Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: nikita82roma    18/10/2016    3 recensioni
Kate sta per tornare al distretto riprendendo ufficialmente il suo ruolo di capitano e separarsi da sua figlia e da suo marito sarà più difficile di quanto pensasse. Non appena rientra al distretto le si presenta subito un caso scottante che tratterà in prima persona: il figlio di un famoso narcotrafficante di origine venezuelana è il colpevole di alcuni efferati delitti di giovani donne. Si troverà davanti a decisioni difficili e a dover combattere una battaglia alla quale è impreparata che la metterà davanti a nuove e vecchie paura, a dover scegliere ancora una volta quale direzione dovrà prendere la sua vita...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Jim tenne sua figlia stretta a se fino a quando non sentì i suoi singhiozzi attutirsi ed il suo respiro diventare più lento e meno convulso. Non si stava rilassando, era solo stremata. Poi Kate trasformò quell’abbraccio che sapeva più di un appiglio per non affondare nell’appoggiarsi su di lui per riprendere fiato. Sentì quanto suo padre in quel momento era piccolo e forte allo stesso tempo. Le sue braccia non l’avvolgevano morbide e protettive come quelle di Castle, era una stretta ferma e decisa, ma tenera, di chi saldamente la voleva tenere e non lasciarla andare a fondo, come lei aveva fatto con lui. Sentiva, Jim, di non aver mai fatto abbastanza per Kate dopo la morte di Johanna, che era stato sempre lui ad appoggiarsi a lei e lei ad essere forte per entrambi e non era mai riuscito a farle capire realmente quanto l’amasse e fosse importante per lui. Loro non comunicavano molto con le parole e forse questa era sempre stata una scusa per non dirsi le cose, per non far uscire i loro sentimenti nascosti dietro ai muri che si erano costruiti. 

Eppure per Jim, Kate, la sua Katie, era la cosa più importante al mondo. Più di qualunque altra e la cosa che lo rattristava di più è che lei non lo avesse realmente mai capito, che non avesse capito quanto nella sua depressione dopo l’omicidio di sua madre non c’era solo il dolore per la perdita per la donna della sua vita, ma anche quello per non essere in grado di sopportare e supportare come avrebbe voluto la loro figlia. Vederla adesso annientata, stringere la coperta della sua bimba lo riportò alla mente ad un anno prima, quando tutto era stato, per un attimo, nelle sue mani…

 

“Signor Beckett, c’è una complicazione, le dobbiamo parlare”. Quella frase risuonò nella mente di Jim a lungo, come un riverbero che lo anestetizzava, era ancora tutto così vivo nella sua mente che gli sembrava il giorno prima e non un anno. Seguì il medico in una sala appartata, senza finestre, illuminata solo di fredde luci al neon. Non era pronto a sentirsi dire quello che immaginava volessero dire quelle parole, non la sua Katie. Quello che seguì fu inaspettato, ma non meno difficile. “Sua figlia è incinta, lo sapeva?”. Non rispose, non ci fu bisogno perchè la sua espressione bastò al medico per capire che no, non lo sapeva. “Vede signor Beckett, la situazione è critica. Noi potremmo essere chiamati a fare delle scelte, ma dobbiamo essere autorizzati da un familiare, qualunque queste siano. Suo marito non è in grado di prendere alcuna decisione per la salute del Capitano Beckett quindi è lei il suo parente più prossimo…” il medico fece una pausa, Jim aveva già capito però cosa gli voleva chiedere. “… Deve dirci lei cosa e chi…” “Katie. Pensate a Kate”. Lo disse di getto, non ci aveva nemmeno pensato, sapeva che non lo avrebbe fatto. Il medico annuì e lo lasciò solo in quella stanza dove si lasciò andare sedendosi su una panca con le gambe troppo deboli per sostenerlo. Guardò la parete che un tempo doveva essere bianca davanti a lui con dei poster attaccati che non riusciva nemmeno a leggere: mille domande fluttuavano nella sua testa, chissà se Kate lo sapeva, se lo aveva detto anche a Rick o se non ne erano a conoscenza e lui era stato il primo a saperlo e a dover decidere. Lui che era sempre entrato in punta di piedi nelle loro vite era stato costretto a farlo, adesso, in modo irruente e precipitoso, senza poter pensare a cosa avrebbero fatto loro, lasciandosi guidare solo dal suo sentimento di padre che portava tutto solo a lei, Katie, quella che sarebbe comunque sempre stata la sua bambina, alla quale sperava di aver salvato la vita, pronunciando il suo nome, ma che temeva potesse distruggerla quando avrebbe scoperto la verità. Il medico era stato chiaro, le possibilità erano poche, quasi nulle ed il responsabile sarebbe stato lui. E sarebbe stato lui a doverlo dire ad entrambi, pronto a prendersi le loro urla ed anche il loro odio, ma senza pentirsi di aver scelto la sua priorità, Katie.

Era rimasto ore lì seduto da solo, mentre Martha e Alexis si trovavano in un altra sala con gli amici e colleghi di Rick e Kate. A loro no, non avrebbe detto nulla. Non era giusto, riguardava solo sua figlia e suo marito, nessun altro. Fu Lanie ad andarlo a cercare per comunicargli che avevano finito di operare Rick, che era andato tutto bene ma avrebbero sciolto la prognosi solo dopo le successive 24 o 48 ore per dichiararlo completamente fuori pericolo. Di Kate, invece, ancora nessuna notizia ed attese altre ore prima che tornasse il medico con cui aveva parlato prima. “Probabilmente è un miracolo, non lo so, ma per ora sono vivi entrambi”. Quella frase fu liberatoria e una nuova spada di Damocle sulla sua testa. “Per ora” voleva dire tutto e nulla, ma si sforzava di vedere la cosa positiva, sua figlia era viva ed avrebbe combattuto come sempre, per se stessa e inconsapevolmente anche per suo figlio.

Raggiunse la camera di Kate senza poter entrare, la guardava dal vetro lottare immobile. Jim le avrebbe voluto dirle che doveva lottare di più e con più forza adesso, perché doveva lottare per due. Lui e Martha, due genitori, soli, erano in quei giorni entrambi fuori da una stanza in un ospedale, a pochi metri di distanza, a vedere i loro figli combattere per la loro vita e provò un po’ di invidia quando il medico disse alla donna che Rick era fuori pericolo e si sarebbe svegliato presto.

Fu così.

La prima cosa che fece fu chiedere di sua moglie, la prima parola che pronunciò fu il suo nome: Kate. Fecero passare un paio di giorni prima di parlargli delle sue reali condizioni, il medico di Castle volle aspettare che si fosse stabilizzato prima di sottoporlo a qualcosa che avrebbe potuto generargli altro stress ad un fisico ancora debole.

Poi una sera, quando ormai tutti erano già andati via, ottenne di poter rimanere oltre l’orario di visita, per poterci parlare in solitudine. Di una cosa Jim era assolutamente sicuro, se c’era un uomo che amava sua figlia quanto lui, era quello che aveva davanti e sperò che questo bastasse per far sì che potesse capire le sue decisioni.

Avvicinò la sedia di legno al letto di Castle che era stupito della visita del suocero, soprattutto a quell’ora. Aveva appena mangiato qualcosa di molliccio ed insapore, protestò. Jim sorrise, era un buon segno. “Si tratta di Kate, vero? Non mi stanno dicendo la verità, lo so.” Gli disse Rick tornando serio.

“Ci sono state delle complicazioni, Rick, qualcosa che nessuno immaginava, almeno credo, che ha creato alcuni problemi e mi hanno chiesto di fare delle scelte” Castle ascoltava attentamente Jim, impaurito di chiedere qualsiasi cosa. “Kate è incinta. Voi lo sapevate?” Jim vide il volto sbigottito di Rick e questo bastò come risposta. In qualche modo sapeva che era così, perché era certo che sua figlia non avrebbe rischiato di finire in situazioni così pericolose se lo avesse saputo. 

“Come sta Kate? E il…” non finì la frase, era ancora troppo, per lui, da metabolizzare in quel momento. “Il dottore mi ha detto che è un miracolo, ma sono vivi entrambi. Però sono ancora in una fase critica, Kate non è fuori pericolo ancora.”

Rick annuiva ma Jim non sapeva se realmente lo stava ascoltando, poi ne ebbe la conferma. “Che scelte hai dovuto fare Jim?”. Era la domanda che temeva di più, ma alla quale sapeva di dover rispondere, perché era giusto che sapesse. “Katie. Pensare prima a Katie”. Castle chiuse gli occhi, e si appoggiò al cuscino. Annuì con la testa e strinse la mano di suo suocero e Jim seppe che aveva capito. Gli chiese di non dirlo a nessuno, che nessun altro avrebbe dovuto saperlo prima di Kate e glielo avrebbe detto lui. 

 

 

- Ti voglio bene Katie… - Le sussurrò tra i capelli. E fu tutto quello che seppe dirle, prima di uscire e lasciarla sola.

Rimase in camera, sola, come sarebbe stata anche se ci fossero state mille persone intorno a lei. 

Sentì la porta aprirsi e la voce di Alexis che faceva domande a Martha e Jim e chiedeva di lei. Ma Kate non se la sentì, in quel momento di uscire e ringraziò che Martha avesse capito la situazione, dicendole che aveva bisogno di riprendersi.

Cercò la maglia di Castle sotto il cuscino e ringraziò che non l’avesse messa tra i panni da lavare e che c’era ancora il suo profumo sopra. Il profumo di casa, insieme a quello di Lily. Poi lo sguardo si posò sulle loro foto ed in uno scatto d’ira le avrebbe volute in quel momento buttare tutte, perché in tutte lo vedeva che gli sorrideva e lei quel sorriso lo voleva avere lì, per baciarlo e lo voleva stringere, come faceva lui in ogni foto, e voleva tenere stretta anche Lily nel loro abbraccio ed addormentarsi tutti e tre insieme nel loro letto, fregandosene se poi lei si sarebbe abituata così e lo avesse voluto fare sempre. E scorrendo con lo sguardo tutte le foto, finì su quella scattata di sfuggita il giorno del loro matrimonio, quando ballavano, insieme.

Con lui molte volte era stato come danzare, in mezzo ad una sala affollata, solo che la musica del loro amore la sentivano solo loro due mentre gli altri li guardavano increduli e lei, forse per la prima volta nella sua vita, di quegli sguardi non aveva imbarazzo. Castle era stato anche questo: qualcuno che le aveva ribaltato gli schemi, i punti di osservazione e l’aveva fatta sentire a volte più leggera e libera di affidarsi solo alle proprie emozioni e viverle. Gli aveva detto più volte che aveva portato un sorriso ed un po' di leggerezza nel suo lavoro difficile e duro ed in realtà lo lo aveva fatto direttamente nella sua vita approfittando di quei piccoli spiragli di luce che solo lui riusciva a vedere nel suo muro e ci si fiondava per lanciare il suo assedio dove vedeva le resistenze meno efficaci.

Poi, di solito, danzavano quando erano soli. Ed era il momento più bello, quello fatto di sguardi e silenzi, di mani sfiorate e di piccole cose che rendevano tutto perfetto, oltre tutto il resto. Aveva temuto all’inizio, che quella danza potesse fermarsi e la loro musica finire, che era solo l’infatuazione del momento, per quel sentimento covato a lungo e poi esploso, che faceva vedere il mondo con Richard Castle un luogo diverso e magnifico. Per la paura di essere risvegliata dal suo sogno aveva preferito lei fare un brusco risveglio, avrebbe sofferto meno, pensava, quando ancora le sembrava possibile che per lei potesse esistere una vita senza di lui. Illusa. Era stato di nuovo lui a prenderla per mano, letteralmente, riportandola nel loro mondo, dove le aveva promesso che avrebbero ballato per sempre e la loro musica non sarebbe mai finita. 

Capì che non era vero, però, che la musica poteva finire, all’improvviso, ma di nuovo Castle le insegnò che loro per continuare la loro danza ormai non avevano più bisogno della musica, dovevano solo chiudere gli occhi e continuare a farlo fino a quando non sarebbe ripresa, lì dove si era interrotta. Lo avevano fatto più volte, avevano ballato insieme in silenzio anche a distanza, anche separati, nel loro mondo, senza mai cedere. Ma adesso non sapeva se ci sarebbe riuscita ancora. Non sentiva la musica e le gambe erano ferme, incapaci di muovere un passo nel loro mondo per il terrore che di fatto, quel mondo, non ci fosse più.

Sentiva una fredda sensazione di solitudine e vuoto, un angoscioso silenzio totalizzante che non lasciava spazio a nulla, nemmeno al dolore. Non era il tempo del dolore e sperava che non lo sarebbe mai stato. Era il tempo della paura, dell’ignoto, dell’essere sospesa e del non sentirsi nemmeno capita, perché sembrava che tutti volessero altro da lei, che fosse quella lei che conoscevano loro, che fosse Beckett, il capitano, quella che prendeva in mano la situazione e come diceva Castle, buttava giù le porte a calci e rincorreva i criminali per le strade di New York con i tacchi alti. Le sembrava di non trovarsi più ed era frustrante perché avrebbe voluto andare al distretto, stare lì tutta la notte e tutti i giorni e le notti seguenti fino a quando non li avrebbe riportati a casa, in un modo o in un altro, ma non ci riusciva e si arrabbiava con se stessa e con gli altri, con chi sembrava non capire e nemmeno accettare le sue paure.

Uscì timidamente dalla loro camera e trovò seduti sul divano Martha, suo padre ed Alexis. Si voltarono a guardarla come se avessero visto un fantasma e forse il suo aspetto doveva ricordarlo parecchio, con quella lunga tshirt bianca sopra un paio di leggins dello stesso colore. Martha lasciò le mani della nipote per farle spazio tra loro, ma Kate si accomodò nella poltrona libera, davanti a dove era suo padre, osservò i cartoni della pizza aperti sul tavolo dove mancavano solo pochi spicchi, segno inequivocabile che non era l’unica ad avere lo stomaco chiuso.

- Mangia qualcosa Katherine - la esortò Martha, ma lei rifiutò scuotendo appena la testa, non aveva nemmeno voglia di parlare. Incrociò un paio di volte lo sguardo impaurito e diretto di Alexis e non riuscì a sostenerlo.

- Cosa è successo Kate? Perché mio padre e mia sorella sono spariti? - Chiese la ragazza glaciale. Beckett sollevò la testa, ora sì a guardarla, si sentì investita dal freddo delle sue parole. Alexis non era una che parlava a caso, se le aveva detto quello era perché aveva pensato di dirle esattamente quello: “mio padre e mia sorella”, lei ne era fuori, glielo aveva chiesto come se fosse una cosa che non la riguardasse, come se stesse parlando con un estranea, con qualcuno che doveva solo risolvere il caso, nulla di più.

- Non lo so, Alexis, non lo so… - le rispose afflitta.

- E perché stai qui senza fare nulla eh Kate? Perché non stai cercando papà e Lily? Perché siamo tutti qui, intorno ad un tavolo a guardare dei cartoni di pizza che nessuno mangerà? - Sbottò la Alexis urlando sorprendendo Martha ma lasciando impassibili i due Beckett.

- Non posso fare nulla. Non è un mio caso, se ne sta occupando l’FBI. - Kate non ingaggiò un duello dialettico con la figlia di Rick. La lasciò urlare e le rispose allo stesso modo di prima, con un filo di voce e senza voglia di parlare.

- E da quando in qua è un problema questo per te? Da quando lasci che sia cosa è tuo o cosa no per indagare? Doveva essere tutto diverso! Papà aveva detto che sarebbe cambiato tutto, ed invece siamo sempre qui, dopo un anno, a dover sperare in non so nemmeno più cosa, sempre allo stesso punto, sempre a vivere in attesa di sapere che andrà tutto bene. Per quanto poi eh Kate? Se torneranno quando sarà la prossima volta che dovremo essere di nuovo qui così? 

Kate si prese le sue accuse abbassando la testa senza rispondere, in realtà non aveva nulla da dirle, nulla che le potesse dire avrebbe cambiato la sua percezione della situazione e lei non credeva nemmeno che fosse così sbagliata, anzi aveva ragione. Doveva cambiare tutto, non era cambiato nulla.

- Alexis, non sarà urlando a Katherine che risolveremo qualcosa. - La riprese Martha.

- Nemmeno se stiamo tutti qui senza fare nulla! - Le rispose la nipote.

- Ora basta Alexis! - Fu Jim adesso ad alzare la voce attirandosi gli sguardi stupiti delle tre donne. - Tuo padre è suo marito, tua sorella è sua figlia. Ti auguro di non scoprire mai cosa si prova.

Kate fu la più sorpresa delle tre a sentir suo padre parlare così, soprattutto per aver preso le sue parti in maniera così decisa ed autoritaria: non si era mai intromesso in nessun modo nella vita sua e di Rick, aveva sempre mantenuto con Martha ed Alexis un comportamento cortese e rispettoso, senza mai dare giudizi o consigli non richiesti, al contrario della madre di Rick. Lì, però era scattato qualcosa in lui, lo aveva visto dal suo sguardo e dalle mani che avevano stretto forte i braccioli della poltrona ed era solo il padre che difendeva sua figlia nel momento in cui la vedeva più debole e spaurita.

- Papà, non ti preoccupare… - Gli disse per non far degenerare la situazione ma ad interrompere quel momento di tensione tra i quattro ci pensò il suono del campanello del loft.

I loro sguardi si incrociarono per qualche istante, poi fu Kate la prima ad alzarsi ed andare ad aprire, seguita a ruota dagli altri tre che le rimanevano qualche passo indietro. Dietro alla porta Esposito, Ryan e Lanie.

- Ciao Beckett… - la salutò l’ispanico con la faccia tesa ed una smorfia che faceva fatica a trattenere.

Kate lo guardò senza dirgli nulla, spostò lo sguardo su Kevin e Lanie tutti ugualmente seri e tesi, poi guardò di nuovo Javier, scuotendo la testa.

- No… - disse con un filo di voce intrisa di terrore e solo Lanie capì quello che le stava passando per la mente in quel momento e si fece avanti passando oltre i due detective andando ad abbracciarla.

- Tesoro, no, tranquilla. Volevamo solo vedere se avevate bisogno di qualcosa…

- Scusaci Beckett… nessuna novità… - disse Ryan appena si accorse anche lui di quanto quella visita a quell’ora potesse essere male interpretata.

Martha e Alexis alle sue spalle tirarono un sospiro di sollievo, mentre Kate si lasciava abbracciare da Lanie.

- Detective, volete della pizza? - Chiese Martha ai Kevin e Javier facendogli cenno di seguirla e i due obbedirono all’attrice, lasciando così sole le due amiche.

 

Kate entrò nella sua stanza, seguita da Lanie che chiuse la porta per avere un po’ di tranquillità sola con lei. La osservò camminare per la camera con le braccia incrociate sul petto e fermarsi davanti alla culla di Lily, accarezzandone il bordo rivestito. La dottoressa si sentì straziata davanti all’immagine della sua amica che in quel momento era solo una madre davanti ad una culla vuota.

- È devastante Lanie… - si confidò alla fine senza togliere lo sguardo dalla culla mentre la sua amica le era vicino, cingendole la vita con un braccio, per darle come poteva il suo supporto e farle capire che non era sola. - … Non so nemmeno cosa sto provando. È qualcosa che non sono in grado di affrontare.

- Sì che lo sei Kate, puoi affrontare tutto e devi farlo.

- Sono passate 12 ore, non si è fatto sentire nessuno. Nessuno ha chiesto nulla. Lo sai anche tu cosa vuol dire questo…

- Non devi pensare a queste cose. Non adesso.

- Sono un poliziotto Lanie! So come vanno queste cose.

Lanie la strinse un po’ di più, costringendola a lasciare la culla e fare qualche passo indietro, verso il bordo del letto, dove si sedettero e Kate afferrò subito la coperta di Lily che aveva lasciato lì da prima, stringendola tra le mani quasi giunte in preghiera.

- Se c’è una persona che conosco che ce la può fare adesso se tu, Kate. - Le disse mettendo una mano sopra le sue, obbligandola ad abbassarle.

- Mi sopravvaluti e non solo tu. Tutti si aspettano altro, Alexis credo che mi odi e pensa che sia colpa mia.

- Non è colpa tua, Kate, andiamo!

- Non lo so… Mio Dio, era così felice Castle questa mattina, tutto eccitato all’idea di andare a fare shopping con Lily ed io gli ho anche detto che stava esagerando rimproverandolo. È l’ultima cosa gli ho scritto e che lui ha letto…

- E tutto il resto glielo dirai appena lo ritroverai.

- Loro sono tutta la mia vita Lanie. Sono tutto…

Nemmeno la dottoressa trovò parole per replicare, a lei che di solito non mancavano mai. Non sapeva cosa dire per non sembrare stupida e banale. Lasciò che Kate appoggiasse la testa sulla sua spalla per qualche secondo, mentre combatteva la sua lotta interiore per non crollare di nuovo. 

Alla fine Kate le disse che preferiva rimanere lì da sola e la salutò: sentì dopo poco i tre congedarsi anche dagli altri ed uscire. Riconobbe il passo rapido di Alexis che saliva le scale per andare in camera sua e quelli più lenti di suo padre e Martha vagare per il loft. Sarebbe stata una lunga notte…

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma