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Autore: nikita82roma    17/10/2016    5 recensioni
Kate sta per tornare al distretto riprendendo ufficialmente il suo ruolo di capitano e separarsi da sua figlia e da suo marito sarà più difficile di quanto pensasse. Non appena rientra al distretto le si presenta subito un caso scottante che tratterà in prima persona: il figlio di un famoso narcotrafficante di origine venezuelana è il colpevole di alcuni efferati delitti di giovani donne. Si troverà davanti a decisioni difficili e a dover combattere una battaglia alla quale è impreparata che la metterà davanti a nuove e vecchie paura, a dover scegliere ancora una volta quale direzione dovrà prendere la sua vita...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Passarono il resto della serata dopo la cena sdraiati sul divano a guardare un film, con Lily in braccio a Kate ora decisamente molto sveglia ed attiva, tanto che Beckett più che vedere il film era attenta cercare di evitare in tutti i modi che rotolasse via ora che aveva imparato a girarsi di fianco. Le regalava di tanto in tanto qualche smorfia che sia Kate che Rick avevano battezzato senza ombra di dubbio come sorrisi compiaciuti. 

- Credo che la dovresti far dormire un po’ meno durante il giorno Castle… La sera è su di giri in questi giorni! - Disse Kate divertita mentre la sollevava per farla giocare.

- È solo felice di vederti, ne sono sicuro. È sempre quel 50% del mio patrimonio genetico che fa sì che vuole stare con te.

- Comunque la metti, Castle, è colpa tua!

- In questo caso sono ben felice di prendermi tutte le colpe del caso.

Alla fine Lily si addormentò su Kate che si potè godere qualche momento di totale relax in quella catena di abbracci e carezze che era ormai una consuetudine per loro.

 

- È già cresciuta così tanto… - disse Kate notando come ora occupava una porzione sempre più grande del suo corpo quando stava sdraiata, ricordandosi invece come le sembrava minuscola appena nata.

- Ti preoccupa? - Sorrise Castle accarezzandole i capelli

- Solo che il tempo sembra volare ed ho paura di perdermi tante sue prime volte importanti quando sono a lavoro.

- Qualunque cosa sarà ti prometto che la filmerò per te! Anzi, no, farò finta di niente e la obbligherò a farlo ancora quando ci sei tu e ti dirò che è la prima volta, farò la mia migliore faccia stupita e sarà bellissimo! - Le disse convinto ed eccitato.

- Saresti capace di farlo, Castle!

- Certo che lo sarei! Per te questo ed altro!

- Tu non ti preoccupi mai Rick? - Gli chiese mentre giocava con le dita della mano di lui, massaggiandole e stringendole come fossero un antistress personale.

- Tutti i giorni, di tutto. Ma è normale, sarà sempre così. E più crescerà più le preoccupazioni saranno grandi, e diverse. Perché prima sono cose che tu puoi controllare, in qualche modo, perché dipende da te, dopo sempre meno, fino a quando non sarà grande e dirà che andrà a vivere in un’altra città per studiare, con il suo ragazzo, anzi no, questo non te lo dirà ma sarà implicito.

- Non stai più pensando alla stessa figlia, vero? - Gli chiese sorridendo Kate, aveva lasciato la mano di suo marito libera di gesticolare come piaceva a lui quando parlava e faceva scorrere dolcemente le dita sulla schiena di Lily.

- Scusami… - le disse Castle cercando le sue labbra per un rapido bacio

- No, scusami tu, è che a volte mi dimentico che tu tutto questo lo hai già vissuto e che per te è diverso.

- Non l’ho già vissuto. Non l’ho vissuto con te. Non pensare che io sia meno entusiasta, eccitato, impaurito di quanto non lo sei tu. Quando Meredith era incinta di Alexis ero un ragazzino stupido che prendeva tutto solo come un gioco. Ora è diverso, l’unica cosa che è vero, ci differenzia è che adesso sono consapevole di cosa vado incontro. Ma le emozioni Kate, sono come le tue. Sono solo cresciuto e meno irresponsabile, anche se non sempre sembra così… - ammise

- Io so come sei, non mi interessa quello che pensano gli altri. Ma non crescere troppo però Rick. Vorrei che nostra figlia avesse quel padre divertente con cui giocare insieme a tutte le cose più strane che la tua fantasia sa creare, così come mi hai raccontato che hai fatto con Alexis. Vorrei che Lily si possa sempre divertire con te, come solo tu puoi far in modo che lo faccia. - Rick portò la sua mano su quella di Kate sulla loro bambina e sentivano come il suo respiro le faceva alzare ed abbassare ritmicamente. Faticava ancora, Kate, in quelle occasioni, a contenere le sue emozioni per quel piccolo miracolo che stavano custodendo.

- Alexis è cresciuta molto prima del previsto, è stata una piccola adulta anche da bambina, sempre molto responsabile, anche più di me, spesso. Credo che abbia sentito il peso del comportamento di Meredith e anche se non l’ha mai dato a vedere abbia sofferto per la mancanza della madre e penso ne soffra ancora, anche se non lo ammetterà mai. 

- Tu le hai dato tutto quello che avevi, hai fatto tutto quello che potevi, non puoi rimproverarti nulla

- Non lo faccio, sono consapevole che più di quello che le ho dato non potevo, il resto doveva darglielo sua madre, ma non le è mai importato. Sai, credo che sia perchè è sempre stata una ragazza così matura che ho continuato a fare con lei fino a quando era grande tutti quei giochi da bambini, non solo perchè mi divertivo terribilmente anche io, ma per continuare a darle un po’ di quella spensieratezza infantile che forse non ha avuto abbastanza. L’ho osservata molto quando è venuta qui le ultime volte, soprattutto quando era sola, senza Dustin. Sono felice che abbia accettato Lily nella sua vita, le vuole molto bene. Certo avranno sempre un rapporto particolare, non saranno mai realmente come due sorelle, però so che Lily potrà sempre contare su Alexis e questo mi fa stare più tranquillo.

- Sì, anche a me. È importante per tanti motivi… - La voce di Kate lasciò trasparire quella sua preoccupazione sempre presente dentro di lei, la sua più grande paura. Rick la colse, ma fece finta di nulla, non aveva bisogno di indagare oltre.

- Ho visto Alexis come vi guarda a te e a Lily quando siete insieme… Credo che invidi molto sua sorella, perché sa che lei avrà quello che invece Alexis non ha mai avuto.

- Cosa?

- Non avrà mai te. - Kate sospirò, Rick riusciva a lasciarla sempre senza parole con la semplicità dei suoi discorsi, che la investivano senza che fosse mai realmente preparata a ricevere la potenza delle sue dichiarazioni.

- Spero di riuscire ad essere per Lily almeno una piccola parte di quello che tu immagini che io possa essere.

- Tu sarai molto meglio di quello che io immagino. Questa piccola despota non poteva avere una madre migliore al mondo. E su questo non accetto nessuna obiezione.

- Ti amo Castle. - Gli disse Kate scivolando meglio tra le sue braccia e mettendosi comoda mentre ormai quel film che non aveva seguito per niente stava arrivando ai titoli di coda.

- Ti amo anche io Beckett.

 

 

Il cellulare di Kate squillò prima della sveglia, quando ancora dormiva beatamente appoggiata al petto di Rick. Lo afferrò rapidamente dal comodino rispondendo mentre già si stava alzano.

- Beckett!

- Ehy Capitano, buone notizie. E’ appena arrivato il referto dalla scientifica. Corrisponde. E’ lui, è Ramon Campos. - Ryan aveva una voce squillante e soddisfatta nonostante l’orario ed il fatto che probabilmente avevano lavorato gran parte della nottata, ma quello era un risultato troppo importante.

- Arrivo subito. - Disse chiudendo la comunicazione.

Rick si appoggiò con i gomiti sul letto mentre lei entrava ed usciva dal bagno velocemente, facendo tutto in modo più rapido e silenzioso possibile.

- Novità? - Gli chiese con voce impastata Castle

- Sì, abbiamo l’arma dei due omicidi. Dobbiamo formalizzare le accuse a Campos, non ha via d’uscita stavolta.

- Bene! Pranziamo insieme dopo? - Chiese speranzoso, aveva già fatto la bocca a quella piacevole novità del giorno prima tanto da farla voler diventare una consuetudine.

- Oggi meglio di no, sarà una giornata impegnativa, non so quando mi posso liberare, non voglio stravolgere gli orari di Lily. - Disse osservandola dormire nella culla per nulla infastidita da quel via vai in camera. Le fece una carezza prima di salutare con un bacio Rick ed uscire di casa.

- Ricordati di pranzare però! - Le disse prima che chiudesse la porta, poi si alzò, andò a prendere Lily dalla culla e la mise a dormire sopra il suo petto, dato che Beckett si era alzata, ora quello era il posto di MiniBeckett ed il loro, quasi, segreto.

 

Kate nel suo ufficio aveva seguito personalmente tutta la trafila per la conferma delle accuse ed il trasferimento di Campos dalla cella del distretto fino al carcere dove sarebbe stato detenuto in attesa di giudizio. Quando dall’ascensore uscì come una furia l’avvocato DeVito cominciò ad urlare ed sbraitare chiamando a gran voce il Capitano Beckett e lei, sentendo tutta quella confusione, uscì per capire cosa stava accadendo. L’uomo, bloccato da due agenti, a cui Esposito e Ryan avevano impedito di avvicinarsi ulteriormente, appena la vide le puntò il dito contro continuando ad urlare. Kate si avvicinò, guardandolo infastidita, fece un cenno agli agenti di lasciarlo e ai due detective di spostarsi e, con le braccia conserte, lo scrutava dall’alto in basso, intimamente compiaciuta del suo disappunto.

- Allora avvocato, c’è qualche problema?

- Lei ha fatto un grosso errore Capitano Beckett, un grandissimo errore!

- Devo dedurre che quel discorso della cauzione non è andato come sperava… - disse abbozzando un sorriso.

- Dov’è il mio assistito? Devo parlare con lui! Subito! - Urlò

Kate controllò l’orario

- Direi che a quest’ora si trova già da un po’ alla prigione di Rikers Island, può chiedere di lui lì.

- Sta giocando con il fuoco Capitano Beckett. Tutta questa vicenda, quando si sarà conclusa, sarà la sua rovina.

- È una minaccia, avvocato DeVito? - Si intromise Esposito con il suo consueto atteggiamento protettivo nei confronti di Kate

- No, Detective, è una previsione. E difficilmente sbaglio in queste cose. Ricordatevelo.

L’avvocato se ne andò con la stessa veemenza con la quale era entrato mentre tutti lo osservavano allontanarsi.

- Ehy Kate, tutto bene? - Gli chiese Ryan vedendo che era rimasta immobile a guardarlo andare via.

- Sì, tutto ok… Rimettiamoci al lavoro che c’è ancora tanto da fare.

 

Non sapeva bene perché le parole di quell’avvocato l’avevano colpita. Non era la prima volta che riceveva delle minacce più o meno velate, perché di quelle si trattava, dopo arresti di personaggi scomodi o di grossi giri di droga o criminalità varia. Era strano per lei questo modo di vivere il suo lavoro, dove doveva cercare di tenere fuori le sue emozioni il più possibile e non farsi toccare da quello che accadeva ed invece adesso le sembrava di avere ogni nervo scoperto e di essere esposta e vulnerabile: doveva ritrovare se stessa e doveva farlo subito. Cercò, quindi, di scacciare ogni pensiero di DeVito e Campos dalla sua testa e concentrarsi su quelle noiosissime scartoffie che di certo non la aiutavano a tenersi occupata, ci fosse stato almeno un altro caso su cui indagare, avrebbe avuto qualcosa che l’avrebbe distratta. 

Sobbalzò sentendo bussare alla porta e poi aprirsi prima ancora che avesse detto di entrare. Era già pronta a fare una scenata a chiunque fosse stato, quando il rumore dei tacchi e del piede che batteva a terra nervoso le fecero alzare prima lo sguardo che la testa.

- Allora tesoro? Lo devo venire a sapere da Javi che ieri hai portato qui la mia nipotina e non mi hai detto niente?

- Lanie, hai visto che giornata è stata ieri? - Le disse Kate con un tono che implorava pietà, non aveva voglia di una discussione, nemmeno scherzosa con lei.

- Ok, ragazza, mi pare di capire che non è aria, vero? - Disse la dottoressa accomodandosi avendo intuito lo stato d’animo dell’amica.

- No, decisamente no… - sospirò, per poi cambiare discorso - Però non ti preoccupare che occasioni di vedere la tua nipotina al distretto non mancheranno. Castle si è già entusiasmato all’idea di venire ogni tanto qui per pranzare insieme e lo sai com’è fatto, dovrò mettergli un freno!

- Mi stupisce che il tuo scrittore non sia qui anche oggi! 

- Solo perché gli ho detto che avevo da fare, si era già proposto! - Sorrise Kate.

- Però ti fa piacere, eh!

- Si vede?

- No, ti vengono solo gli occhi a cuoricino e l’aria sognante quando pensi a loro, per il resto sei uguale!

- Lanie! Smettila!

- Eddai Kate! Che c’è di male! Hai tutte le ragioni per esserlo!

Beckett si ricompose sulla sedia per assumere un tono più professionale e provare a tagliare il discorso della sua amica che sapeva altrimenti non sarebbe finito mai.

- Allora dottoressa Parrish, mi doveva dire qualcosa? - Le chiese con tono fin troppo serio per il sorriso che aveva

- Certo Capitano Beckett, le porto i risultati definitivi dell’autopsia delle due ragazze, con tutti i riscontri sull’arma del delitto che coincide perfettamente.

- Uhm… ed è venuta solo per questo?

- No, la motivazione era dirti che ero arrabbiata perché non mi hai chiamato per vedere tua figlia.

- Vieni domani prima della pausa pranzo, vedrai che Castle sarà sicuramente qui, anche senza invito, se conosco mio marito almeno un po’…

 

Naturalmente non pranzò. Prese qualcosa di dolce al distributore del distretto solo per evitare di avere un calo di zuccheri. Le uniche cose che le strapparono un sorriso in quel pomeriggio furono i video e le foto che Castle le mandava. Gli comunicò che per aveva quasi finito e che non sarebbe arrivata a casa tardi. Guardò la pila di pratiche in sospeso da controllare e pensò che potevano attendere il giorno dopo.

L’ascensore occupato e fermo da un po’ la fece spazientire e così decise di scendere a piedi. Giunta quasi al pian terreno si soffermò davanti alla porta della palestra del distretto. Guardò dentro e la trovò desolatamente vuota, ma fu spinta ad entrare. Sentiva i suoi passi rimbombare nell’ambiente vuoto e sul pavimento di legno. Attraversò tutta la sala fino ad arrivare negli spogliatoio. Vide il suo armadietto, contrassegnato dalle sue iniziali KB, semplicemente. Non il cognome, come facevano tutte, non la matricola. Solo KB. Lo aprì e trovò uno dei suoi cambi puliti, che era lì chissà da quanto. Senza pensarci troppo si cambiò, notando come ancora dovesse perdere qualche chilo per rientrare perfettamente nei suoi abiti. Andò quindi verso i sacchi portando i primi timidi colpi, come se volesse studiare quel nemico inanimato, per poi forzare sempre più il ritmo e aumentare l’intensità. Colpiva, schivava, pugni e calci in sequenza, appoggiandosi solo di tanto in tanto a quel sacco, giusto il tempo di respirare e riprendere fiato, per poi ricominciare una serie di affondi e schivate, movimenti laterali veloci, senza sosta, senza pensare, solo colpire. Andò avanti fino a quando non sentì le braccia bruciare e tornò negli spogliatoi. Si tolse le fasce dalle mani, arrossate e un po’ gonfie ugualmente, non più abituate all’esercizio costante. Si sedette sulla panca a pensare a quante volte quel luogo era stato il suo rifugio, quante notti ci aveva passato sopraffatta dalla frustrazione di non venire a capo dell’omicidio di sua madre, di trovare sempre strade chiuse e nessuna via d’uscita. Quante volte era andata lì a sfogarsi per tutto quello che avrebbe voluto ma non riusciva ad essere, quando voleva essere migliore per se stessa e per gli altri e lasciarsi le paure e le bugie alle spalle. Quante volte in quei due mesi, lunghi, infiniti, in cui Castle era sparito era andata lì per urlare tra un colpo e l’altro il suo dolore, le sue paure, la sua angoscia per quella vita che pensava di aver solo assaporato e che le era stata portata via in quello che doveva essere il suo giorno più bello ed era diventato un incubo. Ed ora era di nuovo lì, ad allenarsi, si disse, a scaricare la tensione di quei primi giorni della sua nuova vita, di nuovo a lavoro. Ne aveva bisogno e poi le avrebbe anche fatto bene. Era stanca ma si sentiva meglio, almeno un po’. Si fece una doccia fredda per ritemprare il fisico e poi tornò a casa.

 

- Ehy, mi stavi facendo preoccupare, ti aspettavo da un po’. - Le disse Castle appena rientrata.

- Mi sono fermata alla palestra del distretto. Ho avuto voglia di allenarmi. - Gli rispose salutandolo affettuosamente.

- Beckett, se volevi fare un po’ di esercizio lo sai che sono sempre disponibile!

- Castle! - Bastò una parola ed uno sguardo per farlo stare zitto.

 

- Allora, come mai questa voglia di allenarti oggi? - Riprese il discorso Rick mentre stavano cenando

- Perché ancora devo rientrare in forma - glissò lei

- Per me sei in splendida forma. Mi piacciono tutte le tue forme - disse lui compiaciuto guardandola mentre mangiava.

- Tu non sei obiettivo Castle! - Rise Kate

- Perché, qualcuno al distretto ha avuto da dire sulle tue forme più obiettivo di me?

- Nessuno al distretto parla delle mie forme, Castle, dovresti saperlo.

- Uhm.. Va bene, se proprio ti piace fare esercizio e preferisci farlo da sola in palestra e non con me a casa, me ne farò una ragione… - disse eccessivamente offeso.

- Non sono due esercizi che si annullano a vicenda Rick… 

- Bene… Allora ti comunico che voglio esercitarmi molto spesso e molto a lungo con te. - Le disse alzandosi e dandole la mano per farla alzare. Kate lo assecondò e lasciò che lui la spingesse verso il bancone della cucina, cominciando a baciarla e ad accarezzarla sotto la maglia, mentre lei aveva già sbottonato un paio dei bottoni delle sua camicia, rispondendo voracemente ai baci di Rick.

 

- Richard, che buon profumino! Che cosa hai preparato per… - esclamò Martha rientrando in casa sorprendendo i due - … cena! - Finì la frase con molta meno enfasi ma con un sorriso che riempì il suo volto.

- Ciao mamma - disse Rick fingendo nonchalance sistemandosi la camicia mentre Kate nascondeva il viso nella spalla per buona parte scoperta di suo marito molto più a disagio, limitandosi ad un “Ciao Martha” ovattato.

- Oh ragazzi, fate come se non ci fossi, non fate caso a me, anzi io ora vado in camera mia… La cena può attendere, l’amore no! - E così salì le scale per andare nella sua stanza, lasciando Rick e Kate a guardarsi e ridere.

- Direi che dobbiamo rimandare l’esercizio, vero? - Chiese lui deluso.

- Direi di sì - rispose lei mordendosi il labbro esternando altrettanta delusione. - E direi anche la prossima volta dobbiamo ricordarci meglio gli orari di tua madre o trovare un posto più riservato. - Finì dandogli un bacio.

- Ha un radar, ne sono sicuro. Ha qualcosa che le dice quando è il momento meno opportuno per rientrare. Non c’è altra spiegazione! - Sbuffò Rick.

 

 

Come Kate aveva previsto, Rick si era di nuovo invitato a pranzo e questa volta era stata ben felice di accettare. Gli aveva mandato un messaggio appena arrivata al distretto, per il momento non c’erano nuovi casi e, se non avessero scoperto qualcosa quella mattina, la giornata sarebbe stata tranquilla. 

Il caso di Campos era ormai chiuso, loro avevano fatto tutto quello che dovevano fare, ora era una questione di tribunali. Non aveva più nè visto nè sentito nemmeno l’avvocato DeVito, probabilmente arresosi all’evidenza delle prove. L’unica cosa che si chiedeva era come mai uno così esperto come Campos avesse tenuto l’arma del delitto sempre a portata di mano e non se ne fosse sbarazzato. Non sembrava un serial killer, nonostante i delitti tutti avvenuti nello stesso modo ed anche dalle loro indagini, riprendendo anche i casi di Florida e Georgia, era venuto fuori che quelle ragazze erano state uccise semplicemente perché volevano uscire dal giro, come avevano anche scoperto delle loro due vittime. Erano quindi degli avvertimenti in puro stile mafioso che davano alle loro altre ragazze, non l’opera di un maniaco. 

- Yo Beckett - Esposito era entrato nel suo ufficio bussando senza aspettare risposta come sempre, facendo sospirare e scuotere la testa a Kate. Non avrebbero mai imparato, pensava - Sai la novità?

- Dimmi Espo… - chiese lei spazientita che quegli indovinelli proprio non li sopportava

- Sia Orlando che Atlanta hanno chiesto il trasferimento del processo per Campos.

- Per me lo possono processare dove vogliono, l’importante è che stia dentro per sempre. Mi dovevi dire altro, Javier?

- Hanno trovato un cadavere tra la Lexintong e la 47°, nel bagno di un coffeshop. 

- Andate a vedere di che si tratta, poi fatemi sapere.

- Ok Beckett - Esposito uscì dall’ufficio e lo vide chiamare Ryan per uscire verso il luogo del delitto. Sorrise vedendoli, gli mancava quel fare squadra insieme, indagare e riuscire ogni tanto, soprattutto da quando al distretto era arrivato il ciclone Castle, a divertirsi.

Provò a chiamarlo, per avvisarlo del contrattempo, ma non le rispose. Le aveva mandato un messaggio poco prima, dicendo che sarebbe uscito a fare acquisti con Lily prima di venire al distretto e lei già immaginava la quantità di cose inutili che stava comprando vagando con la loro bambina dentro chissà quali negozi, talmente preso da non accorgersi nemmeno che lo stava chiamando.

Tornò quindi ai suoi fascicoli, in attesa di novità dai suoi due detective che non tardarono ad arrivare. La vittima era morta di overdose, un tale Mark Robben che però sembrava una persona assolutamente pulita e non collegata a nessun giro di droga. Avevano convocato i genitori e la fidanzata, con i quali Beckett aveva parlato a lungo per tutta la mattina e tutti glielo avevano descritto come un ragazzo amante dello sport e della vita sana, niente vizi, niente che potesse far pensare ad una morte per overdose, per un ragazzo che non aveva nemmeno mai fumato in vita sua.

Appena se ne furono andati arrivò anche Lanie con i primi risultati dell’autopsia. Le confermò che non c’erano, sul corpo del ragazzo, altre tracce che facessero pensare ad un consumatore di droga abituale, nè chimiche nè visive sulla pelle e questo confermò i loro dubbi ormai già quasi certezze, che non si trattava di un’overdose, ma di un omicidio.

- Tuo marito e la tua bambina ancora non sono arrivati? - Chiese Lanie impaziente di vedere la piccola. Kate non si era accorta di quanto fosse tardi. In effetti Castle doveva essere già lì da un po’ per andare a pranzo insieme, non si era proprio resa conto del tempo che aveva passato a parlare con la famiglia di Robben. Prese il cellulare e non trovò nè chiamate nè messaggi e Castle non sembrava più in linea da poco dopo che le aveva detto che sarebbe andato a fare shopping. Non aveva visualizzato nemmeno il suo ultimo messaggio in cui gli chiedeva di richiamarla. Provò a farlo lei, ma il suo cellulare ora risultava spento.

- Tutto bene Kate? - Chiese Lanie vedendola agitarsi.

- Castle non risponde al telefono da questa mattina ed ora è spento. - Disse stringendo il suo telefono tra le mani che sentiva gelare.

- Magari sarà con Lily da qualche parte che non prende bene. 

- Doveva già essere qui, Lanie! Non è da Castle non avvisarmi di quello che fa con Lily, mi fa continuamente la cronaca delle loro giornate! - Rispose spazientita.

- Tesoro, non stai forse un po’ esagerando? Sono in ritardo di quanto? Mezz’ora o un’ora al massimo! - Provò a dire la dottoressa in tono più conciliante, ma Kate non sembrava ascoltarla, anzi non lo faceva proprio.

- Kevin, mi devi rintracciare questo numero, subito. - Ordinò Beckett dettando il numero di Rick

- È per il caso? - Chiese il detective ma non ottenne risposta, ma finendo di digitare i numeri capì di chi si trattava - Ma è di Castle!

- Sì. Trovalo. - Rispose secca

Passò qualche minuto in cui Kate provava ripetutamente a chiamare senza ottenere risposta.

- Capitano, è spento e non riusciamo a localizzarlo adesso. L’ultimo volta che è stato agganciato ad un ripetitore è stato in un parcheggio all’East River.

- East River? - Disse Beckett perplessa - Cosa ci faceva Castle lì? 

Tornò nel suo ufficio, prese la pistola e le chiavi della macchina e si apprestò ad uscire.

- Beckett dove vai? - Le urlò Esposito.

- A vedere che sta combinando Castle con nostra figlia!

L’ispanico fece un cenno a Ryan che si alzò di scatto, presero le loro armi e seguirono il loro capitano mentre Lanie li guardava andare via preoccupata.

 

 

Kate parcheggiò la macchina all’entrata del parcheggio e cominciò a correre tra le fila delle auto cercando quella di Castle, mentre Ryan ed Esposito facevano la stessa cosa nella direzione opposta.

- Hey Beckett… - La voce di Javier fermo davanti ad una Mercedes la fece subito correre nella sua direzione. Era la macchina di Castle, non ci fu bisogno di forzarla, le portiere erano aperte, a terra c’era il suo cellulare spaccato e dentro non c’era nessuna traccia nè di lui nè di Lily. Kate rimase in piedi impietrita, incapace di muoversi mentre osservava il seggiolino sul sedile posteriore vuoto, con le cinghie tagliate e la copertina e l’elefantino di sua figlia caduti a terra tra i sedili.

   
 
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