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Autore: Rohhh    20/10/2016    1 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ciao a tutte!
Mi scuso per il capitolo forse un po' più lungo del solito, ma è stato davvero difficile scrivere questo in particolare e spero di esserci riuscita in maniera decente e che sia di vostro gradimento!
Grazie a coloro che continuano ad aggiungere la storia tra le seguite o preferite e a chi è stato così carino da lasciare anche una recensione!
Alla prossima!

Capitolo 32

 

«Ti supplico, dimmi che era l'ultimo!» sospirò Phoebe stremata, asciugandosi la fronte sudata sotto la lunga frangia e dando una riordinata alla sua ormai spettinata e informe coda di cavallo.

Ai suoi piedi l'origine del suo sfinimento, uno scatolone incerottato alla bene e meglio che, insieme al suo ragazzo Peter, avevano appena finito di trasportare nella loro futura camera da letto.

Era uno dei tanti di una lunga serie di scatoloni pieni zeppi di loro cose, effetti personali e oggetti di vario tipo e utilità che, armati di buona lena, avevano cominciato a trasferire nella casa nuova fin dal mattino presto.

«Buone notizie, era proprio l'ultimo, sembra incredibile ma abbiamo finito!» la informò soddisfatto Peter, mentre si massaggiava il collo e si sgranchiva le spalle e le braccia facendole ondeggiare.

«Grazie al cielo! - esclamò la sua ragazza, roteando gli occhi verso l'alto – sono esausta, mi fa male tutto!» si lamentò, strofinandosi una mano sulla povera schiena affaticata per darle un po' di sollievo.

«Ti avevo detto che potevo pensarci io da solo, non c'era bisogno che ti prendessi un giorno di ferie dal lavoro per aiutarmi!» le disse Peter premuroso, per poi abbracciarla dolcemente.

Phoebe si rilassò immediatamente non appena quelle braccia la strinsero.

«Sù smettila, l'ho fatto con piacere e poi volevo collaborare anche io, abbiamo sempre affrontato tutto insieme e così continuerà ad essere» gli sorrise circondandogli la vita a sua volta. I loro nasi si sfiorarono e si persero l'una negli occhi dell'altro, nonostante stessero insieme ormai da tanti anni quegli attimi di tenerezza fra loro non avevano perso l'intensità delle prime volte, quando erano solo dei ragazzini.

«Ti amo» sussurrò Peter, Phoebe gli fece eco subito «Ti amo anche io» poi le loro labbra si unirono e tutta la stanchezza patita parve avere un senso, ogni cosa valeva la pena di essere fronteggiata se il premio finale era un bacio come quello.

Quando spezzarono il contatto, Phoebe passò le mani sul petto di Peter, lo guardò amorevolmente coi suoi occhi azzurrissimi e poi spostò lo sguardo alla camera in cui si trovavano.

Si staccò da lui e con le mani sui fianchi osservò entusiasta e meravigliata ogni piccolo angolo di quello che sarebbe stato il loro nido d'amore tra circa due settimane o poco più.

I suoi occhi brillarono, la stanza non era del tutto arredata e molte cose le avrebbero aggiunte col tempo quando ci sarebbe stata più disponibilità economica, per non parlare di tutte quelle scatole a terra da svuotare, ma le parti essenziali erano già sistemate e la camera aveva pian piano preso forma ogni giorno di più.

Ogni centimetro di quella casa era stata frutto dei loro sacrifici e ciò rendeva ancora più magico e romantico il pensiero della vita che li aspettava.

Avevano rinunciato a tanti piccoli piaceri per realizzare quel sogno, a fare vacanze costose, a vestiti o oggetti superflui, a mangiare spesso fuori e ad accontentarsi piuttosto di una pizza sul divano e un film e c'erano stati talvolta dei momenti difficili o in cui lo sconforto aveva avuto il sopravvento, ma il legame tra loro non era stato mai intaccato e anzi li aveva aiutati a superare quei piccoli intoppi.

Vedere adesso materialmente concretizzato il risultato di quegli anni era un'emozione grandissima e ripagava interamente l'impegno che avevano sempre messo per raggiungere quell'obiettivo, che tante volte era stato criticato dai loro amici e coetanei., impegnati a passare da una storia a un'altra senza mai prenderle sul serio.

Avevano fatto l'abitudine ai commenti degli altri, che trovavano impensabile avere alle spalle una relazione tanto lunga con la stessa persona alla loro giovane età e consideravano insolito ed esagerato pensare così seriamente a una vita insieme, invece che al divertimento spensierato. Loro avevano sempre sorriso e risposto gentilmente, senza mai dubitare un attimo di ciò che stavano portando avanti.

Non capivano cosa ci fosse di tanto sbagliato o folle nel rimanere accanto alla persona che si amava e nel volerci fare dei progetti, invece che accontentarsi di qualche avventura che lasciava alla fine vuoti. Non criticavano quel diverso modo di concepire le relazioni ma onestamente spesso era fastidioso sopportare tutte quelle accuse nei loro confronti, soprattutto perchè ognuno doveva poter essere libero di gestire il proprio futuro come credeva.

Per fortuna invece le loro famiglie li avevano sempre appoggiati e supportati e quel piccolo successo lo dovevano anche alla loro presenza costante e ai loro incoraggiamenti.

Sebbene si sentisse la ragazza più felice della terra in quel momento e non vedesse più l'ora di abitare quella casa insieme a Peter, gli occhi di Phoebe di incupirono vagamente.

«Beh, ho proprio bisogno di qualcosa di fresco, che ne dici se andiamo in cucina, dovrebbe esserci qualcosa in frigo» propose a Peter, cercando di nascondere quell'improvvisa malinconia.

Il ragazzo annuì ma non potè non notare la sua espressione.

Phoebe aprì il frigo e estrasse due bottiglie di vetro poco dopo, poi si voltò trionfante verso Peter sguainandole in alto «Guarda, lussuosissime birre del discount qui vicino, proprio l'ideale per brindare a noi e a questa proficua mattinata» esclamò ironica, facendolo ridere.

«Direi che è proprio nel nostro stile» commentò lui, ripensando al fatto che non navigavano nell'oro e al momento quella era la cosa più decente che potessero permettersi, ma andava bene così.

Phoebe si sedette sul divano ancora incelofanato, producendo un rumore antipatico di plastica accartocciata, poi passò una bottiglia al fidanzato, e la fece scontrare con la sua, per accennare un brindisi.

Il suo sguardo però aveva mantenuto quell'aria un po' cupa e Peter non riuscì più a fare finta di niente.

«Che hai Phoebe? Sembri triste, sei sicura di volere ancora tutto questo?» chiese timoroso.

Phoebe sussultò alle sue parole, non avrebbe desiderato di meglio e si affrettò a smentirlo.

«Ma certo amore, è tutto così bello che nemmeno ci credo, è un sogno che si avvera!» provò a liquidare la cosa, ma darla a bere a Peter era difficile.

«Phoebe ti conosco da quasi otto anni, so quando c'è qualcosa che non va» ribadì il ragazzo. In tutti quegli anni aveva imparato a decifrare ogni sfumatura del suo bellissimo viso e sapeva di non sbagliarsi.

«É solo che – esitò la bionda qualche secondo e abbassò lo sguardo, rigirandosi la bottiglia tra le mani – è difficile da spiegare ma oltre a una immensa gioia non posso fare a meno di provare anche altrettanta tristezza, è come se si stesse chiudendo un'era della mia vita, capisci, un periodo fondamentale per me e mi viene un po' un magone a pensarci. Sai quanto sono affezionata a mia mamma e alle mie sorelle, persino a quella dispettosa di July e il pensiero che tutto questo stia cambiando mi fa venire della nostalgia pazzesca, capita anche a te?» chiese per ricevere una conferma che fosse tutto normale.

Peter le circondò le spalle e sorrise «Certo che mi capita, è normale, mia mamma si commuove quasi tutti i giorni da quando sa che manca poco al trasferimento, anche se giurerei di aver visto mio fratello esultare, visto che finalmente avrà la stanza tutta per sé - la rassicurò Peter, Phoebe riacquistò un'aria distesa e serena – e poi domani torna Ashley, non sei felice?» le domandò, cercando di farle pensare a qualcosa di positivo.

«Certo che lo sono, mi manca tanto e non sai quanto non vedo l'ora di poter condividere tutto questo con lei, anche se siamo spesso come cane e gatto è una delle persone più importanti della mia vita – affermò sicura per poi rabbuiarsi – anche se mia mamma dice di averla sentita strana al telefono questi ultimi giorni, come se non fosse così contenta di tornare, è preoccupata e lo sono anche io sinceramente, Ashley non ha mai fatto così prima d'ora» Phoebe rimase assorta tra i suoi pensieri, aveva una sorta di presentimento e stava aspettando con ansia il ritorno di sua sorella per capire se il suo sesto senso aveva ragione o meno.

«Secondo me state esagerando, vedrai che non è niente di che, magari è solo un po' più ansiosa del solito perchè quest'anno sarà molto pesante per lei, tutto qua» le carezzò una guancia, Phoebe guardò i suoi occhi verdi, pacati e dolci come suo solito e sorrise inevitabilmente.

«Sì, deve essere così»

Poi si accucciò sul suo petto e rimase con lui in silenzio, ad ammirare quella nuova realtà tutta loro che li circondava e che ben presto sarebbe diventata la loro quotidianità.

 

Ashley prese posto a tavola svogliatamente a pranzo.

Il giorno che aveva sempre temuto e che in fondo le era sembrato tanto lontano, alla fine era arrivato inesorabile e non lo stava prendendo per niente bene.

Gli ultimi giorni erano stati orribili, tutto un susseguirsi di saluti, arrivederci, ultime volte, con amici vecchi e nuovi, cose che aveva sempre odiato fare ma che quell'estate stava affrontando con uno stato d'animo ancora più nero del solito.

A niente servivano le parole di conforto di Monica o le carezze di suo padre e ancor peggio la vicinanza di Matt, che non faceva altro che ricordargli che presto non ci sarebbe stato, tanto che, paradossalmente, si erano mantenuti più distanti e avevano limitato i contatti tra loro, sia fisici che verbali.

Monica e Gregory si scambiavano occhiate preoccupate e meste, consapevoli della loro impotenza di fronte alla decisione dei due ragazzi di separarsi senza nemmeno tentare di portare avanti una relazione a distanza.

L'accumulo di quelle emozioni negative si stava facendo sentire proprio quell'ultima giornata e non c'era niente che potesse tirarla sù di morale. Anche se si era convinta di poter superare tutto con forza e convinzione, adesso che si ci trovava immersa totalmente capì che non sarebbe stata un'impresa così facile.

Matt raggiunse gli altri a tavola per ultimo, si sedette al suo solito posto accanto ad Ashley, anch'esso con lo sguardo perso nel vuoto, dissociato dalla realtà.

Un inquietante silenzio riempiva la stanza e a nulla valsero i tentativi dei loro genitori di intavolare discussioni sul tempo, sull'università, su qualche stupido programma in tv o pettegolezzo, i due ragazzi rispondevano solo con qualche monosillabo o cenno del capo.

Ashley mangiò qualche boccone, poi lo stomaco le si chiuse e non riuscì ad andare avanti, non aveva fame e non le andava più di rimanere lì, al centro dell'attenzione, sotto gli occhi apprensivi di tutti. Giocò con la forchetta per un po', rigirandola nel piatto e tracciando dei segni immaginari, poi la mise via.

«Scusate, ma non mi va» disse a voce bassa.

«Ma non ne hai mangiato neanche metà, sei sicura di stare bene?» domandò Gregory, che non riusciva proprio a guardare sua figlia ridotta così senza intervenire.

«Sì, sto bene papà, solo che non ho tanto appetito, scusate ancora» disse prima di alzarsi e scappare via per scomparire da quella cucina.

Matt poggiò subito le sue posate e smise di mangiare a sua volta, lanciò un'occhiata rapida a sua madre e si alzò senza giustificarsi per correre dietro ad Ashley, senza nemmeno vergognarsi di ciò che Gregory poteva pensare di lui, dopo gli ultimi avvenimenti che avevano raffreddato il loro rapporto.

L'uomo fece per abbandonare il suo posto e seguirli a sua volta, ma Monica lo fermò saldamente.

Gregory si voltò a guardarla stranito, con uno sguardo interrogatorio.

«Lascia che vada lui – gli intimò decisa, fissandolo negli occhi – è giusto così»

Gregory si arrese e tornò a sedersi.

Matt trovò Ashley fuori in veranda, in piedi sotto il tiepido sole di Settembre, i suoi capelli rossi erano accesi dai raggi e contrastavano con l'espressione scura che aveva in volto.

Si avvicinò con cautela e la abbracciò senza chiederle il permesso, lei glielo lasciò fare, ma le sue braccia rimasero ferme lungo i fianchi.

«Stai male? O è solo per...» provò a chiedere, senza tuttavia riuscire a trovare la parole giusta per definire la loro situazione.

«É per quello» rispose lei, conscia che Matt avrebbe capito a cosa si riferiva.

Incapace di dire nulla che potesse consolarla Matt si limitò a tenerla tra le sue braccia sperando che bastasse e le baciò la fronte ed Ashley a quel punto lo strinse forte, al pensiero che esattamente a quell'ora, il giorno dopo, loro due sarebbero stati già lontani chilometri e chilometri.

 

Quando si fece sera, Ashley rientrò in camera per un'operazione che aveva rimandato troppe volte in quei giorni, riducendosi all'ultimo momento.

La sua valigia stava in piedi in un angolo accanto al suo armadio, esattamente nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata il giorno del suo arrivo, dopo averla disfatta.

Avrebbe dovuto organizzarla per tempo nei giorni precedenti, cominciando a raccattare le cose sparse qua e là per casa come faceva di solito, ma qualcosa dentro di lei si era rifiutato di farlo.

Per quanto sembrasse un gesto ordinario e banale, preparare la valigia era la realizzazione concreta della sua partenza, il simbolo del distacco che tra poco l'attendeva e semplicemente non ci era riuscita.

Guardò fuori dal terrazzo, il cielo ormai scuro, il tempo che era volato e che adesso stringeva, la sveglia l'indomani puntata presto.

Non poteva più rimandare.

Con uno scatto nervoso scaraventò il trolley sul pavimento e lo aprì in fretta e furia. Spalancò le ante dell'armadio e lanciò a terra tutto ciò che le apparteneva e che dova riportare con sé. Una montagna disordinata si formò ai suoi piedi, non aveva mai fatto così la valigia e di certo non era il modo corretto, ma non si seppe spiegare che le prendeva.

Non riusciva a organizzarsi, a ragionare, in quel momento avrebbe volentieri fatto volare via dalla finestra tutto e basta.

Si inginocchiò accanto al mucchio e provò a mettere mano a quel disordine, senza però cavare un ragno dal buco.

'Che mi prende?' si interrogò, stringendo forte i pugni sulle gambe.

D'un tratto una voce familiare la fece sobbalzare, non se l'aspettava e non ebbe bisogno di voltarsi per capire di chi si trattava. Il suo cuore accelerò come riflesso.

«Alle prese con la valigia?» chiese Matt, appoggiato allo stipite della porta della sua camera, abbozzando un sorriso davvero poco convincente.

Ashley non rispose e non si voltò a guardarlo, continuò a combattere con il cumulo di vestiti e oggetti accanto a sé, muovendo freneticamente le braccia nel tentativo di piegarli e farli entrare dentro quel contenitore che pareva essersi ristretto, rispetto all'arrivo poco più di un mese prima.

Niente, non ci riusciva, stava solo peggiorando la situazione, riducendo tutto a una confusionaria accozzaglia di vestiti spiegazzati e gonfi, che non volevano proprio saperne di occupare ordinati il loro spazio e fare ritorno nel posto da cui provenivano.

Un po' come la loro proprietaria, in fondo.

E dire che lei era sempre stata un portento nell'organizzare le valigie, era stata costretta a farlo fin da piccola e col tempo aveva perfezionato una tecnica infallibile, tanto che a casa quando qualcuno doveva partire o semplicemente quando c'era necessità di infilare un mucchio consistente di cose in uno spazio ristretto, la sua presenza era sempre rigorosamente richiesta e lei stessa si vantava spesso di non aver mai avuto bisogno di sdraiarsi e contorcersi sopra una valigia per farla chiudere.

Le sue lo facevano da sole e perfettamente, ciò che contenevano stava a posto, ordinato e immobile,come se riflettesse la sua personalità, controllata, ferma, fin troppo.

Anche ora, quella montagna disastrata e malridotta corrispondeva a quello che provava, a pensarci bene.

Il problema forse non era aver perso quella dote frutto di anni di allenamento, il problema era lei.

Lei, che non vedeva più il senso di sforzarsi per riportare indietro le sue cose, quando il pezzo più importante, l'unica cosa che davvero contava adesso, lì dentro non ci entrava, non poteva piegarlo o infilarlo in un angolo nascosto, non poteva nemmeno chiederglielo.

Lui non poteva portarlo con sé.

Esaurita e fuori di sé dalla rabbia, sbuffò rumorosamente e gettò con stizza un vestito in cima alle altre cose, tirandosi indietro i capelli spettinati e facendosi aria con la mano sul collo sudato a causa della fatica e del nervosismo.

Pensò a quanto brutta e disperata dovesse sembrare in quel momento e se ne vergognò da morire, voltò la testa dalla parte opposta a quella del ragazzo, così da celarsi il viso.

Matt la osservò serio col cuore stretto in una morsa e si odiò perchè sapeva essere colpa sua se adesso lei versava in quelle condizioni, il pensiero di quanto stesse soffrendo non lo faceva respirare ma lui non poteva permettersi di farsi sopraffare dalle emozioni.

Era vietato abbattersi, fare trasparire ciò che provava e lasciarsi travolgere dal dolore o l'avrebbe trascinata a fondo insieme a lui. Doveva essere forte anche per Ashley, per cercare di limitare i danni che ormai erano stati fatti e farle accettare che c'era tutta una vita che la aspettava a casa anche senza di lui, che in fondo non era che uno in mezzo ai tanti e nemmeno il migliore che lei potesse avere.

Avanzò e si sedette a terra accanto a lei, incrociando le gambe.

«Se vuoi posso darti una mano, ma ti avverto, di solito ho bisogno di due energumeni seduti ai lati della valigia per chiuderla, quindi non so quanto possa servirti» si impose di sorridere per alleggerire la tensione che però rimase tale e quale, allora fece per prendere uno degli abiti di Ashley ma lei lo bloccò, afferrandogli il polso.

«Non c'è bisogno – finalmente lo guardò, Matt vide i suoi occhi tristi, le labbra le tremavano impercettibilmente, suggerendo che era molto prossima al pianto ma che stava facendo di tutto per trattenerlo – è che adesso mi secca, è ancora troppo presto» disse con voce spezzata, spingendo via con un debole calcio il suo trolley.

Matt evitò di farle notare che erano le 9 di sera e l'indomani mattina sarebbe già dovuta essere in viaggio abbastanza presto e che quindi in realtà era in serio ritardo, ma capì esattamente cosa stesse cercando di fare: tentava disperatamente di allungare quel poco tempo ormai rimasto per illudersi che non fosse ora, non ancora.

Approfittò del contatto con la mano di Ashley che lo aveva fermato per far scivolare la sua e intrecciare le loro dita. Anche se la ragazza non lo stava guardando più, avvertì che stava ricambiando la stretta.

Poco dopo però il respiro le diventò affannoso e Matt notò che la sua schiena curva aveva iniziato a sussultare lievemente. Stava fallendo nell'ignorare la voglia di piangere e forse la sua mano non aveva fatto altro che peggiorare le cose.

Le prese il viso e la costrinse a guardarlo, aveva gli occhi lucidi e pieni di lacrime e una se ne era già formata all' angolo di un occhio, le sue labbra erano dischiuse per il bisogno di aria che la affliggeva.

«Ashley – la implorò, come se fosse una preghiera – ti prego, non piangere, avevamo detto di essere forti quando sarebbe arrivato questo momento» continuò, sforzandosi di mantenere un tono rassicurante e tranquillo, un tono che le potesse infondere coraggio e determinazione.

Ma si sbagliava.

«Non me ne frega un cazzo di quello che avevamo detto, lo capisci? - gridò inaspettatamente, in preda alla rabbia e delusa, perchè, al contrario, vederlo così apparentemente controllato e calmo chiederle di fare finta di nulla, le stava spezzando il cuore una seconda volta – ma evidentemente a te non interessa un accidente di me, di noi» un tremolio nella voce le scappò su quell'ultima parola per ciò che rappresentava, sembrò rassegnata e ferita.

Matt aveva giurato a sé stesso di rimanere impassibile e più distaccato possibile, ma non potè evitare di reagire a quell'accusa, di lei gli importava eccome, forse non era in grado neppure di quantificarlo e l'ultima cosa che desiderava era che pensasse il contrario.

Se solo avesse potuto aprirsi il petto in due le avrebbe fatto vedere in che condizioni stava il suo cuore, che per la prima volta aveva provato il calore e il senso di pace che dà avere qualcuno da amare e che a sua volta si prende cura di te, ti sta vicino anche quando pensi di non valere niente, ti fa sentire importante.

Ne stava uscendo distrutto e dubitava fortemente che avrebbe mai più permesso a qualcuno di entrare in maniera così profonda in lui, ma non era di sé stesso che si preoccupava, per quello avrebbe avuto tempo.

Quello che gli premeva adesso era di assicurarsi che lei si rimettesse in piedi, che elaborasse la realtà dei fatti e si dimenticasse di lui al più presto, riprendendo ciò che aveva messo in stand by prima di arrivare lì, prima di lui. Solo quello contava, che potesse essere felice ancora, come per qualche misterioso motivo che ancora gli veniva difficile spiegarsi, lo era stata con lui.

Quindi, come poteva rimanere indifferente all'affermazione che di lei non gli importava nulla?

Le prese le guance con le mani e la avvicinò al suo volto, che adesso si era trasformato, perdendo quella maschera di tranquillità, sciolta come cera al sole e rivelando le sue vere emozioni: era inquieto, agitato e tutto preso da un urgente bisogno di smentire quella sua tremenda frase.

«No, questo non puoi dirlo, non te lo lascio fare – le ribattè con voce dura e ferma, mentre la fissava con gli occhi spalancati, facendola rabbrividire per quel suo repentino cambiamento – se c'è qualcuno a cui tengo più che a me stesso quella sei tu Ashley, hai scavato un solco troppo profondo dentro di me in così poco tempo che ne ho quasi terrore perchè non ho mai consentito a nessuno di avvicinarsi così a me, di farmi coinvolgere emotivamente e fisicamente tanto intensamente com'è successo con te – ammorbidì il suo tono e cominciò ad accarezzarle tutto il viso e i capelli senza fermarsi, mentre lei cedeva sempre di più al suono di quelle parole e ai suoi tocchi – se sto cercando di apparire distante è perchè non posso sopportare che tu soffra a causa mia, non voglio che tu veda come sarei se mi lasciassi andare al dolore che sento, non voglio che ti porti dietro quest'immagine di me, che ti possa tormentare quando sarai a casa. So già che non potrò mai dimenticarmi di te perchè mi sei rimasta dentro, non ti sei limitata alla mia facciata esterna ma hai visto la mia anima sporca, la parte peggiore che ho, e comunque non ti sei fermata, non ti ha spaventata, anzi mi hai aiutato a combattere i fantasmi del mio passato e a farli svanire e per questo non smetterò mai di ringraziarti» si fermò un attimo per prendere fiato, senza interrompere il contatto visivo con lei. Ashley vide i suoi occhi lucidi e la sua espressione devastata e si pentì di quello che aveva detto prima, accecata dalla sofferenza.

In fondo non aveva mai pensato davvero che per Matt lei non significasse niente, gliel'aveva dimostrato tante volte e quei momenti decisero di passarle nella mente come un lungo film di cui era protagonista, le lacrime ferme agli angoli degli occhi si gonfiarono e caddero, troppo pesanti ormai, rigandole il viso. Matt gliele asciugò con i baci, poi posò le labbra sulle sue, si strinsero forte mentre ancora erano seduti sul pavimento freddo.

Ashley si aggrappò alle sue spalle, che spesso le avevano infuso protezione e coraggio e che erano state la sua ancora di salvezza negli attimi di sconforto, con l'amara consapevolezza che si trattasse di una delle ultime volte che lo faceva.

«Mi dispiace – gli sussurrò all'orecchio, ancora abbracciata a lui – non lo pensavo sul serio, è che avevo immaginato più volte questo giorno ma viverlo è diverso, è tutto diverso, io non volevo essere debole» si scusò.

Matt le accarezzò la schiena e i capelli, godendo della dolce sensazione del corpo sinuoso di Ashley contro il suo per memorizzarla più che poteva.

«Lo so, lo so. Tranquilla, non lo sarai, andrà tutto bene» si affrettò a rassicurarla e stavolta risultò così reale, così convincente che per un attimo Ashley ci credette davvero che sarebbe stato così.

Si staccarono lentamente, Ashley si passò rapida una mano sul viso sfatto e provato, per asciugare in fretta i residui umidi delle lacrime.

«Come fai a essere sicuro che sarà così? Io non voglio tornare alla mia vita monotona e noiosa di sempre, non voglio essere la persona che ero prima, mai più!» si lamentò.

«E allora non esserlo! - la spronò Matt, alzando la voce forse in maniera un po' troppo brusca, poi ebbe timore di avere esagerato, le prese entrambe le mani con delicatezza, si sistemò meglio di fronte a lei e poggiò la fronte contro la sua – allora ti dico io cosa puoi fare, per esempio – ricominciò più dolce, armandosi nuovamente di tutta la sua migliore forza d'animo, perchè quello che stava per dire lo avrebbe ridotto in pezzi – domani tornerai a casa tua e riabbraccerai tua madre, che sono sicuro non vede l'ora di rivederti. Le parlerai come mi hai promesso e tutti i vostri dissapori svaniranno, ricostruirete il vostro rapporto e sarà fantastico perchè, da come me l'hai sempre descritta, deve proprio essere una persona stupenda. Riabbraccerai le tue sorelle, aiuterai Phoebe col trasloco e gioirai con lei per casa sua e per la vita che l'aspetta col suo ragazzo e sopporterai July nelle crisi adolescenziali che presto avrà – Ashley ascoltava in silenzio la descrizione di ciò che l'attendeva, socchiudendo gli occhi per immaginarlo e non negò che, almeno quella parte, le sembrò un quadro meraviglioso – poi ricomincerai l'università, gli esami, che sicuramente andranno benissimo come è sempre stato, collezionerai un successo dopo l'altro e riuscirai ad accedere a quel tirocinio tanto importante per te, e che ti avvicinerà un passo in più alla tua carriera futura – Matt avvertì il respiro di Ashley farsi più pesante e capì che stava riprendendo a vacillare, portò rapidamente le mani sulle sue spalle e gliele strinse forte, scuotendola in modo delicato per non far sì che si facesse sopraffare dall'ansia – diventerai bravissima, ne sono sicuro, nel frattempo riprenderai i contatti coi tuoi amici e compagni dell'università, ricomincerai a uscire, a conoscere gente e ti accorgerai che io sarò diventato solo un ricordo, lo devi fare, capito? - la scosse, mentre i suoi occhi si erano inesorabilmente riempiti di lacrime, perchè stavolta non riuscì più a pensare a quella prospettiva come reale, non voleva immaginarsi senza di lui, il panico l'avvolse serrandogli i polmoni e le mancò il fiato sempre più, Matt continuò crudele, ma anche la sua voce si stava incrinando – riprenderai la tua vita e sarà bellissima, piena di gioie, successi, amore» tremarono entrambi, ma Ashley cominciò a singhiozzare violentemente, le lacrime caddero una dopo l'altra e presero a scorrerle copiose senza vergogna, il petto era sconquassato da quei singhiozzi inarrestabili.

Matt si sentì morire ma doveva continuare, piangere era l'antidoto giusto in quei casi e doveva farla ritornare alla realtà per quanto dura potesse apparire, perchè dall'indomani lui non ci sarebbe stato ed era meglio che si sfogasse subito e si rassegnasse così come si sarebbe sforzato di fare lui.

Le prese il viso tra le mani. «Guardami Ashley e ascoltami bene – le intimò, perchè non perdesse il contatto con la realtà e il filo del discorso, poi deglutì dolorosamente per via di un groppo in gola, adesso veniva la parte peggiore – troverai un ragazzo che ti ama e che non ti farà piangere come sto facendo io, come ho fatto troppe volte finora, ti innamorerai di lui magari, e ti darà la serenità e la felicità che io non sono stato capace di darti – una lacrima bagnò anche il suo viso e ringraziò il cielo che Ashley non stesse guardando, pressò la guancia contro il viso di lei, le lacrime abbondanti della ragazza gliela inzupparono tutta ma non gliene fregava niente, mentre lei continuava a scuotere la testa per rifiutare tutte le sue predizioni – e magari, se per caso ci rivedremo in futuro, sarai tu stessa a raccontarmi tutte queste cose, e io gioirò con te, ne sono sicuro» concluse, aveva esaurito il fiato e il coraggio di parlare, era troppo anche per lui adesso.

Lasciò che il silenzio tornasse a fare da padrone e che Ashley si sfogasse sulla sua spalla, bagnandogli la maglietta e sorreggendola fisicamente in quello sconforto che la stava privando di ogni energia.

Solo il rumore dei suoi flebili singhiozzi riempì l'aria, ma anche questi, man mano, diminuirono di intensità e frequenza, fino a quando si arrestarono del tutto, la sentì solo tirare sù col naso un paio di volte, visto che non poteva vederle il volto, ancora nascosto nell'incavo del suo collo e poi calmarsi definitivamente.

Se la tenne così fino a che non fu lei a decidere di rompere quel contatto. Lo fissò con gli occhi rossi ma più sereni, il respiro era regolare e Matt capì che aveva buttato fuori un bel po' di quel malessere e stava meglio.

Accennò persino un sorriso, come se avesse compreso finalmente il senso del suo discorso e lo avesse accettato, a malincuore.

«Promettimi solo che non mi penserai troppo spesso - aggiunse Matt - potrei proporti di sentirci ogni tanto, di tenerci in contatto ma credo sia solo inutile e dannoso. Non siamo amici Ashley e, anche se non abbiamo mai parlato esplicitamente di noi, penso che su questo siamo d'accordo, e dubito che potremo mai esserlo. Sentirci prolungherebbe solo l'agonia, che ne pensi?» le chiese.

Ashlei annuì, stranamente tranquilla, il suo sguardo era tornato di nuovo quello di sempre, solo forse un po' più consapevole e colmo di accettazione per quel punto di non ritorno.

«Allora è finita, giusto? É un addio questo?» domandò, senza scomporsi, come una statua.

«Sì, Ashley, è un addio» rispose Matt, altrettanto granitico.

«Va bene» fu la sua unica reazione, nessuna lacrima usciva più dagli occhi, che non diventarono nemmeno un po' lucidi.

Seguì qualche secondo di silenzio tra i due, si scambiarono alcune occhiate furtive, poi Matt sentì di doverle dire un'ultima cosa prima di andare via.

«Grazie per tutto quello che hai fatto per me, e buona vita Ashley, ti auguro tutto il bene di questo mondo, di realizzare i tuoi sogni e di essere felice, ti prego sii felice» le raccomandò.

«Grazie a te, per avermi aiutato a capire un po' più di me stessa e, non sottovalutarti più, riuscirai anche tu in quello che vuoi, ne sono certa» gli disse convinta, Matt si sporse verso di lei un'ultima volta e le diede un bacio sulle labbra, indugiò vari secondi, come se non volesse abbandonarle e volesse conservarne il sapore più a lungo possibile, poi si alzò e fece per andarsene.

Ashley rimase pietrificata a guardarlo avvicinarsi alla porta, aveva l'impressione di sentire amplificato su di sè il peso della forza di gravità che la schiacciava e la opprimeva e le impediva di fare qualunque movimento o di reagire.

Lo stava lasciando andare senza fare nulla e si sentì una povera stupida.

All'improvviso si riscosse, senza sapere nemmeno perchè.

«Matt, aspetta!» lo chiamò, il ragazzo si arrestò proprio poco prima di afferrare la maniglia della porta per uscire, ma non si voltò.

Percepì dei rumori e capì da questi che Ashley si era messa in piedi.

Il suo cuore fece delle capriole quando sentì che stava muovendo dei passi verso di lui.

Prese un lungo respiro perchè per quanto fingesse di potercela fare era ancora troppo coinvolto da lei per restare indifferente.

«Resta, stanotte»

La voce di Ashley gli giunse con l'intensità di niente più che un flebile soffio di vento.

Strinse i pugni e rimase zitto, incerto sul da farsi, perchè la testa gli consigliava di non indugiare e di abbandonare immediatamente quella stanza per non rendere più arduo quel distacco dopo una notte insieme, ma il cuore non poteva ignorare quella sua richiesta e dentro di lui prese a infuriare un conflitto. Fu Ashley a decretare il vincitore.

Si avvicinò ancora di più, Matt sentì le sue braccia che lo cingevano da dietro e si intrecciavano sul suo addome, in un dolce tentativo di bloccarlo.

Poggiò la fronte sulla sua schiena e Matt tremò «Ti prego – lo supplicò – domani sarà tutto finito, ma stanotte, resta»

Sarebbe bastato un nulla per spezzare la presa delle braccia sottili di Ashley e scappare via da lei, non rivederla mai più, ma Matt non capì più niente che non fosse il desiderio di lei per un'ultima volta.

Si girò senza alcun dubbio, ritrovandosela vicina, troppo, così bella e attraente anche col viso provato dalla sofferenza e dalle lacrime e gli occhi gonfi e tutta la freddezza sfoderata prima per quell'addio glaciale se ne andò a quel paese.

La baciò disperatamente con tutta la passione che aveva in corpo, stringendola forte mentre con le mani si cercavano e si toccavano freneticamente.

Indietreggiarono e Matt sollevò Ashley e la depose delicatamente sul letto, poi si adagiò sopra di lei e si lasciò circondare dalle sue braccia.

Trapelavano disperazione e tristezza da ogni loro movimento frenetico e quasi aggressivo e, anche se avevano fatto l'amore ormai tante volte, nessuna delle precedenti era stata intensa e carica di significato come quella, perchè entrambi sapevano che era l'ultima volta che si amavano, che potevano sentirsi una cosa sola e fu assurdo e paradossale quanto piacere e quanto male provassero nello stesso tempo.

Le loro labbra si cercavano, si baciavano, mordevano, mentre i loro corpi spendevano fino all'ultima goccia di energia che possedevano per viversi quell'estremo istante a loro concesso.

Quando finalmente raggiunsero l'apice, Matt si abbandonò esausto su Ashley, senza spostarsi e senza avere cura di non gravare troppo su di lei, completamente annientato da quell'ondata di sensazioni contrastanti e dal canto suo Ashley non ebbe più la forza di muovere un muscolo.

Quella giornata l'aveva messa a dura prova sotto qualsiasi punto di vista e fu come se ne stesse ricevendo la somma di tutti gli effetti solo in quel momento, e il suo fisico e la sua mente non ressero più.

Era stremata, distrutta, aveva impiegato le blande energie rimaste per quell'ultimo atto d'amore e adesso si sentiva svuotata e a pezzi.

Giaceva immobile come una bambola di pezza strapazzata, le gambe, che ancora circondavano i fianchi di Matt, le diventarono molli, gli occhi le bruciavano per il troppo pianto e riusciva a tenerli solo socchiusi, le tempie dolevano in modo insopportabile e respirava affannosamente, così come lui, nel tentativo di riprendere fiato.

Il peso del ragazzo che, esattamente come lei, si era accasciato e non accennava a voler muoversi, le provocava un senso di soffocamento ma, vittima di uno slancio di masochismo, l'unico gesto che obbligò alle sue braccia stanche di compiere fu, al contrario, quello di stringerlo a sé ancora di più.

Rimase ferma a fissare il soffitto buio della sua stanza, con le dita aggrovigliate tra i capelli di Matt, senza alcuna espressione e con i pensieri annebbiati e confusi, quasi increduli su quello che era appena successo e su quello che sarebbe stato il domani.

Nessuno dei due parlò, si erano già detti abbastanza quella sera e ogni parola in più sarebbe stata solo un'inutile ripetizione di cose già fin troppo discusse e non avrebbero avuto più la lucidità né la voglia per affrontarle un'ennesima volta.

Solo a un certo punto Matt provò l'impeto di rivelarle il suo amore, si allungò su di lei fino a raggiungere il suo orecchio e dischiuse le labbra, ma nessun suono uscì alla fine: dire adesso quelle parole non avrebbe fatto altro che rendere più dolorosa la loro separazione e oltre tutto sarebbe stato completamente inutile e privo di senso. Ci rinunciò e le bisbigliò un 'perdonami' al quale Ashley rispose solo chiudendo gli occhi e abbozzando un sorriso, come se, in fondo, avesse capito.

Matt a quel punto si staccò da lei e la liberò del suo corpo, Ashley subito si rannicchiò lateralmente verso di lui, i suoi occhi non riuscivano più a rimanere aperti, erano diventati pesanti come macigni e la vista le si era sfocata.

Lentamente il mondo intorno a lei cominciò a svanire e gli occhi azzurri di Matt, belli e confortanti, furono l'ultima immagine che riuscì a distinguere ben nitida e luminosa prima di cedere sfinita alla stanchezza e crollare, addormentandosi.

 

 

  
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