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Autore: Tetide    07/05/2009    2 recensioni
E' la mia seconda fanfic su "Rosa Alpina", questa volta ambientata al giorno d'oggi. Jeudi ha una vita in apparenza perfetta, ma che in realtà nasconde dubbi e... qualcos'altro! Dunque, cosa succede quando un evento inaspettato scompagina il castello di carte dell'apparente perfezione? Leggete e lo scoprirete!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Per te qualcosa ancora CAPITOLO 9
PER TE QUALCOSA ANCORA
Il mattino dopo.
Jeudi si stava pettinando in bagno; Leonhard dormiva ancora.
Si era comportato da vero gentiluomo, pensava lei: non aveva approfittato della sua debolezza per ottenere una notte di sesso; avevano dormito come fratello e sorella.
D’altronde, Leòn era sempre stato un uomo molto corretto.
Ma forse sono io che mi illudo, pensò ancora; forse sto confondendo un semplice sostegno d’amicizia con quello che sento io per lui, con quello che vorrei che fosse…
In fondo, Leonhard è sempre stato abbastanza espansivo nelle sue manifestazioni d’affetto, anche le più innocenti… ho scambiato per amore un semplice bacio, che magari lui ha inteso in tutt’altra maniera…
Eppure, lei in quel bacio aveva avvertito ben altro: una vibrazione intensa, che l’aveva percorsa come una scossa elettrica, facendole quasi perdere i sensi: non era stata semplice amicizia!
Eh, già, ma per lei era diverso: lei lo amava… e lo aveva capito da tempo!

Uscì dalla cabina, dirigendosi verso la dinette; nel corridoio, sentì le note di una canzone, Kiss me, miss me, di Bruno Martino: pianobar dei tempi andati. Quei due avevano gusti davvero raffinati. Eh, già, erano conti, non avevano nemmeno bisogno di lavorare…

Dimmi, dimmi sempre
Non abbandonarmi, non lasciarmi!
Dimmi ancora
Dolcemente, ma con ardore
Che è per sempre
Questo amore!

La musica diveniva più forte avanzando nel corridoio, si distinguevano anche le parole, ora.
La porta della dinette era aperta; prima ancora di arrivarvi, Jeudi poté vedere d’infilata che c’era qualcuno.
Senza farsi vedere, si avvicinò per vedere meglio, e vide i coniugi Tavernier che si baciavano appassionatamente sul divano.
“Accidenti! Ma questa è una persecuzione!”, la ragazza si scostò dalla porta e si appiattì contro il muro, temendo di essere vista.
Lentamente, l’imbarazzo si calmò e lei si sedette sul pavimento “Beati loro!”, pensò; ed il suo pensiero andò a Leòn, ancora addormentato in cabina.
“Buongiorno cara! Dormito bene?”, una voce la riscosse dai suoi pensieri. Era Françoise Tavernier.
Jeudi avvampò di nuovo “Dio, che vergogna!” pensò; ma come al solito, ci pensò la contessa a cavarla d’impaccio.
“Sei qui da molto, vero?” si chinò su di lei “Sai, è la nostra canzone: quella con cui ci siamo conosciuti. Era ad una festa, nei primi Anni Ottanta, e c’era quel cantante che la suonava al pianoforte. C’era un mare di bella gente: Alain Delon, Jean-Paul Belmondo… ma quando ho visto Gerard, ho perso letteralmente la testa! Non ho più guardato nessun altro!”.
Jeudi si rialzò, aiutata dalla contessa. “E qual è la vostra?”,
“La vostra cosa?”, chiese Jeudi, spiazzata,
“La vostra canzone, ovviamente: tua e di Leonhard!”.
Jeudi abbassò gli occhi. “La nostra canzone… era,…  sì, era Since I don’t have you, dei Guns’ n’ Roses”,
“E’ abbastanza recente: si vede che siete due ragazzini!”,
“Quindici anni fa… recente mica tanto…”.
Uscirono sul ponte; solo allora, Jeudi si accorse che stavano muovendosi.
“Ma… siamo già partiti?!”, disse a voce alta,
“Sì: il mattino ha l’oro in bocca”, una voce rispose dal ponte superiore. Era il conte.
Le due donne salirono; il conte era sdraiato su uno dei lettini prendisole, con quell’aria da figo, il suo fisico scolpito in bella mostra, i lunghi capelli biondi sparsi sul materassino. Leggeva una rivista di auto di lusso.
“Non farci caso: mio marito si diverte a farmi ingelosire. Vieni!”.
La portò fino alla plancia di comando, dove Paul stava guidando. Jeudi si appoggiò alla ghiera di protezione con la schiena; guardò intorno a sé: il mare era di un blu intenso, mentre in lontananza si vedeva una costa rocciosa, alta e frastagliata, cosparsa di case dai tetti rossi che occhieggiavano tra il verde.
“Non è fantastico?”, fece Françoise.
Jeudi le sorrise debolmente “Sì, è fantastico”, rispose senza allegria.
“Mi sto annoiando!”, disse il conte alzandosi “Paul, fammi spazio: guido io!”, e si sedette.
“Oh no! Andiamo a metterci i giubbotti, presto!”, fece la moglie.
Immediatamente la barca prese una brusca virata in direzione della costa; poi aumentò la velocità.
Jeudi e Françoise si attaccarono al parapetto per non cadere. Risero entrambe. “Che ti avevo detto?”, disse la contessa.
In quel momento arrivò Leòn. “Gerard! Dovevo immaginarlo che stavi guidando tu! Per poco non sono caduto dentro la doccia!”,
“Finalmente ti sei svegliato! Buon giorno, amico!”.
Leonhard si avvicinò a Jeudi e le stampò un bacio in fronte, cingendola per la vita.
“A che ora arriviamo?”, chiese Leòn al conte,
“Faremo sosta su quegli isolotti di cui vi ho parlato ieri, poi ce ne andremo un po’ lungo la costa: sai che la vera Costa Azzurra è questa meno conosciuta? Altro che Monaco e Nizza! Saremo di ritorno a Montecarlo entro sera”.
“Leòn, io torno giù. Qui c’è troppo vento”,
“Vengo con te. Scusateci, per favore”.

Scesero giù. “Come va oggi?”, chiese Leonhard a Jeudi,
“Sinceramente? Non lo so. Sicuramente meglio di ieri, però sono ancora sottosopra: in fondo, la mia vita è stata rivoluzionata, ed in malo modo, anche. E poi sono preoccupata per quello che troverò a casa: come posso crescere da sola Pierre?”.
Jeudi aveva ragione: anche se aveva fatto bene a separarsi da Lundi, anche se aveva capito, grazie a Leòn, di non meritare quello che le era accaduto, tuttavia la separazione non era una condizione facile; tranne che in casi di evidente violenza, essa comportava comunque una brusca frattura.
E poi, come avrebbe fatto a dirlo a Pierre?
Un pensiero le attraversò la mente come un lampo: certe fratture sono benefiche e positive, poiché pongono fine a situazioni di disagio, palese o nascosto: e se anche la mia fosse una di queste?
“Come ti sembrano i miei amici?”, le chiese Leòn, risvegliandola dai suoi ragionamenti,
“Molto simpatici. Però…”,
“Però cosa?”,
“Ecco… mi sembrano abbastanza disinibiti, quei due!”.
Leòn rise. “Sì, lo so. Ma si amano da matti. Fidati! E’ così, te l’assicuro!”.
Jeudi abbassò lo sguardo: un poco, li invidiava per questo, assai più che per la loro ricchezza.
Ed anche Leonhard li invidiava.

Ora di pranzo. Lo yacht proseguiva lentamente lungo una costa che pareva disabitata, la costa di un isolotto roccioso; i nostri quattro protagonisti erano seduti attorno al tavolo da pranzo, nel pozzetto coperto dalla tettoia, mentre Roxanne li serviva; Paul era alla guida della barca.
Jeudi non stava niente affatto bene: per tutta la mattina aveva continuato a mandar giù antidepressivi, ed ora aveva un mal di testa da competizione. E’ vero, le parole di Leonhard della sera precedente l’avevano in parte risollevata, per quanto riguardava la sua autostima almeno, ma il traumatico stravolgimento della sua vita familiare le aveva dato un brutto colpo, e le continue crisi depressive ne erano la prima conseguenza. Continuava a chiedersi che cosa l’avrebbe aspettata al ritorno, e soprattutto, cosa avrebbe detto a Pierre.
Non che il luogo dove si trovava non le piacesse, tutt’altro, ma la sua mente trovava tutto superficiale e quasi privo d’interesse, occupata com’era in altre faccende. Ma non voleva darlo a vedere a Leòn e soprattutto ai signori Tavernier, che erano stati così gentili da invitarla, pur essendo lei una perfetta estranea per loro.
Quanto a Leòn, si trovava in un imbarazzo davvero poco invidiabile: da un lato, infatti, aveva vicina Jeudi ed avrebbe voluto esserle vicino ancora di più, come le aveva fatto chiaramente capire la sera precedente; dall’altro, però, non osava andare oltre, proprio per timore di perderla: infatti, l’aveva vista piangere per suo marito, e molto probabilmente lei lo vedeva solo come un buon amico, una spalla su cui piangere, e contava su di lui per questo e null’altro: se lui fosse andato oltre, temeva una chiusura da parte di lei. E tutto questo proprio ora, che aveva scoperto di amarla ancora come un tempo! Che razza di situazione!
Gli unici a passarsela bene, in questo guazzabuglio di sentimenti e di emozioni, erano i Tavernier, i quali non avevano motivo di attrito, né di rammarico; tuttavia, avevano avvertito che l’aria si era fatta pesante, anche se non ne capivano il vero motivo; così tacevano.
Dunque, tutti e quattro consumarono un pasto silenzioso e mogio, come una cena di Novembre.
La barca prese un’ondata trasversale, e fece un salto. “Paul, accidenti!”, gridò il conte,
“Mi dispiace, signore”, gli rispose quello.
“Lo sapevo che non dovevo passargli la guida!”, disse il conte sottovoce, “E’ meglio se torno a pilotare io!”.
Jeudi aveva appena piluccato qualcosa, giusto per non dispiacere i padroni di casa, ma senza appetito. “Scusate”, disse “io non ho più fame. Vado in cabina a riposare” e si alzò.
“Ecco, lo vedi cosa hai combinato con le tue velleità da comandante di fregata?”, Françoise rimproverò bonariamente il marito “Và a dire a Jeudi che stavi scherzando, è meglio!”.
Anche Leòn si alzò “Scusatemi, ho un po’ di mal di testa. Vado in dinette, a vedere un po’ di televisione, se non vi dispiace”.
I due rimasti si guardarono con aria interrogativa “Ma che hanno quei due?”, si chiese lei,
“Non lo so, ma di certo non è la mia guida! Avranno litigato”.

Più tardi, mentre Jeudi era ancora in camera e Françoise si faceva una sauna, Gerard raggiunse l’amico Leonhard nella dinette.
“Bel pomeriggio, vero?” gli chiese,
“Stupendo!”, rispose Leòn con sarcasmo,
“Ci stiamo divertendo da matti! Soprattutto voi due”,
“A chi lo dici! Sono allegro quanto lo sarei ad un’asta di reperti archeologici funerari Nubiani!”,
“La tua donna poi sta messa peggio di te: sembra una mummia Egizia!”.
A sentir questo, Leòn si accomodò meglio sul divanetto, si voltò verso l’amico, ed incominciò:
“Senti Gerard, desidero chiarire una cosa: Jeudi non è la mia donna! Siamo soltanto amici”,
“Come no! Sai, anche io e Fran abbiamo cominciato essendo ”solo amici”; poi, una settimana dopo, eravamo a letto assieme!”,
”Gerard! Jeudi sta divorziando!”,
“Che?!?” il conte cadde dalle nuvole,
“Esattamente. Non dovrei dirtelo, ma sei un amico, quindi ti prego di tenerti per te la confidenza: il marito l’ha mollata per un’altra poco tempo fa, quindi lei l’ha presa malissimo, ed ha accettato di venire con noi solo per distrarsi un po’”,
“Ma non ci sta riuscendo granché, a quanto sembra!”,
“Già. Dovresti vedere che porcherie ingolla: Prozac e simili!”,
“E tu che ruolo hai, in tutto questo?”,
“Te l’ho già detto: sono l’amico consolatore, e nulla più”,
“Un ruolo che ti sta stretto, a quanto vedo!”.
Leòn sussultò, poi tornò ad abbassare gli occhi “E’ tanto evidente?”,
“Quanto una scritta fosforescente su di un foglio nero!”.
Il conte rifletteva. Anche il comportamento di lei non era molto chiaro: si vede che provava nei confronti di lui una sorta di attrazione repressa, ma non osava dirglielo. Anche Françoise aveva avuta la medesima impressione.
“Perché non provi a dichiararti?”,
“Perché adesso lei è troppo fragile: non sarebbe corretto!”,
“E’ vero;  ma dopo potrebbe non ripresentarsi un’altra occasione”,
“Non so che fare Gerard: io l’amo, ma ho paura di apparire invadente… di approfittare di lei… “,
“Le difese dovrebbero cadere da ambo i lati, amico”,
“Sì, proprio così”.


Verso sera, tutti e quattro erano di nuovo sul ponte; era l’ora del bagno al tramonto, ancorati in una caletta.
“Il mare al tramonto ha un fascino speciale: si tinge di rosso, come il sole”, diceva la contessa.
Françoise ed il marito nuotavano vicini l’uno all’altra; Jeudi e Leòn li osservavano dal ponte, in costume da bagno.
“Avanti, tuffatevi!”, gli diceva il conte “Altrimenti perché avete indosso il costume?”.
Jeudi sorrise, seduta sul bordo, mentre Leonhard guardava il tramonto in lontananza.
Françoise si avvicinò in silenzio dietro Jeudi e la tirò in acqua: questa cadde con un gran tuffo, riemergendo subito dopo.
“Visto che non era difficile?”, le disse la contessa.
La ragazza si spostò un ciuffo di capelli bagnati dal viso, e sorrise, poi si girò verso Leòn sulla barca, il quale la guardava sorridendo.
“Vengo anch’io!”, disse, e si tuffò, avvicinandosi a Jeudi.
I due si sfiorarono. Si guardarono negli occhi, mentre Françoise si era provvidenzialmente allontanata raggiungendo il marito.
“E’ bello il mare a quest’ora, vero?”, chiese Leonhard a Jeudi,
“Sì”,
“Sembra tutto così… magico!”,
“Pensavo la stessa cosa”, disse Jeudi,
“Allora perché non facciamo una gara? Vediamo chi, tra noi due, arriva prima a quella spiaggetta!”,
“Va bene!”.
I due si lanciarono veloci nell’acqua, che adesso andava facendosi sempre più scura, come il cielo.
Che bello, pensava Jeudi, come tanti anni fa… quando ci rincorrevamo sull’erba dei prati, durante i nostri picnic… e c’eravamo solo noi ed il nostro amore, niente problemi, né tristezza… con Leòn stavo bene… con lui, sto bene!
Io lo amo ancora; forse lui mi vede solo come un’amica adesso, la piccola amica fragile da aiutare. E se gli dicessi come stanno le cose? Se gli confessassi che l’amo? Come una volta, come allora! Magari lui potrebbe cedere che la mia fragilità attuale mi faccia scambiare il conforto per amore… ma devo rischiare, devo dirgli: “Leòn, io ti amo!”.
Con il suo fisico atletico e forte, Leòn la superò facilmente, raggiungendo la spiaggetta. Lei lo inseguì, e con il fiato corto uscì sulla spiaggia, finendo tra le braccia di lui che l’aspettava. Si abbracciarono e risero forte. Poi si sedettero sulla sabbia a guardare il crepuscolo; sulla barca, Gerard e Françoise erano rientrati, ed avevano acceso le luci.
“Speriamo che non ci lascino qui come due naufraghi!”, fece lei, ridendo,
“Ti dispiacerebbe?”. Jeudi si girò per guardarlo negli occhi. “No”, disse.

Qualche sera dopo, erano tornati a Montecarlo: era la sera di Ferragosto, la sera del party.
Per tutto il pomeriggio, Jeudi e Françoise erano state in giro per parrucchiere ed acquisti. Erano molto allegre, e non smettevano di chiacchierare. Poi, tornarono sulla barca e si vestirono. Jeudi scelse un abito rosa, con la gonna appena sopra il ginocchio e la schiena nuda; si raccolse i capelli in uno chignon. Stava finendo di truccarsi, quando Leòn entrò nella cabina: indossava una camicia blu di seta ed un paio di pantaloni neri.
Non appena la vide, rimase senza fiato “Sei… bellissima” le disse.
“Grazie”, gli rispose lei, arrossendo un poco.
Andarono nella dinette, dove Paul e Roxanne stavano finendo di preparare il buffet.
Il conte e la moglie erano già pronti: lui indossava un completo bianco con al collo un foulard arrotolato, lei un lungo abito nero da sirena.
“Cara! Sei bellissima!”, fece Françoise a Jeudi non appena la vide; “Anche tu”, rispose lei.
“Prendiamo il primo drink?”, chiese il conte a Leonhard,
“Leggero, però. E’ ancora sera”.
Dopo un po’, iniziarono ad arrivare gli ospiti: il campione di formula uno Michael Schumacher, seguito dalla cantante Grace Jones, e l’attore Anthony Delon. Poi giunse un mucchio di altra gente famosa.
Jeudi non credeva ai propri occhi, le sembrava di stare dentro ad un film.
Si avvicinò a Leòn: “Leonhard! Ma qui ci sono la nobiltà ed il cinema di mezza Europa!”,
“Ti senti in imbarazzo?”,
“Un po’, sì. E’ un ambiente diverso dal mio”.
Il party proseguì; arrivò altra gente; tutti bevevano e discutevano tra loro allegramente; Leòn, in un angolo, stava illustrando un quadro al conte ed al suo omonimo, Gerard Depardieu; la contessa rideva con Kirsten Dust ed una duchessina Tedesca; Jeudi aveva conosciuto la presidentessa di un famoso giornale scientifico Francese.
“Lei è la moglie di Aschenbach, giusto?”,
“Cosa? No, no, non sono sua moglie”,
“Mi scusi. Mi era sembrato… “,
“Non si preoccupi”. Come avrebbe voluto rispondere di sì!

Era quasi mezzanotte; Jeudi si stava annoiando: questi party con bella gente non erano poi quel granché che immaginava. Il suo pensiero tornò alla sua separazione da Lundi, ed alla sua confusa situazione con Leòn: nemmeno ascoltava i discorsi sui film d’azione che quel famoso attore Francese le stava facendo, Xavier Comesichiama…
Ascoltava, o meglio fingeva di ascoltare distratta, lo sguardo perso per la stanza, in cerca di Leòn, ma non lo vedeva. “Basta!” pensò.
“Vuole scusarmi? Ho un po’ di mal di testa”, disse rivolta a colui che le stava davanti.
“Prego. Posso far qualcosa per aiutarla, signora?”,
“No, la ringrazio. Devo solo andare a riposare un po’”.
Si congedò e si diresse in cabina. Ma Leòn, da un punto nascosto l’aveva vista e la seguì, raggiungendola.
“Noiosi, vero?”. Jeudi si voltò di scatto,
“Leonhard?! Ma che fai qui?”,
“Senza te, non m’importa nulla della festa”.
Jeudi si sedette sul letto. “E’ che mi sembra tutto così… insensato, ecco. La mia vita va a rotoli ed io me ne sto qui a discutere con quattro famosi di cui non mi importa nulla, quando invece dovrei stare a casa a spiegare ogni cosa a Pierre, oppure…”,
“Oppure?”, Leonhard le si fece più vicino.
Jeudi alzò la testa e lo guardò negli occhi, fisso. “Oppure dovrei fare chiarezza dentro me stessa riguardo all’unica persona per cui ho accettato di venire qui!”.
Lui le si avvicinò ancora, e la baciò; questa volta non era possibile equivocare il senso del bacio, per Jeudi.
“Siamo ancora i ragazzi di tanto tempo fa, a Vienna?”, chiese lui,
“Sempre, sempre!” gli rispose; questa volta fu lei a baciarlo.
Non ritornarono più al party.

Nel salone, sia Gerard che Françoise avevano notato l’improvvisa assenza dei loro due ospiti. Si guardarono e si sorrisero, con un’espressione d’intesa.
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Credits: anche il titolo di questo capitolo è ripreso da quello di una famosa canzone, questa volta dei Pooh.


  
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