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Autore: _MartyK_    07/10/2016    1 recensioni
#markson
Mark Tuan è un hikikomori: da quando aveva sedici anni vive rinchiuso nella sua stanza, non curandosene del mondo esterno e della realtà. E' timido, perennemente imbronciato e un tantino scontroso con chiunque gli rivolga la parola. I suoi genitori hanno provato a farlo convivere con alcune ragazze in affitto, ma purtroppo non ha funzionato, così chiedono l'aiuto di un... ragazzo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati due giorni da quando Mark aveva ricevuto quell'anonimo messaggio.
Due giorni di totale confusione e indecisione. Insomma, dirlo a Jackson oppure no?
Non voleva insospettirlo inutilmente, e se magari fosse stato qualche idiota che si divertiva a fare cazzate agli armadietti degli altri?
Anche se, a pensarci bene, non si era accorto di aver visto cose del genere sugli altri armadietti, solo il suo accoglieva puntualmente scritte poco educate.
La storia stava diventando sempre la stessa, finiva la ricreazione (o la pausa pranzo, a seconda degli intervalli) e c'erano i messaggini.
Si guardava intorno e alcuni ragazzi lo guardavano e ridevano. All'inizio credeva di essere pazzo, mica l'intera scuola poteva averla con lui, eppure la situazione stava andando avanti già da quarantotto ore.



Aveva appena varcato la soglia dell'ingresso scolastico, si strinse nel suo zaino e proseguì a passo svelto, aggiustandosi gli occhiali sul naso di tanto in tanto.
Era un gesto che faceva quando era nervoso o imbarazzato.
Quel giorno aveva detto a Jackson di voler andare a scuola da solo, senza che dovesse essere accompagnato per forza da lui. Un miracolo, può pensare chiunque conoscesse almeno un po' la sua storia. E invece no.
Fece per aprire il suo dannato armadietto, quando lo trovò tapezzato di fogli e pezzi di chewing-gum masticate.
Doveva ammetterlo, c'era scritto di tutto lì.

Frocio. Emo. Depresso. Ammazzati. Fai schifo. Secchione di merda. Tagliati. Muori.

La lista era così lunga che avrebbe continuato fino alla mattina del giorno dopo. Seriamente, quel coso era irriconoscibile: da rosso che era si ritrovava bianco candido. Non erano le solite scritte, i soliti insulti, era peggio. Forse quel giorno avevano superato il limite.
Strinse le mani in pugni fino a sbiancare le nocche e abbassò il capo. Le lacrime minacciavano di scendere e solcare il suo pallido viso, fece di tutto per trattenerle.
Non voleva dar loro anche questa soddisfazione.
Strappò via tutte le carte e tutte le chewing-gum spiaccicate sulla superficie liscia dell'armadietto. Le buttò a terra, le pestò e ci sputò sopra, imprecando in qualche lingua sconosciuta e lasciandosi scappare qualche ringhio di rabbia. Era incazzato nero.
In corridoio c'era un silenzio tombale anche se pullulava di gente. Sapeva di essere osservato.
D'un tratto si sentì prendere per i capelli e gemette per il dolore.
Provò ad urlare e chiedere aiuto, ci provò davvero, ma qualcuno glielo impedì tappandogli la bocca con una mano.

- Quindi ti credi così importante da ignorare le mie opinioni su di te, eh- esordì una voce chiaramente sarcastica. Delle risate fastidiosissime rimbombarono nelle orecchie di Mark.

- Tuan, permettiti un'altra volta di fare 'ste scenate davanti a tutti e me la pagherai cara!- esclamò la stessa voce.
Il ragazzo lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di lui. Finalmente il biondo ebbe il piacere di vedere la faccia dello stronzo che gli dava tanta noia.
Alto, molto alto, i capelli mossi e arruffati si avvicinavano ad un colore simile al biondo scuro, lo sguardo malvagio e perennemente incazzato, le spalle grandi due volte quelle di Jaebum e una canottiera con su scritto il numero 10.
Era circondato da altri tre ragazzi, tutti della stessa altezza. Sembravano i Men in Black.
Mark gli lanciò un'occhiataccia delle sue, con tanto di 'non rompermi le palle'. Beh, molto coraggioso da parte sua, il problema è che ciò scatenò la furia terribile di quei quattro idioti.
Il ragazzo che aveva di fronte spostò le mani dalle spalle al colletto della camicia, lo tirò su e quasi lo sollevò da terra. Gli si avvicinò pericolosamente e ringhiò.

- Che cazzo hai detto?- sibilò a denti stretti.

- Non devi rompermi le palle- ripetè freddo il biondo.
E fu a quel punto che ricevette un pugno in pieno viso. Mark urlò dal dolore e portò automaticamente le mani sul viso.
Un altro tizio gli tirò due pugni alle tempie, stordendolo. Cadde a terra come una pera cotta, in ginocchio.
Tutti e quattro iniziarono col tirargli calci ovunque, chi alle costole, chi all'addome e chi addirittura alla nuca. Dove cazzo era Jackson quando serviva?!
Continuarono così per cinque minuti buoni, i più orrendi della sua vita. Intanto si era pure formato un capannello di persone alle loro spalle, tutti a guardare in silenzio la scena.
Non volava una mosca e anzi, qualcuno faceva il video per poi postarlo sui social. Evidentemente non avevano ancora l'intenzione di commettere un omicidio in un luogo pubblico, perchè appena si resero conto di averlo massacrato abbastanza, si allontanarono come se niente fosse, sebbene le loro maglie fossero sporche di sangue. Mark tenne spalancate le palpebre ancora per poco, giusto il tempo necessario per vedere chi erano. I loro nomi erano scritti dietro le canottiere che indossavano.
La vista era confusa e appannata, nella rissa aveva perso gli occhiali, ma un nome riuscì a leggerlo perfettamente: Yugyeom.






* * *







Quando riaprì gli occhi si trovava in infermeria, disteso su un minuscolo letto. Sbattè velocemente le palpebre e guardò a destra e a sinistra.
Si tirò su ma cadde all'indietro con la testa sul cuscino. Era troppo debole e tutto intorno a lui girava.

- Rilassati, sei ancora sotto shock- disse quella che avrebbe dovuto essere la voce dell'infermiera. In effetti la sua voce era melodiosa e rilassante, adorava le donne così. Sbuffò e sospirò, coricandosi su di un fianco.

- Come sono finito qui?- domandò, più a se stesso che all'unica persona presente in quella stanza.

- Un ragazzo ti ha trovato svenuto per terra e ti ha portato qui da me- rispose come un'automa l'altra. Mark sgranò gli occhi all'inverosimile.

- Un ragazzo? Chi? Sa per caso il suo nome?-
Il suo pensiero andò direttamente a Jackson.

- Uhm non mi ricordo... Jay, Jack, qualcosa del genere. Sai, ogni giorno vengono un sacco di ragazzi qui. Chi per saltare le lezioni, chi per la febbre eccetera- ridacchiò la donna.

- E' Jackson?- provò il biondo.

- Sì esatto! Jackson!-
Si mise una mano in fronte e borbottò qualcosa di incomprensibile, di sicuro non complimenti. Nello sfiorare il naso si lasciò sfuggire un gemito di dolore.
L'infermiera si voltò verso di lui.

- Oh non toccare, è rotto! Dopo i tuoi genitori dovranno portarti all'ospedale- spiegò.
Perfetto, un barlume di speranza si era fatto strada nel suo cuore, fino a ricoprirlo e cancellare tutto ciò che di sbagliato c'era in lui, e un'altra volta si ritrovava al punto di partenza. Il mondo non era un bel posto, in quei due anni era rimasto il solito schifo galattico.
I sogni erano più belli, la fantascienza era più bella, peccato che non esistevano. Di conseguenza la felicità non esisteva.
Voleva andarsene, un magone salì e torturò la sua gola. Aveva l'irrefrenabile voglia di chiudersi in camera sua e non uscire mai più.
Poteva pure morirci, a lui non avrebbe fregato un cavolo.





Non seppe da quante ore stava in camera sua, sotto il piumone. Verso le undici era andato con i suoi in ospedale a farsi medicare per bene, Simone gli aveva chiesto cosa fosse successo e se l'era cavata con un 'sono inciampato e sono caduto dalle scale'.
Per fortuna o sfortuna i suoi se la bevvero, eppure in quella scuola all'ingresso non c'erano scale, nè doveva farle per andare in classe.
Si era rifiutato di pranzare ed era filato direttamente in quel buco di stanza. Di Jackson nessuna traccia.
Stava accarezzando il pelo morbido del suo peluche preferito, quando sentì bussare alla porta.
Sbuffò, di sicuro era sua madre che voleva sapere come mai fosse cambiato di punto in bianco.

- Non voglio parlare con nessuno!- urlò da sotto le coperte, la voce era ovattata e dall'altra parte della porta si poteva capire poco e niente.

- Mark, sono Jackson. Apri per favore-
Soltanto a sentire il nome di quello gli salì la bile in gola. Dio, se lo odiava.
Com'è che si faceva vivo sempre nei momenti più inopportuni?!

- Vaffanculo!- esclamò, questa volta facendo sì che la voce si sentisse forte e chiara.

- E dai muoviti ad aprirmi. Devo parlarti- provò il moro, senza ottenere risultati soddisfacenti.

- Devo sfondare la porta? Apri-
Il biondo scese dal letto e mise un orecchio attaccato alla porta, mordendosi esitante il labbro inferiore.

- Te ne puoi anche andare, non ho bisogno di te e ah, dimenticavo... in quella scuola di merda non ci metterò più piede!- disse.
Jackson stette zitto, ascoltando attentamente le parole del ragazzo. La voce era molto vicina, segno che stava a pochi centimetri di distanza da lui.
Sospirò e si accasciò a terra, portando le gambe al petto e circondandole con le braccia. Mark fece inconsapevolmente la stessa cosa.
La porta era davvero l'unico ostacolo che li divideva, altrimenti era come se stessero schiena contro schiena.

- Sei ancora qui, vero?- chiese il moro a bassa voce, quasi in un sussurro. Mark non rispose. Poggiò la testa sulle ginocchia e chiuse gli occhi.

- Se non mi apri aspetterò qui tutto il giorno, anche a costo di dormire seduto- affermò imbronciato. Dall'altra parte non si sentì ancora nulla.
Jackson cominciò ad innervosirsi.

- Mark Yien Tuan, prova a tenermi il muso ancora per molto e ti...- venne interrotto dalla porta spalancata e si ritrovò immediatamente sdraiato a terra, con il volto di Mark che l'osservava curioso.
Sgranò gli occhi e dischiuse la bocca, cercando le parole giuste per formulare una frase di senso compiuto.

- Che hai fatto al naso?- domandò indicandoglielo col braccio alzato verso di lui. In risposta ricevette una scrollata di spalle.

- Non te lo ricordi? Eppure mi hanno detto che sei stato tu a portarmi in infermeria- borbottò roteando gli occhi al cielo.
Jackson tirò un sorriso imbarazzato, per poi tirarsi su e incrociare il suo sguardo.

- Già. Devo ammetterlo sei pesante pur dimostrando di pesare trenta chili scarsi- ridacchiò.
Mark invece non rideva, se ne stava a braccia conserte con una smorfia di disappunto.

- Mi hai preso in braccio?- chiese assottigliando gli occhi. Jackson annuì come se fosse ovvio.
Fece per entrare in camera ma il biondo glielo impedì pestandogli un piede. I loro visi erano vicinissimi, gli aliti si mischiavano e gli occhi si scrutavano a vicenda.
In un altro momento Mark sarebbe sicuramente arrossito, ma in quello se ne stava impassibile.

- M-mi fai entrare?- ora era Jackson quello in imbarazzo. La mente di Mark stava facendo i salti di gioia senza un vero perchè.
Tolse il piede da quello del ragazzo e lasciò libero il passaggio. Mark andò a buttarsi a peso morto sul letto e si rotolò tra le coperte, standosene a pancia in giù.
Jackson si sedette sul materasso, in cerca di spiegazioni.

- Puoi prendere per il culo i tuoi genitori quanto vuoi, ma a me no, quindi dimmi chi ti ha fatto quella cosa sul volto- esordì indicando il livido violaceo che si era andato a formare intorno all'occhio destro.
Il biondo abbassò lo sguardo e ritornò con la testa sul cuscino.

- No no no, tu mi rispondi e basta- continuò cocciuto l'altro, stavolta prendendolo per le spalle e passando un pollice sulla sua guancia.
Mark deglutì a vuoto, fissando i suoi occhi nocciola. Il fatto è che non voleva fissarli, voleva distogliere il suo sguardo ma non ci riuscì.
Il viso del moro era troppo vicino al suo.

- Non me lo ricordo... erano quattro persone e mi stavano ammazzando- bofonchiò. Jackson alzò un sopracciglio.

- Quindi mi stai dicendo che hai altri lividi?-
Mark fece per rispondere ma venne preceduto.

- Levati il pigiama-

- Eh?!-

- Levati il pigiama. Voglio vedere dove ti hanno fatto male- precisò l'altro.
Con uno sbuffo, il biondo cedette e si levò la parte superiore del pigiama, mostrando un petto glabro e poco scolpito.
Solo in quel momento si rese conto di essere troppo magro.
Aveva lividi e taglietti ovunque: al petto, alle costole, all'addome. Perfino al basso ventre.
Jackson passò l'indice su un livido all'altezza del petto, sfiorandoglielo lentamente. Mark sussultò al contatto e gli venne la pelle d'oca, la mano di Jackson era ghiacciata. Si morse il labbro inferiore, trattenendo il respiro.
Il moro alzò lo sguardo.

- Ti fa male?- chiese. Mark annuì.
Jackson si avvicinò al petto del ragazzo, fin troppo per i gusti dell'altro e poggiò le labbra proprio dov'era il livido.

- Che stai facendo?- il viso di Mark era bordeaux.

- Così ti passa la bua- fece l'altro.

- Ma sei scemo? Non ho tre anni!-

- Smettila...- il moro continuò, baciando e sfiorando tutti i lembi di pelle con lividi. A Mark quasi piacque, si stava rilassando.
E le labbra di Jackson erano morbide e umide.

- Fai così con tutti quelli che si rinchiudono in camera per anni?- domandò sarcastico. Jackson posò l'ennesima volta gli occhi su quelli dell'altro.

- No, questo trattamento è riservato solo a te- sghignazzò.

Dopo aver medicato le ferite di Mark, il moro disse che poteva tranquillamente rivestirsi. Stettero senza dire una parola per un po', imbarazzati.

- Senti... ti va di venire in discoteca domani sera?-



***
annyeong! Marty ritorna di nuovo xD ed ecco che ora si sa chi è il bulletto che massacra Mark, ma credetemi che sotto sotto ha un motivo - un po' infantile, ma c'è -. Se dovessi dare un titolo al capitolo probabilmente sarebbe 'Le richieste idiote di Jackson Wang' solo per l'ultima parte XD cooomunque spero che anche questo coso vi piaccia e uhm... credo che scomparirò come al mio solito, quindi adiosssss baci _MartyK_ <3
   
 
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