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Autore: telesette    09/10/2016    2 recensioni
Scaricata per l'ennesima volta dal Joker, salvata in extremis da Batman, Harley Quinn prova seriamente a riflettere su ciò che la vita ha ancora in serbo per lei e ciò che le interessa davvero...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman, Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Durante il periodo della riabilitazione, oltre ad essere brillantemente seguita dal dottor Earl Brainwasley e dalla dottoressa Kathleen Umanhead ( due noti medici specialisti, oltretutto amici fidati della dottoressa Leslie Thompkins ), Harley si ritrovò a contatto con l'ambiente migliore immaginabile. Anziché offrirle una camera degli ospiti, anche per rispetto della sua intimità e privacy, Bruce Wayne aveva infatti messo a disposizione un'intera ala della sua enorme villa solo per lei. In pratica Harley disponeva adesso, a tempo indeterminato, di un alloggio privato e ultralussuosissimo che comprendeva: sei camere da letto, doppio bagno con doccia e vasca idromassaggio, un soggiorno con TV color e impianto stereo Hi-Fi da centosessantamila dollari, una sala di lettura, un salottino per le sedute terapeutiche, una sala da pranzo, una stanza da fitness completa di attrezzature e comfort, e perfino un solarium con lampade abbronzanti ed un lettino per massaggi professionale...
All'inizio si ritrovò comprensibilmente imbarazzata e a disagio, con il timore che il signor Wayne potesse accusarla di "furto" e rispedirla in carcere con la velocità di un pacco postale, ma con il passare dei giorni cominciò pian piano a prenderci gusto.
Secondo il parere dei due medici, l'influenza del Joker non aveva creato danni stabili alla sua psiche. Alle domande di interessamento di Bruce sulla situazione, entrambi rispondevano solo che la signorina Quinzel era attualmente "bloccata" in un'età mentale tra i quindici e i sedici anni. Col tempo e con pazienza, assecondando per quanto possibile le sue stravaganze da adolescente per un certo periodo, sia Brainwasley che la Umanhead sostenevano che la parte "adulta" della donna sarebbe riaffiorata naturalmente senza traumi.
Bruce fu molto sollevato di sentirlo e, sempre secondo consiglio dei due medici, si premurò di regalare ad Harley alcune tra le migliori console sul mercato e i videogiochi più in voga del momento. Sovente, quando non era impegnata a rispondere alle domande durante i colloqui, Harley trascorreva il resto della giornata leggendo e videogiocando, oppure imbrattando decine e decine di fogli di carta con tempere e pennarelli, tappezzando poi l'intera stanza con le sue... opere artistiche.
Alfred e Dick facevano del loro meglio per starle dietro.
Era impressionante la quantità di vestiti che Harley riusciva a sporcare, e altrettanto impressionante la quantità di lavatrici che doveva fare per lei il povero Alfred. Nelle partite ai videogiochi poi, dando sfoggio di un incredibile talento naturale, costei riusciva a battere continuamente Dick senza possibilità di appello.

- Sììì, ho vinto ancora iooo !!!
- Ma dai, non è possibile!
- Facciamo un'altra partita, dai, ancora una!

E così, dando libero sfogo alla sua esuberanza e all'infantile creatività, Harley riusciva poco a poco ad apprezzare fino in fondo il modello comportamentale delle persone attorno a lei. Tutti avevano un'influenza positiva, ciascuno a suo modo: Alfred con la sua pazienza ed il tipico humour britannico, spesso arrossiva quando Harley gli si parava dinanzi senza malizia, logicamente, ma più nuda che vestita; Dick invece andava piuttosto forte come tutore, nel tentativo di riportare il suo interesse ad attività di genere didattico, oltre che ai videogiochi e ai cartoni animati ( gli scacchi ad esempio, oppure la dama, i quotidiani locali, il telegiornale, i fatti di cronaca, etc. ), anche se non sempre con grande successo; Veronica Vreeland poi era solita farle visita spesso, quando si trattava di pettegolezzi e di pomeriggi all'insegna dello shopping di lusso, e agli occhi di Harley lei era diventata un vero e proprio GURU dello svaligiamento.

- Caspita - esclamava, ogni volta che leggeva gli scontrini chilometrici che i commessi battevano al registratore di cassa, quando le due donne uscivano insieme a fare spese. - E' incredibile come tu riesca a portarti via "legalmente" in un giorno quello che io e Mr. J fatichiamo a portarci via in un mese di rapine... Uno di questi giorni devi proprio darmi qualche lezione!
- E' semplice, Harley - sorrideva Veronica in risposta, rimirandosi con noncuranza nello specchietto del portatrucco per aggiustarsi il rossetto. - Il crimine non paga mai... Non quanto una buona scorta di Mastercard ORO, almeno!

Anche Bruce seguiva i suoi progressi con cura e sincero interessamento, non mancando mai di rivolgerle sempre sorrisi colmi di affetto e parole gentili.
Harley era al settimo cielo.
Il signor Wayne era così buono, così diverso dal Joker. Anche lui si interessava dei suoi problemi ma, anziché urlarle contro e minacciarla come era solito fare il clown squilibrato, con lei si comportava da perfetto gentiluomo.
Lo stesso giorno del suo arrivo a Villa Wayne, mentre le faceva fare il giro della casa per ambientarsi, le diede libero accesso ad una stanza semplicemente meravigliosa: piena di giocattoli "vecchio stile", tra cui pagliacci meccanici, pupazzetti a molla e vari animaletti di peluches.
Come ebbe modo in seguito di sapere da Alfred, quella non era altri che la vecchia stanza dei giochi di Bruce quando era piccolo. Era rimasta chiusa per molto tempo, tanto che persino Dick quasi ne ignorava l'esistenza, e ovunque vi era un sottile strato di polvere e qualche piccola ragnatela.
In un angolo, Harley vide qualcosa di tondo e marroncino: un orsacchiotto, più vecchio e consumato rispetto ad altri peluches meglio conservati, con un solo occhio ancora attaccato e un'espressione tenerissima cucita sul morbido muso di stoffa.

- Quello è Bussy - spiegò Bruce. - E' il primo giocattolo che ho avuto: allora non sapevo pronunciare bene il mio nome, così pensammo di chiamarlo con quel buffo nomignolo che emettevo quando avevo quasi un anno... "Bussy!"
- Dolcissimo - fece Harley commossa, picchiettandogli leggermente un dito sul naso.

Poi lo sguardo di lei si spostò al resto della stanza, in particolare su uno dei tanti quadri che Bruce all'epoca non riusciva a guardare senza soffrirne.

- Chi sono quelle persone nel ritratto? - domandò, adducendo ai volti sorridenti di una donna con un bambino in braccio e di un uomo accanto a lei, entrambi verso la quarantina e lui simile nell'aspetto a Bruce Wayne ad eccezione di un folto paio di baffi grigi.

Bruce sospirò.

- Loro sono... Erano i miei genitori - rispose.
- "Erano?" - ripeté Harley. - Vuol dire che...

Silenzio.
Harley si acquietò subito. Era comunque stata una dottoressa in psicologia, anche se non esercitava più ormai da tempo, e comprendeva ancora benissimo il riserbo e il rispetto per il dolore altrui. Per anni Bruce si era costretto a non entrare più in quella stanza, dove tante ore liete erano trascorse in compagnia delle due persone sorridenti raffigurate nel dipinto, tanto che Alfred si vide costretto a chiuderla a chiave per risparmiare al bambino momenti di agonìa indicìbile e lacrime di disperazione durante la notte.

- Mi dispiace - mormorò Harley sincera. - Non lo sapevo, giuro, non immaginavo!
- Va tutto bene - aggiunse Bruce tranquillo. - E' stato... molto tempo fa!
- Ma come è successo?

Harley avvertiva la profonda amarezza dell'altro.
Non poteva trattarsi di una morte accidentale: il respiro ed il battito cardiaco di Wayne erano troppo irregolari, segno che i suoi pensieri correvano ad immagini troppo violente per il sistema lìmbico, oltretutto le lacrime parlavano chiaro.

- E' successo tutto in un attimo, ma ogni giorno è come viverlo all'infinito, un attimo orribile e lunghissimo - fece Bruce con voce rotta dall'emozione e dal pianto. - Ricordo solo che eravamo insieme, quando quell'uomo tirò fuori di tasca la pistola, e un attimo dopo... Un attimo dopo, loro, non c'erano più!

Harley pianse a sua volta, soffiandosi rumorosamente il naso nel fazzoletto che il signor Wayne le aveva offerto appena arrivata. D'istinto avrebbe voluto fare o dire qualcosa per consolarlo, qualunque cosa, ma l'unica cosa che gli venne in mente fu di restituire l'orsacchiotto al suo legittimo proprietario.

- Tenga - gemette porgendogli l'orsacchiotto, come una ragazzina in lacrime che chiede scusa a un adulto. - Anche Bussy avrà sofferto, tutto solo qua dentro... 

Bruce ammutolì, chiaramente commosso dalla delicatezza del pensiero di Harley, e subito tornò a sorriderle.

- Io invece credo che, visto che vi siete appena conosciuti, sarà bene che vi facciate compagnia a vicenda!
- Sul serio - esclamò Harley incrédula. - Posso... Posso tenerlo davvero?
- Ma certo - concluse Bruce, riprendendo dunque il giro delle altre stanze. - Si metta pure a suo agio, questa è anche casa sua adesso! 

continua )...

   
 
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