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Autore: heather16    02/10/2016    2 recensioni
"La stanza vuota, la luce bianca, il tavolo spoglio. Sulla sedia, in divisa arancione, un uomo. Le spaventose testate su quel folle terrorista erano apparse sui giornali per mesi interi. Il viso, iconico per quella densa crema bianca che lo ricopriva, era struccato e pulito. I capelli, sporchi, ricadevano sugli occhi. Il capo era reclinato verso il basso."
ecco il prequel della mia storia "Midnight in Gotham"... spero vi piaccia!
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harley Quinn, Joker
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Joker'
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La strada era buia e sporca. Il quartiere decisamente non raccomandabile. Uno di quei luoghi dove volevi tanto andare da ragazzina, che tua madre indicava come “quartieracci, brutti posti”.
Clare si guardava intorno spaesata. L’amica le aveva davvero dato appuntamento in quel posto? Perfino l’autobus che l’aveva portata alla fermata sembrava pericoloso. Dopo un paio di minuti, da dietro l’angolo sbucò una piccola utilitaria blu. La ragazza sospirò sollevata. La macchina accostò di fianco a lei. Il finestrino si abbassò, e un profumo di gelsomino si disperse nell’aria fredda della sera. Clare intravide l’amica nell’oscurità dell’auto, le sorrise ed entrò.
-Harl, ma dove cavolo mi hai fatto venire?-
-C’è un posto dove devo assolutamente andare.-
-Ovvero?-
-Al momento non lo so ancora.-
Clare indossava un vestito nero, sopra il ginocchio. Ai piedi un paio di scarpe basse rosse, al collo una collana di legno dipinta di rosso. I capelli, rossi, erano sciolti e lisci sulle spalle.
-Cosa vuol dire che non lo sai ancora?-
-Che ho l’indirizzo di un posto, ma non so ancora cosa sia.-
-Stai scherzando?-
-Non lo trovi avventuroso?- nelle parole di Harleen c’era il velo dell’ansia e della preoccupazione. Clare percepì la sua tensione, fiutò qualcosa che non andava. Ma non disse nulla. Non lo faceva mai. Con l’amica era sempre difficile parlare. Harleen passava da momenti in cui non smetteva di chiacchierare, dove spiattellava tutti i propri segreti come la trama di un libro; ma sempre più spesso teneva tutto per sé. Non che non mostrasse i suoi stati d’animo, ma non voleva mai parlarne. Clare non chiedeva, forse non voleva nemmeno farlo. Nella sua filosofia c’era la libertà di parola, e anche lasciare che Harleen si aprisse quando voleva faceva parte di quella sua massima di vita. Se solo avesse saputo cosa c’era in realtà nell’inconscio di quella bionda sorridente e un po’ ansiosa, forse avrebbe violato i suoi principi. Ma a volte l’opinione personale rende ciechi, la convinzione assoluta di un principio, ottusi.
-Sarà…-
La macchina si fermò davanti ad un locale. Non c’erano finestre. Dalla porta semiaperta provenivano luci blu notte. Un’insegna azzurra, con un carattere un po’ retrò, riportava la scritta “Iced Nightmare”. Fuori dal locale un paio di uomini, le giacche rigonfie e chiuse, le mani in tasca, i visi scavati. In quel momento uscirono un uomo , o almeno una figura con una grossa maschera da mucca che doveva essere un uomo e una donna che indossava un abito di piastre di plastica interamente trasparente. Sul vosto una maschera veneziana.
-Harl, non mi piace questo posto.- alla luce dell’insegna, Clare potè finalmente osservare la sua amica.
Harleen amava farsi vedere, amava sentire gli occhi fissi su di lei. Contemporaneamente si odiava, sottovalutava ogni perte di sé, detestava il modo in cui appariva; ne era ossessionata. Clare la osservò stupita. Quella sera i suoi capelli cadevano disordinatamente sulle spalle. Indossava un abito di lamè, corto, stretto. Le calze leggere velavano le sue lunghe gambe sottili. Un paio di sandali dai tacchi vertiginosi che la rossa non le aveva mai visto addosso.
-Andiamo, è una cosa nuova! Sarà divertente!- ancora quella voce tesa, ancora quegli occhi spaventati, ancora il silenzio di Clare.
Le due entrarono. Sembrava una sorta di magazzino, dai soffitti altissimi. Un soppalco al secondo piano, con una serie di stanze che facevano da privè. Sulla sinistra un bancone. Il resto della sala era occupato da una pista da ballo e da un’infinita serie di gabbie. Dentro, donne vestite di pelle che frustavano uomini mascherati da boia. Ad una parete erano appese fruste, flagelli, borchie e grosse scatole di candele. Un ossessivo blu penetrava da luci e fari, disposti dappertutto.
Harleen cercò di studiare le informazioni che le erano state date. Chi le aveva suggerito di andare lì voleva aiutarla, sapeva qualcosa sul Joker che le sarebbe potuto essere utile per il suo processo terapeutico. Probabilmente l’Iced Nightmare era un locale di assidua frequentazione da parte del suo paziente.
-Andiamo a bere qualcosa!- Clare ma decise di dare corda all’amica. Non se la sentiva di contraddirla, non lo voleva fare mai. Harleen era sempre così determinata nel fare le cose che nessuno aveva il coraggio di dirle di no. Le ragazze si avvicinarono al bancone. Le basi degli sgabelli erano illuminate con un cerchio di luce blu. Gli scaffali degli alcolici erano rivestiti di led blu. Quel colore che imbrattava l’intero locale nauseava e dava il capogiro.
-Cosa vi porto, bamboline?- il barista era un trentenne con gli occhi lucidi. Si sfregava nervosamente il naso, e le sue mosse scattanti ricordavano una luce stroboscopica.
-Un martini dry e un cuba libre.-
-Subito!-
Harleen realizzò che se quella voce al telefono l’aveva fatta andare lì, sicuramente il Joker non solo si recava al locale spesso, ma doveva anche essere conosciuto molto bene. –Scusa, dovrei farti una domanda!-
Il barista si girò verso di lei e tornò verso il bancone. Poggiò gli avambracci tatuati sul piano davanti alla ragazza. L’odore acido di un dopobarba scadente contro quel persistente aroma di gelsomino. –Che c’è piccola?-
-Sono una giornalista, devo portare un pezzo interessante, altrimenti il capo mi licenzia…. Mi aiuteresti?-
-Se posso.. Ma lo sai che sei proprio bella?-
La ragazza continuò con il suo teatrino: - Il famoso criminale Joker è stato appena incriminato, mi hanno deto che frequentava questo  locale. Mi chiedevo se per cas…-
Il ragazzo cambiò sguardo, per un attimo il suo sorriso languido si oscurò del compiacimento del sadismo. –Se vuoi sapere qualcosa del genere, devi andare dal mio capo. Lui ti dirà tutto quello che vuoi sentire, e anche di più… lo trovi oltre la porta blu, di fianco ai bagni delle donne.-
-Grazie.-
Harleen era troppo concentrata su quello che doveva fare per rendersi conto della situazione in cui si trovava. Si alzò dallo sgabello, ignorando il barista che continuava a guardarla. Si rivolse all’amica:- Clare, torno subito!-
La rossa non voleva rimanere sola, ma la folla aveva inghiottito in un attimo la bionda, che si muoveva determinata a lunghi passi tra la gente.
Arrivò alla porta vicino ai bagni. Era blu, un blu che martellava le tempie nella sua insistenza onnipresente. La ragazza bussò una prima volta, poi una seconda. Nessuno rispose. Eppure qualcuno doveva esserci. Girò la maniglia. La spinta del suo polso sorprendentemente mosse la porta. Era aperta. Harleen strinse ancora di più la maniglia fra le dita pallide. Riuscì appena a rendersi conto che la stanza era buia, perché una mano bollente e ruvida l’afferrò per un il polso, un braccio la trascinò dentro. La ragazza non fece nemmeno in tempo ad opporre resistenza, il buio diede la possibilità all’aggressore di confonderla per il tempo necessario ad infilare in quel collo candido l’ago sottile di una siringa. Subito la testa di Harleen cominciò a girare. Non riusciva ad urlare, e le sue gambe iniziarono a cedere. Barcollando cercò di tornare verso la porta, orientandosi con i sensi che si stavano sempre più attenuando, ma ancora quella mano calda la spinse lontana. Una luce si accese. Era una pila, appesa ad un soffitto. Apriva nell’oscurità un cono tremolante, e Harleen, che cercava attraverso quella tenue luminosità di orientarsi, ci si avvicinò, barcollando su quei tacchi che brillavano, mentre la testa le sembrava sempre più pesante. Tentava di urlare, ma ancora la sua bocca era impastata. O forse stava gridando, ma non riusciva a sentire il suono della sua voce? Poi, intorno a quel cono luminoso, tre figure si presentarono una dopo l’altra. Erano uomini, mascherati da clown. Si misero intorno alla ragazza. Lei provò a fuggire, ma i tre figuri cominciarono a spingerla da una parte all’altra. Harleen non riusciva ad opporre eccessiva resistenza, forse li pregava di smetterla, ma le uniche parole che riusciva a sentire erano quelle pronunciate dai pagliacci.
-Gioca con noi bambolina!-
- Sì, perché non vuoi giocare, bella bionda?-
-Ragazzi, non trattiamola così! È una donna, non un pezzo di carne!-
-Oh no, lei è una donna in carne ed ossa, mica come quelle che vediamo noi! Quelle come lei, quelle ricche, sono EMANCIPATE, mentre le poveracce del ghetto sono solo misere puttanelle! Non è vero bambolina bionda, che lo pensi anche tu?-
-Già! Sei tu che le vedi solo come pezzi di carne!-
-Ragazzi, perché non la squartiamo?-
-Sì, e poi la facciamo ballare davanti a tutti, così lo vedrà cosa vuol dire essere guardata davvero come un misero pezzo di carne!1-
-Lo vuoi sapere come mi sono fatto queste cicatrici?-
-Oh, perché sei così seria?-
-Mettiamo un bel sorriso su quel faccino!-
Finalmente Harleen si udì gridare, mentre con una spinta più potente delle altre uno dei clown la scaraventava contro la porta, che un istante prima di essere colpita dal suo corpo si era spalancata, facendola poi cadere sul lurido pavimento della discoteca. La porta blu si richiuse dietro di lei. Quando la ragazza alzò lo sguardo, la luce le rivelò una realtà mostruosa. Nelle vene le erano stati iniettati occhi nuovi forse? Mostri dalle gambe lunghissime, senza busti, con grosse lingue che uscivano dalle bocche in giù, enormi e dentate, che le si avvicinavano continuamente. Insetti, migliaia di insetti che le correvano su, su per le gambe. Le sue orecchie riuscirono a sentire, fra la musica assordante, una voce che gridava il suo nome.
Ma la cosa peggiore fu che prima di perdere i sensi, il suo corpo veniva scosso e infilzato da un esercito di migliaia di spilli.
  
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