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Autore: Selhin    06/10/2016    3 recensioni
Sequel della mia precedente storia The Passing of Seasons
Pairing [ HopexLight ]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hope, Lightning, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Passing of Time'
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Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: Lightning Farron, Hope Estheim, Rika Lennet ( nuovo personaggio ), Serah Farron

Tipologia: One Shot ( 5250 parole )

Genere: Sentimentale, Romantico, Fluff

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII", appartengono solo a me.

 

1° Argomento: Momenti della Giornata

3. Tramonto

 

 

 

The Passing of Days

Capitolo 3

 

 

 

 

It's not a question of can or can't.

There are some things in life you just do.

 

 

 

 

  Non c’era una nuvola in cielo e il sole splendeva caldo su Cocoon.

Lightning si voltò appena per vedere la propria immagine riflessa nella vetrata dell’edificio. Si sentiva abbastanza impacciata dentro quei jeans stretti e con quella camicetta leggera però doveva ammettere a se stessa che sua sorella aveva avuto ragione. Quei pochi centimetri di tacco le donavano, allungando la sua figura già discretamente alta.

Si aggiustò un ciuffo di capelli sulla fronte poi entrò nel palazzo attraverso la grande porta d’ingresso.

Venne investita da una ventata d’aria fresca e si sentì subito a disagio mentre si avvicinava ad una ragazza in completo azzurro dietro il banco della reception.

Questa la osservò incuriosita per poi aprirsi in un caloroso sorriso di benvenuto. Perché tutte le addette alla reception dovevano essere sempre così maledettamente allegre?

  - Posso fare qualcosa per lei? -

Lightning biascicò qualcosa ritrovandosi senza il coraggio di parlare chiaramente. Abbassò lo sguardo quasi decisa ad andarsene e scappare via quando una voce la chiamò da dietro le sue spalle.

  - Tu sei Lightning, vero? -

La donna si voltò ritrovandosi ad osservare una ragazza più giovane di lei. Come la signorina della reception era vestita in modo formale, in un tailleur chiaro, i lunghi capelli scuri intrecciati e portati su una spalla. Le sorrideva gentile e Lightning notò i suoi occhi castani, chiarissimi tendenti quasi all’oro. Aveva un’aria familiare ed improvvisamente, mentre questa le si avvicinava, si ricordò di chi fosse.

  - Sono Rika Lennet, forse non ti ricordi di me perché non ci siamo parlate quella sera. Ero alla tua festa, qualche settimana fa. -

Purtroppo mi ricordo fin troppo bene.

Lightning scosse la testa aggrottando la fronte come se stesse cercando di ricordare mentre la ragazza allungava una mano per stringere la sua. Era minuta e delicata, completamente diversa dalla sua indurita dai combattimenti e con una stretta fin troppo decisa per la situazione.

  - Sei qui per vedere Hope? - chiese genuinamente Rika ritraendo la mano ma senza smettere di sorridere.

Lei annuì senza aggiungere altro.

  - Ti accompagno allora. - esordì la ragazza guardandola - Questo posto è un labirinto, seguimi. -

Si voltò diretta ad un grande ascensore e Lightning non poté fare a meno di accodarsi a lei, pentendosi di non aver chiesto informazioni alla giovane della reception.

Il viaggio in ascensore fu lungo e silenzioso. La donna non sapeva cosa dire, non era il suo forte fare conversazione con le persone e lo aveva dimostrato in più occasioni, mentre Rika si ritrovava quasi intimidita da lei. Aveva cercato di dimostrarsi carina e gentile ma la verità era che la metteva enormemente a disagio. Era alta, molto più di lei, il fisico slanciato e tonificato dalle continue battaglie. Quando l’aveva immaginata, in passato, l’idea che si era fatta era quella di una donna muscolosa e per nulla graziosa e invece i lineamenti delicati del viso, i capelli rosei e un corpo ben proporzionato la rendevano assai femminile e molto più bella di quel che ci si potesse aspettare. Gli occhi severi erano per nulla amichevoli. Eppure era questa sua quasi arroganza nello sguardo a renderla infinitamente bella. Determinata, coraggiosa e indifferente ai commenti della gente.

Era più che naturale innamorarsi di una donna così. Rika si sentì una ragazzina al suo confronto e per un istante il sorriso le sparì dal volto.

Ma quando le porte si aprirono era tornata quella di prima, affabile, graziosa.

Si assicurò che Lightning la seguisse poi imboccò uno dei tanti corridoi che la donna trovava simili fra loro nonostante il suo ottimo senso dell’orientamento. Lungo il percorso una giovane con i capelli biondi fermò Rika porgendole una cartelletta piena di documenti.

  - Puoi portarla ad Estheim? Dovevo consegnargliela questa mattina ma me ne sono completamente dimenticata e adesso devo finire un lavoro al piano amministrativo. -

Sembrava agitata mentre aggiungeva un “ti prego o mi ucciderà” alla fine, sottovoce.

Rika le sorrise annuendo. - Ma certo, sto giusto andando da lui adesso. Ci penso io, Alyssa. -

La bionda la ringraziò e si allontanò verso l’ascensore mentre loro riprendevano a camminare. Rika era affabile con tutti, salutava cordialmente chiunque incontrassero nel corridoio. Lightning pensò a quanto fosse graziosa, così tranquilla e femminile, tutto il contrario di lei.

Una rabbia lieve l’assalì all’improvviso. Perché doveva paragonarsi a quella ragazzina? Non aveva mai dato troppa importanza al suo lato femminile, come mai doveva preoccuparsene adesso? Per quale ragione se la prendeva in quel modo?

Poi la ragazza, all’improvviso, si voltò a guardarla e sorridendole disse qualcosa che la sorprese.

  - Sta’ tranquilla. -

Lightning non capì dove volesse andare a parare ma non rispose. Ripresero a camminare.

  - Non devi più preoccuparti di me. - continuò Rika poco dopo, un sorriso tranquillo sulle labbra.

  - Non capisco. - la donna ruppe finalmente quel silenzio nel quale si era rifugiata.

L’altra continuò a guardare davanti a sé, sempre sorridente. - Hope mi ha scaricata qualche giorno fa. -

Lightning non riuscì a nascondere la sorpresa nei suoi occhi, Rika la notò ma riprese a parlare fingendo di non essersi accorta di niente. - Sai, conosco Hope fin dai tempi della scuola, eravamo entrambi nel comitato organizzativo… -

Fece una pausa come per essere sicura che l’altra la ascoltasse, forse non era giusto quello che stava facendo però sentiva di volersi vendicare almeno un po’, anche se sapeva che prendersela con la donna non era giusto. Lei non aveva colpa.

Lightning improvvisamente venne come colta da una folgorazione. Quel giorno, in primavera, lei aveva sentito una voce femminile attraverso il telefono, si era ingelosita di un nome che non conosceva… quella voce, quel nome erano proprio Rika!

Si sentì terribilmente sciocca però, in fin dei conti, non aveva avuto tutti i torti. Forse era stato il famoso intuito femminile a mandarle un avvertimento su quella voce sconosciuta.

Rika, ignara dei pensieri della donna, continuò a parlare. - … era sempre così gentile, così affabile e tranquillo. Aveva un bel sorriso, spontaneo, sincero. Mi piaceva molto quel sorriso ma poi, una volta entrati in accademia, è cambiato. -

Si fermò un istante quasi persa nei suoi ricordi. - Voglio dire, caratterialmente e nei modi di fare era sempre lo stesso, non mancava mai di essere gentile e sorridente, ma quel sorriso era diverso. Era affabile certo, ma non trasmetteva più niente. Era come se, d’improvviso, Hope non fosse più lui. -

Lightning avvertì una fitta al cuore, Rika stava forse cercando di darle la colpa?

Forse non aveva tutti i torti a pensarlo.

E’ stata colpa mia.

  - Non sapevo cosa gli fosse successo ma volevo aiutarlo. Volevo rivedere quel sorriso che mi piaceva tanto, così un giorno mi sono fatta avanti e gli ho chiesto di uscire. Credevo che sarei riuscita a farlo tornare quello di prima, che avrei potuto aiutarlo se solo mi avesse accettata. Inaspettatamente disse di sì. -

Rika si fermò davanti ad una porta scura, erano arrivate a destinazione. Si voltò a guardare quella donna che, nonostante tutto avrebbe dovuto odiare ma proprio non le riusciva di farlo, c’era qualcosa nei suoi occhi azzurri che la spingeva a fidarsi di lei. - Non avevo più visto il suo vero sorriso fino a due settimane fa, quando l’ho spinto a parlarti ancora una volta. -

Lightning le restituì lo sguardo consapevole di cosa le stesse dicendo. Se Hope era tornato da lei quel giorno il merito era solo ed esclusivamente di quella ragazza. Probabilmente, se non fosse stato per lei, non si sarebbero mai riavvicinati. Questo pensiero la spinse a provare sentimenti contrastanti verso la giovane, un po’ di risentimento e un vago rispetto.

Si era fatta da parte consapevole che le cose sarebbero potute rivoltarglisi contro.

  - Perciò, non preoccuparti più di me. Non mi pento di quello che ho fatto, ho agito seguendo i miei sentimenti per lui. Volevo solo che tornasse a sorridere come una volta. -

La ragazza puntò i suoi occhi dorati in quelli azzurri di Lightning, un leggero velo di lacrime le offuscava la vista. - Non ferirlo di nuovo. D’accordo? -

La donna annuì seria poi Rika si lasciò andare ad un sospiro.  

  - Ora che ti ho vista e ti ho parlato, mi sento molto meglio. -

Lightning non seppe spiegarsene la ragione ma improvvisamente non provò più alcun astio nei confronti di quella giovane. - Anche se tu non sei una di molte parole, vero? -

  - Mi dispiace. -

Rika scosse la testa. - Non importa, i tuoi occhi parlano al posto tuo. -

Poi le sorrise di nuovo e aggiunse seria - E’ innamorato di te. -

La donna si ritrovò ad arrossire sorpresa.

Rika notò la sua espressione e capì la situazione. Sogghignò appena.

  - Non te lo ha mai detto? - le domandò mentre Lightning si limitava ad arrossire sempre di più. - Forse non si sente alla tua altezza - ipotizzò allora la giovane. Si allontanò dalla donna riprendendo a camminare mentre quella rimaneva poco distante, immobile.

  - Spero di non averti rovinato la giornata mettendoti in testa queste cose. Sarebbe terribile. -

Lightning la guardò e capì che quella ragazza alla fine, era davvero riuscita a vendicarsi di lei. Adesso come avrebbe dovuto comportarsi? Era la verità oppure no?

E se lo era, perché Hope non era mai stato chiaro e non glielo aveva detto?

La giovane si voltò un ultima volta a guardarla.

  - E’ stato un piacere conoscerti, Lightning. -

Rika si fermò e tornò indietro di un paio di passi, le porse la mano come aveva fatto solo pochi minuti prima. La donna gliela prese e la strinse nella sua convinta di trovare odio nel suo tocco. Ma la ragazza era rimasta gentile e sembrava solo molto divertita, come se avesse voluto prenderla in giro. Le si accostò e le bisbigliò qualcosa vicino al volto.

Poi con un sorriso sereno si voltò e, mentre si allontanava, Lightning rimase immobile a guardarla, indecisa se odiarla oppure rispettarla. Si era fatta da parte e le aveva detto quelle cose per spingerla ad essere più sincera con sé stessa oppure solo per divertimento? Era più confusa di quanto non lo fosse mai stata. Bussò alla porta e quando Hope arrivò ad aprirle, sorpreso ma sorridente di vederla in anticipo, ogni suo dubbio svanì.

 

“Prenditi cura di lui.

 

 

*~*~*~*~*

 

 

  Avevano pranzato in un locale non troppo distante dal centro della città, tra chiacchiere e sorrisi, poi Hope aveva deciso che non sarebbe tornato al lavoro e che invece si sarebbe preso il resto della giornata per stare con lei. Lightning si era opposta ma lui era irremovibile; era talmente raro saltasse il lavoro che nessuno avrebbe avuto nulla da obbiettare.

Così avevano deciso di passare il pomeriggio in città e il resto delle ore passò molto in fretta. Ma Lightning era strana, decisamente più silenziosa del normale e sembrava avere la testa da un’altra parte. Hope si rese conto che qualcosa non andava quando le prese la mano e non la vide reagire in alcun modo. Le poche altre volte che ci aveva provato l’aveva vista arrossire oppure evitare quel contatto e voltare lo sguardo. Adesso sembrava persa in mille pensieri.

  - Light, cos’hai? -

Erano rimasti in silenzio per parecchi minuti e la donna era così assorta che al sentire la voce del ragazzo si ritrovò ad arrossire. Guardò i suoi occhi verdì, sembrava preoccupato. Rimase in silenzio preda della confusione mentre il cuore le batteva così forte come se dovesse esploderle nel petto. Deglutì cercando di riprendere il controllo di sé ma si trovava in difficoltà, le parole di Rika le risuonavano ancora in testa. Era tutto il giorno che non pensava ad altro.

Era possibile che Hope provasse qualcosa di più della semplice amicizia per lei?

Certo le era capitato di pensarlo tre anni prima ed era uno dei motivi che l’aveva spinta ad andarsene. Ma era convinta che fosse stata solo una cotta passeggera, una sua idealizzazione, per questo aveva cercato di fermarla sul nascere…

Era mai possibile che si fosse sbagliata?

Di fronte al suo tentennamento Hope la chiamò ancora, inquieto. - E’ tutto il giorno che sei strana, cosa ti è successo? -

Lightning scosse la testa. - S-Sto bene, non è niente. -

Cercò di fargli un breve sorriso a cui il ragazzo rispose incerto. Si sentiva avvilito perché lei non voleva parlargli dei suoi problemi, non lo reputava ancora adatto per ascoltarla, non si fidava di lui.

Ripresero a camminare l’uno di fianco all’altra, entrambi silenziosi. Poi Lightning notò la sua mano stretta in quella di lui, le dita intrecciate. Quando era successo?

Avvampò e il primo istinto fu quello di sottrarsi a quel contatto ma, dopo qualche attimo di esitazione, questa volta non si tirò indietro.

La mano di Hope era calda, la sua stretta era forte e le donava una piacevole sensazione di benessere. La stessa mano che lei aveva addestrato a combattere adesso avrebbe saputo proteggerla davvero, poteva tenerla al sicuro. Si sentì improvvisamente tranquilla e quella calma la spinse a dire qualcosa che non avrebbe mai pensato di poter pronunciare.

  - Hope, cosa stiamo facendo? -

Il ragazzo si voltò a guardarla sorpreso di sentire la sua voce.

  - Stiamo passeggiando. -

Ma lei scosse la testa. - Non intendevo questo. -

Si fermò un istante e lo guardò negli occhi seria. - Noi, cosa stiamo facendo? - gli chiese ancora mentre spostava gli occhi dai suoi alle loro mani strette l’una nell’altra.

Ed Hope si sentì quasi mancare il respiro. Gli stava davvero chiedendo quello che credeva?

Perché ora, perché lì?

Non era pronto, nonostante si preparasse da quasi una vita non era pronto, non in quel momento, non in pieno centro circondati dalla gente. Esitò cercando di trovare lo stesso coraggio che aveva avuto tre anni prima ma che poi gli era venuto meno. Lightning lo guardava seria, sembrava non accorgersi di nessuno. Voleva sapere la verità, non le importava di chi potesse ascoltarli o vederli.

E all’improvviso, quasi il cielo volesse donare al ragazzo ancora un po’ di tempo, iniziò a piovere. Una scrosciante, torrenziale pioggia estiva.

Rimasero immobili, gli occhi negli occhi, mentre le persone attorno a loro correvano a cercare un riparo.

  - Non dovremmo stare qui, ci ammaleremo. -

Hope dovette quasi urlare per farsi sentire attraverso la fitta pioggia, vide Lightning annuire quindi si voltò e, sempre tenendole la mano, iniziò a correre.

 

*~*~*~*~*

 

  Era calata la notte e lei se ne stava immobile a fissare le stelle brillare accanto alla sua vecchia casa, Cocoon.

Serah le si accostò piano, temendo quasi di disturbarla, ma la sorella si voltò tranquilla. Per la prima volta dopo anni i suoi occhi apparivano sereni, liberi da ogni pensiero negativo. Le sorrise appena, felice di averla accanto, poi il suo sguardo tornò rivolto al firmamento.

  - Vi siete chiariti? - chiese la minore piano, quasi sottovoce. Sapeva che forse sarebbe entrata in un campo minato, ma doveva sapere.

Lightning annuì dopo qualche istante. - Direi di sì. -

Serah sospirò di gioia sorridendo felice. Era così sollevata di sapere che le cose si erano sistemate.

  - Non potrà mai tornare tutto come prima, ma è un inizio. - aggiunse la maggiore smorzando un po’ il suo entusiasmo.

  - In fin dei conti eri andata via perché non sopportavi l’idea di tenerlo legato a te. Temevi che non sarebbe mai cresciuto per causa tua così hai voluto lasciarlo a cavarsela da solo. E lo ha fatto, è cresciuto ed è andato avanti, ma ti vuole ancora bene. -

Lightning guardò la sorella stupita, come aveva fatto a capire tutto questo?

  - Per di più, non accettavi quel che provavi per lui, ti eri convinta che non fosse giusto, te ne incolpavi. E pensavi che, andandotene, saresti riuscita a sopprimere ogni sentimento. - la più giovane si fermò un istante per restituire lo sguardo alla sorella maggiore. - Giusto? -

  - Come l’hai capito? -

Serah sorrise. - Sono tua sorella, ti conosco meglio di quanto tu creda. -

Lightning sospirò incredula e la ragazza continuò. - Ci sei riuscita? Sei riuscita a soffocare quel che provavi? -

La donna la guardò fisso per qualche istante non sapendo cosa rispondere.

  - Sei innamorata di lui? - chiese ancora la più giovane.

Lightning rivolse lo sguardo nuovamente alle stelle e per Serah, quel silenzio, significò molto di più di qualsiasi risposta che avrebbe mai potuto darle.

 

*~*~*~*~*

 

  Arrivarono a casa di Hope una decina di minuti dopo, completamente inzuppati dalla pioggia che, nel frattempo, si era trasformata in un vero e proprio temporale.

Lightning guardò per un istante il suo riflesso nello specchio del bagno dove si era rintanata ormai da parecchi minuti. I capelli bagnati le ricadevano sul viso e quel leggero trucco che Serah le aveva applicato le aveva lasciato macchie scure sotto gli occhi. Arrossì nello scoprire che la camicetta, completamente zuppa, era diventata trasparente lasciando intravedere la biancheria sottostante. Fortunatamente il ragazzo aveva avuto l’accortezza di darle alcuni indumenti che erano appartenuti alla madre e forse il motivo non era stato solo la preoccupazione che lei potesse ammalarsi.

Si asciugò in fretta, pulendosi via il trucco dal viso, ed indossò un paio di pantaloncini scuri e una camicia leggermente larga. Mentre allacciava i bottoni si chiese se fosse giusto indossare cose appartenute ad una persona che non esisteva più, ma era stato Hope a dargliele, e se lui era d’accordo perché lei doveva farsi qualche problema?

Dopo essersi asciugata alla buona i capelli si guardò nuovamente allo specchio sentendosi nervosa. Perché all’improvviso non riusciva ad uscire da quella stanza? Fissò gli occhi azzurri riflessi che la guardavano quasi impauriti. Lei, un ex soldatessa del Sanctum, una l’Cie che era riuscita a liberarsi della propria maledizione, abituata a combattere mostri feroci, era intimorita da un ragazzo. No, non era nemmeno quello, era di se stessa che aveva paura, non sapeva come comportarsi. Prima, per strada, era stata così decisa, era stata sicura di voler sentire la verità ma adesso iniziava a pentirsi di aver fatto quella domanda. Adesso aveva paura di quella risposta.

Hope bussò piano alla porta. - Light, va tutto bene? -

Lei sobbalzò nel sentire la sua voce guardando la porta allarmata. Da quanto tempo era rinchiusa in quel bagno?

  - S-Si, ho quasi finito. - balbettò mentre la voce la tradì tremando appena.

Sentì i passi del ragazzo mentre si allontanava nel corridoio lasciandola di nuovo sola con i propri pensieri. Lightning rivolse ancora il proprio sguardo nel riflesso di se stessa.

Va tutto bene, stai calma.

Hai affrontato cose ben peggiori di questa.

Se dovesse mettersi male, puoi sempre scappare dalla finestra.

No, quella era veramente un’idea stupida. Come poteva esserle venuto in mente? Forse la troppa vicinanza con il cognato stava iniziando ad influire anche su di lei.

Sospirò cercando di liberarsi della tensione, poi uscì aprendo piano la porta. Dei rumori provenivano dalla sua destra, alla fine del corridoio, in cucina. Cercò di mantenere un’espressione indifferente mentre, in silenzio, raggiungeva il soggiorno. Dopo svariati istanti di tentennamento decise di sedersi sul tappeto, le gambe incrociate e lo sguardo fisso sulle gocce d’acqua che sbattevano contro il vetro della finestra. Il cielo, nonostante fosse appena tardo pomeriggio, si era scurito a causa del temporale che faceva illuminare le nuvole di lampi e fulmini quasi come una lampadina rotta.

Era talmente assorta che non si rese subito conto del ragazzo che si era seduto dall’altra parte del tappeto. La guardava fisso e le porgeva una tazza piena di un liquido fumante.

Lightning arrossì non appena si accorse della sua presenza e il battito del suo cuore le sembrò impazzito quando sfiorò le sue dita nel tentativo di afferrare l’oggetto con disinvoltura.

  - Ho pensato che fossi infreddolita e che un the bollente potesse farti bene. -

Le sorrise e lei si ritrovò a fissarlo per più tempo del dovuto. Lui se ne accorse chiedendosi cosa le prendesse e alla fine di quello scambio di sguardi silenzioso la donna si ritrovò a guardare intensamente il liquido nella tazza fra le sue mani, imbarazzata. Finse di trovare interessante osservare il vapore che creava delle spirali impalpabili ma, di tanto in tanto, non poteva evitare di alzare lo sguardo come per assicurarsi che il ragazzo fosse ancora lì. Mandò giù un sorso mentre continuava a ripetersi di stare calma, che era soltanto Hope e non c’era alcun motivo per essere così agitata, che gli sarebbe sembrata una svitata se avesse continuato a comportarsi così.

Da una parte voleva riprendere il discorso di prima ma, dall’altra, si sentiva troppo nervosa per farlo. Però doveva assolutamente dire qualcosa, non poteva restare in silenzio per sempre.

  - Tuo padre dov’è? -

Perfetto, adesso sembrava volesse fargli il terzo grado come il soldato che era.

Il ragazzo la guardò stupito di sentirla spezzare il silenzio per prima. - E’ fuori per lavoro, tornerà fra un paio di giorni… o almeno così dice un biglietto sulla cucina. -

Lightning lo guardò senza capire.

  - Non torno spesso a casa. - aggiunse lui sperando che potesse bastare. Non aveva affatto voglia di sentire una delle sue ramanzine su quanto fosse importante che avesse una vita al di fuori del lavoro. Era una storia che aveva già sentito da tutti, persino da Serah.

Ma la donna non sembrava intenzionata a fargliene una e ripiombò nel suo solidissimo silenzio. Hope la guardò mentre sorseggiava il the troppo caldo intenta a guardare fuori dalla finestra, il temporale che illuminava il suo viso di tanto in tanto, i capelli ancora umidi di pioggia. E per l’ennesima volta si ritrovò a pensare a quanto fosse bella, a quanto lo fosse sempre stata, così inconsapevole di esserlo, di suscitare in lui pensieri che andavano ben oltre il puro sentimento di amicizia. La consapevolezza arrivò chiara e veloce come il fulmine di cui lei portava il nome.

La desiderava ed era questa l’unica realtà che conoscesse, nemmeno la lontananza era riuscita a cambiarlo.

Voleva abbracciarla, stringerla, sentire il calore del suo corpo.

E durante quelle settimane passate quasi sempre insieme, come per recuperare il tempo perduto, quel desiderio era aumentato. Si era detto che forse, forse anche lei poteva riuscire a provare qualcosa. Per questo, qualche giorno prima, aveva detto chiaramente a Rika che non poteva più stare con lei. Non era giusto e avrebbe solo continuato a farle del male, non se lo meritava. Rika lo aveva aiutato ad uscire dal suo torpore, lo aveva amato nonostante sapesse di non essere ricambiata eppure era rimasta in silenzio, quieta aspettava. E alla fine l’aveva ferita ancora, per l’ultima volta, non voleva più farlo.

Il luccichio di un lampo rifletté l’argento del braccialetto che Lightning portava al polso, gli sembrò quasi di sentire i ciondoli tintinnare fra loro. Il suo regalo.

  - Da quanto tempo lo indossi? - chiese curioso. Era stato non appena si erano chiariti? Ma no, lo portava già quel giorno, sulla spiaggia…

Lei fu presa alla sprovvista, poi capì ciò a cui si stava riferendo il ragazzo. Sfiorò uno dei pendenti mentre, arrossendo ancora, lo guardava fisso negli occhi.

  - L’ho messo appena partita e da allora non l’ho più tolto. -

Il cuore di Hope mancò un battito.

Aveva pensato di lei così tante cose cattive nel corso di quei tre anni, ci aveva provato ad odiarla, per assurdo l’aveva incolpata di essere la causa del suo malumore costante. L’aveva accusata di averlo abbandonato senza una ragione, di non riuscire a provare nessun tipo di sentimento, di essere fredda e immune alle emozioni. L’aveva odiata, solo Etro sapeva quanto ci avesse provato e se ne fosse convinto ed aveva accettato Rika nella sua vita solo per dispetto, per una sorta di vendetta personale, per ripicca a dimostrazione del fatto che a lei non ci pensava più. E adesso si sentì sommerso da innumerevoli sensi di colpa, era evidente che avesse pensato a lui, forse con sofferenza, mentre si obbligava a stare lontana da casa. Come al solito lui non aveva capito niente, proprio niente.

  - Perché? -

Gli occhi di lei indugiarono sul suo viso confusi, quasi tristi.

  - Perché sei andata via, Light? - specificò il ragazzo guardandola intensamente. - Ho bisogno di sapere la verità, ti prego. E’ stato a causa mia, di come mi sono comportato… quel giorno? - esitò sulle ultime parole non troppo sicuro che fosse stato davvero quello il problema, anche se ci aveva pensato e, inizialmente, se n’era incolpato.

Alla donna mancò quasi il respiro, gli occhi verdi di lui brillavano quasi lucidi, la stava implorando di dirgli la verità, quella verità che aveva celato persino a se stessa. E d’improvviso una cascata di sentimenti le esplose nella mente, quelle emozioni che aveva cercato per così tanto tempo di soffocare, perché la rendevano fragile, debole, e lei non poteva, non doveva. Si era trattenuta così tanto, per quasi tutta la sua vita, per il bene di Serah, per il bene di Cocoon, per lo stesso bene di Hope. Ma adesso non voleva più farlo, cosa c’era di male nel mostrarsi fragile davanti a lui? Come poteva farla soffrire più di quanto non facesse lei stessa?

Non spostò lo sguardo dai suoi occhi mentre, in un sussurro lieve appena udibile, per la prima volta gli dava la possibilità di accedere al suo cuore, alla sua mente, alle sue emozioni da sempre celate dietro una finta maschera fredda e indifferente, forte e combattiva.

  - E’ stato per colpa mia, per quello che provavo e che non potevo, non dovevo provare. -

La voce le tremava e sembrava sul punto di piangere. Hope non l’aveva mai vista così, mai, in tanti anni che la conosceva, persino nelle situazioni più disperate, persino quando credeva che Serah fosse perduta. D’improvviso sembrava giovane e indifesa, non era la donna forte su cui tutti facevano affidamento. Non era un soldato, un l’Cie, una ricercata, un’assassina. Era semplicemente una ragazza impaurita da se stessa. Voleva correre da lei, stringerla e confortarla ma si trattenne, doveva lasciarla libera di spiegarsi, doveva concederle un po’ di tempo in più. Capì lo sforzo che stava facendo nel cercare di aprirsi accontentando la sua richiesta egoista di conoscere la verità. Perciò non rispose, rimase in silenzio ma non smise mai di guardarla cercando di leggerle dentro, attraverso gli occhi chiari. Lightning si sentì confortata da quella sua discrezione a non interromperla, a darle lo spazio di cui aveva bisogno. E ora più che mai sentiva che poteva davvero dirgli ogni cosa.

  - Mi sono sempre comportata come una madre o una sorella maggiore ma io, non riuscivo più a sentirmi tale. Non ci riuscivo più e quando ho realizzato verso cosa stavano andando a trasformarsi questi sentimenti, ne ho avuto paura. Perché era sbagliato, non era giusto. - fece una pausa, la voce le tremava, troppo. - Non potevo coinvolgerti di più, non potevo permettere che sapessi, che gli altri sapessero. Cosa avreste pensato di me? Perché provavo quel tipo di sentimenti per un ragazzo così tanto più giovane? Mi sentivo un mostro, così… così me ne sono andata. -

Non si accorse di non avere più fiato in corpo, aveva parlato in fretta e in modo sconnesso, la voce appena udibile. Hope continuava a guardarla e adesso sapeva, sapeva, e l’avrebbe giudicata e disprezzata, ed era questo che non riusciva a sopportare. Si nascose il viso fra le mani cercando conforto in un’oscurità illusoria. Avrebbe voluto portarsi quel segreto per sempre nascosto dentro di sé, avrebbe preferito che lui non glielo avesse mai chiesto eppure era egoista perché sapeva che avrebbe potuto mentirgli, una bugia credibile, una qualunque. Invece gli aveva detto tutto perché una piccola parte di lei sperava che capisse, che la perdonasse.

Trattenne il respiro quando sentì le braccia del ragazzo stringerla, attirarla a sé, dolci, leggere. La cullò appena mentre le accarezzava i capelli rosati e la schiena, Lightning sentì il battito del suo cuore, calmo, rilassato. Quell’abbraccio era così rassicurante.

  - Non sei un mostro. -

Lei parlò contro di lui quasi soffocando le parole. - Lo sono invece. Puoi disprezzarmi se vuoi. -

  - Perché dovrei? - disse lui con una semplicità tale da lasciarla in silenzio per qualche istante. Perché non la odiava?

  - Ti sei tenuta dentro tutto questo, hai cercato di agire nel giusto e sei rimasta in silenzio mentre soffrivi. Sei così forte. -

La donna scosse la testa e si allontanò per guardarlo. - No, non capisci. Io sono debole, sono così lontana da quello che tu credi. Non sono forte, non sono coraggiosa, non sono perfetta. -

Hope sgranò gli occhi. - Ma non capisci, Light? E’ proprio perché non lo sei che ti amo. -

Quelle parole restarono sospese fra di loro, sembrava che risuonassero nel silenzio della stanza in penombra. Lightning non riuscì a rispondere, rimase silenziosa cercando di afferrare il vero significato di ciò che lui le aveva appena detto. La amava? No, non era possibile che la amasse, lui non sapeva cosa si celasse dentro di lei. Non lo capiva e, non appena se ne fosse reso contro, l’avrebbe disprezzata, l’avrebbe allontanata, lo sapeva ne era certa.

  - Ascoltami. - continuò lui cercando la sua attenzione. - Forse un tempo c’era un ragazzino che, preda di una folle idea di vendetta, seguì una donna perché lo rendesse forte. E lei era davvero unica perché era combattiva, tenace, fredda. Non si faceva mai sopraffare dai sentimenti, non aveva legami. Non era fragile e non si guardava mai indietro. Lui la ammirava, da lontano, in silenzio. Poi capì che lei si nascondeva dietro una maschera, che sapeva essere gentile, che era la sua fragilità inespressa a renderla forte. Non era perfetta come l’aveva idealizzata inizialmente, e l’ammirazione si trasformò in qualcos’altro, qualcosa di più forte. -

Hope aveva parlato lentamente, cercando di soppesare ogni parola, provando a farle capire cosa provasse ma gli sembrava che le parole non bastassero mai. Gli pareva persa e confusa, come se si fosse preparata per anni a qualcos’altro, ad altre parole. - Light, tu non sei perfetta è vero, ma chi lo è? Non devi esserlo per forza, non più. - le alzò il mento costringendola a guardarlo, occhi azzurri riflessi in occhi verdi. - Non devi vergognarti di questo, o di quello che provi o del solo fatto che lo provi. Non devi fingerti quella che non sei perché credi di non essere mai abbastanza. Ho visto la tua forza, la tua gentilezza, il meglio e il peggio di te. E quando dico che ti amo non è perché io credo tu sia perfetta, o perché lo pensano gli altri, non dipende da me. Io amo quello che sei e devi solo imparare a vederlo anche tu. -

Le scostò i capelli dalla fronte e la baciò. La sua pelle era fresca, morbida, dolce.

  - Ma Hope, io non ne sono capace… - iniziò lei incapace di continuare.

Allora lui la guardò ancora, fragile e bellissima.

  - Non si tratta di essere capaci o no. -

Glielo disse a un soffio dalle sue labbra, deciso, dandole quasi il tempo di sottrarsi se avesse voluto. Ma lei non si mosse.

Si baciarono piano, senza incertezze, con le lacrime di lei ancora intrappolate nelle sue ciglia scure. Il temporale aveva smesso d’infuriare e nemmeno si accorsero delle tinte color arancio che sfumavano il cielo mentre il sole, lentamente, tramontava.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Autrice: Ebbene sì, sono ancora viva.

Mi dispiace di averci messo un po’ di più ad aggiornare, sono stata presa da un mare di cose personali, e insieme mi è totalmente calata la voglia di scrivere. Perciò vi do un’altra brutta notizia… non so quando aggiornerò il prossimo capitolo. Spero entro breve visto che comunque è praticamente finito, ma non ne ho idea.

Detto questo passo a farvi il mio commentino su questo capitolo.

Ragazzi, RAGAZZI… questo è IL CAPITOLO.

Punto, ciao ciao.

Finalmente, come si dice a Zena da me… ghe l’emmu faeta! ( trad. ce l’abbiamo fatta! )

Ci è voluto un po’, forse un po’ tanto per chi mi segue dall’inizio, ma eccoli lì. Guardateli ( immaginateli ) quanto sono belli, implodo d’ammore.

Ho controllato e modificato questo capitolo così tante volte che se lo tenevo nel pc ancora un po’ cambiava direzione. Forse è il capitolo nella quale mi sono impegnata di più fino ad ora, perché volevo uscisse tanto di loro, soprattutto volevo che fosse Lightning finalmente a uscire fuori e a dire tutto quanto.

E Rika, vabbè che le voglio bene lo sapete e sono davvero felice che vi ci siate affezionati anche voi ( lo spin-off si farà vi avverto ) perché è così buona, forse troppo in effetti, ma credo sia proprio per questo che ci piace.

E devo parlarvi di Hope oppure avete capito quanto sia affezionata a lui? La sua dichiarazione è così bella, così, così… waaaa ç_ç non posso credere mi sia uscita così bene.

Adesso basta parlare, lascio la tastiera a voi.

E’ un momento molto delicato perciò davvero, se passate di qui, impiegate un minuto per scrivermi cosa ne pensate, ci tengo davvero tantissimo ç___ç

Grazie e ci leggiamo al prossimo aggiornamento.

 

KEEP CALM and SHIP HOPERAI <3

 

Selhin

 


The One Hundred Prompt Project
   
 
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