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Autore: _MorgenStern    09/10/2016    1 recensioni
La Metropoli non li ama, la Periferia non è abbastanza.
La legge non è giusta, i sentimenti non seguono ragione.
Scappare è estenuante, vivere è una sfida.
Non conoscono la libertà, ma possono crearla.
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[Droid!Shiro/Keith]
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{ Una CyberPunk!AU di Voltron che aggiorna. Ogni tanto.
Rating soggetto a modifiche.
Ispirata principalmente alle canzoni di Scandroid. }
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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In my memory the past is fading
The future has been redesigned
It’s hard to focus on it when I’m running out of time…

 

 

Keith, ma sei matto?” il tono del ragazzo più grande è pregno di esasperazione, mentre illumina un’altra volta il ritrovamento che l’ha fatto correre come un pazzo per le strade della Periferia fino al vecchio magazzino in disuso e che l’ha lasciato più che sorpreso.

Keith non ha dato molte spiegazioni nella sua comunicazione, ma sia Hunk che Pidge sanno perfettamente che il tono con cui ha spiaccicato quelle poche parole significa roba importante.

“Non avevi detto che fosse così…grosso, accidenti! Sarà impossibile portarlo alla base senza farsi scoprire!”

“Dov’è Lance?” il tono di Keith è irritato al solo pensiero dell’amico non presente.

“…non era ancora arrivato, credo abbia avuto problemi con l’uscita…” la risposta di Hunk è quasi involontaria, dato che lui sta ancora cercando di capacitarsi di cosa ha davanti. Nemmeno Keith ce l’ha ancora fatta, nonostante non abbia staccato per un secondo gli occhi dal pezzo di metallo bianco e da quello che vi è attaccato.

Un droide.

Un droide talmente ben costruito da fargli temere di aver trovato un uomo morto su una pila di rottami, tradito solo da quell’unico pezzo di metallo in vista: il riflesso causato dalla torcia quasi un’ora prima è quello di un braccio meccanico, modellato così bene da adattarsi perfettamente al resto del corpo su cui si trova fuso nonostante non sia ricoperto del costoso silicone che riveste le parti visibili delle altre superfici.

“Non possiamo lasciarlo qui” quella di Keith non è un’opinione, è un ordine. “Hunk, ci ho messo dieci minuti a capire che non era un uomo. Un pezzo solo di questo coso e siamo ricchi fino all’anno prossimo. Tutti i pezzi e non dovremo più rubare finché non moriremo.”

Hunk sa perfettamente che Keith ha ragione, ma la sola idea di correre per le strade con un droide del genere sulle spalle lo terrorizza. Già lui non è particolarmente veloce, figurarsi mentre trasporta un robot alto quanto lui che sembra un essere umano fatto e finito…

“…non credo che sia una buona idea portarlo in due…voglio dire, senza Lance siamo scoperti e-”

Il ringhio sommesso che esprime l’irritazione del compagno è abbastanza per far tacere Hunk.
“Fanculo Lance, non avrà un centesimo da questo prelievo. Sollevalo e andiamo, è un miracolo che non ci abbiano ancora trovati.”

Il mormorio di protesta di Hunk viene ignorato e questi si ritrova a sollevarsi sulle spalle il droide, mentre Keith, spenta la torcia, si sposta verso le uscite per controllare la strada verso casa. Un’occhiata all’amico che è riuscito nel suo compito – pare che il carico sia all’incirca pesante quanto un uomo di quella taglia – e inizia il viaggio per evitare le pattuglie.

 

 

Controllo, corsa, segnale di via libera, controllo alle spalle.

La sequenza viene ripetuta come all’infinito, interrotta solo da un paio di pause che i due si concedono per riposare i muscoli del più alto. Hunk non è rapido, ma la sua forza è almeno il doppio di quella di Keith e senza di lui i carichi più grossi non arriverebbero alla base. Inutile contare sull’aiuto di quell’imbecille di Lance: le sue innumerevoli giustificazioni non sopperiranno alla sua assenza in quest’ennesima missione, non per Keith, nossignore.

 



La porta della base si apre ben prima che i due ragazzi vi arrivino vicino: l’attivazione è manuale e Pidge sta osservando attentamente, grazie a una decina di microcamere, ogni possibile entrata di quella che Keith chiama casa.
Un’enorme sala di una vecchia conceria, che sa ancora di tintura e cuoio nonostante nulla di tutto ciò sia presente da decenni, sostituito gradualmente dalla polvere e, di recente, dalle attrezzature dei suoi nuovi occupanti: monitor, tavoli da lavoro retroilluminati, lampade al neon a bassa emissione luminosa e utensili di tutte le dimensioni per smontare, montare e rifinire i pezzi rubati prima di rivenderli. Tutto ciò, insieme alle pareti insonorizzate al massimo e ai sistemi di sicurezza degni di una stazione della bassa Metropoli, hanno reso l’attività del gruppo decisamente proficua.

“Che hai trovato, quindi?” la voce curiosa di Pidge dà il benvenuto a Keith nella sala principale, il quale si prende un momento per togliersi giacca e fazzoletto di dosso e lasciarli su uno dei tubi che corrono contro le pareti prima di pensare a una risposta.
Il lamento con cui Hunk deposita attentamente il droide su uno dei tavoli, però, assorbe del tutto l’attenzione di Pidge, che si sposta immediatamente vicino al ritrovamento con un fischio sommesso.

“…dove-…Keith, sul serio, dove l’hai trovato?” le domande che il ragazzo più piccolo vorrebbe fare sono molte, glielo si legge in volto, ma si limita a lanciare un’occhiata veloce all’altro prima di tornare ad esaminare il corpo meccanico di qualità letteralmente impensabile che è appena entrato nella loro base.

“Nel vecchio deposito abbandonato. Ve l’ho comunicato, diamine, smettila di fare domande idiote” il tono di Keith è più impaziente che scocciato e i suoi amici lo conoscono abbastanza bene da sapere come prendere le sue parole. “È davvero quello che sembra?”

“Un droide degno delle più alte classi della Metropoli? Indubbiamente. Se mi dai un minuto ti do anche il numero di telaio” mentre si sistema gli enormi occhiali sul naso, Pidge non si sta vantando. Non fosse per lui e le sue infinite conoscenze tecnologiche, nulla di tutto ciò che è in quell’edificio ora sarebbe lì. Men che meno le persone che lo occupano.

“Ci stiamo cacciando in un guaio, ragazzi, me lo sento” il sospiro di Hunk è pregno di malcelata ansia e non senza motivo.
La domanda silente che aleggia nella stanza è chiara a tutti: come faceva un droide simile a trovarsi in un deposito di rottami nemmeno lontanamente sorvegliato?
Non è possibile che venga dalla Periferia, non è nemmeno pensabile: il fatto che un robot del genere sia fuori dalla Metropoli avrebbe sicuramente scatenato una curiosità enorme nei Periferici e la voce si sarebbe sparsa in meno di un’ora in tutti i quartieri. Ma nessuno aveva parlato, non si era sentito nemmeno un operaio accennare ad una cosa simile.
Tutto questo rende il droide steso sul tavolo, con i cavi degli strumenti di Pidge attaccati alle giunture e i vitrei occhi grigi fissi sul soffitto, ancora più inquietante.

Keith, appoggiato a una parete con le braccia incrociate, lascia i suoi pensieri finalmente liberi di correre. Ha sempre vissuto in Periferia e di robot così non ne ha mai visti; le Pattuglie sono decisamente di qualità inferiore, create solo per il loro compito di sorveglianza e ordine, e tutte le altre costruzioni tecnologiche a cui lui ha accesso non hanno certo un volto.
Non sembrano una persona, non hanno un silicone così fine da avere persino i pori della pelle sulle superfici, men che meno capelli o vestiti.
Sono robot, svolgono un compito e basta.
Questo invece gli fa scorrere un brivido lungo la schiena, così bello e così imprevedibile come si presenta.
Le sue palpebre sembrano pronte a sbattere da un momento all’altro, il petto sembra fatto per alzarsi e abbassarsi al ritmo di un respiro che, Keith lo sa bene, quell’oggetto raffinato non ha.

 

 

“Numero 158AJ7. È un HR1800. Credo. I suoi dati di telaio dicono questo, ma il braccio destro non mi pare quello di un HR1800 senza silicone. Non riesco a riconoscerlo né a capire che modello possa essere, ma sicuramente vale un sacco di soldi. E sembra tutto praticamente nuovo” la stima di Pidge era prevedibile, ma rimane comunque rassicurante.

“…lo volete vendere?” il tono di Hunk è quasi sorpreso e fa scattare Keith, ancora irritato e stanco dalla corsa notturna.

“No, Hunk, figurati. L’abbiamo portato qui rischiando di morire per tenerlo come soprammobile, ovvio!”

Lo sguardo di rimprovero di Pidge è abbastanza per far tacere Keith - che si rende benissimo conto di aver esagerato, ma che non vede motivo di scusarsi - ed è accompagnato da un sospiro di Hunk.

“Vado a fare il caffè. Prevedo una lunga notte.”








 


Secondo capitolo - un tantinello in ritardo ma basta non dirlo e non se ne accorge nessuno. E' piuttosto lento, per ora, ma presto verranno presentati altri pg e la storia si farà un po' più movimentata!
Hope you guys like this~

Chapter Lyrics: Scandroid - Empty Streets }

  
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