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Autore: nikita82roma    14/10/2016    4 recensioni
Kate sta per tornare al distretto riprendendo ufficialmente il suo ruolo di capitano e separarsi da sua figlia e da suo marito sarà più difficile di quanto pensasse. Non appena rientra al distretto le si presenta subito un caso scottante che tratterà in prima persona: il figlio di un famoso narcotrafficante di origine venezuelana è il colpevole di alcuni efferati delitti di giovani donne. Si troverà davanti a decisioni difficili e a dover combattere una battaglia alla quale è impreparata che la metterà davanti a nuove e vecchie paura, a dover scegliere ancora una volta quale direzione dovrà prendere la sua vita...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Beckett arrivò al distretto con animo molto più leggero del giorno precedente, forse perché aveva già rotto il ghiaccio, o più semplicemente perché sapeva che quella giornata sarebbe stata meno lunga: avrebbe visto Castle e Lily a pranzo. Non sapeva perché non ci aveva già pensato, in fondo fare una pausa pranzo era tra le cose che le spettava, se la passava con suo marito e sua figlia non c’era nulla di male.

Appena aperte le porte dell’ascensore e messo piede al dodicesimo, però il suo entusiasmo si smorzò immediatamente. Un gran via vai di uomini concitati non le faceva pensare a nulla di positivo e soprattutto si chiedeva perché c’era tutta quella confusione e nessuno l’aveva avvisata. 

Fermò un agente che sembrava barcamenarsi un po’ spaesato. L’aveva già visto nel suo periodo in cui era rientrata prima di andare in maternità: John Hamilton, per tutti al distretto era Johnny, era il più giovane lì e le faceva un po’ tenerezza.

- Agente Hamilton, cosa sta succedendo?

Il ragazzo sobbalzò trovandosi davanti il capitano che lo guardava dall’alto verso il basso per merito dei suoi alti tacchi e della statura dell’agente non proprio notevole, con le mani sui fianchi ed una voce più severa di quando avesse dovuto, di certo non era lui il responsabile di tutto.

- Ca… Capitano Beckett… Una delle piste che stavamo seguendo si è rivelata valida. Abbiamo trovato Ramon Campos, i detective Ryan ed Esposito sono andati con una squadra ad arrestarlo, lo stanno portando qui adesso.

- E perché nessuno mi ha avvisato? - Chiese brusca.

- Io… Io non lo so Capitano… - Rispose il ragazzo intimidito. Certo, lo sapeva che lui non poteva saperlo, si appuntò mentalmente di dover mettere le cose in chiaro con i due detective.

- Va bene, vai pure. - Il ragazzo si congedò mettendosi sull’attenti e lei andò nel suo ufficio sbattendo la porta alle spalle. Era veramente frustrata di non essere stata avvisata, lei era il loro Capitano, il loro superiore, non nella squadra, ma del distretto. Avevano il dovere di metterla al corrente degli sviluppi della situazione, come loro avevano sempre fatto sia con Montgomery e soprattutto con la Gates. Non voleva paragonarsi a loro, non pensava di esserne ancora degna, però pretendeva che il suo ruolo fosse rispettato al di là di ogni rapporto di amicizia che c’era tra loro. Erano bastati quei pochi minuti per spazzare via il suo buon umore mattutino: non sarebbe proprio stato una giornata meno lunga, tutto il contrario pensò.

Il suo cellulare squillò e quando vide che era il numero di Ryan fece appello a tutto il suo sangue freddo per non sbranarlo per telefono. La informò di quello che già sapeva. Il blitz era andato a buon fine, Campos era sotto la loro custodia e lo stavano portando al distretto per interrogarlo. Poi Ryan disse una frase che fece perdere definitivamente le staffe a Beckett.

- Ehy Kate, se vieni al distretto lo puoi interrogare tu.

- Ryan io sono al distretto e gradirei essere informata prima quando ci sono questi sviluppi. Come è prassi che sia per il capitano del distretto.

- Beckett, noi veramente pensavamo che tu, ecco… Fossi impegnata con Lily…

- Ryan, voi non dovete pensare. Voi dovete chiamarmi. Punto. Ne riparliamo dopo quando sarete qui.

 

Esposito e Ryan arrivarono circa un’ora dopo. Kate non sapeva niente di dove fossero, nè di cosa era successo, nel frattempo però, la notizia doveva essersi diffusa anche perché insieme alla sua squadra del distretto c’era stato il supporto delle forze speciali della polizia di New York. Aveva passato quasi tutto quel tempo al telefono con i suoi vari superiori, ad inventarsi risposte a fatti che non conosceva minimamente, facendo, pensò, anche più volte la figura della stupida, cosa che odiava profondamente. Annotava mentalmente anche quello tra le cose di cui i due detective gli avrebbero dovuto dare conto.

Appena fu avvisata che stavano arrivando, uscì fuori dal suo ufficio per aspettarli in corridoio. Si sarebbe dovuta preparare alla lotta di nervi che avrebbe dovuto fare con Ramon Campos, di certo non uno che sarebbe crollato facilmente, se lo avrebbe fatto, ed invece era assorta solo dal pensiero della sfuriata che avrebbe fatto ai due amici. Odiava profondamente essere quel tipo di capitano, ma erano stati loro a metterla in condizione di agire così. Doveva far rispettare le gerarchie, anche con loro, oppure non avrebbe mai tenuto quel luogo in pugno ed avrebbe fallito miseramente il suo lavoro.

Si era fatta venire molti dubbi nell’ultimo periodo, su di se e sul suo lavoro, però se pensava a tutto quello razionalmente, sapeva che era lì perché se lo era meritato, perché era brava a fare il suo lavoro ed avrebbe voluto continuare a dimostrarlo fin quando fosse rimasta lì. Voleva che fosse chiaro a tutti, soprattutto ai suoi amici, che per quello che riguardava il lavoro lei era il Capitano Beckett, non Kate, e che se loro erano veramente suoi amici, non dovevano farsi scrupoli a disturbarla, ma anzi dovevano essere i primi ad avvisarla di qualunque cosa accadesse al distretto, perché lei si fidava di loro ma non voleva che le nascondessero le cose o prendessero decisioni senza interpellarla per poi farla trovare come quella mattina in una complicata situazione a barcamenarsi tra scuse poco credibili ai vertici della polizia della città.

 

Li vide camminare soddisfatti per il corridoio, mentre due agenti tenevano Campos ammanettato e lo strattonavano per fargli accelerare il passo.

- Voi due - disse Beckett agli agenti - portatelo nella sala interrogatori, mentre voi nel mio ufficio. Subito. - Si rivolse ai due detective che rimasero sorpresi dalla sua fermezza.

 

- Yo Beckett, non ci fai i complimenti? - Disse Esposito chiudendo la porta dell’ufficio del capitano dandosi il cinque con Ryan mentre si sedevano compiaciuti davanti alla scrivania del capitano.

- Complimenti? Per aver preso Campos? Bravi. Ben fatto. Ma si da il caso che qui il capitano sono io, e quando ci sono queste operazioni devo essere avvisata e messa al corrente di ogni cosa. Voi non vi dovete preoccupare di quello che accade nella mia vita, quello è un mio problema e spetta a me gestirlo. Vi siete mai preoccupati di avvisare la Gates o Montgomery? No, non lo abbiamo mai fatto, e con me non deve essere diverso.

I due detective deglutirono a fatica vedendo una Beckett veramente furiosa in piedi dietro la scrivania con le mani appoggiate sul bordo, protesa verso di loro.

- Sapete mentre voi venivate qui, tutti belli soddisfatti del vostro lavoro io cosa ho fatto? Ho passato un’ora a rispondere a telefonate degli stati maggiori della polizia di New York, del sindaco e non solo, inventandomi cose, tergiversando, perché di quello che voi stavate facendo io non sapevo nulla. Vi sembra normale questo? - Chiese sbattendo le mani sul tavolo.

- Non mettetemi mai più in una situazione del genere. Sono stata chiara? Mai più. - Disse ferma - Voi due siete i miei più cari amici, ma questo qui non conta. Io mi devo poter fidare di voi e fidarmi vuol dire sapere che se succede qualcosa, voi la prima cosa che fate è alzare il telefono e chiamarmi e mettermi al corrente di tutto, non dirmi che non mi avete avvisato per non disturbare. - Provò ad addolcire un po’ il suo tono, vedendo le facce dispiaciute dei due, ma era ancora troppo arrabbiata. Si sedette, esausta per aver dovuto fare quella sceneggiata, odiava fare quella parte, perché aveva odiato ogni volta che era dall’altra parte ed aveva dovuto subirla. Lei non voleva essere questa, ma non voleva nemmeno che il suo ruolo cambiasse e la considerazione che gli altri avevano di lei fosse cambiata solo per il fatto di essere diventata madre. Lei lì dentro era la Beckett di sempre. Si prese la testa tra le mani.

- Beckett… ci dispiace molto, veramente. Non abbiamo pensato a… a quello che dovevi fare tu, qui… - disse Ryan

- Sì, Beckett, abbiamo sbagliato. Scusaci - aggiunse Esposito.

- Io non voglio fare questa parte, con nessuno, figuriamoci con voi. Però se voi siete i primi a non rispettare il mio ruolo, come faccio a farmi rispettare dagli altri. Lo capite questo? 

- Certo Capitano. - Risposero i due in coro.

- Andate ora. E comunque, ottimo lavoro ragazzi, veramente.

- Ehm…. Beckett nell’appartamento di Campos abbiamo trovato questo - Esposito tirò fuori dalla tasca della giacca una busta di plastica trasparente con un coltello - crediamo sia l’arma del delitto, preferisci che lo portiamo subito alla scientifica oppure vuoi che te lo lasciamo per l’interrogatorio? 

- Lasciamelo qui, lo portiamo dopo. - Disse Kate ed Esposito mise la busta sulla scrivania. - Altro che devo sapere?

- Parecchia droga e soldi in contanti, ma questo lo potevamo immaginare. Una discreta collezione di film porno amatoriali in molti era anche il protagonista. La pista delle prostitute è valida, dalle dichiarazioni dei vicini delle due ragazze uccise, quello che facevano pare compatibile con una prostituzione non da marciapiede, ma qualcosa di più ricercato. - Spiegò Ryan - La scientifica ha sequestrato tutti i video, per vedere se per caso fossero state coinvolte anche le ragazze uccise.

- Bene… - Kate prese il suo fascicolo e lo sfogliò velocemente, più per riordinare le idee che per cercare spunti. - … Vediamo di farlo parlare - Prese anche il coltello e uscì dall’ufficio seguita da Esposito e Ryan diretta alla sala interrogatori. Disse ai due di rimanere fuori: quello era il suo regno, era il posto dove si sentiva di più a suo agio in tutto il distretto, era lì che sapeva di dare il meglio di sé e più l’avversario era difficile, più sentiva scorrere l’adrenalina nelle vene. Fece un respiro profondo, e poi entrò.

L’uomo sembrava assolutamente a suo agio, per nulla spaventato. La guardava, anzi con un sorriso beffardo e l’aria di sfida. In quel momento tra i due la più nervosa era lei. Era tanto, tanto tempo che non si sedeva più in quella posizione. E se aveva perso la sua freddezza? Se non fosse più in grado di portare avanti un’interrogatorio? I dubbi l’attanagliavano stringendo lo stomaco un una morsa d’acciaio e gli vennero in mente tutti le volte che era stata lì e non aveva saputo mantenere la calma, Simmons scaraventato contro lo specchio dietro di se, quando aveva quasi rotto una mano al tizio delle demolizioni che non gli voleva dire nulla su Castle, la donna che aveva buttato a terra con un calcio alla sedia perché non voleva parlare quando la vita di Alexis era in pericolo. Ora però non c’era nessun caso personale, non riguardava nè l’omicidio di sua madre, nè c’era la vita di Castle di mezzo. Doveva solo fare quello che sapeva fare meglio. Chiuse gli occhi solo un’istante e sentì lo sguardo di quell’uomo su di se, non era uno sguardo di un criminale, no, c’era dell’altro dietro. Era ora di giocare la sua battaglia, di buttarsi.

 

La loro schermaglia durò più di quanto avesse previsto. Immaginò che chiedesse subito un’avvocato, così da prendere tempo, invece non lo fece. Andarono avanti per un paio d’ore, tra accuse mosse da lei e negate da lui, tra minacce e provocazioni, da entrambe le parti. Kate però non intendeva prendersi una pausa, voleva continuare a martellarlo, anche se Ryan ed Esposito che osservavano da dietro il vetro a volte non capivano chi stava esasperando chi. L’agente Hamilton che arrivò a passo svelto a comunicare che l’avvocato di Campos era arrivato lo videro quasi come una liberazione, almeno quell’interrogatorio inutile si sarebbe interrotto. La notizia dell’arresto del rampollo del narcotrafficante aveva fatto il giro velocemente se i suoi gli avevano già fatto avere uno degli avvocati più collusi e ambigui della città, non era la prima volta che lo vedevano al fianco di boss della malavita, ma non avevano mai avuto sufficienti prove per dimostrare che fosse colluso con varie organizzazioni criminali: l’avvocato Tony DeVito era un personaggio particolare, aveva iniziato la sua carriera collaborando con un clan mafioso molto rinomato all’epoca a Little Italy, da dove proveniva, ma al contrario di altri suoi colleghi altrettanto collusi, non si era mai legato ad un clan in particolare, non era mai entrato nell’organigramma di nessuna famiglia, lavorava free lance, se così si può dire, stando bene attento a quali clienti scegliere, senza andare mai a pestare i piedi a clan rivali. Aveva la sua posizione in ogni rivalità e rimaneva fedele a quella parte. Questo gli era valsa la protezione e vari lascia passare ottenuti in modi poco puliti, ma fino a quando nessuno poteva provarlo, erano solo congetture. DeVito riusciva a carpire qua e là notizie utili per i suoi vari clienti, era un viscido ed arrogante avvocato vecchio stile, basso e tarchiato, con una forte stempiatura e due baffi sottili. Poteva essere uscito da un film sulla mafia anni 70 e non avrebbe sfigurato.

Esposito entrò nella sala interrogatori, interrompendo Beckett e beccandosi uno dei suoi sguardi taglienti, ma sapeva già che gli sarebbe toccato e fece finta di nulla. Le si avvicinò comunicandole l’arrivo dell’avvocato di Campos che fece immediatamente capolino dalla porta entrando con fare teatrale e salutando Beckett come se fosse una sua vecchia amica.

- Detective, anzi no, adesso Capitano Beckett! Che piacere rivederla e rivederla di nuovo in splendida forma. Mi sono molto preoccupato per lei quando ho sentito cosa le è successo un’anno fa, no? Che spiacevole avventura, sia per lei che per suo marito. Sta bene anche lui, adesso vero? - Kate non rispose a nessuna sua domanda. Si era incrociata con DeVito almeno in un paio di circostanze, nel corso dei suoi anni da detective, sempre per difendere membri di clan molto ben radicati a New York e ancora le bruciava di quella volta che era riuscita a sfilarle un assassino da sotto il naso, appigliandosi ad un cavillo di una perquisizione poco accurata dove delle prove potevano essere state inquinate. Fu intrattabile per molti giorni, dandosi la colpa per non aver potuto dare giustizia ad una famiglia che per anni avrebbe vissuto l’incubo di un omicidio irrisolto, con il dolore di non avere un colpevole, di non poter sapere la verità, che non allevia il dolore, ma almeno riesce in parte a far accettare la cosa, mettere un punto e provare a ripartire. E se dare ad un figlio la notizia della morte della madre era terribile, dare a dei genitori la notizia della morte del figlio e dover ammettere di non poter fare di più, era straziante, quegli sguardi tristi e rabbiosi, di chi si sentiva strappato oltre che dell’affetto più grande anche della possibilità di rendergli giustizia l’avevano tormentata e nemmeno Castle era riuscito a consolarla e a darle uno spunto valido per vedere qualcosa di buono in quella storia. Detestava quell’uomo, quella specie di avvocato che infangava il nome di tutti gli avvocati per bene, di quelli che erano morti per la verità invece di sotterrarla, come sua madre.

- Vi lascio un’ora per parlare. Poi ricominciamo. - Disse Beckett ai due uomini mentre stava per uscire.

- Capitano, questo se lo può riprendere - Disse DeVito indicando il coltello - dubito che in così poco tempo la scientifica lo abbia già analizzato, quindi è inutile che sia qui. Evitiamo questi giochetti, Beckett, la facevo più sveglia.

Prese la bustina con il coltello e sbattè la porta della sala interrogatori, diede la prova ad Esposito e gli disse di portarla alla scientifica. Sentì una voce inconfondibile salutare tutti al distretto si voltò e lo vide. Spingeva il passeggino di Lily per il corridoio del distretto con un sorriso radioso e mostrava a tutti il suo orgoglio per essere il padre di quella splendida bambina che si guardava intorno incuriosita. Avanzava lentamente perché tutti al distretto volevano vedere la figlia del Capitano che faceva il suo debutto lì e lei accettava con pazienza le carezze e gli sguardi di tutti fino a quando non fu abbastanza vicino a Kate, che non seppe se l’aveva riconosciuta, l’aveva percepita o solo si era stancata di quella processione intorno a sè, ma si mise a piangere e ad agitarsi, fino a quando non fu tra le braccia sicure di sua madre, che come un fulmine l’aveva raggiunta e presa.

- Che bello che siete qui… - disse sospirando a Rick

- Giornata impegnativa? - Chiese innocentemente

- Campos. Lo sto interrogando da ore senza nessun risultato. Ed ora è arrivato anche il suo avvocato. - Continuava a parlare, mentre teneva Lily tra le braccia cullandola appena, ma si era già calmata ed ora giocava con i suoi capelli, o meglio glieli tirava.

- Osso duro?

- DeVito… - disse Kate a denti stretti…

- Ah… - Anche Castle ricordava bene quella storia e come si era sentita sua moglie - Questa volta sarà diverso, vedrai…

Rick si era avvicinato e sfidando Lily le aveva dato un casto bacio sulla guancia.

- Andiamo a magiare Beckett? - Chiese poi Castle ansioso di ritagliarsi qualche minuto da solo con lei. 

- Sì, gli ho detto che sarei tornata tra un’ora, così nel frattempo ha modo di parlare con il suo avvocato.

Proprio mentre stavano per uscire la porta della sala interrogatori si aprì ed uscì l’avvocato DeVito.

- Capitano, vorrei parlare con il mio cliente in un ambiente più… riservato, mi capisce?

- Certo, darò disposizione per farvi portare in un’altra stanza per il tempo che dovrete convenire.

- Ma che bella la sua famiglia Capitano Beckett… Deve esserne molto orgogliosa. Non sapevo che avesse anche una figlia, una splendida figlia… - Gli sguardi in contemporanea di Kate e Rick avrebbero potuto al tempo stesso gelare e squagliare quell’uomo. Istintivamente strinse di più a sè Lily e ringraziò Esposito e Ryan che si erano avvicinati subito a loro, mettendosi tra lei e Rick e DeVito, in un inequivocabile segno di protezione verso il loro Capitano e la sua famiglia. Potevano aver avuto delle discussioni, ma quello che entrambi provavano per Kate era qualcosa di immutabile, perché non era solo il loro capitano, era una loro amica, una di famiglia e lo sarebbe sempre stata, a prescindere dai ruoli che avevano.

Beckett e Castle entrarono in ascensore e Kate premette ripetutamente sul tasto del piano terra, visibilmente nervosa per quell’incontro con DeVito che l’aveva messa particolarmente a disagio. Rick le passò un braccio intorno alla spalla e lei si concesse di appoggiarsi su di lui per qualche secondo, fino a quando non raggiunsero il pianterreno. Mise Lily nel passeggino non senza qualche difficoltà perché voleva rimanere in braccio a lei, si aggrappò a suo marito che spingeva diligentemente il passeggino con la loro bambina e si incamminarono come una normale famiglia verso il loro solito ristorante.

   
 
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