Stavano tornando da scuola in moto, come di routine, le dita di Soul ben premute sulle manopole e i codini di Maka – che abbracciava con naturalezza la sua vita, per evitare incidenti – frustavano il vento.
Con la coda dell'occhio, la maestra vide il compagno mascherare un brusco colpo di tosse, mentre smontava dal veicolo. Gli rivolse un'occhiata di diffidenza: quel giorno, la sua carnagione aveva assunto una tonalità cadaverica e durante le lezioni se n'era stato zitto zitto, come fosse sulla luna. Mettendo per un attimo da parte quelle constatazioni, la bionda aprì la porta di casa, trovandosi davanti un'allegra e scodinzolante Blair in forma umana.
«Bentornati, nyan!» li salutò, agitando un pugno a mo' di zampa. «Soul, tesorino!» trillò, sporgendosi per abbracciare il ragazzo sulla soglia e sfregargli i prosperosi seni a due centimetri dalla faccia.
Al contrario della solita fuoriuscita di sangue dal naso, lui rimase impassibile, tentando di allontanarla seccamente col braccio proteso. Subito dopo, in casa Evans-Albarn calò un gelido e momentaneo silenzio.
«Ma che ti prende, nyan?» domandò la micia, sbattendo confusamente le voluminose ciglia. «Sicuro di sentirti bene, pasticcino mio?»
«Già, Soul» le fece eco Maka, mentre appoggiava la cartella sul divano, per poi tornare a fissare con dubbiosità la sua buki. «Oggi sei un po' strano.»
«Sono solo stanco» si giustificò quest'ultima, trascinandosi in cucina, faticosamente, quasi come se avesse una palla di ferro legata al piede. Prese posto sulla prima sedia che vide e, in attesa del pranzo, appoggiò la testa al ripiano d'acciaio laccato, chiudendo gli occhi.
«Ma sei davvero sicuro che è tutto okay?» ritentò la ragazza. Poi si avvicinò, chinandosi innocentemente nella sua direzione.
Con uno scatto, Soul alzò il capo barcollante; gli pareva pesante quanto un'incudine. Non si sentiva in forma, ma non voleva preoccupare inutilmente la sua shokunin.
Stava per dar voce a quel pensiero, ma Maka fece correre fulmineamente la mano sulla sua fronte, scostando con delicatezza la frangia troppo lunga. E il cuore, al vedere il viso di lei così vicino, accelerò brusco. Sarebbe bastato sporgersi di poco, per sfiorare le sue labbra rosee…
«Santo cielo, scotti!» L'esclamazione della bionda riportò l'altro alla realtà. Lo guardava con un cruccio preoccupato, senza ancora levare la mano. «Devi subito metterti a riposare!»
Prima che il ragazzo potesse aprir bocca per ribattere che invece stava benissimo, la maestra d'armi lo prese per un braccio e cominciò a trascinarlo nella sua stanza, non dando importanza al debole grugnito di fastidio che emise – e suonava quasi come un mugolio di essere lasciato in pace.
Mezz'ora dopo Maka entrò, trovandolo immobile sotto alle coperte. «Ti ho portato questo, mangialo quando ti senti un po' meglio» gli disse, posando un piatto di riso al curry sullo stretto comodino ceruleo che separava il letto dalla scrivania.
«Grazie» borbottò l'albino, roco, ancora con la testa vorticante. Prima che potesse impedirlo, Maka si sedette a bordo del materasso e con spigliata naturalezza cominciò a protendersi verso il centro della sua fronte. «C-Che ti salta in mente? Ferma, potrei attaccarti la febbre!»
La Meister ignorò la lamentela, godendosi il contatto con la sua pelle, asciutta e tiepida. Durò pochi secondi, durante il quale l'arma rimase di pietra, un po' spiazzata, come se avesse ricevuto il bacio di un angelo.
Poi, lei si staccò lentamente, lasciandogli una lieve sensazione di freschezza in quel punto. «Menomale! Adesso sembra che sia scesa un pochino» dichiarò, scostandosi, con un sorriso premuroso – che, Soul doveva ammetterlo, gli scaldava il cuore. «Tornerò a controllare tra poco, okay? Se ti serve qualcosa chiamami.» E sparì dietro la porta, un tornado di affetto e buonumore biondo cinerino.
Una volta solo, il ragazzo affondò meglio nel morbido involucro di tela, abbandonandoci totalmente il peso. Essere malato, per quanto poco cool, non era poi così terribile. Lo pensò con un sorriso sghembo, mezzo nascosto dall'altezza delle coperte azzurrine.