui con un nuovo capitolo. Che ve ne è parso del secondo?
Mi scuso fin d'ora se la traduzione sia ancora troppo letterale in alcuni punti, spero col tempo di migliorare.
Cerco di mantenermi il più fedele possibile al testo fatta eccezione per qualche licenza grammaticale quale la sostituzione dei pronomi di colore di capelli (il rosso, la rossa, il moro...) coi pronomi nominali e qualche modifica per rendere le frasi più scorrevoli.
Detto questo, vi lascio alla lettura.

 

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QUANDO PIOVONO LE STELLE

CAPITOLO 3

 

Guidare per le strade di Iwatobi è sempre stata un’esperienza rilassante e divertente. Essendo una città relativamente piccola, non erano molti i veicoli che transitavano nei dintorni. La maggioranza degli abitanti preferiva usare le biciclette o semplicemente camminare per muoversi, mentre l’uso delle automobili e autobus dipendeva principalmente da quelli che viaggiavano nelle zone più urbane come Tottori, la capitale della prefettura.

C’era un treno che attraversa la prefettura. Proveniva da nord-est, al di là dei boschi della stazione di Igumi; passava per la costa di Higashihama, e poi virava a sud attraversando i vasti campi di Iwatobi, tra i quali si trovava la seguente stazione.

La stazione ferroviaria di Iwatobi si trovava a due isolati da una delle strade principali della città, tutt’intorno, da un lato gli orti della zona rurale e dall’altro gli edifici della zona urbana. C’erano zone residenziali nei dintorni, con case di medie dimensioni e piccoli giardini, in una di queste abitava Aiko Aihara, l’amico di Sakura. Nelle altre zone c’erano anche negozi e servizi, come l’ Iwatobi SC Returns,la biblioteca comunale, la banca e l’ospedale, tra gli altri.

—Ti ho lasciato l’auto per farti distrarre. Non dimenticare di venirmi a prendere! —gli aveva detto Gou due giorni prima, e, dopo aver lasciato le chiavi dell’automobile a Rin, era entrata nel vecchio edificio dell’Ospedale Iwatobi.

Gou si preoccupava della stabilità emotiva del fratello, per questo la spaventava il fatto che Rin passasse le serate piovose e solitarie in casa, chiuso in sé stesso, annegando tra i ricordi. Era sicura che almeno, lasciando l’auto a Rin, gli avrebbe offerto un mezzo per distrarsi in qualche modo. L’unica condizione era che lui doveva stare fuori dall’ospedale quando lei finiva il suo turno.

Gou lavorava all’Ospedale Iwatobi, alla sezione di fisioterapia. Da bambina, grazie a Rin e suo padre e poi grazie al club di nuoto della scuola, era stata in contatto col mondo dello sport. Era cresciuta presenziando ai tornei e a tutto quanto si relazionava alla preparazione pre e post gare: allenamenti di routine, regimi alimentari, fitness, recupero medico e così via.

Conosceva molto bene l'ambiente sportivo. A ciò si aggiungeva che lei era un’esperta quando si trattava di muscoli. La sua passione per il sistema muscolare l'aveva portato a scegliere una professione in cui si sentiva felice circondata da corpi perfetti.

Perché Gou, sebbene lavorasse nell’ospedale servendo un gran numero di pazienti, aveva ancora uno stretto legame con l’Iwatobi SC Returns, essendo una delle maggiori collaboratrici di Goro Sasabe, in più aveva anche cooperato al recupero di Sousuke, il migliore amico di suo fratello.

Gou era felice e adempiva con orgoglio al suo lavoro. Lo stipendio che guadagnava non era altissimo, ma le permetteva di vivere dignitosamente insieme a sua madre, concedersi qualche sfizio di tanto in tanto, viziare il suo nipotino Sakura e, adesso che Rin era tornato a Iwatobi, appoggiarlo economicamente nelle sue necessità e non solo emotivamente.

Questo è il motivo per cui Rin era responsabile dell’auto di Gou, per potersi distrarre e svuotare la mente nei suoi primi giorni ad Iwatobi, anche se in realtà non veniva usata spesso. Tuttavia, al contrario di quel che Gou e sua madre si aspettavano, Rin aveva preferito restare a casa ravvisando in scatole di vecchi oggetti o semplicemente guardando la pioggia dalla finestra.

Tuttavia, la sera Rin dovrebbe stare fuori dall’ospedale ad aspettare sua sorella.
Erano due giorni che faceva questo, veniva un’ora prima e lasciava l’auto nel parcheggio. Lì aspettava paziente con l’autoradio sintonizzata sulla stazione locale, gli occhi fissi nel nulla, i pensieri intrisi nei ricordi del passato.

Ma, questo giorno era diverso. La pioggia era cessata da un paio d’ore, perciò non era necessario che Rin restasse in auto. Esitò per qualche minuto se scendere o meno, ma alla fine aprì la portiera e tastò il suolo sotto i suoi piedi. L’aria gelida gli sferzò subito il viso, l’odore di terra bagnata gli penetrò il naso e, per un istante, sembrava come se il suo mondo si fosse espanso.
Dalla sua nuova posizione, col cielo grigio esteso sopra la testa, poteva apprezzare gli edifici circostanti, i giardini e le colline distanti popolate di alti pini.

—Avevo dimenticato questa vista… —mormorò Rin, dopo aver riempito i polmoni di aria fresca e cacciato un sospiro rattristato.

Assicurò l’auto e camminò dal lato dell’ospedale verso la strada. Mancava ancora un’ora prima che Gou terminasse il suo turno, perciò Rin poteva sgranchirsi le gambe camminando per i dintorni. Le piogge avevano intimorito molti, così poteva andare avanti tranquillo senza il timore di sentirsi osservato. Camminò per il marciapiede con occhi attenti come se avesse appena scoperto quel luogo, con il cuore che batteva dalla voglia di andare avanti, di tornare a ricongiungersi con le strade che aveva lasciato otto anni fa.

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Con una matita blu, Sakura disegnò una lineetta sopra il suo quaderno. A questo si aggiunsero tante altre, tutte dello stesso colore. Era la pioggia che cadeva dall’unica nuvola grigia che aveva disegnato. Prese altri pastelli e lasciò che le mani si muovessero al suono dei ricordi: una lunga strada vicino la stazione degli autobus, un giovane padre con suo figlio tra le braccia e in lontananza una piccola auto dai tratti deformi. L’ultima matita che Sakura prese fu la rossa, con la quale finì di colorare i capelli del bambino e i capelli del conducente dell’auto.

—Finito! —esclamò soddisfatto, poi si voltò verso il lato dove c’erano altri quattro disegni. Sospirò con rassegnazione e guardò l’orologio appeso al muro dell’aula, Haruka sarebbe venuto a prenderlo solo tra due ore.

La Scuola Elementare Iwatobi non era molto lontana da casa, gli ci volevano solo un paio di minuti per arrivare a scuola la mattina con suo padre. Sakura conosceva il tragitto alla perfezione, non era difficile ed era pieno di persone conosciute; poteva tornare a casa da solo, però, Haruka non glielo permetteva. Pertanto, ogni giorno dopo le lezioni Sakura aspettava la madre di Aiko e, loro tre insieme, si muovevano verso il centro, dove la signora Aihara lasciava Sakura all’Iwatobi SC Returns, poi tornava a casa insieme a suo figlio. La fine delle lezioni di nuoto coindideva con l’arrivo di Haruka al centro, che tornava dal suo lavoro al DolphinS.

Questa era la loro routine quotidiana, che a volte affliggeva Sakura, poiché non capiva perché suo padre era tanto reticente all’idea di lasciarlo solo, come credesse che il bambino scomparisse o potesse abbandonarlo. Quella paura era –agli occhi di Sakura– del tutto ingiustificata e lo irritava che adesso, a causa di questo timore, doveva aspettare tutto solo dentro la scuola. Perché? Perché era il secondo giorno che Aiko non veniva in classe per essersi preso un raffreddore dopo aver corso insieme a lui sotto la pioggia, per questo, non c’era nessuno che potesse accompagnare Sakura al club di nuoto.

Era una catena di cause e conseguenze che Sakura detestava. Si sentiva profondamente frustato e, anche se cercava di distrarsi coi disegni, la verità era che per la testa lo attraversava l’idea di star abbassando le sue prestazioni nel nuoto per non potersi allenare. Aveva indosso il suo costume da bagno, ma non gli serviva a nulla, perché questo sarebbe stato il terzo giorno che mancava al club –il primo fu per il rimprovero di Haruka, il secondo per l’assenza di Aiko– fu così che Sakura iniziò ad andare nel panico. Se non poteva nuotare, non poteva progredire e, come risultato,non poteva realizzare il sogno tanto agognato.

Tornò a guardare l’orologio, mancava ancora molto perché Haruka facesse il suo ingresso a scuola. Girò lo sguardo verso fuori, il cielo era grigio ma non c’erano tracce di pioggia. Questo gli causò ancora più angoscia. Se non stava piovendo e aveva tutto il tempo libero del mondo, perché non poteva essere felice con la sua amata piscina?

Sakura non ce la faceva più. Aveva otto anni, considerava sé stesso un ometto, conosceva la strada verso il club e, in più, non stava piovendo. Raccolse i suoi disegni nello zaino e lo caricò sulle spalle, si mise il cappello giallo che gli aveva regalato Gou e senza pensarci un secondo di più, uscì correndo a tutta velocità dalla scuola.

Correva e correva come se la sua vita dipendesse dai suoi passi. Senza dubbio Sakura non aveva ereditato da Haruka la lentezza su terra, piuttosto era come Rin, sprizzava forza ed energia da tutti i pori. I suoi passi sembravano quasi non toccare terra, come se volasse. Non ci volle nulla nell’attraversare i vicoli davanti al porto di Iwatobi; arrivò al lato della spiaggia e prese la scorciatoia che di solito prendeva insieme a Aiko e sua madre e si addentrò per la strada principale che attraversava Iwatobi, quella che passava sia attraverso i campi che verso il centro cittadino.

Gli ci vollero venti minuti per raggiungere il centro. Superò il Family Mart, dove nelle serate estive suo padre andava a prendergli i ghiaccioli azzurri, la banca e anche il municipio. Ma, subito inziò a sentire  gocce leggere iniziare a cadere sul suo viso. Alzò lo sguardo verso il cielo e notò che le nuvole si erano tinte di un grigio più scuro. In meno di un minuto, la pioggia autunnale invase tutta la zona.

Sakura andò nel panico. L’ Iwatobi SC Returns era appena ad alcuni isolati di distanza, perciò se continuava a correre sarebbe finito di certo per bagnarsi tutto, il quale –secondo la prospettiva di Sakura– significava un raffreddore che avrebbe finito di sicuro la sua carriera nel nuoto. Così, terrorizzato, cercò con lo sguardo un posto dove potersi rifugiare. La prima cosa che notarono i suoi occhi fu un tettuccio che sporgeva dalla facciata di un vecchio negozio, con un bel giardino accanto ma senza fiori. Sakura raggiunse il tettuccio e si riparò sotto di esso, pregando in silenzio, frustrato, per la fine della pioggia.

E così stava, con gli occhi chiusi e i pugni stretti, quando sentì una leggera spinta alle spalle che lo fece barcollare.

—Oh, mi dispiace, piccolo —Sakura sentì la pacata voce mascolina sopra di lui, poi lo sentì cacciare uno sbuffo adirato, lamentandosi per la pioggia improvvisa. Sapere di non essere l’unico arrabbiato per il maltempo lo faceva sentire risollevato distraendolo un attimo dai suoi crucci.

Per questo, si girò curioso di lato, cercando di riconoscere chi era al suo fianco.
Con somma sorpresa,  si alzò quando notò il colore rosso dei capelli dell’uomo che l’accompagnava, con ciocche cadenti a ogni lato del viso che contrastavano con la pelle pallida.
Sakura non riusciva a evitare di spalancare la bocca dalla sorpresa, inoltre ricordava quell’uomo, lo aveva visto due giorni prima e non riusciva a toglierselo dalla testa, e adesso che lo aveva sotto i suoi occhi, poteva sentire il suo cuore battere più forte. Il desiderio di nuotare in piscina era stato automaticamente dimenticato.

Rin storse la bocca infastidito. L’auto di Gou si trovava nel parcheggio dell’ospedale a un paio di isolati di distanza, perciò camminare sotto la pioggia torrenziale non era una buona idea.
Fu lì, quando sentì lo sguardo insistente su di lui, notò, con la coda dell’occhio, il bambino di fianco che lo osservava quasi rapito.

—Ho detto"mi dispiace" —ripeté Rin con calma senza prestare ulteriore attenzione a Sakura, aspettando che gli togliesse gli occhi di dosso, ma lui lo ignorò e continuò a guardarlo. Rin cacciò uno sbuffo che si perse nel suono della pioggia, gli dava fastidio essere osservato in silenzio, perciò si voltò verso il piccolo per affrontarlo con gentilezza.

Fu in quell’istante che Rin sentì una strana fitta al petto, quando vide gli occhi di Sakura: un azzurro così brillante ma anche così puro, trasparente e chiaro come acqua. Era inevitabile: provò una voragine di sensazioni dentro di sé.

L’ immagine di Haruka cominciò ad affiorare subito nella sua testa insieme a quella del bambino che aveva abbandonato. Riviverono in lui ricordi sconnessi di momenti vissuti otto anni fa, in particolare tutti quei sentimenti provati dal vedere il test di gravidanza, al tenere il bambino tra le braccia e poi dirgli addio quando aveva solo due mesi. Tutto fu così doloroso e rapido, che Rin si sentì nauseato per un istante e con un crescente nodo alla gola. Ma era confuso, non capiva perché lo prendevano così tante emozioni alla sola vista di un bambino sconosciuto.

Fece uno sforzo per non bloccarsi all’istante e girò la testa da un lato all’altro, respirando profondamente. Non gli piaceva nulla di tutto ciò, sentiva la necessità di scappare, ma scappare da cosa?

Afferrò con fermezza la busta che conteneva alcuni panini per lui e Gou, senza esitazione andò dritto sotto la pioggia, non più disposto a rimanere nello stesso posto.

Non c’era altro suono tranne quello dell’acqua che cadeva ovunque e dei suoi passi pesanti sopra le pozzanghere. Per questo gli fu facile riconoscere il suono alle sue spalle, erano passi leggeri che provenivano dietro di lui.

—Ehi, che stai facendo? —chiese Rin girandosi verso Sakura. Il bambino si fermò all’istante e lo osservò un po’ nervoso, ma in silenzio.

Rin si voltò e continuò a camminare. Non avanzò di due metri quando si fermò prima dei passi che erano ricominciati.

—Mi stai seguendo? —domandò accigliato, iniziando a perdere la pazienza. Sakura negò con un cenno del capo—. Torna a casa, piccolo —disse con severità
tentando di nuovo di andare per la propria strada, ma i passi nell’acqua continuavano a farsi sentire.

Ehi, mi stai seguendo! Che diavolo vuoi? —chiese irritato, intimidendo Sakura. Per la nuova espressione sul volto del bambino, Rin intuì che lo aveva spaventato. Decise di contare mentalmente fino a dieci per ritrovare calma e pazienza— Hey, non devi stare qui sotto la pioggia, torna a casa tua… o per caso non sai tornarci? —domandò pacato, ma Sakura restò in silenzio— Maledizione, perché non dici nulla?!

—Papá dice che non devo parlare con gli sconosciuti —rispose alla fine dopo averci pensato su. Era assurdo, perché aveva disobbedito a Haruka non rimanendo a scuola, ma adesso si preoccupava di non parlare con gli sconosciuti.

—Non devi parlare con gli sconosciuti, eppure, mi stai seguendo—disse Rin alzando un sopracciglio, aspettandosi una risposta che non arrivò. Sospirò rassegnato, osservando le gocce che scorrevano dal cappello giallo attaccato al viso di Sakura; non c’era alcuna traccia dei suoi capelli rossi. Andiamo, ti accompagno a casa.

Sakura gli rivolse un enorme sorriso di improvvisa felicità. Non aveva idea perché, ma anche se sapeva che non doveva parlare con gli sconosciuti, in fondo al cuore sentiva tanta fiducia e sicurezza stando con Rin. E non solo per il fatto di attirarlo per il colore dei suoi capelli, come dire, era molto contento nel sapere che adesso c’era un rosso in più a Iwatobi oltre a sé stesso, Gou e la signora Matsuoka, ma più importante era il forte sentimento di vicinanza che gli provocava la presenza di Rin.

—Dove abiti? —chiese l’uomo.

—Verso il porto—rispose Sakura con naturalezza indicando la costa.

Rin diede una rapida occhiata al suo orologio da polso. Mancavano circa venti minuti perché Gou finisse il suo turno all’ospedale, la stessa quantità di tempo che gli serviva per tornare dal porto. Se si affrettava, poteva riuscire a lasciare il bambino a casa sua e arrivare puntuale a prendere sua sorella.

—Andiamo, ti accompagno a casa —insisté. Anche se la presenza di Sakura continuava a inqueitarlo, sentiva che non poteva lasciarlo da solo sotto la pioggia.

—Ma ci torno da solo.

—E come? Sta piovendo e non va bene camminare per strada in un giorno così. Inoltre, i tuoi genitori saranno preoccupati.

L’immagine di Haruka subito si palesò nella mente di Sakura. Rin aveva ragione, suo padre si preoccuperà nel non trovarlo a scuola, senza sapere dove stava. Provò d’improvviso inquietudine e un leggero rimpianto per aver seguito il suo istinto, ma, sentiva che non era stato invano, dal momento che aveva conosciuto l’uomo dai capelli rossi. Ma quell’uomo continuava a essere uno sconosciuto, pertanto, non poteva permettere che lo accompagnasse a casa rischiando che Haruka si incontrasse con lui. Come punizione poteva aspettarlo che gli togliesse il permesso di continuare ad andare all’Iwatobi SC Returns, e quella sarebbe stata una tragedia per lui.

—Posso tornarci da solo, dico davvero. Sono grande e posso prendere l’autobus, ho un po’ di soldi per quello —disse indicando la propria tasca. Gli occhi di Rin si mossero nella direzione indicata, in effetti, ad alcuni isolati di distanza, superando l’ospedale, si trovava la stazione degli autobus di fronte la stazione ferroviaria di Iwatobi.

Rin sbuffò rassegnato, si strinse nelle spalle e dopo aver detto un veloce “come vuoi", si affrettò a camminare verso la stazione, dicendo a Sakura di seguirlo. Considerando quanto era bagnato e la presenza inquietante del bambino, l’unico desiderio di Rin in quel momento era di sbarazzarsi di lui. Il piccolo lo aveva fatto sentire in un modo che non riusciva a spiegarsi e anche se la sua presenza non poteva definirsi molesta –giacché il bambino lo stava solo guardando– c’era qualcosa in lui che continuava a smuovere le sue emozioni.

Si fermò proprio davanti alla stazione, mentre il bus arrivava.

—Sei sicuro di poter tornare? —Rin non era affatto sicuro che il bambino davvero potesse tornare da solo a casa. Sakura annuì, deciso a dimostrare che poteva difendersi da solo.— D’accordo. Adesso, ascoltami bene —Rin si inchinò per raggiungere l’altezza di Sakura e poterlo guardare negli occhi. Alla vista del suo sguardo così vicino non poteva evitare di sentire una morsa nel petto—Non parlare con nessuno finché non arrivi a casa, va bene? E obbedisci ai tuoi genitori, non andare mai in giro da solo.

Con un entusiasta "sí" e un sorriso innocente, Sakura si voltò e raggiunse l’autobus mentre era fermo, salì e cercò un sedile vicino al finestrino che desse verso Rin. Non poteva cancellare un sorriso di gioia dal suo volto, sentendosi orgoglioso di sé perché un adulto gli aveva dato fiducia. Così alzò il braccio e agitò la mano da un lato all’altro. Era adorabile, soprattutto nel tirare il cappello giallo coprendosi fin quasi agli occhi.

Rin lo salutò con un leggero movimento della mano, inespressivo, mentre vedeva l’autobus tirare dritto verso la via principale, da qui avrebbe girato verso Nord dritto per la zona costiera di Iwatobi. Quando il pullman sparì, Rin alzò una mano e rimosse i capelli umidi incollati alla fronte, restò immobile, ripassando nella mente l’assurda situazione che aveva appena vissuto.

—Che diavolo era quello? —si domandò, in piedi sotto la pioggia, con ancora in mano la busta con i panini che aveva comprato e che sicuramente erano tutti bagnati. Sghignazzò, felice di essersi trovato in una situazione tanto illogica.

Quando Rin rientrò in auto, Gou attraversava le porte dell’ospedale. I suoi sensi fini si tesero nel vederlo tutto bagnato, ma poi sorrise compiaciuta notando la freschezza nello spirito di suo fratello. Non sapeva a cosa si doveva questo cambio d’umore, non glielo chiese per rispetto,ma senza dubbio quella variazione nel suo stato d’animo era evidente solo guardandolo.

In quanto a Sakura, una volta che raggiunse il porto di Iwatobi si affrettò ad addentrarsi nei vicoli e scendere gli scalini di pietra che portavano verso casa sua. Chiamò al cellulare Haruka per avvisarlo che non c’era bisogno di venirlo a prendere a scuola, si ingegnò per non rispondere a tutte le domande di suo padre in quel momento. Fece un bagno e si mise a letto.

Scriveva nel suo diario per parlare con sua "madre", le parlò emozionato della sua grande avventura e le spiegò che era diventato un bambino grande. Era così felice di cosa aveva vissuto, che l’arrivo di Haruka non lo intimidì affatto. Non avrebbe detto a suo padre dell’esperienza vissuta, né che aveva parlato con un estraneo né di essere scappato da scuola. Non sentiva la necessità di farlo, perché Haruka stranamente non gli chiese nulla; la gioia di Sakura era così strabordante, che Haruka non se la sentì di rovinare il momento con domande inopportune. Suo figlio era sano e salvo a casa, questo era ciò che davvero importava; forse, il giorno dopo, gli avrebbe chiesto qualche spiegazione, ma per adesso preferiva sdraiarsi accanto al suo piccolo e giocare un po' con lui.

Continua…

 

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Note dell’autrice:

Grazie per aver letto! Spero vi sia piaciuto. Chiarisco alcune cose sopra questo capitolo:

- La città di Iwatobi è ispirata a Iwami, una vera città Giapponese ubicata nella prefettura di Tottori. La capitale della prefettura ha lo stesso nome, Tottori. Nella fan-fiction NON ho cambiato le posizioni geografiche. Inoltre altri luoghi reali come le stazioni ferroviarie di Igumi e Higashihama, precedenti a quella di Iwami (Iwatobi). In più, a Iwami la stazione ferroviaria è situata tra i campi e la zona urbana dove stanno i servizi principali, come l’ospedale dove lavora Gou.

- La professione di Gou è stata inventata per questa fanfiction, NON è canon. Non ho trovato materiale che parla dei propositi di Gou per il suo futuro, perciò se più avanti scoprirò altro, cambierò i paragrafi che si riferiscono alla professione che ho inventato. Naturalmente quelli NON rilevanti per la storia, così che il cambiamento non abbia alcuna influenza sullo sviluppo della trama.

- In quanto alla personalità di Sakura, credo che possa arrivare a essere molto insistente e impulsivo a modo suo, proprio come lo era Rin da bambino. Tanto in High Speed! Come in Free! Si può notare quanto Rin sia insistente (soprattutto con Haruka) e impulsivo quando si tratta delle sue emozioni. Quando sente qualcosa nel cuore, Rin semplicemente agisce... se ne è andato con Haruka in Australia! Chi altro lo avrebbe fatto? :3

- Riferendomi al Family Mart, come il posto dove Haruka compra il ghiacciolo azzurro a Sakura. NON è una mia invenzione, esiste nella realtà e in Free! è il posto Haruka e Makoto comprano i ghiaccioli azzurri quando escono da scuola in estate.

- Infine, voglio solo dire che c’è un collegamento tra l’iperprotezione di Haruka e il senso di abbandono che ho menzionato brevemente in questo capitolo. Ha un trauma riguardo l’abbandono, NON l’ho inventato io, lo hanno detto i produttori di Free! Ed è legato alle due stagioni dell’anime quanto alle due novel di High Speed! Non mi fermerò su questo tema, perché lo svilupperò nel corso dei capitoli, ma spero che possiate intuire di che si tratta.

Reviews, prego! :)

   
 
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