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Autore: morrigan89    10/10/2016    2 recensioni
Era stato un bambino di strada, un rifiuto della società, una vita senza futuro. Gli avevano promesso cose che non avrebbe mai potuto avere. Lui aveva cercato di prendersele lo stesso.
La storia di Xanxus.
{Capitolo VII: Alleanza. "Sì, Squalo era completamente fuori di testa, Xanxus non ne aveva alcun dubbio. E la cosa, doveva ammetterlo, gli piaceva."}
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Superbi Squalo, Xanxus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII. Alleanza




Quando arrivò il giorno prefissato per il duello tra Squalo e Tyr, Xanxus scoprì suo malgrado che non riusciva affatto a rilassarsi. Il perché, per lui, era un mistero: riteneva che non gli importasse nulla né della salvezza di quel ragazzino arrogante, né di quel sadico del suo ex maestro di combattimento.

Eppure quando il telefono sul comodino squillò alle sei di mattina lui era già sveglio da un pezzo, con gli occhi fissi sul soffitto del suo letto a baldacchino.

Senza sollevarsi dal materasso allungò il braccio e si portò  la cornetta all'orecchio. -Che cazzo c'è a quest'ora?-.

Mancava ancora un'ora all'inizio del duello, quindi non capiva chi diavolo poteva aver avuto l'idea balzana di disturbarlo così presto, vista che la sua particolare irritabilità mattiniera era assai famosa fra i Vongola e non solo.
-Volevo farti presente- disse la voce apatica all'altro capo della cornetta -che non ho nessuna intenzione di andarci piano col tuo nuovo cane da guardia. O dovrei dire pescecane, forse?-.

Ah, certo, Tyr. Chi sennò?

-C'era bisogno di chiamarmi per questo?- ringhiò Xanxus nel telefono. Sapeva benissimo che Tyr non ci andava piano con nessuno, lo aveva testato sulla sua pelle, ed era per questo che era diventato il boss della squadra d'assassini più letali del mondo -E poi non è il mio cane da guardia!-.

-Ah no? Perché quando parla di te non mi stupirei affatto di vederlo scodinzolare. Quindi non ti dispiacerà se uccido il tuo animale da compagnia?-.
Era un tono di divertimento quello che sentiva nella voce solitamente asettica di Tyr? Xanxus non approvava, non approvava affatto che si scherzasse su di lui. E poi cosa diavolo poteva aver detto Squalo di lui? Erano solo le sei di mattina e già si sentiva incazzato.

-Guarda, spero proprio che vi ammazziate a vicenda- sbottò con la solita delicatezza con cui era abituato a rivolgersi al suo vecchio maestro, poi agganciò la cornetta e si rigirò sul materasso, pensieroso.

Era passata una settimana dall'ultima volta che aveva visto Squalo di persona, il giorno in cui gli aveva promesso che gli avrebbe fatto vedere di cosa era capace. Dopo quel giorno aveva solamente ricevuto notizie di seconda mano da Massimo e da Iemitsu, che avevano avvistato il pescecane un paio di volte, in villa e alla base dei Varia. Probabilmente aveva deciso che sarebbe tornato a farsi vivo solo dopo aver dimostrato di che pasta era fatto.

Xanxus dubitava che lo avrebbe mai rivisto. Non vivo, almeno. Conosceva troppo bene la forza di Tyr per credere che qualcuno così giovane, per quanto bravo dicesse di essere, potesse batterlo in un duello all'ultimo sangue. Se esisteva una persona in grado di batterlo, credeva, quello era lui: Xanxus. La scoperta delle sue origini poteva anche aver ferito il suo ego, ma era ancora certo e orgoglioso delle sue capacità nel combattimento. Eppure, nonostante la sua forza, lui stesso aveva rischiato la pelle più di una volta allenandosi con Tyr.
No, era impossibile che il moccioso ne uscisse vivo.

Giunto nuovamente a questa conclusione, Xanxus si trascinò fuori dal letto e affrontò la giornata. La trascorse senza grandi eventi, occupandosi dei suoi compiti con malavoglia e irritazione -a che pro impegnarsi fino in fondo, se non poteva diventare boss?- ingannando il tempo, pulendo le sue pistole, bevendo. Nessuno venne a dargli notizia del duello, né un'ora dopo il suo inizio, né a mezzogiorno, né alle quattro.
Verso le 5, suo malgrado, si ritrovò a chiedersi cosa stesse succedendo. Erano passate ore, non era strano che il duello non fosse ancora finito? Subito si maledisse per aver dedicato la sua attenzione a una questione così triviale e riprese a occuparsi dei suoi affari.

All'ora di cena, mentre affondava il coltello in una fetta di fiorentina al sangue, la curiosità traditrice tornò a galla di nuovo. La sciacquò via con un bel sorso di vino rosso.

Verso mezzanotte, quando la villa cominciò a entrare nelle braccia del sonno e una quiete insopportabile la avvolse, Xanxus dovette arrendersi alla noia e alla curiosità e prese in mano il telefono, certo che quegli idioti si fossero dimenticati di avvisarlo sull'esito dello scontro.
La voce che gli rispose all'altro capo del telefono era incredula. -No signor Xanxus, il duello sta ancora andando avanti da stamattina! Il boss è in netto vantaggio, ma il novellino non vuole saperne di arrendersi-.
Xanxus mise giù il telefono e restò a fissarlo per qualche secondo, incerto su come interpretare la notizia. Che Tyr fosse in netto vantaggio non era affatto una sorpresa, ma doveva ammettere che era davvero notevole che Squalo avesse resistito tanto a lungo. Fortuna? Abilità? Comunque fosse, Xanxus era sicuro che il duello non sarebbe durato ancora a lungo. Avrebbe guardato un po' di televisione, poi sarebbe andato a dormire e la mattina dopo avrebbe appreso l'inevitabile notizia della triste fine del giovane spadaccino e si sarebbe fatto quattro risate sulla sua vanagloria.

Ma la mattina successiva non arrivò nessuna notizia.

"Strano", pensò a quel punto, ma alla fin fine non ci diede tanto peso: l'esito del duello aveva smesso di incuriosirlo quando gli avevano riferito che Tyr era in vantaggio, quindi riuscì a non pensarci per niente per il resto della giornata.

Fu di sera che arrivò la notizia.

Xanxus se ne stava seduto sul suo terrazzo a bere tequila, quando avvertì la presenza di qualcuno alle sue spalle. Si girò e trovò Ottavio, il secondo in comando dei Varia, in piedi sulla soglia. Non lo conosceva bene, quindi non diede peso al gesto nervoso con cui si riavviò i capelli scompigliati, un'incrinatura palese nella facciata solitamente calma del giovane.

Le tende bianche che separavano il terrazzo dalla camera si sollevarono col vento mentre il Varia indugiava sotto lo sguardo interrogativo di Xanxus.
-È... è morto, signore- annunciò infine Ottavio, sistemandosi gli occhiali sul naso.

Come volevasi dimostrare. Xanxus scoppiò in una breve risata beffarda: -Hah, lo sapevo!- esclamò, rimettendosi seduto comodo e dando di nuovo le spalle al vice -Quel bamboccio ha fatto il passo più lungo della gamba-. "Così impari a darti tante arie, rifiuto" pensò bevendo un sorso di tequila.
Era quasi una delusione vedere con quanta velocità erano crollati i piani di grandezza del giovane spadaccino, ma tutto sommato era meglio così: si era liberato di quella scocciatura di Squalo senza neanche dover alzare un dito. Adesso poteva tornare a occuparsi di ciò che importava davvero.

Ottavio sbatté le palpebre e scosse la testa, confuso. -No, no... Tyr è morto- corresse -Squalo Superbi ha vinto il duello-.

Il sorso di tequila che Xanxus stava bevendo finì per metà nella sua trachea e per metà vaporizzato in aria.

-Cosa!?- riuscì a chiedere con voce strozzata, tra un colpo di tosse e l'altro. Non era possibile, doveva aver capito male! Squalo non poteva esserci riuscito davvero. Eppure Ottavio annuì nervosamente, sigillando di verità le sue parole.

Xanxus scattò in piedi, così veementemente da rovesciare a terra il tavolino posato davanti alla poltrona -Dov'è?-. Voleva andare subito da lui. Doveva andare a vedere di persona questo miracolo, la persona che aveva ucciso l'Imperatore della Spada in un duello.

-Lo stanno portando qui, in infermeria- rispose il vice dei Varia.

Xanxus gli ficcò in mano il suo bicchiere semivuoto di tequila e corse in infermeria senza aggiungere altro.



*



-Presto, mettetelo lì!-
-Dobbiamo fermare l'emorragia!-
-Porta due sacche di gruppo zero positivo!-

L'ala ospedaliera di villa Vongola era buia, salvo per le luci al neon che illuminavano il settore adibito per il pronto soccorso e le emergenze. Sotto queste luci una dottoressa e due infermieri che non avevano neanche fatto in tempo a infilarsi un camice si affrettavano attorno a un letto, parlandosi con voci concitate. Su quel letto, sdraiato in vestiti strappati e macchiati di sangue, c'era Squalo.

Xanxus si avvicinò, incurante della voce della dottoressa che lo pregava fortemente di allontanarsi e di lasciarli lavorare, perché quelle ferite andavano trattate prima che il ragazzo si dissanguasse oltre.
No, Xanxus non le diede un briciolo di retta, non registrò neanche le sue parole, perché la sua attenzione e i suoi occhi erano stati catturati immediatamente da un unico particolare: dove un tempo c'era stata la mano sinistra di Squalo adesso c'era solamente il vuoto. Il suo braccio era stato amputato all'altezza del polso, che ancora sanguinava copiosamente.

In quel momento lo spadaccino, che a prima vista aveva creduto svenuto, si accorse del suo arrivo e si riscosse, cercandolo con occhi annebbiati a causa del dolore e della stanchezza. Quando incrociò il suo sguardo, alzò con un po' di sforzo la testa dal cuscino e gli sorrise con labbra spaccate e incrostate di rosso.
-Avevi detto che c'è gente che darebbe un braccio per seguirti...- mormorò, sollevando per aria il moncherino insanguinato, così che l'altro potesse dargli un'occhiata migliore -Una mano va bene lo stesso?-.

-Tu sei completamente fulminato- osservò Xanxus con orrore, ma non senza che un'involontaria nota di rispetto e di divertimento scivolasse nella sua voce.

A quelle parole il sorriso feroce di Squalo si ampliò e si addolcì, come se gli avesse fatto il più bel complimento che potesse fargli, dopodiché lo spadaccino abbandonò la testa sul cuscino e si concesse finalmente di perdere i sensi.
Sì, Squalo era completamente fuori di testa, Xanxus non ne aveva alcun dubbio.
E la cosa, doveva ammetterlo, gli piaceva.


*


Quando Xanxus abbandonò il capezzale di Squalo e si avviò alla porta, il suo sguardo incappò in qualcosa che al suo arrivo non aveva notato, impaziente com'era di vedere in che stato fosse lo spadaccino.
Su una barella era stata posta una grande sacca nera chiusa da una zip. Xanxus non aveva bisogno di chiedere per sapere cosa contenesse, ma quando ci passò accanto aprì lo stesso la chiusura lampo quel tanto che bastava per rivelare il volto immobile di Tyr.
I suoi capelli bianchi erano incrostati di sangue e la sua pelle era innaturalmente pallida, ma la sua espressione da morto era così simile a quella che aveva avuto da vivo che non sarebbe stato difficile credere che da un momento all'altro avrebbe potuto aprire gli occhi, alzarsi e scoccargli qualche battuta acida come suo solito.

"E invece sei morto, vecchio bastardo. Chi l'avrebbe mai detto?" rifletté Xanxus.

Non sapeva cosa avrebbe dovuto provare. Una persona normale sarebbe stata addolorata della morte di un vecchio istruttore, ma Xanxus sapeva di non essere esattamente ciò che si definisce una persona normale, come del resto non era neanche Tyr. No, non provava dolore. Aveva rispettato Tyr per la sua forza e per il pugno d'acciaio con cui comandava i Varia, nonché per il modo in cui teneva testa al Nono, ma non era mai riuscito ad affezionarsi a lui.
Era mai stato davvero affezionato a qualcuno, in fin dei conti? Forse, in qualche momento remoto della sua vita, ma non riusciva più a ricordarsi com'era stato.

-La tua era è finita- disse a bassa voce al corpo di Tyr, accomiatandosi con un cenno del capo -Riposa in pace, vecchio stronzo-.
Richiuse la zip della sacca, oscurando di nuovo il viso del Boss dei Varia, e se ne andò.


*


Iemitsu si alzò dalla poltrona posta davanti alla scrivania del Boss e si mise a passeggiare per lo studio, le mani incrociate dietro la schiena, in attesa che il Nono finisse di consultare i documenti che gli aveva appena portato. Nel suo vagare indolente arrivò davanti alla finestra che dava sul giardino e lì si fermò a lasciare che la calda luce pomeridiana di Maggio lo inondasse.
Stava cominciando a sentirsi rilassato, lì ad osservare il lento ondeggiare degli alberi con solo lo scribacchiare della penna di Timoteo come sottofondo, quando vide qualcosa (o meglio qualcuno) che lo mise istantaneamente di cattivo umore: Xanxus.
E non solo lui. Il figlio del Nono aveva fatto la sua comparsa in giardino seguito dalla sua ormai inseparabile ombra dai capelli argentei e dalla voce tonante.

-Vedo che Xanxus sta passando un bel po' di tempo con quello Squalo- osservò, vago. Da quando lo spadaccino si era ripreso dallo scontro con Tyr era raro vederlo a più di venti metri del boss, benché quest'ultimo non sembrasse granché contento di averlo sempre tra i piedi. Non che avesse mai visto vera contentezza sul viso costantemente torvo di Xanxus, in effetti, non da quando era bambino.

-Vero? Sono molto contento per lui- il Nono sorrise, senza alzare gli occhi dai suoi documenti -Xanxus non aveva mai avuto un amico fino ad ora-.

Iemitsu rimase a guardare i due che passeggiavano senza meta apparente, parlando. O meglio: Squalo parlava, mentre Xanxus, un passo davanti a lui, sembrava ignorarlo completamente, salvo sbuffare di tanto in tanto. Finché a un certo punto Xanxus si voltò in uno scatto spazientito e gli diede uno spintone, apostrofandolo con parole che non avevano l'aria di essere molto lusinghiere.
Squalo vacillò per la spinta, indietreggiando di qualche passo, ma non reagì immediatamente allo smacco. Non diede in escandescenze. La cosa stupì molto il Consigliere, a cui era bastato solo qualche incontro per farsi un'idea del carattere orgoglioso dello spadaccino.

"Amico? ...non so se è la parola giusta. Punching ball, forse" pensò Iemitsu, alquanto titubante, ma decise di non dare voce al suo dubbio, almeno non con quelle parole. -Credi che avrà un effetto positivo su di lui?- si girò a chiedere, sperando che la sua voce non tradisse la sua insicurezza al riguardo.

-Senz'altro- annuì Timoteo -Xanxus se ne è stato sempre per conto suo, non ha mai legato davvero nemmeno coi fratelli. Gli farà senz'altro bene uscire un po' dalla sua solitudine-.

Iemitsu tornò a guardare dalla finestra e vide che nel frattempo Squalo non era rimasto quieto: Iemitsu lo vide stringere il pugno destro, l'unico che gli era rimasto, e portarlo inanzi a sé, mentre la sua bocca si apriva a pronunciare parole rabbiose.
Avrebbe pagato oro sonante per saper che cosa stava avendo il coraggio di ringhiare a una persona così spaventosa come Xanxus.

-Non sono sicuro che questo Squalo sia la persona migliore- disse il Consigliere, -Da quello che ho visto è uno scavezzacollo che vive solo per la spada. Avrei preferito qualcuno di più... non so, tranquillo? Pacifico?-.

Timoteo ridacchiò debolmente, divertito dalla scelta di parole. No, Squalo non era decisamente una persona tranquilla. -Dobbiamo lavorare con quello che abbiamo, Iemitsu-. Emise un breve sospiro, mentre metteva via il documento su cui stava scrivendo e ne prendeva un'altra serie -È già un miracolo che Xanxus abbia trovato qualcuno che non disprezza completamente-.

Sul fatto che fosse un miracolo Iemitsu era pienamente d'accordo. Anche in quel momento, mentre guardava il giovane spadaccino che continuava a berciare qualcosa nonostante l'evidente irritazione di Xanxus (spalle irrigidite, mascella serrata, pugni chiusi - ormai sapeva riconoscere questi segni anche a metri di distanza), se ne rendeva conto. Il fatto che Xanxus lo stesse ascoltando e che Squalo fosse ancora illeso e per niente bruciacchiato ne era la prova.
Tuttavia quei due insieme gli davano una brutta sensazione.
-Sarà... ma io li terrei d'occhio. Non dimentichiamo che in buona parte è a causa loro che Tyr è morto-.

Per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare sull'argomento, Timoteo alzò lo sguardo dal suo lavoro e  lo diresse sul consigliere. La sua espressione si era fatta seria.
-Non credere che io me ne sia dimenticato, Iemitsu- protestò, ma il giapponese stava ancora guardando fuori dalla finestra e non vide la smorfia di amarezza sulle sue labbra -Il mio rapporto con Tyr non è mai stato facile, lo sai, ma sono comunque addolorato per la sua perdita. Tuttavia non possiamo dare la colpa a Squalo, se Tyr ha accettato di combattere in un regolare duello con lui. Né a Xanxus, che non voleva neanche saperne niente-.

-È vero, ma resto dell'idea che quei due insieme potrebbero rivelarsi un mix pericoloso... come fuoco e polvere da sparo. Non so se mi spiego-.

Il Nono annuì, più per mettere da parte la questione che per vero assenso. C'era sicuramente una parte di verità nelle parole di Iemitsu, ma cosa poteva fare lui? Xanxus era diventato da tempo una questione senza risposta: l'aveva perso, ormai, e credeva di non poter fare più niente per riportarlo indietro. Non poteva né comandarlo come si fa con un sottoposto, né aiutarlo come si fa con un figlio. Se Xanxus era  fuoco, tanto per prendere in prestito la metafora di Iemitsu, lui poteva solamente cercare di contenere le sue scintille.
-A proposito di Tyr...- aggiunse il Nono, cambiando così discorso -E' passato quasi un mese dalla sua morte e i Varia sono ancora senza boss. È tempo di prendere una decisione-.

Iemitsu annuì distrattamente, sempre osservando la scena in giardino. Ora era Xanxus a parlare, in un tono infinitamente più basso e controllato di quello dello spadaccino, cosa che lo rendeva solamente più temibile. Stava rimproverando Squalo per l'arroganza con cui gli parlava? Lo stava minacciando? Difficile a dirsi, ma era bastata una sola parola perché Squalo si zittisse e si mettesse ad ascoltarlo come se pendesse dalle sue labbra.
Poi, di punto in bianco, Xanxus gli voltò le spalle e riprese a camminare senza aggiungere altro. Dopo qualche istante Squalo riprese a inseguirlo, livido in volto e con sopracciglia corrucciate, ma non per questo meno deciso a tenere il passo con lui.
Iemitsu non sapeva bene che farsene di queste informazioni, né di cosa volessero dire, ma le incamerò lo stesso, nel caso potessero rendersi utili in futuro: in quanto Consigliere Esterno era il suo compito tenere conto di tutti gli aspetti che riguardavano la famiglia Vongola, per meglio esserle d'aiuto.
Tornò alla questione sollevata dal Nono. -Se non ricordo male, secondo le leggi dei Varia, chi uccide il capo in duello è degno di diventare capo a sua volta. Ciò farebbe di Squalo il nuovo boss. Abbiamo altra scelta?- chiese, guardando i due ragazzi che si allontanavano dal suo campo visivo.

-Dipende- risposte Timoteo, appoggiandosi con la schiena contro la poltrona -Squalo vorrà assumersi questo compito? Mi hai detto che ha fatto un sacco di storie prima di essere reclutato-.

-È vero, ma sospetto che l'idea di essere il capo gli andrebbe a genio, invece- osservò Iemitsu con un certo sarcasmo. All'inizio Squalo gli era sembrato un teppista senza alcuna ambizione, tranne quella di combattere, ma dopo aver visto la tenacia con cui si era aggrappato a Xanxus aveva cominciato ad avere dei dubbi sulle sue intenzioni. -Cosa intendi con "dipende"?- aggiunse poi.

-Intendo che, se Squalo rifiutasse l'incarico, il posto toccherebbe a Ottavio, dato che Tyr non ha nominato nessun successore prima di morire-.

-Già, ma Squalo non rifiuterà. E, se devo essere sincero, non mi piace che un quattordicenne avventato diventi il capo di una squadra di assassini- disse Iemitsu con una smorfia.

-Al contrario, io penso che potrebbe essere una cosa positiva per i Vongola- ribatté Timoteo -Sai bene che Tyr è sempre stato impossibile da controllare, è sempre riuscito a fare quello che gli pareva nonostante la mia disapprovazione. Una persona così giovane, invece, sarà sicuramente più inesperta e quindi malleabile, per quanto testarda possa sembrare. Affianchiamogli una persona fidata come Ottavio e forse riusciremo per la prima volta a mettere un freno alla smania di potere dei Varia-.

Iemitsu si voltò verso il Nono, colpito dall'acume e dalla scaltrezza di quel ragionamento. Colpito, ma non sorpreso: dopo tanti anni di servizio aveva compreso che Timoteo non era affatto la persona ingenua che veniva dipinta dai suoi detrattori. Poteva essere cauto e fondamentalmente pacifico, poteva anche desiderare un ossimoro come lo era ormai una mafia onesta, ma non era affatto ingenuo, tanto meno debole. Non avrebbe potuto comandare il vasto impero dei Vongola, se lo fosse stato. No, Timoteo era un ottimo tattico, come un giocatore di scacchi, e, cosa più importante, sapeva osservare e comprendere le persone, dote necessaria per essere un leader.
-Lo spero- rispose, -lo spero-.


*


A Squalo ci vollero parecchi giorni per riprendersi dal duello con Tyr, ma la prima cosa che fece appena si rimise in piedi fu ripresentarsi davanti a Xanxus, con una mano in meno ma con un sorriso ancora più tronfio di prima.
Xanxus fu impressionato nel vedere che la perdita di un arto non aveva influito minimamente sul morale dello spadaccino, cosa che era sicuro avrebbe stroncato l'animo di una persona meno forte e decisa, ma non lo diede a vedere.
Ebbe però qualche difficoltà a rimanere impassibile quando Squalo gli confessò che la perdita non era affatto involontaria, ma che si era amputato personalmente la mano sinistra durante l'incontro, per comprendere appieno lo stile di combattimento di Tyr; a quel punto riuscì a impedirsi di rimanere a bocca spalancata solamente perché l'ammirazione per la sua determinazione era meno forte dei dubbi sulla sua sanità mentale.
Quando poi, come se non bastasse, Squalo gli confessò di essere mancino, Xanxus dovette coprirsi il volto con le mani, costernato dalla sua totale mancanza di istinto all'autoconservazione.

Comunque sia, da quel giorno Xanxus fu costretto a malincuore a concedergli un posto nella sua vita. Non avrebbe potuto fare altrimenti, non dopo che Squalo aveva così prepotentemente deciso di farne parte come suo alleato.

Fu così che Squalo, ora che i Varia avevano esaudito la sua richiesta di sfidare Tyr, indossò la loro divisa da recluta e si stabilì nel loro quartier generale. A quel punto il Nono volle prendere in mano la questione e insistette affinché Squalo, che aveva solo quattordici anni, completasse i suoi studi. Squalo strepitò alquanto, convinto com'era di essersi sbarazzato una volta per tutte della scuola, ma alla fine si vide costretto a indossare gli orribili pantaloni a quadri dello stesso istituto che aveva frequentato Xanxus, con sommo divertimento di quest'ultimo.
Se la mattina era dedicata all'istruzione, però, il pomeriggio Squalo trovava sempre un po' di tempo per andare a trovare il figlio del Boss.

Xanxus, dal canto suo, non sapeva bene che opinione si era fatto delle visite dello spadaccino. Non si fidava di lui abbastanza da confidargli i pensieri che lo divoravano dall'interno, eppure c'era qualcosa di stranamente liberatorio nel vederselo comparire davanti ogni giorno, infallibile, anche se magari l'incontro precedente si era concluso con un lancio di bicchieri verso la sua testa.
Era solo un adolescente rompiscatole, ma era l'unico con cui riusciva a parlare senza sentirsi giudicato, come accadeva spesso con il Nono e buona parte della sua famiglia allargata: era sempre troppo arrogante, troppo irruento, troppo crudele. Ormai aveva imparato a riconoscere la disapprovazione nel loro sguardo. Nello sguardo di Squalo, invece, poteva forse esserci rabbia nei suoi confronti, ma non c'era mai disapprovazione. Le poche volte in cui Xanxus era dell'umore giusto di rispondere alle sue pressanti domande e raccontare qualcosa del suo passato, come la volta in cui aveva affrontato Salvatore o la prima volta in cui aveva ucciso qualcuno, Squalo pendeva dalle sue labbra, ammirato.
Eppure c'era anche qualcosa di estremamente irritante nella costante presenza dello spadaccino, qualcosa che non aveva a che fare con la sua voce rauca e spaccatimpani, con le arie che si dava o con la sua ferrea quanto invadente determinazione a dimostrarsi degno di rispetto. Xanxus non voleva pensare al peso schiacciante che sentiva sul petto ogni volta che Squalo si metteva a ciarlare del loro brillante futuro nella Mafia, ma era lì e lo sentiva distintamente.

Come quel giorno, sul terrazzo in cima alla villa dei Vongola.

Squalo era venuto a trovarlo prima del solito, subito dopo pranzo, per riferirgli alcune voci che aveva sentito alla base dei Varia: era passato esattamente un mese dalla morte di Tyr ed era ormai giunto il tempo di eleggere un nuovo Boss.
-E indovina un po' chi sarà?- chiese Squalo, con un sorriso raggiante di orgoglio.

Xanxus, che se ne stava coi gomiti appoggiati al balcone di marmo e lo sguardo perso sulla tenuta dei Vongola, non si scomodò a girarsi verso di lui: -Sospetto che anche se non indovino me lo dirai lo stesso-.

-Vooooi. Sarò io, ecco chi!- esclamò lo spadaccino, per niente sconfortato da quella mancanza d'interesse, raddrizzandosi il colletto della camicia.

-Congratulazioni- sbadigliò Xanxus.

Squalo sbuffò, ora con un po' di irritazione, e si appoggiò con la schiena accanto a Xanxus. -Non mi aspettavo che tirassi fuori degli striscioni, ma almeno un minimo di eccitazione no, eh?- sbottò.

-Da quando ti fotte qualcosa di essere boss dei Varia? Non ci volevi nemmeno entrare la prima volta che ti ho visto- osservò l'altro.

-La situazione è diversa, adesso- disse Squalo, incrociando le braccia, -Vero, non me ne frega nulla di avere gente da comandare, ma da Boss dei Varia sarò libero di seguire la mia strada e di diventare il Secondo Imperatore della spada. E poi adesso conosco te-.

Xanxus gli scoccò un'occhiata con la coda dell'occhio, perplesso da quell'ultima uscita -Che c'entro io?-

-Non capisci?- Squalo posò il gomito sulla ringhiera e si sporse un po' verso di lui, rivolgendogli un affilato sguardo d'intesa -Tu Boss dei Vongola, io Boss dei Varia. Insieme potremmo avere l'Italia intera ai nostri piedi-.

"Boss dei Vongola". Xanxus sentì una fitta allo stomaco a quelle parole, ma non lo diede a vedere. Invece roteò gli occhi con evidente esasperazione -Cosa ti fa pensare che io voglia avere a che fare con te per il resto della mia vita?-.

-Voooi!- esclamò Squalo, sempre più irritato. Dopo tutto quello che aveva fatto Xanxus ancora dubitava di lui? Si girò e si aggrappò alla ringhiera, cercando di incontrare lo sguardo dell'altro -Pensavo di averti già dimostrato di essere un degno alleato! Che cazzo mi significa questa uscita?-.

Xanxus si morse l'interno del labbro. Era vero, Squalo gli aveva dato una dimostrazione di forza e determinazione degna di tutto rispetto, ma non l'avrebbe ammesso neanche sotto tortura: lo spadaccino era già abbastanza pieno di sé così com'era e lui non voleva dargli questa soddisfazione.
-Mi hai dimostrato di essere una testa calda e un arrampicatore sociale, più che altro, come il 99% dei picciotti da queste parti. Cosa avresti di diverso da quei leccaculo che assediano l'ufficio di mio padre in cerca di favori e ricchezze? Perché dovrei fidarmi di te?-

-Voooi, non sono un leccaculo e non me ne frega niente della ricchezza!- berciò Squalo, offeso dalla determinazione di Xanxus a non capire di che pasta fosse fatto. -Io vivo nel presente, un combattimento dopo l'altro, e per me è sempre stato abbastanza. Solo che adesso che ho conosciuto te riesco a immaginare qualcosa che va oltre il combattere solo per il puro gusto di farlo. Adesso riesco a vedere un obbiettivo, un futuro pieno di potenzialità-.

Xanxus si raddrizzò, rivolgendo la sua completa attenzione a Squalo. Sarebbe rimasto basito dalla schiettezza e dall'orgoglio con cui l'altro era riuscito a dare voce a pensieri così personali, se non fosse che una di quelle parole lo aveva colpito al petto come un proiettile.
-Riesci a vedere un futuro- ripeté, con tono piatto, meccanico. Un futuro pieno di potenzialità. Voleva mettersi a ridere. O a gridare. O a vomitare.

-Esatto- rispose Squalo con semplicità, raddrizzandosi anche lui. Non poteva avere idea di quello che stava passando nella mente di Xanxus in quel momento. -Un futuro in cui io e te siamo i padroni di questo posto e nessuno può dirci cosa fare o non fare-.

-Piantala, feccia- sibilò Xanxus, aggrappandosi con una mano alla balaustra. Un gesto troppo moderato perché lo spadaccino capisse che avrebbe fatto meglio a stare zitto.

-Pensaci. Quando sarai Boss tu avrai il potere e i soldi,  io avrò una squadra di assassini al mio comando- incalzò Squalo. I suoi occhi, grigi come l'acciaio, brillavano di determinazione e ambizione. Un bagliore cupo. -Chi potrebbe fermarci, allora? Potremmo perfino sgominare questi cazzo di Mancuso una volta per tutte, senza più un Nono a tirare in ballo la morale e stronzate simili. Nessuno potrebbe più dirci cosa fare! Non è questo che vuoi anche tu?-.

Xanxus si sentì mancare il respiro, come se stesse per affogare in un mare di rabbia. Le parole di Squalo non erano altro che involontari colpi di pugnale e, come se non bastasse, aveva negli occhi quello stupido sguardo di chi crede davvero in quello che dice. Avrebbe voluto chiuderglieli con un pugno. Futuro? Il futuro di cui parlava lo spadaccino non era mai stato suo, fin dal principio. Era stato solo un sogno folle, il sogno di sua madre.
Se Squalo lo avesse saputo, come avrebbe reagito? Se avesse saputo che l'uomo che idolatrava non poteva essere Decimo, avrebbe cercato con tutte le sue forze di guadagnarsi il suo rispetto? Avrebbe condiviso con lui i suoi sogni di gloria? No, perfino quella feccia gli avrebbe voltato le spalle, perché non avrebbe più avuto motivo di ammirarlo come faceva ora: Xanxus non era il futuro Boss, non era il figlio del Nono, non era nemmeno un Vongola a tutti gli effetti. Non era niente.

-Ti ho detto di piantarla- scandì, cercando di impedire alla rabbia traditrice di vibrare nella sua voce. Non voleva esplodere di fronte a Squalo: poi avrebbe chiesto spiegazioni, avrebbe chiesto perché parlare di futuro lo aveva fatto infuriare, e lui non poteva permettersi di raccontargli la verità. -Non ho voglia di ascoltare le tue stupide fantasie-.

-Fantasie?- Squalo lo guardò, interdetto. Non era così stupido da non accorgersi che Xanxus si stava per arrabbiare sul serio e che gli stava nascondendo i suoi veri pensieri, ma non aveva idea del perché. E la cosa gli pesava come un macigno sul petto. Avrebbe voluto avere la sua fiducia, ma evidentemente il figlio del Nono non lo stimava degno abbastanza. Digrignò i denti. -Si può sapere che ti prende?! Se non ti conoscessi meglio direi che non hai più le palle per essere il Boss!-.

-STA' ZITTO!-

Un bagliore, un frastuono improvviso, un'ondata di calore. Squalo scattò istintivamente all'indietro, mentre scheggie di marmo polverizzato schizzavano da tutte le parti. Se non avesse visto i pugni infuocati di Xanxus abbattersi sulla balaustra di pietra avrebbe pensato che fosse scoppiata una bomba.
Xanxus, invece, non si era mosso da dov'era. Se ne stava in piedi davanti ai resti polverosi della ringhiera, con lo sguardo perso nel vuoto. Una scheggia impazzita doveva aver superato la barriera d'energia della Fiamma e gli aveva graffiato una guancia, ma lui sembrava non fare nessun caso al rivolo di sangue che gli scendeva lungo il viso. Squalo rimase a guardarlo con occhi sgranati, incerto se scappare o avvicinarsi di nuovo. Forse avrebbe dovuto essere spaventato da quello scoppio di rabbia, sarebbe stato saggio, ma Squalo non era né spaventato né saggio: era affascinato dal potere della Fiamma e stupito da quella reazione violenta. Voleva sapere cosa l'aveva causata, perciò non se ne sarebbe andato.

Dopo un tempo che parve un'eternità, Xanxus sentì le sue labbra muoversi quasi da sole.
-E se io non diventassi mai Boss?- esplose con rabbia, ma con un'energia che dentro di sé non sentiva davvero. Si era lasciato di nuovo travolgere dall'ira e adesso si sentiva completamente svuotato di tutto tranne che del suo rancore. Era... stanco. Stanco di dover portare quel peso.

Squalo sgranò ancora di più gli occhi, sicuro di aver capito male. -Co... cosa?-

Xanxus prese fiato ed emise un sospiro, prendendosi qualche secondo per schiarirsi le idee e far calmare il suo battito cardiaco. Ormai era fatta, si era esposto davanti a Squalo, quindi tanto valeva dirgli la verità. Almeno così quel teppistello arrogante se ne sarebbe andato dalla sua vita una volta per tutte e lui non avrebbe dovuto continuare a mentire.
-Ho detto che potrei non essere io il Boss- ripeté Xanxus, ritrovando energia nel tono brusco della sua voce -Quindi piantala di costruire castelli in aria e soprattutto piantala di starmi attaccato come la mia ombra-.

Squalo fece lentamente un passo per avvicinarsi di nuovo. -Non capisco...-.

Xanxus avvertì il suono del suo stivale sulla pietra e si voltò a scoccargli un'occhiata infastidita. Avrebbe potuto spaventarsi e svignarsela e invece era ancora lì, con la sua aria confusa e quegli occhi che lo scrutavano.
Lo faceva irritare.
-No che non capisci. Che cazzo puoi capirne tu?- sbottò bruscamente.
Dopo qualche istante di silenzio, si costrinse a continuare: -Qualche mese fa ho sentito una discussione privata fra il vecchio e Iemitsu-.
Ecco, c'era quasi, per la prima volta avrebbe pronunciato ad alta voce quello che non riusciva a raccontare nemmeno a sé stesso. -Non vogliono che sia io il Decimo. E senza il loro consenso io non ho possibilità di ricevere gli Anelli e diventare boss. Ti è chiaro adesso?- disse incrociando le braccia, aspettandosi di vedere la delusione comparire da un momento all'altro sul volto di quella feccia.

Ma nelle sopracciglia corrugate e nella bocca semiaperta di Squalo non c'era delusione, solo sconcerto. E rabbia.
-Che cosa?! Perché non potresti essere tu il Decimo? La maggioranza degli alleati è dalla tua parte!-.

Xanxus serrò le mascelle. Sapeva che sarebbe stato liberatorio rivelargli la verità sul proprio conto: Squalo avrebbe smesso di rispettarlo per qualcosa che non possedeva e non avrebbe mai posseduto. Non sarebbe più tornato a tormentarlo parlando di "futuro" o a ciarlare di amenità di cui non gli importava un bel niente e lui sarebbe ritornato ad essere libero da qualsiasi legame, da qualsiasi peso.
Bastava solo ammettere la sua vergogna.

"Digli la verità, così ti abbandonerà anche lui. Non è questo che vuoi? Digli che il tuo sangue non vale niente, avanti".

Fece per aprire la bocca ma, con suo sommo disgusto, si rese conto che la sua gola era stretta in una morsa, la sua bocca si era fatta secca. La cosa era intollerabile: proprio lui, Xanxus, si stava lasciando turbare. Da che cosa, poi? Aveva forse paura di ciò che la feccia che aveva davanti avrebbe pensato? Impossibile: non avrebbe dovuto importargli niente del rispetto di Squalo.
Eppure le parole giuste non volevano saperne di uscirgli di bocca.
-Immagino che quello smidollato di mio padre non voglia uno come me a capo della sua Famiglia- mentì infine, odiandosi per ogni parola.

-E la cosa ti sta bene così? Non ti ribellerai? Sei sangue del suo sangue, hai diritto a essere tu il suo successore!-.

-NO che non mi sta bene! Ma cosa vuoi saperne tu?- sbottò, scoccandogli un'occhiataccia assassina. Poteva anche non avere il sangue dei Vongola, ma come si permetteva quel rifiuto di dirgli cosa fare e cosa pensare? Quella domanda lo fece infiammare di rabbia e con essa gli diede nuova energia. -Sei un ragazzetto esaltato che è spuntato dal nulla e si è permesso di proiettare i suoi sogni di gloria su di me. Credi che non abbia passato ogni istante a consumarmi di rabbia, da quando ho sentito che non mi vogliono come Boss?- digrignò i denti, la bocca deformata in una smorfia -Credi che non abbia passato ogni giorno a desiderare, a pianificare di mettere a ferro e fuoco ciò che mi separa dall'unica cosa che voglio? Ma i miei picciotti sono uomini scelti da mio padre, non posso fidarmi di loro, e gli alleati non avranno mai le palle di scatenare una guerra interna. Non posso fidarmi di nessuno, ma persino io non posso mettere in ginocchio i Vongola da solo-.

Squalo aveva assistito alla scenata senza battere ciglio e, ancora senza battere ciglio, rispose. -Allora fallo, Xanxus. Anzi, facciamolo. Mettiamo a ferro e fuoco tutto-. Per la prima volta da quando Xanxus lo aveva conosciuto, il suo tono era basso, naturale. Non c'era alcuno sfoggio di ostentata sicurezza ma solo il suono deciso di una promessa.
-Sarà anche vero che non so niente di te, ma dovrei essere cieco e sordo per non capire cosa vuoi. Se preferisci restare a consumarti di rancore perché il Nono non capisce la tua forza per me sta bene: è la tua vita che sprecherai, non la mia. Ma se vuoi diventare Decimo, io ti aiuterò-.

Per qualche istante il figlio del Boss rimase senza parole, ammutolito ancora una volta dalla bruta onestà dello spadaccino. Poi scoppiò a ridere in una risata beffarda, che però suonò ben più vacua e nervosa di quanto avrebbe voluto.
-Tu mi aiuterai? Cosa pensi di fare, feccia, sfidare a duello il resto dei Vongola?-.

Squalo fece un'alzata di spalle, lasciandosi scivolare addosso il sarcasmo dell'altro.
-Puoi essere forte quanto ti pare, ma lo hai detto tu stesso che non puoi piegare i Vongola da solo. Hai bisogno di gente fidata che ti aiuti a combattere e resti al tuo fianco-.

-Se non mi fido dei miei picciotti perché dovrei fidarmi di te?-.

-Hai motivi di dubitare della mia determinazione ad essere tuo alleato?- ribadì lo spadaccino, fissando i suoi occhi d'acciaio in quelli di sangue di Xanxus.

Aveva motivi di dubitarne? Certo che ne aveva. Dopotutto non era riuscito a dirgli la verità e non dubitava che, in barba alle sue promesse, persino lui gli avrebbe voltato le spalle, se solo avesse saputo come stavano davvero le cose. Xanxus avvertì l'acuta consapevolezza che quella sarebbe stata l'ultima occasione per dirglielo e distruggere una volta per tutte quel legame nato su una bugia.
-Che cosa puoi offrirmi? Non sei l'unico in grado di impugnare un'arma, da queste parti-.

Le labbra dello spadaccino si piegarono in un sorrisetto malevolo.
-Io un'idea ce l'avrei-.



*


Ottavio si fece avanti nella semi oscurità del salone, sottratto alla notte solo dalla luce danzante di un candelabro appeso al soffitto. Il secondo in comando dei Varia reggeva fra le mani un cuscino di velluto rosso, su cui erano incrociati un pugnale intarsiato con lo stemma dei Vongola e una doppia corda argentata.
Due uomini in giacca e cravatta si fecero silenziosamente da parte per farlo passare, rompendo il cerchio di persone che occupava il centro della sala: uomini e donne, alcuni vestiti formali, in giacca e cravatta, altri con addosso la divisa di pelle dei Varia.

All'interno di questo cerchio, Squalo Superbi lo stava aspettando. Non gli era mai piaciuto dover stare fermo e in silenzio e il suo nervosismo era palese nel modo in cui serrava le mascelle e scoccava occhiatacce alle persone che lo circondavano. Dal canto loro, tra i presenti c'era chi lo guardava con disapprovazione, forse non ritenendo degno della loro presenza un quattordicenne con dei modi da avanzo di strada. Nonostante ciò Squalo era riuscito a mantenersi immobile fino all'arrivo di Ottavio: si trovava lì per un motivo ben preciso, non era il momento di lasciarsi prendere dall'impazienza.

Ottavio si fermò davanti a lui, porgendogli il cuscino di velluto. Squalo sapeva esattamente cosa fare, perché nei giorni precedenti aveva vissuto questa scena un sacco di volte, nella sua mente. Si scoprì l'avambraccio sinistro e afferrò il pugnale con la mano destra. Dopodiché, senza un attimo di esitazione, appoggiò la punta del pugnale contro la pelle pallida dell'avambraccio e si aprì un taglio, creando un solco di sangue dall'incavo del braccio fino a poco prima del polso.

Quando Ottavio annuì Squalo ripose il coltello insanguinato sul cuscino e si voltò verso i presenti, incurante di chi lo guardava senza approvare. Allora allungò il braccio davanti a sé, lasciando che il sangue sgocciolasse dalla ferita sul marmo bianco e nero del pavimento, e recitò le parole che gli erano state insegnate:

Io, Superbi Squalo, da questo momento prendo il posto di Tyr in qualità di Boss dei Varia. Come oggi verso il mio sangue di mia volontà, così giuro di versare il sangue di chi oserà minacciare la salvezza, l'onore e gli interessi della Famiglia Vongola. Possa io morire se dico il falso.

Una volta che Squalo ebbe recitato il suo giuramento, Ottavio prese la corda d'argento e l'appuntò sulla spalla destra di Squalo. Da quel momento, con il passaggio della corda che un tempo era appuntata sulla giacca di Tyr, Squalo divenne ufficialmente il capo dei Varia. Tra la folla si levò un mormorio e da essa si fece avanti di un passo Don Timoteo, con il suo bastone stretto fra le mani. Improvvisamente la fiamma del Cielo divampò dal pomello, rischiarando i volti delle persone presenti nel cerchio.
-Ti do il mio benvenuto nella Famiglia, Squalo, come uomo dei Vongola e come successore di Tyr. Che l'alleanza fra Vongola e Varia sia sempre salda e vantaggiosa per ognuno di noi-.

L'attenzione all'interno del cerchio si spostò nuovamente dal Boss a Squalo: tutti si aspettavano che, in quanto nuovo capo dei Varia, avesse qualche parola da dire ai presenti. E così era.
-Non ho dubbi che sarà così- rispose Squalo, chinando il capo in segno di assenso, -La Famiglia è stata generosa con me e io voglio ripagarla facendo la cosa migliore-. Fece una pausa in cui guardò i presenti, incontrando lo sguardo di una persona in particolare. Voleva dare un'impressione di calma e solennità, come la cerimonia avrebbe richiesto, ma non riuscì a impedire alle sue labbra di piegarsi in un sorrisetto. L'adrenalina gli scorreva nel sangue come se si stesse preparando a combattere.   -Per questo motivo- continuò, -ho deciso di rinunciare al titolo di Boss dei Varia in favore di qualcuno che reputo essere più adatto a questo ruolo. Vero, Boss?-.

Xanxus uscì dal cerchio di persone, avanzando di qualche passo in direzione di Squalo e Ottavio. Non fece alcun tentativo di celare il suo divertimento. -Almeno qualche rifiuto sa stare al suo posto- disse, lanciando un'occhiata burbera allo spadaccino.

Dal cerchio si levò un clamore di esclamazioni e voci sorprese su uno sfondo di bisbiglii concitati. -Cosa!? Xanxus!- esclamò Enrico. -Xanxus! Che cosa significa?- tuonò Timoteo. Improvvisamente le voci si spensero e il silenzio tornò nella sala. Tutti gli sguardi erano sul Nono e Xanxus.

-Esattamente quello che sembra. Il Boss dei Varia sono io- disse Xanxus. Sollevò una mano a fare un cenno con un dito e Squalo si tolse la sua giacca, con l'insigne del capo, e la posò sulle spalle di Xanxus come un mantello. A giudicare dal suo sorrisetto tronfio mentre si metteva accanto a Xanxus, guardando il Nono con aria di sfida, lo spadaccino non sembrava affatto rammaricato di aver appena rinunciato al potere.

Enrico fu l'unico che ebbe il coraggio di farsi avanti a protestare. -Non potete farlo! Credete di prendervi gioco di noi con questo stratagemma!?- ringhiò, furente in volto -Ottavio, sei il braccio destro di Tyr, di' qualcosa!-.

Ottavio, che fino a quel momento era rimasto impassibile a osservare la situazione senza muovere un muscolo, si sistemò gli occhiali sul volto. - Veramente... possono- spiegò, -È previsto che il Boss possa cedere la sua carica a un'altra persona in qualunque momento, se lo ritiene necessario. È nelle regole-.

-Le regole, certo! - sbottò Enrico e, rivolgendosi a suo padre e alle altre persone del cerchio, esclamò -Sono l'unico che non riconosce che questo è un inganno!?-.

Timoteo si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla spalla, intimandolo gentilmente di farlo parlare.
-Xanxus... cosa dovrei pensare di tutto questo?- chiese, senza alzare la voce ma con un tono che tradiva il suo sgomento -Perché non mi hai mai detto che volevi essere il Boss dei Varia? Non c'era motivo di agire nell'ombra!-.

Xanxus arricciò le labbra con sdegno. Se c'era qualcuno che non aveva il diritto di accusarlo di agire nell'ombra era proprio Timoteo, ma questo non poteva dirlo davanti a tutti. Non poteva dire che sapeva che il Nono stava pianificando in segreto di lasciare i Vongola a un bamboccio, il figlio di Iemitsu, piuttosto che lasciarlo a lui. -Non prendermi in giro, vecchio. Avresti mai dato i Varia all'unica persona che non ti obbedisce come una marionetta?-.

-Ti sbagli, figlio mio. È chiaro che con il tuo carisma e le tue abilità in combattimento saresti stato un candidato eccellente per i Varia- obbiettò pazientemente il Nono -Ma non avrei mai immaginato che tu avessi interesse in questo posto, quando invece sei erede per diventare Decimo.  Sai che non si può essere Boss dei Varia e dei Vongola allo stesso tempo-.

A Xanxus gli ci vollero tutte le energie possibili per contenere la rabbia dentro di sé e lasciare che il suo viso mantenesse un'espressione neutra mentre nel suo animo si scatenava l'inferno. Neanche stavolta! Neanche stavolta il vecchio aveva avuto il coraggio di dire la verità, il tutto pur di placarlo e mantenere la sua facciata di fronte agli alti ranghi dei Vongola. La sua doppiezza non gli era mai stata così chiara. Avrebbe voluto incendiare la stanza e con essa tutte le persone che vi stavano dentro, compreso se stesso, con le sue mani.

Invece dovette inghiottire tutto e limitarsi a fare un'alzata di spalle.

-Comandare i Varia sembra un'ottima opportunità per provare me stesso, non credi? Del resto sono stanco di girarmi i pollici mentre aspetto che tu ti decida a darmi quello che mi spetta- disse, e nonostante si sentisse morto dentro riuscì pure a fingere un sorriso beffardo da indirizzare a Enrico. -Oppure chissà, potrei anche decidere che questo è il mio posto ideale e di lasciare a te la rogna di essere a capo dei Vongola, Enrico!-.

-E ti aspetti che io ti creda?- ribatté Enrico con stizza, per poi rivolgersi al Nono: -Padre, non gli permetterai di averla vinta, vero!? Se può prendersi i Varia senza che nessuno gli dica niente cosa altro pensi che non sarebbe in grado di fare? E che ne sarà dei tuoi sogni di riportare la mafia ai tempi di Giotto se lasci tutto questo potere in mano a un cane rabbioso?-.

Xanxus provò quasi pena per lui. Enrico aveva pienamente ragione e il Nono avrebbe fatto bene a seguire il suo consiglio, ma lui sapeva che il vecchio non avrebbe avuto il coraggio di agire pubblicamente contro di lui. Enrico era stato il primo a vedere il marcio in lui, ad annusare il pericolo, ma suo padre non lo aveva ascoltato e se ne sarebbe pentito quando sarebbe stato ormai troppo tardi. Non erano forse entrambi, sia lui che Enrico, vittime della cecità e della debolezza di Timoteo?

Scoppiò in una mezza risata. -Cane rabbioso? Chi di noi due lo sembra di più in questo momento, signori?- chiese Xanxus, rivolgendosi al resto dei Vongola come a un pubblico. Qualcuno in mezzo al cerchio rise debolmente con lui, nonostante la tensione palpabile. -Mi sembra che tu sia l'unico ad obiettare, o forse c'è qualcun altro che non mi vuole a capo dei Varia? Sentiamo-.

Xanxus si guardò attorno, cercando lo sguardo del resto dei Vongola e dei Varia. Ci furono dei brusii, dei sussurri, degli scambi nervosi di occhiate, ma nessuno parlò. Se qualcuno era contrario aveva comunque troppo timore di Xanxus per dirglielo in faccia e se qualcuno invece approvava la sua presa di potere non osava ammetterlo di fronte al Nono.
Sorrise compiaciuto. -Allora la scelta è tua, padre. Che cosa vuoi fare? Vuoi lasciarmi i Varia o vuoi punirmi per insubordinazione? Sei tu il boss-.

Iemitsu e Massimo, che erano rimasti alle spalle del Nono, si scambiarono qualche parola sussurrata, dopodiché il Consigliere si avvicinò al Boss e si chinò a bisbigliargi qualcosa nell'orecchio.
Timoteo strinse con le dita nodose il suo vecchio bastone. I suoi occhi addolorati non riconoscevano più quel bambino a cui aveva, anni fa, aveva aperto la sua casa e la sua famiglia. Poi il dolore lasciò spazio all'amarezza e alla delusione.
-Xanxus, ho deciso di assecondare la tua scelta perché so che saresti l'uomo giusto per un ruolo così difficile- disse stancamente, -Tuttavia non posso scusare il modo in cui hai scavalcato la mia autorità, per cui non credere che d'ora in poi potrai fare quello che vuoi. I Varia hanno la loro autonomia, certo, ma ricordati che sono stato io a crearli e che in ultima analisi il loro capo deve rispondere a me. Per il momento però lascerò che questa cerimonia vada avanti-. Fece un cenno. -Ottavio, per favore, fai avere a Xanxus un coltello pulito, così che possa giurare fedeltà anche lui-.

Ottavio annuì e si allontanò, lasciando da soli Xanxus e Squalo all'interno del cerchio.










   
 
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