Fanfic su artisti musicali > SHINee
Segui la storia  |       
Autore: Elayne_1812    05/10/2016    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
---------------------------------
- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti! Allora, piccola premessa, ho dovuto dividere il capitolo in due perché sul mio file word era diventato una cosa di trenta pagine. Un po' mi dispiace XD...il perchè lo scoprirete nel prossimo capitolo XD 
Ho cercato di dividere in modo sensato, spero di esserci riuscita.
Nonostante abbia già pronta la seconda parte la posterò comunque la prossima settimana, in modo da portarmi avanti e riuscire ad aggiornare sempre tra mercoledì e giovedì.
Ringrazio chi continua a leggere, recensire, chi ha inserito la storia tra preferite, seguite o da ricordare.
Buona lettura!
 

Capitolo 10
Symptoms.
It might be a sickness…
 
 

“It’s a mysterious, no, it’s a strange thing, it might be a sickness
I have no strength in my body, I can’t control it
These bad symptoms appeared after I met you
I’m left alone on this black night (in my room that’s filled with thoughts of you)”


Shinee, Symptoms.
 
 
Nel primo mese che Kibum aveva passato al Rifugio, come una sorta di ostaggio, si era mosso quasi in punta di piedi in quella nuova vita e aveva percorso i corridoi rocciosi temendo di emettere anche solo il minino rumore, ma le cose era cambiate. Key voleva vivere quella vita appieno e respirare l’aria di liberta che avvertiva intorno a lui. Sondare con occhi curiosi ogni centimetro della sua nuova casa, studiarne i dettagli, farli suoi. Ogni corridoio, ogni ambiente non era più un luogo da ammirare a sguardo basso e sfuggente per paura di vedere troppo. Il Rifugio era la sua casa, completamente. Mai si era sentito così a suo agito. Non c’erano formalità, regole assurde, giornate scandite da una routine noiosa e sempre uguale e, soprattutto, nessuno gli imponeva come vivere la propria vita. C’era solo determinazione in lui, e tanta speranza.
Certo, non si poteva dire che i primi tempi fossero stati facili. Se quando era solo di passaggio i pochi Ribelli che aveva incrociato l’avevano guardato con diffidenza o non l’avevano guardato affatto, ora tutti gli occhi erano puntati su di lui. Molti erano perplessi, altri adirati. In realtà sembrava che nessuno fosse davvero contento della sua presenza lì, a parte Jinki, Taemin, Jonghyun e Minho.
Più di una volta aveva sentito dei Ribelli sussurrare alle sue spalle dandogli della spia, del bambino viziato. A Key non importava, certo, gli dava fastidio, ma comprendeva molto bene l’astio che nutrivano nei suoi confronti e le loro paure. Aveva quindi messo a tacere il suo orgoglio ed aveva tirato dritto lungo la propria strada. Dopotutto, non era mai stato così felice in tutta la sua vita, non voleva guastare nulla e il modo migliore per farlo era ignorare le male lingue e procedere dritto, sempre avanti, lungo un sentiero ormai lastricato di sogni e luce.
Non divideva più la stanza con Taemin, ora ne aveva una tutta sua che aveva provveduto ad arredare lui stesso. Jinki gli aveva dato il permesso di accedere al “tesoro dei ribelli” e lo aveva accompagnato personalmente. C’era di tutto, dai mobili agli abiti raffinati. Kibum era rimasto meravigliato, da dove veniva tutta quella roba? Aveva deciso di non esprimere a voce la propria curiosità, era già rimasto sufficientemente sconvolto negli ultimi mesi, non aveva alcuna intenzione di procurarsi ulteriori traumi venendo a conoscenza della provenienza indubbiamente illecita di tutta quella merce.
Jinki l’aveva guidato in quella stanza delle meraviglie con il sorriso sulle labbra, il più ingenuo e cordiale che Kibum avesse mai visto. Come poteva essere così tranquillo e di buon umore quando l’erede al trono di Chosun aveva sotto gli occhi i frutti di buona parte dei suoi crimini? Più passava il tempo e più Key rimaneva sconvolto da quel ragazzo. Ma, d’altra parte, non era stato forse lui ad esprimere il desiderio di unirsi alla sua causa, quindi Jinki cos’aveva da temere? Nonostante l’iniziale perplessità Kibum era felice. Il più grande si fidava e lui voleva dimostrargli tutte le sue buone intenzioni.
Key aveva scelto un arredamento tradizionale per la sua stanza, non solo gli piaceva, ma lo considerava anche un modo per tagliare i ponti con la vita precedente, un punto d’inizio. Così, grazie all’aiuto degli altri, si era circondato di cassettoni di legno finemente intagliati, tavolini bassi, cuscini al posto di sedie e poltrone ed aveva optato per un letto basso. Certo, da un lato era un po' spoglia, per quanto i mobili semplici fossero comunque di fattura pregiata, tuttavia dopo lo sfarzo soffocante in cui aveva vissuto gli sembrava finalmente di respirare. Era da lì che voleva ripartire.
La tranquillità era durata poco però, Jinki gli aveva concesso giusto il tempo di ambientarsi e sistemare le proprie cose, poi gli aveva dato subito delle incombenze. Key non stava nella pelle: finalmente aveva qualcosa di sensato da fare! Vedeva spesso gli altri uscire per qualche missione, non sapeva cosa facessero esattamente, ma sospettava si limitassero a controllare la zona ed andare in esplorazione perché Jonghyun si era lamentato più volte di “non avere preso abbastanza a calci nel sedere guardie e nobili negli ultimi tempi”.
-Uscirò con gli altri? –
-Preferirei di no, almeno per ora – gli aveva risposto Jinki.
-Oh, perché? –
Key era rimasto deluso. Era stato chiaro con il Leader: rimaneva per combattere, non in attesa di essere estratto come la carta vincente al momento opportuno. Jinki lo aveva rassicurato spiegandogli le sue ragioni.
-Non posso mandarti fuori con gli altri quando ancora non si fidano di te. Lascia loro un po' di tempo. E poi ci sono molte guardie in giro negli ultimi tempi, non voglio correre rischi ed esporti troppo. Ma non preoccuparti, non sarà sempre così. –
Le parole di Jinki lo aveva rincuorato, ma allo stesso tempo era stato curioso di sapere cos’avrebbe fatto.
-Sei un ragazzo intelligente e molto istruito e io sono sommerso da carte e bhe, faccende amministrative -, aveva tagliato corto il Leader. –Potresti aiutarmi. –
Non era esattamente quello che Key si aspettava, ma non era male come inizio. Inoltre, lavorare a stretto contatto con il Leader dei Ribelli poteva essere un modo per far capire a tutti che Jinki riponeva fiducia in lui ed invogliarli a fare altrettanto.
-Devo farti da segretario in pratica? –
-Più o meno. –
-Cioè? –
-Non voglio vederti sommerso dalle carte e basta, mi interessa sapere cosa pensi. Diciamo più un primo ministro –, gli aveva detto sorridendo.
Key aveva riflettuto. Non era male, certo rimaneva attirato dall’idea di uscire con gli con gli altri ma, oltre ad essere certo che la decisione di Jinki nascondesse qualche secondo fine, riconosceva di non essere mai stato un tipo d’azione. Partecipare ad una missione poteva essere potenzialmente interessante per lui, ma anche potenzialmente disastroso.
Un passo alla volta, si era detto.
Così aveva iniziato a passare le sue giornate negli appartamenti di Jinki. Quando aveva visto la mole di carte che affliggevano il più grande era quasi stato sul punto di ricredersi, forse Jinki non aveva un secondo fine, era semplicemente disperato.
Tutto era scritto rigorosamente in codice, ma Key non c’era voluto molto per capirlo, caratteri di Chosun e del regno di Nihon erano stati accuratamente mischiati. L’aveva subito fatto notare a Jinki il quale, dopo l’iniziale sorpresa, ne era stato estasiato.
-Sapevo che l’avresti capito prima o poi, ma non credevo così in fretta, ho impiegato parecchio ad elaborarlo. –
-Parlo e scrivo correttamente la lingua di Nihon- aveva spiegato Kibum. – Anche quella di Ming. –
-Avrai avuto degli ottimi insegnanti -, aveva osservato Jinki.
-Sì, ma ho sempre studiato molto anche da solo tutto quello che mi interessava. –
Key aveva sciorinato un lungo elenco di tutte le materie che avevano attirato il suo interesse. – Ho letto anche dei libri di medicina, ma non chiedermi di fare qualcosa di pratico -, aveva detto mettendo le mani avanti. – Solo teoria. –
Jinki aveva battuto le mani, entusiasta.
Insomma, tutto procedeva nel migliore dei modi, c’era solo una cosa a turbare la mente e le notti di Key. E quella cosa, o meglio, quella persona aveva un nome: Kim Jonghyun.
Le cose con Jonghyun era peggiorate, decisamente peggiorate. Se sino ad allora era riuscito a tenere a bada quell’intreccio di sensazioni, che col passare del tempo erano diventate quasi compagne fedeli, potenzialmente pericolose ma in un certo senso domante; ora gestirle stava diventando un’impresa titanica. Se ne rendeva conto ogni giorno di più e non trovava soluzione. Gli sembrava di essere afflitto da qualche strana ed incurabile malattia. Quel dannato ragazzo infestava le sue giornate che fosse presente o meno. Si svegliava ed andava a dormire con il pensiero dell’altro, era come una persecuzione. Anche quando era solo, nella sua stanza, il pensiero di Jonghyun lo tormentava. Come era arrivato a quel punto? Ogni mattina attendeva con trepidazione la colazione in sala comune, per poi accompagnare il più grande all’uscita del Rifugio e più volte, senza che se ne rendesse conto, i suoi passi l’aveva condotto nel medesimo punto ad attendere il suo rientro. Anche quel semplice gesto era diventato parte della sua routine, come una sorta di rituale.
Che cosa stava succedendo? Era sempre stato calmo, controllato. Aveva paura. Per quanto fosse sentimentalmente inesperto non era stupido, sapeva che non era semplice amicizia quella che lo legava a Jonghyun. Non aveva la più pallida idea di come comportarsi e l’idea di dare un nome a quel sentimento lo terrorizzava a morte, non riusciva nemmeno a concepirlo in modo definito, figurarsi nominarlo.
E non era tutto. Non era più solo quella sorta di attrazione magnetica a tormentarlo, quella strana elettricità che attraversava l’aria ogni volta che i loro occhi o qualunque altra parte del loro corpo s’incontrava. Key si era reso conto, rimanendo ulteriormente traumatizzato, di essere fisicamente attratto da Jonghyun. Il solo pensiero lo metteva in imbarazzo. Non gli era mai successo nulla di simile e non aveva la più pallida idea di come reagire, di come gestire quella specie di malattia che era giunta sino a spossarlo non solo mentalmente, ma anche fisicamente.
Key si era accorto di essersi fermato più del dovuto ad osservare l’altro mentre si allenava. Jonghyun aveva un fisico perfetto, muscoloso, ma non eccessivo, muscoli allungati, scattanti, che guizzavano ad ogni movimento. E le sue labbra carnose sembravano così morbide, calde…a volte era rimasto a fissarle mentre l’altro parlava, ascoltando a mala pena quello che Jonghyun diceva.  
-Non sei d’accordo, Key? –gli aveva chiesto una volta Jonghyun.
D’accordo di cosa? Si era chiesto Kibum in panico. Non aveva sentito una parola del discorso del più grande!
Si era limitato a sorridere ed annuire in risposta, che altro poteva fare?
Come se non bastasse la situazione di per sé imbarazzante era intimorito all’idea che Jonghyun si accorgesse di qualcosa. Che cos’avrebbe fatto il maggiore? Secondo Key si sarebbe messo a ridere, poco ma sicuro.
Key aveva anche pensato di evitarlo. Forse quei sintomi fastidiosi sarebbero svaniti, ma aveva dovuto ricredersi. Vedere Jonghyun lo agitava, ma la sua assenza era anche peggio. Era la sua malattia e contemporaneamente la sua unica cura. Sembrava un circolo vizioso destinato a non avere fine. O ad ucciderlo.
Quel pomeriggio era nello studio di Jinki, sommerso da carte, e la sua concentrazione era pari a zero. Tanto per cambiare stava pensato a lui, al dannato Kim Jonghyun. Picchiettava nervosamente l’indice sul tavolo, mentre faceva scorrere gli occhi sugli astrusi codici di Jinki senza capirne il senso. Quel pomeriggio gli sembravano solo degli assurdi scarabocchi. Lo studio era silenzioso se non per il rumore nevrotico prodotto da lui ed il ticchettare delle lancette dell’orologio ad acqua appeso alla parete. Key alzò gli occhi. L’ora del tè era passata da parecchio e la sua tazzina ancora mezza piena doveva essere gelida, ormai. Non provò nemmeno ad accostarla alle labbra.
Probabilmente Jonghyun stava rientrando al Rifugio e lui era lì sommerso di lavoro. Non sarebbe mai riuscito a vederlo prima di cena! Purtroppo l’aveva mancato anche a colazione e la cosa lo rendeva molto nervoso, ed era certo non fosse a causa di una dose eccessiva di teina.
Si passò una mano tra i capelli. Così non andava, non andava per niente!
-Kibum, va tutto bene? –
Jinki era seduto davanti a lui a svolgere il suo medesimo ingrato compito. La sua voce era preoccupata.
-Mi sembri agitato. Qualcosa non va? –
Kibum si morse il labbro continuando a picchiettare le dita sul tavolo. Poi scosse la testa con vigore, tornando a chinare il capo sui fogli.
-Vuoi altro tè? -
-Aniyo, aniyo. –
Kibum mise le mani avanti, agitandole. Per quanto il tè di Jinki fosse buonissimo, se ne avesse bevuto altro si sarebbe trasformato in una teiera deambulante!
-Va tutto bene – mentì spudoratamente.
Jinki inarcò un sopracciglio. Perché il principe continuava a pretendere di rifilargli assurdità?  – Non mi sembra proprio. –
Gli afferrò il polso, mettendo fine al movimento nevrotico che si era impossessato della mano di Key.
-Mi stai facendo venire il mal di testa. –
-Scusa, hyung – disse dispiaciuto.
Jinki sospirò ed intreccio le mani, fissandolo. – Vuoi dirmi cosa ti succede? –
-Io…- iniziò deglutendo e stropicciandosi le mani.
Ecco, pensò, ora mi sale il panico! E’ tutta colpa di Kim Jonghyun!!! Quanto avrebbe voluto prenderlo a botte in testa! S’infilò le mani tra i capelli, disperato! Solo il suo amor proprio gli impedì di strapparseli tutti.
Fece un bel respiro. Se qualcuno poteva aiutarlo o fornirgli un antidoto contro quella maledizione era proprio Jinki. 
-Si tratta di Jonghyun. Io -, disse abbassando gli occhi, -mi sento strano, ecco. –
L’altro sorrise.
Secondo Kibum non c’era proprio niente da ridere, niente!
-Hyung! – protestò.
-Scusami Kibum, ma ammetterai che la tua frase sia al quanto strana. –
Kibum abbassò lo sguardo, consapevole di essere diventato rosso come un pomodoro maturo.
Jinki sospirò. A quanto pareva Jonghyun non era l’unico ad aver perso la testa. Se Kibum non fosse stato così agitato probabilmente si sarebbe messo a ridere. Che situazione divertente, pensò.
-Fin da quando vi ho visti insieme la prima volta ho avuto l’impressione che ci fosse qualcosa di…-
-Magnetico – concluse Kibum d’istinto.
Jinki annuì. – Sì, esatto. C’era un’aria strana intorno a voi. –
Kibum emise un sospiro sconsolato. Quindi anche Jinki lo aveva notato? E Jonghyun aveva provato lo stesso? Non ci capiva più niente, ma una cosa era evidente: non si era immaginato tutto!
-E’ stato così sin dal nostro primo incontro. –
-Ho visto – disse JInki, sorridendo.
-No. – Kibum scosse il capo. – L’avevo visto prima di arrivare qui, lo stesso giorno in cui ho aiutato Taemin. –
-Oh, non lo sapevo – disse con un misto di risentimento nella voce.
Kibum arricciò il naso. Non pretendeva davvero di sapere sempre tutto, vero?
Decise di raccontargli per filo e per segno come aveva incontrato Jonghyun al villaggio, di quello che era accaduto allo stagno, di cosa aveva provato. E di cosa provava ora. Quando ebbe finito gli parve di essersi liberato di un peso. Non ne aveva mai parlato con nessuno, nemmeno con Taemin. Per tutto il tempo, Jinki lo aveva ascoltato, serio, sorridendo ogni tanto quando le sue parole diventavano impacciate per l’imbarazzo.
Alla fine, Kibum ebbe il coraggio di rialzare lo sguardo e guardare il più grande. Aveva la fastidiosa sensazione che sulle labbra di Jinki aleggiasse un sorrisetto soddisfatto.
-Che cosa devo fare, hyung? Che cosa significa tutto questo? Sono malato? –
Jinki scoppiò a ridere. Key arricciò il naso con disappunto. Davvero non capiva cosa ci fosse di tanto divertente.
-Hyung!!! –
-Scusami – disse l’altro asciugandosi gli occhi.
Un corno!, pensò Kibum, sono qui disperato, probabilmente con dei sintomi preinfarto e tu ridi! Ridi?!
Corrugò la fronte e sbuffò in attesa di una risposta sensata da parte dell’altro. Jinki tossicò, schiarendosi la voce.
-Posso darti una risposta logica, per quanto sinceramente la ritenga tutta da verificare. –
Kibum si raddrizzò sul cuscino, come un bravo studente pronto a prendere appunti.
-Saprai molto bene come funzionano i matrimoni e le unioni di fratellanza tra le persone dotate di abilità, tra i nobili. –
Kibum annuì. Purtroppo lo sapeva molto bene.
-Una volta non era così, non erano combinate, studiate a tavolino per giochi di potere. –
-Come? – chiese Kibum, sempre più interessato. Non aveva mai letto di nulla di simile!
Jinki corrugò la fronte ed inclinò il capo guardando verso l’alto, come in cerca delle parole esatte da usare. – Non è facile da spiegare. Vedi le persone lo “sentivano”, se così si può dire, non era una cosa comune, ma poteva succedere. –
-Cosa significa che lo sentivano? – Kibum era perplesso.
-Probabilmente a causa delle abilità, ad ogni modo, scattava qualcosa come se…-
-Come se trovassero l’altra metà? – concluse Kibum, titubante.
-Mi sembra un’ottima definizione, sì. Ma ti avviso, da quanto ne so queste cose non accadono da secoli, potrebbero essere solo delle dicerie, delle leggende…capisci?-
Key annuì. Lui capiva solo molto bene di essere nei guai.
-Se non vuoi una risposta logica…-
-Questa era logica? – chiese Key, scettico.
Jinki ignorò il suo sarcasmo, era molto pensieroso. – La tua malattia potrebbe chiamarsi amore. –
Key sbatté le palpebre. Amore? Che cos’era? Non lo aveva mia provato prima! Forse preferiva la risposta logica…
Amore…lui amava Jonghyun?
Jinki sorrise, come se avesse appena fatto un’osservazione sul tempo, poi guardò l’orologio.
-E tardi, temo di averti trattenuto più del dovuto oggi. Vai, hai una faccia sconvolta. –
E’ per colpa tua che ho la faccia sconvolta!, pensò Key.
-Grazie, hyung – disse uscendo.
-Oh, a proposito – aggiunse Jinki.
Key si fermò, la mano sulla porta.
-In tutta sincerità, non penso ci sia una grande differenza tra le due spiegazioni. –
 
 
Key era seduto a gambe incrociate, letteralmente affondato nella grande poltrona di Taemin, e l’unica cosa a cui riusciva a pensare erano le parole di Jinki. Amore…quella parola echeggiava prepotentemente nella sua testa. D’istinto si portò le mani alle orecchie, ma non ci fu nulla da fare. Non se ne voleva andare! Amava Jonghyun? Era possibile? Deglutì.
Non lo voglio sapere! Pensò scuotendo il capo.
Intanto, Taemin correva da una parte all’altra della stanza aprendo armadi, cassettoni e parlando a vanvera. Sembrava molto agitato e su di giri, ma Key non stava ascoltando. Teneva lo sguardo fisso nel vuoto e le mani tra i capelli, i gomiti appoggiati alle ginocchia.
Sono innamorato di Jonghyun?
Il flusso dei suoi pensieri s’interruppe quando Taemin puntò i piedi davanti a lui, lo sguardo imbronciato e la braccia incrociate, prima di dargli un pugno in testa.
-Yah, umma! –
-Yah – si lamentò Kibum massaggiandosi il capo. – Che cosa c’è? –
Il più piccolo sbuffò sonoramente. – Non hai sentito una parola, vero? –
-Oh, io…-
Kibum tentò di giustificarsi ma non gli venne in mente nulla, in ogni caso Taemin non ci sarebbe cascato. Il fatto che avesse la testa altrove era palese.
-Stavo parlando della festa del raccolto. Hai presente? Chuseok, grande festa, tanto cibo, abito da scegliere? –
Taemin sembrava parecchio agitato. Era solo la dannate festa del raccolto e da che aveva memoria Kibum l’aveva sempre odiata.
-Mancano ancora quasi due settimana e non mi piace il Chuseok – rispose imbronciato.
– Ti ricrederai, qui è fantastico, vedrai! –
Key non poté fare a meno di sorridere al più piccolo, mentre questo saltellava per la stanza posando diversi completi sul letto.
-Allora, quale metto? – chiese Taemin, trepidante.
Taemin aveva tappezzato il materasso di completi tradizionali dai colori più disparati. Rossi, verdi, blu, bianchi, gialli, azzurri…Key vi fece scorrere distrattamente lo sguardo, afferrò il cuscino più vicino a lui lo abbracciò.
Se anche Jinki aveva percepito quella strana elettricità, forse anche Jonghyun aveva sentito qualcosa…
 Kibum affondò il mento nel cuscino e si mordicchiò nervosamente le labbra a cuore.
Forse gli devo parlare, pensò.
Aniyo, aniyooo, si disse scuotendo il capo. Farei la figura dello stupido! Certo lui è gentile, premuroso con me, ma non significa che mi ami…
Strinse con più forza il cuscino, come in cerca di conforto. Se aveva quel genere di pensieri poteva significare solo una cosa…
Sono innamorato di lui?
Fu percorso da un brivido. La situazione era peggiore del previsto, che cosa avrebbe dovuto fare? Magari Jonghyun gli avrebbe riso in faccia, oppure si sarebbe arrabbiato e non gli avrebbe più rivolto la parola!
O magari, fece una voce sibillina nella sua testa, scoprirà chi sei e ti odierà!
Il solo pensiero degli occhi carichi d’odio del più grande lo terrorizzò. Solo poche settimane addietro la prospettiva lo intimoriva, figurarsi ora che era quasi certo di amarlo! Si sentiva morire al solo pensiero. Poteva esserci un incubo peggiore? In quel momento ne dubitava fortemente.
Alzò gli occhi incontrando l’espressione di disappunto dipinta solo volto di i Taemin. Il più piccolo lo squadrava.
-Oh, Minnie, scusa io…-
Incredibile, pensò Taemin, finalmente arriva qualcuno con un briciolo di senso estetico e quando serve decide di mandare il cervello in vacanza!
-Senti -, iniziò picchiettando un piede sul tappeto, - capisco che sia difficile, ma ti spiacerebbe smettere di pensare a Jonghyun almeno per due minuti? Se proprio non ci riesci la sua stanza è qui vicina, vai e buttati a pesce su lui, così la fai finita! –
-Yah! –
Key drizzò la schiena, come scottato, sbiancando, poi si afflosciò di nuovo nella poltrona affondando il viso nel cuscino.
Taemin sorrise, soddisfatto, guardando le guance dell’altro imporporarsi.
-Non stavo pensando a quell’idiota – mugugnò Key, la voce soffocata dal cuscino.
Taemin roteò gli occhi. – Certo, come no, dovresti provare a ripeterlo un po' di volte, forse riuscirai a convincere quanto meno te stesso. -
Kibum sospirò. – E’ così evidente? –
L’altro si sedette sul bordo del letto facendo dondolare le gambe. – Davvero me lo stai chiedendo? Insomma stai sempre a fissarlo, sta sera a cena non gli hai tolto gli occhi di dosso. –
A Key si rizzarono i capelli. – Cosa?! Ho fatto questo? –
-Non vedo cosa ci sia da agitarsi tanto – fece Taemin, quasi annoiato, facendo scorrere lo sguardo sui suoi preziosi completi per il Chuseok.
Key lo ignorò alzandosi ed iniziando a passeggiare nevroticamente per la stanza. –Pensi che si sia accorto? –
Non andava affatto bene!
-Forse – rispose Taemin, distratto. 
Taemin aveva visto spesso Jonghyun impuntarsi per qualcuno, ma era evidente che quello che provava per il nuovo arrivato andava ben al di là della semplice cotta. Tuttavia, dubitava che si fosse accorto degli sguardi di Kibum, dato che lui era altrettanto impegnato a fissarlo con sguardo perso. 
Key tornò a sedersi a gambe incrociate sulla poltrona, abbracciando il cuscino. Avrebbe voluto seppellirsi vivo o nascondersi sotto il letto di Taemin, per quanto non osasse immaginare cosa ci fosse lì sotto, considerando il disordine nella stanza del più piccolo.
Perché non ho preso quella nave? Si chiese, disperato.
-Ho fatto sicuramente la figura dello stupido. –
Era tutta colpa di Kim Jonghyun! Kibum odiava sentirsi stupido e quando c’era di mezzo il più grande finiva sempre per sentirsi tale.
Sospirò. – Minnie –
Taemin alzò gli occhi dal vestiario.
-Pensi che io lo ami? –
Il più piccolo sbarrò gli occhi. – Ma certo! – disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-Davvero? – chiese Key con un moto d’apprensione.
-Ma mi pare evidente! Insomma, non dovrò spiegarti tutto, umma? -
-Io non ci capisco niente! - Proruppe Kibum. – Non mi sono mai innamorato prima, certo ho amato mia madre e il mio gatto, ne avevo uno una volta, bianco e con le macchie grigie e…-
Taemin si grattò il capo, sconcertato. – Sai hyung, a volte mi lasci perplesso. –
Key arrossì stringendo il cuscino al petto. Taemin allungò le gambe e sospirò.
-Dal primo momento che vi ho visti insieme era inevitabile intuire che ci fosse qualcosa. –
Key sobbalzò e sbarrò gli occhi. Dal primo momento? Quindi era sempre stato innamorato Jonghyun?
Scosse il capo.
-Cosa devo fare? –
-Parlargli potrebbe essere un punto d’inizio. - sorrise Taemin.
-Uhm. –
-Ora – disse il più piccolo scattando in piedi. – Quale completo scelgo? – chiese speranzoso.
 
 
***
 
Jonghyun si appiattì tra i cespugli. La foresta all’intorno era silenziosa, animata solo dal cinguettare degli uccelli e dal leggero fruscio delle foglie. Tra i rami filtravano lame di luce dorata che delineavano coni di polvere danzante. Era una splendida giornata estiva, calda, ma del tutto priva di umidità, resa piacevole da una brezza leggera proveniente da nord che preannunciava l’imminente arrivo dell’autunno.
La giornata ideale per tendere un’imboscata, pensò Jonghyun con un ghigno soddisfatto.
Lui, Minho e altri due ribelli, Jaehwa e Dongsun, erano appostati tra i cespugli ai margini del sentiero che tagliava la foresta. Intorno a loro i tronchi degli alberi svettano verso l’alto fondendo le chiome in una cupola verdeggiante, riparandoli dal sole.
Era dall’inizio della stagione che non mettevano piede fuori dal Rifugio per una missione come si deve. Jinki era stato molto restio negli ultimi tempi, troppe guardie reali si aggiravano nella zona ed i controlli erano aumentati. Sembrava proprio che l’autorità reale non fosse più disposta a tollerare le loro scorribande.
Jonghyun avrebbe voluto ridere, finalmente davano loro la giusta attenzione!
Quel giorno la missione era relativamente semplice, quasi da routine. Alcuni informatori li avevano avvisati del passaggio di una carrozza nobiliare proveniente da Soul. Qualche aristocratico che si stava recando nella propria dimora di campagna, lontano dal caos della capitale. Succedeva spesso in quel periodo dell’anno; Soul tendeva a diventare troppo calda e afosa, per non parlare delle torrenziali piogge estive, in quei casi, nonostante le strade perfettamente lastricate, uscire in canoa offriva più comodità.
Il loro compito quel giorno era ripulire il nobile dei suoi averi.
Un sorriso sghembo si delineò sul volto di Jonghyun. L’avrebbe fatto andare via in mutande.
Queste attività facevano sembrare gli intenti dei Ribelli meno nobili di quanto in realtà fossero, ma erano necessarie. Tutto ciò che riuscivano a rubare veniva rivenduto per provvedere al loro sostentamento. A loro discolpa, Jonghyun poteva solo dire che tutto il ricavato in eccesso veniva utilizzato da Jinki in favore dei più bisognosi. Purtroppo le bocche che non riuscivano a sfamare erano sempre troppe. Il ragazzo era contento che ad occuparsene fosse il Leader, lui non sarebbe mai riuscito a fare scelte simili, aveva visto troppa fame e troppo fango nella sua vita. 
Una vespa ronzò intorno a lui, arricciò il naso e la respinse con un gesto annoiato della mano. Jaehwa starnutì e Jonghyun gli fece segno di fare silenzio, portandosi un dito alle labbra. L’altro lo guardò scocciato, roteando gli occhi. Jonghyun alzò un pugno in segno d’intimidazione, quando Minho lo fulminò. Gli altri due repressero una risata guadagnandosi l’ennesima occhiataccia dal più grande.
Il suono di ruote sul selciato del sentiero interruppe il silenzioso battibecco. Ancora non si vedeva nulla, ma era in arrivo una carrozza.
-State pronti – disse Jonghyun sottovoce.
I quattro s’abbassarono tra i cespugli.
-E tenete pronte le armi imbevute di stramonio – aggiunse Minho, portando una mano all’elsa della sua spada.
Jaehaw incoccò una freccia del suo arco, mentre Dongsun estraeva una coppia di pugnali.
Jonghyun non aveva bisogno di armi, lui stesso era un’arma. Il suo fuoco era stato l’arma segreta in molte occasioni. Nessuno si aspettava che un popolano avesse un’abilità, tantomeno forte come la sua. Il ragazzo adorava vedere il terrore delinearsi sul volto dei suoi nemici, gli dava sempre molta soddisfazione.
Il suono degli zoccoli dei cavalli e i delle ruote si fece più vicino. Jonghyun si sporse notando il riverbero al sole sulle ruote laccate d’oro della carrozza.
Che spreco, pensò. Tutto quell’oro avrebbe potuto sfamare intere famiglie!
Il ragazzo non osava immaginare quali tesori fossero custoditi nel palazzo di Soul, il solo pensiero lo faceva infuriare.
Diede il segnale e sbucarono dai cespugli, circondando il veicolo. I quadrupedi nitrirono, scalpitarono all’indietro costringendo il cocchiere a stringere saldamente le redini. La carrozza oscillò.
-Che cosa fai? Perché ti sei fermato? –
La voce di un uomo di mezza età giunse da dentro la carrozza.
-B-banditi – balbettò il cocchiere, agitato.
Era un uomo mingherlino, quasi nodoso, il naso lungo e ricurvo lo faceva sembrare un topo. Il poveretto sobbalzò emettendo un grido stridulo quando una freccia si conficcò a pochi centimetri da lui.
Jaehwa, i capelli rossicci scomposti, sorrise divertito prima di guadagnarsi un’occhiataccia da Minho.
-Non mi piace essere definito bandito – disse a mo’ di scusa.
Una mano inanellata scostò la tendina di velluto del veicolo, rivelandone il proprietario. Il nobile era un uomo grassoccio, anzi, per Jonghyun definirlo obeso sarebbe stato più corretto. Come riuscisse a stare infilato in quella scatole di legno che era la carrozza per lui era un mistero. I cinque menti di cui era provvisto erano stretti in un colletto abbondantemente merlettato, il capo calvo grondava di sudore e gli occhietti porcini dardeggiavano sdegnati verso i Ribelli. Il corpo, enorme, era fasciato da seta lucida e preziosa, apparentemente sul punto di scucirsi da un momento all’altro. La mano luccicante di metallo e pietre preziose reggeva un ventaglio piumato.
Jonghyun si appoggiò con fare baldanzoso in fianco alla finestrella. L’uomo lo guardò irritato, sembrava davvero sul punto di scoppiare.
-Temo che ci debba pagare un pedaggio – disse sfoderando un sorriso accattivante.
-Un pedaggio? Miserabile plebaglia, liberate la strada! –
Il sudore sul volto del nobile parve moltiplicarsi.
Jonghyun lo soppesò attentamente, ponendo la propria attenzione sulla spilla che aveva appuntata al merletto. Il simbolo era quello della famiglia Jung. Il ragazzo ghignò. Se non ricordava male l’abilità di quella famiglia era la lettura della mente, nulla di pericoloso per lui. Al massimo quel grassone avrebbe potuto leggere nella sua mente che intendeva farlo tornare di corsa a Soul in mutande. Jonghyun focalizzò nella propria mente quell’immagine, faticando a non ridere. L’uomo recepì subito il messaggio perché il suo volto divenne paonazzo, le orecchie, piccole e incastrate nel grasso, fumanti.
-Come, come osi?! Sparite, pendagli da forca! Questa è una strada imperiale! –
-L’imperatore più infilarsi la sua dannata strada su per il fondoschiena. – Disse Jonghyun tra i denti, non riusciva nemmeno a sentirlo nominare.
-Dongsun, Jaehwa, fatelo uscire. –
L’uomo fu scaraventato fuori dalla carrozza, dimenandosi come un maiale pronto al macello. Le sue ginocchia si afflosciarono sul terreno sporcando la seta verde smeraldo.
Jonghyun fece segno agli altri due di scaricare i baiuli dalla carrozza, c’era sicuramente merce interessante. Minho puntò la spada alla gola del nobile.
-Bene, bene – cantilenò Jonghyun. –Come possiamo divertirci mentre i miei amici sono così gentili da provvedere ai tuoi bagagli? –
-Canaglie! -sbraitò l’uomo.
Jonghyun incrociò le braccia e spostò il peso da una gamba all’altra, riservando al nobile uno sguardo poco rassicurante. L’uomo tremò visibilmente sotto lo spesso strato di grasso.
-Minho, non hai un certo languorino? –
-Uhm – fece l’altro, - in effetti. –
Jonghyun fece volteggiare delle lingue di fuoco sul palmo della mano.
-Que-quell’albilità – balbettò il nobile Jung spalcando gli occhi.
Il ragazzo sogghignò.
-Allora Minho-ah, cosa ti va di mangiare…braciole di maiale, maiale arrosto. In realtà abbiamo abbastanza carne a disposizione per sbizzarrirci con ogni possibile varietà di questo nobile esemplare. –
Minho sorrise, continuando a tenere la spada puntata alla gola dell’uomo. – Personalmente inizierei con spiedini di maiale, hyung. –
-Ho già l’acquolina in bocca. –
Jonghyun fece sfrigolare il fuoco con fare minaccioso, quando le risate degli altri due attirarono la sua attenzione.
-Che succede là dietro? –
-Guarda hyung, cosa pensi che siano? –
Dongsun sventolò divertito dei grossi mutandoni di seta, mentre Jaehwa affondava le proprie risate nei bauli colmi d’abiti dai colori sgargianti.
-Miserabili bifolchi! - Gridò l’uomo con voce quasi stridula.
-Mi sa proprio che quella sarà l’unica cosa che riporterai a Soul. – Disse Jonghyun.
Minho rise di gusto. Era raro vederlo così divertito ma quanto capitava era impossibile trattenerlo. Il nobile impallidì.
Jonghyun s’abbassò sul viso porcino dell’uomo ed astrasse un pugnale che teneva infilato nello stivale. Fece scorrere la lama sul panciotto dai bottoni dorati del nobile. Il tintinnare della lama sul metallo prezioso produsse un brivido lungo la schiena del malcapitato che squittì dal terrore.
Il volto di Jonghyun si deformò in un sorriso sghembo e minaccioso. – Vediamo come stanno a sua grazia i mutandoni della nonna. –
Minho scoppiò in un’altra incontenibile risata.
 
 

Era stata una fortuna che i due cavalli aggiogati alla carrozza fossero sani e forti, altrimenti trascinare i bauli per tutta la foresta non sarebbe stata un’impresa semplice. Inoltre, il villaggio dove erano diretti per vendere la merce si trovava a ben cinque chilometri di distanza. Jaehaw e Dongsun tenevano i cavali per le briglie procedendo davanti agli altri che chiudevano la fila.
Jonghyun aveva un sorriso stampato in volto. Ancora si stava beando della scena di poco prima. Era fiero di sé stesso, quel nobile grassone sarebbe davvero corso sino a Soul in mutande!
Non ha che da ringraziarmi, pensò, con questo caldo minimo lascerà lungo la strada dieci chili.
Tutti quegli abiti di seta dovevano valere una fortuna, di certo ne avrebbero ricavato un bel gruzzoletto. Aveva sempre trovato ridicoli quei vestiti raffinati, i merletti e tutti quei gioielli, dai bottoni in metallo prezioso alle spille luccicanti. E quei mutandoni di seta! Represse una risata.
La sua espressione cambiò all’improvviso. L’immagine del nobile di poco prima svanì, sostituita da quella che per il ragazzo era una visione paradisiaca. Il corpo elegante di Key fasciato d’abiti di seta del colore della notte, il merletto appena accennato, i bottoni in perla, piccoli anelli luccicanti su quelle dita sottili…la sua pelle candida avvolta nell’intimo di seta. Jonghyun gongolò. Perché l’aria si stava diventando calda intorno a lui?
-Yah, yah Jong sei impazzito!? – gridò la foce di Minho.
Jonghyun sbatté le palpebre mentre quell’immagine idilliaca si dissolveva al vento.
No!, pensò disperato, prima che ben altro destasse le sue preoccupazioni. Intorno a lui volteggiavano lingue di fuoco, danzavano minacciose sin troppo vicine al fogliame.
Che cosa mi prende?
-Vuoi arrostirci tutti? – chiese Dongsun, indispettito.
I cavalli scalpitarono atterriti e dovettero trattenerli prima che scappassero con tutto il bottino di quella proficua giornata.
-Che cos’hai, hyung? E’ la seconda volta che succede, c’è qualcosa che ti turba? – chiese Minho, apprensivo.
Jonghyun sospirò rassegnato. Qualcosa lo turbava? I suoi pensieri poco casti lo turbavano parecchio, non che non ne avesse mai avuti, ma questa volta era molto diverso!
-Starà pensando a qualche viso carino in intimo di seta – sogghignò Jaehwa.
Jonghyun divenne paonazzo. –Pensa a condurre quel dannato cavallo! –
L’altro fischiettò procedendo lungo il sentiero.
Camminarono per un po' in silenzio, accompagnati unicamente dai loro passi sulla ghiaia. Minho si affiancò a Jonghyun guardando l’amico di sottecchi. Il maggiore teneva lo sguardo basso, fissando le punte degli stivali e mordendosi il labbro, nervoso.
-Jong, sei distratto. –
La voce di Minho era calma e conservava una nota di preoccupazione. Aveva visto più volte l’amico andare fuori di testa per qualcosa, o qualcuno. Ma negli ultimi tempi sembrava diventata una vera malattia. Peccato che Minho non avesse una cura per lui.
Jonghyun annuì.
-E’ a lui che pensi, vero? –
-Key. –
Il nome del più piccolo, appena sussurrato, uscì come una nota dolce e calda dalle labbra di Jonghyun. Minho sorrise, era certo d’aver visto dell’imbarazzo sul volto dell’altro.
-Non è una cotta -, disse Jonghyun alzando lo sguardo, gli occhi fiammeggianti. –Io lo amo. –
-Lo so. Avevo molti dubbi all’inizio, ma le tue parole di un mese fa già mi avevano convinto. –
Jonghyun sospirò e alzò lo sguardo sulla cupola verdeggiante.
Uno scoiattolo saltellava da un ramo all’altro reggendo una ghianda tra i denti, ingaggiando un gioco mortale a dispetto della forza di gravità, come un temerario funambolo. Si sentiva come quello scoiattolo. Dopotutto, non era forse un continuo sali e scendi con Key, un saltare disperato da un ramo all’altro con il terrore di cadere?
-Spiegami solo una cosa, hyung, se lo ami, perché non gli hai detto niente? –
Jonghyun guardò Minho. – Sei stato tu a consigliarmi di non dire niente, rammenti? –
Minho scosse il capo. Certo, ora dava la colpa a lui!
-Sì, ma quel consiglio è stato prima che decidesse di rimanere. Insomma, non c’è motivo di starsene zitti a questo punto. Se lo ami, s’intende. –
-Certo che lo amo! – sbottò Jonghyun, risentito.
-Me ne sono accorto Jong, insomma è da quando l’hai incontrato che non hai messo gli occhi su nessun’altro e non vai a trovare Yeouki. –
Il ragazzo si bloccò. – Yeouki! – disse dandosi una pacca sulla fronte. - Mi ero dimenticato di lei. –
Jonghyun deglutì. Come era potuto accadere?
Yeouki era una kisaeng[1] e, benché avesse un grande numero di amanti, aveva sempre avuto una predilezione per lui, forse perché aveva ben sei anni in meno di lei. Lavorava in una locanda nel villaggio di Hanamsi[2], non molto lontano da lì. Sin dal loro primo incontro Jonghyun aveva iniziato a frequentarla abitualmente e, per quanto di concedesse diverse avventure, tornava sempre da lei. Ora l’aveva quasi cancellata dalla sua mente.
Assurdo, pensò.
Non l’aveva sempre reputata una delle donne più belle che avesse mai visto? Yeouki aveva un fisico flessuoso, non troppo alta, le labbra carnose, gli occhi a mandorla dall’espressione volpina e lisci capelli neri.
-Ti sei dimenticato della tua amante abituale? Questo è davvero grave. Immagina la sua faccia quando ti rivedrà. Oh hyung, non vorrei essere al tuo posto. – Disse Minho.
-Rivedermi, perché mai? Insomma, non voglio rivedere qualcuno che probabilmente desidera uccidermi. –
Voleva ucciderlo di sicuro, Jonghyun ne era certo! Yeouki diventava parecchio gelosa quando si trattava di lui. Non aveva mai permesso ad altre kisaeng di avvicinarsi a lui, quelle che ci avevano provato erano state intimidite con occhiate minacciose. Sembrava che la ragazza lo considerasse quasi una sua proprietà.
-Perché è da lei che stiamo andando. Hai presente? Le merci da vendere, la locanda di Haneul? –
Haneul era la proprietaria della locanda in cui lavorava Yeouki. Era una donna di mezza età ma che conservava indubbiamente ancora un grande fascino. Aveva un gran fiuto per gli affari, abilità che le aveva permesso di darsi al contrabbando di merci preziose. Jinki ne aveva subito approfittato, facendo di lei uno dei loro intermediari principali.
-Oh, dannazione! –
Calò il silenzio. Jonghyun torno a fissarsi le punte degli stivali e a mordersi il labbro. Come aveva potuto dimenticarsi di Yeouki? La noona non avrebbe lasciato correre facilmente. Doveva trovare un modo per ammansirla o avrebbe appeso il suo scalpo all’ingresso della locanda. Purtroppo raccontarle frottole non sarebbe servito, Jonghyun sapeva di non essere un buon bugiardo e Yeouki fiutava le menzogne come un perfetto segugio. Forse gli conveniva dire la verità, dopotutto la ragazza era sensibile alla bellezza e se gli avesse detto di Key…
-Ci sono -, disse estasiato. – Se le spiegherò quanto è bello Key, sicuramente capirà! –
-Stai dicendo che vuoi ammansire una donna che è stata ferita ed abbandonata raccontandole quanto è bello il tuo nuovo amore? Sul serio hyung, hai passato gli ultimi minuti ad elaborare questo piano geniale? -
Minho scosse il capo e decise che era meglio sorvolare sull’intera faccenda. Forse avrebbe dovuto difendere la pelle del suo amico da quella donna, ma tutto sommato erano ben altre le preoccupazioni di Jonghyun in quel momento.
  -Ad ogni modo, perché te ne stai qui a temporeggiare? Hai paura? –
-Paura, io, Kim Jonghyun? –
Jonghyun emise una risatina forzata, poi sospirò.
-Lo ammetto. L’idea di essere respinto mi spaventa a morte. Non penso che riuscirei più a guardarlo in faccia. -
Minho rise. – Guarda, guarda, il temerario Jonghyun messo al tappeto da un paio di occhi felini. Penso che conserverò questa storia come barzelletta da raccontare al Chuseok! –
Jonghyun lo guardò imbronciato. – Non è divertente, Minho. –
 
[1] Cortigiane coreane simili alle geisha giapponesi.
[2] Luogo realmente esistente. 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > SHINee / Vai alla pagina dell'autore: Elayne_1812