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Autore: hiimnotamuggle    05/10/2016    3 recensioni
Supernatural AU Normal World. Escort!Castiel, BountyHunter!Dean, BountyHunter!Sam
Dal testo:-Ti saresti potuto approfittare di me- aggiunse l'uomo.
-Non sono quel tipo di persona.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Era in piedi nel bed&breakfast. Guardava fisso la porta, incapace di spostare lo sguardo, in attesa. Cosa aspettava? La domanda giusta è chi aspettava. Non sapeva come, ma sentiva che sarebbe arrivato.

Passi veloci in direzione dell'uscio. Percepiva l'affanno della persona all'esterno della stanza. Sarebbe entrato da un momento all'altro. Castiel trattenne il fiato. Nemmeno una frazione di secondo più tardi la porta venne spalancata con forza, andando rumorosamente a sbattere contro il muro, ed entrò un uomo sui venticinque anni, camicia di flanella blu e occhi verdi come la speranza che aveva alimentato i pensieri di Castiel fino a quel momento. 
«Cas!» urlò il nuovo arrivato. «Cas!» Sono qui, pensò questi. Sono qui, Dean. Non mi vedi? 
«Cas! Ci sei?!» nello stesso momento in cui il cacciatore di taglie sembrò percepire la presenza dell'altro, una forza prese a strattonare il moro verso il soffitto, aumentando la sua presa gradualmente. Castiel adesso stava urlando, ma le parole non lasciavano la sua testa. Dean! 
La forza se lo sarebbe portato via da un momento all'altro. Dean!
«Cas!» DEAN! In quel momento Dean si girò verso di lui, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. «Cas, svegliati!» 
Cosa? 
pensò
«Svegliati!» Svegliarmi? Guardò il mare d'erba che erano le iridi del suo salvatore. 
«Svegliati, Cas!»

«Cas! Eddai, sveglia!»

Una zaffata di alito all'alcool gli arrivò dritta in faccia, invadendo le sue povere narici. Fece una smorfia disgustata. Aprì un occhio per accertarsi che i suoi sospetti riguardo il molestatore fossero fondati. «Buongiorno, bellezza. Sono le quattro del pomeriggio e hai un aspetto orribile» Castiel richiuse l'occhio e si girò dall'altro lato. 
«E chi è Dean?»

Dieci minuti dopo erano diretti al bar vicino l'appartamento. Il 'bello addormentato', come l'aveva definito suo cugino, voleva fare colazione. «Balthazar, cosa sei venuto a fare qui?» chiese Cas, sbadigliando. 
«Niente di particolare, cugino. Ero da queste parti e ho deciso di fare un salto a vedere come te la passavi» fece una smorfia di disapprovazione «e ho fatto bene, a quanto vedo. Quando ti deciderai a tornare a casa?» un'occhiataccia dell'altro bastò a farlo sospirare. 
«E va bene, va bene. Mai. Comunque se non avessi litigato con Micheal e il tuo vecchio, ora non saresti in queste condiz-» «Sai bene cosa pensa di me mio padre, e mio fratello si è schierato dalla sua parte. Non tornerò da loro strisciando, dovessi morire di fame» dichiarò Castiel.
«Il che mi fa pensare» disse Balthazar «come hai fatto a sopravvivere fin'ora?» «Beh... Ho trovato qualche lavoretto quà e là» rispose Castiel, evitando lo sguardo del cugino. C'era sempre stata così tanta strada tra casa sua e il bar?

Balthazar era stato l'unico a prendere le sue difese, quando suo padre gli aveva dato del frocio succhiacazzi e suo fratello non aveva mosso un dito per aiutarlo, guardandolo con disprezzo mentre il vecchio lo prendeva a calci nello stomaco; aveva tossito sangue per due giorni. Non voleva deludere il cugino, non voleva vedere nei suoi occhi lo stesso sguardo di suo fratello. Aveva quindi preferito tacere la verità sui suoi 'lavoretti'.

Era immerso nei suoi pensieri, quando una parola lo riportò alla realtà «...Dean» stava dicendo Balthazar. «Cosa?» un sospiro esasperato. «Non mi hai ancora detto chi è Dean!» ripetè.

***

«Cosa?!» il cugino si passò una mano tra i capelli biondi, scioccato. «E non gli hai nemmeno dato il tuo numero?!» enfatizzò l'ultima parola con un acuto. «Non ne ho avuto il tempo» cercò di spiegare Castiel a voce bassa. Erano in coda al bar per prendere quella benedetta brioche, anche se in questo momento l'uomo desiderava non averci mai messo piede. Metà locale li guardava, o meglio guardava suo cugino, con aria sconcertata. Dire che Balthazar aveva un atteggiamento eccentrico sarebbe stato un eufemismo. Si fece forza e comunicò la sua ordinazione al cassiere. «Un dollaro» replicò questi con voce annoiata. 
«E tu non hai il suo?» insistè Balthazar, speranzoso. L'altro non rispose, ma tirò fuori il portafogli. Lo aprì per prendere i soldi, e sarebbe stato tutto nella norma, se non per i trecento dollari e rotti che risaltavano particolarmente tra i buchi e le sfilacciature del cuoio sintetico. Si girò a guardare con espressione esterrefatta ed interrogativa il cugino, che intuì la domanda e disse «Non guardare me. Non è opera mia.»
Un ricordo si affacciò nella sua mente: "Ho sbirciato nel tuo portafogli".

Hai solo sbirciato, Dean?

Sospirò. «E ora come glieli restituisco?» pensò ad alta voce. 
«Non lo fai, è ovvio. Te li ha lasciati per una ragione.» disse Balthazar. Castiel stava per replicare quando il cassiere si schiarì la gola, impaziente, e i due si resero conto della fila innervosita di persone dietro di loro. Il biondo diede una gomitata a suo cugino, che si affrettò a tirare fuori una banconota (che era sicuro di avere prima di incontrare il cacciatore di taglie) e la passò all'uomo dietro al bancone. Nel fare quel gesto, però, fece uscire qualcosa insieme ai soldi. Qualcosa di cui fortunatamente Balthazar si accorse, perché lo prese da terra lo guardò. Era un pezzo di carta. «Castiel? Penso di sapere come tu possa restituire i soldi al tuo principe azzurro.»

Cinque minuti dopo erano fuori dal locale. Castiel guardava nervoso lo schermo del cellulare, indeciso se premere la cornetta verde oppure lasciar perdere, mentre suo cugino lottava contro la tentazione di papparsi una deliziosa brioche alla crema. «Trecento bigliettoni, Cas! Lascia perdere il cacciatore e vai a comprarti un cappotto decente!» gli urlò, cercando di suscitare in lui qualche reazione.

Le sue parole sortirono l'effetto desiderato, perché spinsero il giovane uomo a schiacciare il pulsante verde. Si portò il telefono all'orecchio, trattenendo il fiato. Dopo tre bip, una voce familiare rispose: «Pronto?» La tensione nello stomaco di Castiel si sciolse nel sentire la sua voce dopo quattro giorni. Deglutì comunque prima di chiedere (inutilmente, perchè sapeva benissimo chi c'era all'altro capo della cornetta) «Dean? Sei tu?» Castiel avrebbe giurato di averlo sentito sorridere.

«Cas.» Il tono con cui disse il suo nome e l'aver usato il suo diminutivo come nel sogno, lo fecero rabbrividire.

«Dobbiamo parlare.»

  
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