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Autore: _MorgenStern    22/10/2016    0 recensioni
La Metropoli non li ama, la Periferia non è abbastanza.
La legge non è giusta, i sentimenti non seguono ragione.
Scappare è estenuante, vivere è una sfida.
Non conoscono la libertà, ma possono crearla.
-
[Droid!Shiro/Keith]
-
{ Una CyberPunk!AU di Voltron che aggiorna. Ogni tanto.
Rating soggetto a modifiche.
Ispirata principalmente alle canzoni di Scandroid. }
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Surrounded by streetlights at midnight 
My destination is unknown 
I walk these empty streets alone

 

 

Possiamo smontarlo? O è meglio venderlo intero?” seduto su uno degli alti sgabelli che hanno spostato vicino al tavolo e con un caffè tra le mani, Keith sta osservando le analisi dell’amico sul droide, coperto solo dai pantaloni e con una miriade di cavi attaccati alle giunture.

“Non lo so. Vale un sacco di soldi in entrambi i casi, ma dovremmo vedere se funziona, prima”

La frase di Pidge riceve un lamento sommesso da parte di Hunk.
“Lo volete accendere? Qui dentro? Cioè, non che fuori sia meglio, ma potrebbe, non lo so, ucciderci? Per quel che ne so, potrebbe anche essere una classe Guerriero, o Spia – odio gli Spia -, o che so io…”

“Non è un Guerriero. È grosso, vero, ma gli ultimi Guerriero che hanno in produzione sono molto più grossi e nei suoi dati non è registrato nulla di ricollegabile all’Esercito” ovviamente, Pidge ha già incrociato tutto il possibile che ha ricavato dal droide.
Che è terribilmente poco.

“Ed è troppo fatto bene per essere un Guerriero” Keith lo dice con sicurezza, gli occhi ancora incollati al volto del droide spento.
È troppo perfetto, nonostante il silicone rovinato abbia creato una cicatrice da uno zigomo all’altro e un discreto numero di esse sia sparso lungo il petto; è troppo bello. Ben strutturato, definito, una chiara espressività dietro i connotati artificiali, i capelli tagliati a tre diversi lunghezze e persino di colori diversi. Nessuno userebbe una qualità simile per l’Esercito.

La seguente considerazione di Pidge viene interrotta dal segnale di movimento emesso da uno dei monitor che controllano l’esterno della base. Un’occhiata alle informazioni che scorrono sullo schermo e il ragazzo digita la sequenza d’apertura sul suo tablet.
“È Lance”.

Presentato da queste parole e accolto da un’occhiata assassina da parte di Keith, il suddetto fa la sua entrata nella sala, sospirando con il suo solito fare teatrale e le labbra già aperte per lamentarsi della difficile serata prima di accorgersi del droide.
Gli occhi azzurri spalancati, in meno di un secondo è accanto a Hunk, le mani a un centimetro dai capelli artificiali.

“Ragazzi, cos’è? Dove cavolo l’avete trovato? Vale un mucchio di soldi, questo lo so anche io, mica potete averlo trovato qui…a chi l’avete rubato?”

La sequenza infinita di domande viene interrotta da un esasperato Hunk, che allunga un caffè al nuovo arrivato salvandolo da un urlo da parte di Keith: i due non si sono mai sopportati molto.

“L’ha trovato Keith nel vecchio deposito. È un HR1800, sto cercando di trovare la sequenza di attivazione per capire com’è meglio venderlo” è la pronta e placida risposta di Pidge, ancora assorbito dall’analisi, che sembra soddisfare Lance.

“È bellissimo, accidenti. Chissà che ci faceva lì…un HR1800! Siamo ricchi!” ci vuole sempre molto poco per entusiasmare Lance e molto poco perché il suo entusiasmo irriti Keith.

“Dove diamine eri?” lo sguardo che il ragazzo rivolge a Lance non è certamente curioso, anzi.

Prima di rispondere, Lance butta giù una considerevole quantità di caffè. Tanto per dare ancora più fastidio all’altro.
“Non sono riuscito a uscire di casa in orario. Mio padre mi ha fatto lavorare fino alla fine della Parata e arrivare qui senza farsi vedere dalle Pattuglie presenti è stato un incubo. È un miracolo che io sia qui, non fossi così bravo a sfuggire a…”

Il pugno di Keith sul piano del tavolo interrompe il ragazzo, che si volta a guardalo con un sopracciglio sollevato.

“È un miracolo che io e Hunk siamo riusciti a portare qui questo coso da soli! Non è possibile che tu abbia da fare ogni maledetta volta che c’è una missione pianificata!”
Il droide non ne faceva parte, certo, ma la raccolta dei dati sulle placche sarebbe dovuta essere un’azione di coppia.

“Senti, amico, non è colpa mia, ok? Lo so che senza di me è più difficile, ma se avessi potuto esserci ci sarei stato, no?” si era persino prontamente premurato di comunicare il ritardo, che cosa voleva Keith di più? Che si facesse arrestare per star scappando in Periferia durante il coprifuoco?

La rabbiosa risposta di Keith viene interrotta sul nascere da Pidge, che alza una mano per attirare la loro attenzione.
“Ragazzi. Ragazzi, qualcosa si è acceso”

Quattro paia di occhi si fissano sul debole bagliore violaceo che proviene dal braccio meccanico scoperto, lo stesso bagliore che Keith ha visto nel deposito, in un silenzio decisamente teso, l’ansia palese nei respiri trattenuti.

Il droide non emette suoni nell’alzarsi a sedere, le iridi fisse sulla parete che ha di fronte.

Non fa rumore nemmeno quando, in meno di un secondo, muove lo sguardo sui ragazzi e allunga la mano scoperta a stringere la gola di Lance, sollevandolo da terra.

Un urlo strozzato è tutto quello che riesce al ragazzo, che tenta disperatamente di liberarsi dalla stretta; Pidge sta letteralmente pigiando qualsiasi cosa, il panico negli occhi illuminati dallo schermo; Hunk ha bisogno di qualche frazione di secondo per alzarsi e stringere il petto del droide tra le braccia, urlandogli di lasciare l’amico; ma Keith sa che non può fare nulla.

Il pugnale stretto tra le dita, gli occhi fissi sul volto impassibile del droide, sente l’impotenza congelarlo.

Non può fermarlo.

Non avrebbero dovuto accenderlo.

Ucciderà Lance, li ucciderà tutti…

Un urlo esplode nella stanza, nell’esatto momento in cui Keith scatta per piantare il coltello nella spalla del robot.
Non lo lascerà vincere, non lascerà che la Metropoli gli porti via anche i suoi amici.

Lo sguardo vuoto che si sente addosso lo terrorizza ma non si permette di lasciare andare la presa, anzi: piantando la lama più a fondo, riesce a far smuovere il busto dell’essere meccanico, che, lasciata andare la presa su Lance, si concentra su di lui.

Morto.

È già morto.

“Oh”

Un unico verso, che nessuno dei ragazzi ha emesso, e nella stanza torna il silenzio.
Tutti gli occhi, compresi quelli di Lance - che è ancora a terra sorretto da Hunk - sono fissi sul droide.
Ancora in posizione offensiva, il pugnale di Keith ben piantato nella spalla, ora il robot ha un’espressione più umana in volto, quasi spaesata.

Il silenzio riempie la stanza, mentre le iridi grigie passano dal volto di Keith a quello di tutti gli altri occupanti della stanza, per finire sulle mani del droide stesso, che alza e abbassa il petto in quello che sembra in tutto e per tutto un sospiro.

Nessuno degli umani presenti ha ancora rilassato un muscolo, pronto al combattimento o alla fuga, ma la mancanza di reazioni nel nemico li confonde non poco.

“Oh” non è una dimostrazione di aggressività.
Tentare di strangolare Lance lo è, ma un “oh”? Decisamente no, decisamente strano.

Lo sguardo di nuovo sul ragazzo a terra, il droide allarga le mani, sollevandole in un gesto di resa.
“Mi spiace”

Keith non può trattenersi dal sollevare le sopracciglia, né, nota, può evitarselo Pidge. Hunk è ancora pronto a prendere a pugni qualsiasi parte del robot e Lance è troppo traumatizzato per emettere un verso.
Quel coso gli ha appena detto che gli spiace?

“Non-…non è in assetto da battaglia, non è in assetto da niente!” è un sussurro, ma Keith sente benissimo l’isteria che tinge la voce di Pidge, incapace di gestire in alcun modo i software della complicata creazione che li potrebbe ammazzare da un momento all’altro.

Nessuno di loro capisce cosa stia succedendo, nemmeno un po’.

“Mi spiace” la voce del droide torna a riempire le orecchie di Keith, suonando persino dispiaciuta.
“Non volevo ferire nessuno. Mi spiace”

“Stronzate!” l’esclamazione di Lance è soffocata dal bruciore che sente in gola, ma non meno risentita.

Lo sguardo che riceve dal robot è puramente dispiaciuto. Niente rabbia, niente di niente. Sincero – per quanto può essere sincero un essere sintetico – e completo rammarico.

Il movimento successivo del braccio meccanico è lento, ma non lascia a nessuno il tempo di immaginarsi nulla: in silenzio, il droide si sfila il pugnale dalla spalla, lanciando una muta richiesta d’aiuto al proprietario della lama, per poi piantarselo nella gola.

La mano di Keith non fa in tempo a fermarlo, non riesce nemmeno a muoversi, prima che il sussurro raggiunga le sue orecchie.

“Disattivatemi. Per favore.”








 


Finalmente un cliffhanger come si deve. (...spero)
A causa della simpatia dei server di EFP, ho potuto aggiornare solo adesso e mi prendo una pausa fino a dopo il Lucca Comics! See you~

Chapter Lyrics: Scandroid - Empty Streets }

  
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